le muse

Disney e Mussolini

Disney e Mussolini: Fascismo, fumetto e cartone animato

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Luglio 1935: Disney arriva a Roma ricevuto da Luigi Freddi. Archivio Storico LUCE

 

di Francesco Manetti

 

La visita di Walt Disney in Italia

Nel 1935 Walt Disney fece un viaggio turistico/commerciale in Europa, incontrandosi nei vari Paesi che toccava con gli editori locali delle sue creazioni. Disney venne anche in Italia, per definire il passaggio dei diritti di stampa dei suoi personaggi – Topolino, Paperino e gli altri – dal fiorentino Nerbini al milanese Mondadori. Ben noti, anche perché immortalati su pellicola fotografica e nei cinegiornali LUCE, i suo contatti con Edda e Galeazzo Ciano,

Disney si incontrò anche con il Duce? E perché, in caso di risposta affermativa, avrebbe dovuto farlo? Che interesse poteva infatti avere Benito Mussolini per la produzione disneyana? Inoltre, quando nel 1938 – su impulso di Filippo Tommaso Marinetti – si trattò di favorire il fumetto italiano contro la preponderanza americana, è vero che il Duce si raccomandò personalmente con i vertici del Ministero della Cultura Popolare di non toccare il celebre topo disneyano?

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Romano Mussolini nel 1995, con la sua collezione di “Topolino” giornale. Foto tratta da “If” n. 4, 1995

Il punto di partenza per addentrarci in questi “segreti” microstorici è un’intervista che Romano Mussolini rilasciò alla rivista ‘If’ pubblicata dalla Epierre – sul n. 4 uscito nell’ottobre del 1995. L’amore per il fumetto internazionale, nutrito dalla famiglia Mussolini (che in ciò non si differenziava da una “normale” famiglia italiana con prole), si sarebbe indirizzato soprattutto verso l‘avventura classica e i prodotti disneyani.

Come afferma infatti lo stesso Romano Mussolini, fra i suoi fumetti preferiti c’erano al primo posto Mickey Mouse e poi i grandi eroi dell’azione e dell’umorismo – come Mandrake, Cino & Franco, l’Uomo Mascherato, Flash Gordon e Braccio di Ferro – con una predilezione editoriale per i settimanali L’Avventuroso e Topolino. Il giovane Romano richiese e ricevette nel 1936 la tessera di Amico di Topolino e nel 1938 la sorella Anna Maria (nata nel 1929 e morta nel 1968) inviò un disegno (Casa di campagna) al periodico, che lo pubblicò sul n. 331 del 1939, con grande risalto e parole d’elogio, nella pagina riservata agli Artisti di Topolino.

 

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Il primo numiero di “Topolino” formato giornale,
stampato a Firenze da Nerbini nel dcembre del 1932.
La copertina è di un autore italiano, Giove Toppi, il “capostipite” dei Disney Italiani. (c) Disney

 

Mickey Mouse era nato nel 1928 come personaggio dei cartoni animati, un parto della fantasia che fu immediatamente acclamato da spettatori di tutte le età in tutto il globo: Walt Disney (co-creatore del topo insieme al disegnatore Ub Iwerks, suo sodale nelle precedenti esperienze d’animazione, come Oswald e Alice) aveva avuto l’intuizione di sfruttare appieno per il suo nuovo cartone le potenzialità del sonoro in sincrono, che per l’epoca era una novità assoluta in cinematografia, essendo stato inventato solo un paio di anni prima. Il pupazzo disneyano (un uomo con la maschera del topo, più che un animale antropomorfo, e dunque solo in parte derivato dalla tradizione favolistica di Fedro, Esopo e La Fontaine), dai tratti tutto sommato neutri, poteva infine permettere a ogni spettatore di identificarsi in esso. La fortuna di Topolino fece sì che i Disney Studios decidessero di varare anche una produzione parallela a fumetti, nel 1930, ingranando subito al massimo, grazie alle eccezionali doti del disegnatore Floyd Gottfredson e al sapiente mix di avventura, giallo e umorismo presenti nelle strisce.

L’editore Nerbini ottenne i diritti di Mickey Mouse per l’Italia e pubblicò il materiale americano sul suo settimanale Topolino dal 1932 al 1935, quando la Disney (dopo circa un anno di trattative) optò per il passaggio di concessione alla Mondadori; la casa milanese avrebbe mantenuto i diritti per oltre mezzo secolo, A partire dagli anni Trenta sarà l’Italia il maggior produttore mondiale di fumetto disneyano, impiegando fin dall’inizio uno stuolo di sceneggiatori e disegnatori autoctoni; con gli anni Sessanta, la scuola dei Disney Italiani (con i nomi di Carpi, Scarpa, Bottaro, Chendi, Cavazzano, etc.) si sarebbe imposta nel Mondo, con modi di narrare del tutto originali.

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Un tessera degli “Amici di Topolino” del 1935, del tutto simile a quella che ricevette Romano Mussolini.
La foto è tratta dal blog Anni Trenta. (c) Disney

Un Topolino a Villa Torlonia

Nell’intervista il figlio del Duce, riferendosi a momenti di vita vissuta in ambito famigliare dice testualmente:

“Durante una sua visita in Italia Walt Disney venne ricevuto da mio padre e in quell’occasione regalò a me e ad Anna Maria un enorme Topolino di legno, alto come me. Lo abbiamo tenuto sempre in casa. Poi, come altre cose, ci è stato portato via. Nel pomeriggio, dopo essere stato ricevuto a Palazzo Venezia, Disney venne anche a Villa Torlonia. Era l’estate del 1935. Si parlò naturalmente di Topolino, di Minnie e di Paperino, che cominciava ad affacciarsi e che sarebbe divenuto uno dei miei beniamini. Ci si informò dei film e delle prossime avventure. Fu un incontro simpaticissimo e cordialissimo.”

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I giovani Romano e Anna Maria

La visita nel Vecchio Continente ebbe una grande risonanza su tutti i mezzi di comunicazione. Nel 2014 è uscito Disney’s Grand Tour – Walt and Roy’s European Vacation – Summer 1935; scritto da Didier Ghez, ed è da questo volume che abbiamo attinto molte delle notizie che seguono, integrandole con altre fonti (da alcune “classiche” fino al documentario, datato sempre 2014, Walt Disney e l’Italia – Una storia d’amore, scritto e diretto da Marco Spagnoli). Apprendiamo così che Walt Disney viaggiava insieme alla moglie Lillian e al fratello Roy, a sua volta accompagnato dalla consorte Edna. Il gruppo partì nel giugno del 1935 da New York, imbarcandosi sulla lussuosa nave passeggeri francese Normandie; i Disney toccarono il Regno Unito, la Francia, la Germania, l’Austria, la Svizzera e l’Italia, e, salpando da Genova, tornarono in America il 1° agosto, dopo aver attraversato l’Atlantico a bordo del nostro transatlantico Rex..

Ci fu a Roma, presso il Cinema Barberini, una serata di gala in onore del prestigioso ospite americano, che era stato ricevuto alla Stazione da Luigi Freddi, all’epoca a capo della Direzione Generale della Cinematografia e futuro fondatore di Cinecittà (nel 1937). La sala del Barberini era tutta addobbata con i celebri personaggi della Casa delle Idee (insieme a scritte come Roma saluta il poeta del cinematografo) e sullo schermo passarono alcune opere targate Disney. Gli Archivi Storici dell’Istituto LUCE (fondato da Mussolini nel 1924) conservano un breve filmato dell’evento  https://www.youtube.com/watch?v=_Az0bzXTIrU. Il quotidiano La Stampa scrisse un articolo usando termini oltremodo entusiastici, parlando di Disney come di un “benefattore dell’umanità”

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Roma, cinema Barberini, luglio 1935.
Da sinistra: Lillian Disney, Walt Disney, Edda Ciano Mussolini, Galeazzo Ciano.
La foto è tratta dal volume “Disney’s Grand Tour”. (c) Archivi Disney

La stretta di mano fra il Duce e Disney: realtà o fantasia?

L’incontro fra Walt e Benito, realmente in agenda da mesi, avvenne davvero oppure no? Ci sono tante prove e tanti indizi a favore… Innanzitutto abbiamo il ricordo di Romano, nitido e inequivocabile. Esiste poi una foto del Duce, catalogata e conservata negli immensi Archivi della WDC, autografata con dedica a Disney. Il ritratto fu eseguito a Roma dalla fotografa ungherese Ghitta Carell e la scritta vergata a mano dal Duce recita, parte in italiano e parte in inglese: A Walt Disney, with cordial regards and compliments. Roma, 21 luglio 1935 – XIII. Mussolini.

Dopo quella di Romano la testimonianza più forte e autorevole della realtà dell’incontro risale a quando il fratello Di Walt, Roy, ne parlò in un’intervista a Richard Hubler, esprimendosi in questi termini: “Walt fu ricevuto da Mussolini durante quel viaggio. Mussolini conosceva Walt e fu molto, molto cordiale e conversammo a lungo sui nostri cartoni. Parlava un inglese corretto. Aveva un ufficio grande… davvero enorme. Fu molto piacevole e cordiale. Ci parlò con vanto anche dei treni. ‘Ora potete viaggiare sicuri sui treni. Fino a un anno fa capitava che venissero fermati e assaliti dai rapinatori. Ora non lo fanno più.”

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Benito Mussolini fotografato da Ghitta Carrel nel 1934

Didier Ghez, nel suo volume sulle vacanze europee di Walt e Roy, afferma invece che quell’incontro non ci fu. Ecco gli indizi e le prove che hanno portato Ghez alla sua risoluta conclusione: non esistono foto dell’evento, Walt Disney non ha mai parlato del colloquio (anzi, sul Rex, sollecitato da un giornalista americano, negò di aver avuto un faccia-a-faccia con il Duce), e non ne hanno mai parlato – del gruppo di viaggiatori – né Edna, né Lillian. Inoltre, secondo i documenti ufficiali conservati presso l’Archivio di Stato a Roma, il nome di Disney non compare nella lista di persone ricevute da Mussolini in quei giorni di luglio.

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Walt Disney fotografato da Gitta Carell a Roma nel 1935

Oltre il topo: Walt Disney tra verità e leggende

Non abbiamo gli strumenti per appoggiare con sicurezza nessuna delle due tesi. Possiamo fare fare solo un ragionamento “a pelle”. Secondo noi l’incontro tra Mussolini e i Disney potrebbe esserci stato per davvero; il fatto che non esistano foto o riscontri “ufficiali” (e che Disney abbia anche negato che avvenne) potrebbe spiegarsi con il fatto che quell’incontro fu privato e famigliare (a Villa Torlonia) e allo stesso tempo “delicato” (a Palazzo Venezia). Delicato perché si parlò sicuramente del passaggio dei diritti da Nerbini a Mondadori, questione economica non minima, che avrebbe avuto riflessi sull’editoria italiani per i ragazzi nei decenni a venire.

Infine un’altra considerazione: in quegli anni e almeno fino all’inizio del conflitto Walt Disney, politicamente, aveva una posizione non avversa, diciamo “neutrale”, rispetto ai socialismi nazionali europei, e dunque un incontro con il Duce, anche sotto questo aspetto, poteva essere più che plausibile. Il suo sentimento antibolscevico è ben noto, anche se molto spesso gli viene affibbiata più l’etichetta di “conservatore reazionario” che di “rivoluzionario”. Ma forse la verità sta nel mezzo. Frequentandolo artisticamente da decenni (attraverso le creazioni sue e dei suoi collaboratori) ci siamo fatti l’idea che Disney fosse sì un Americano, un capitalista, ma “a modo suo”, interessato più ai personaggi che aveva inventato che ai soldi che ne potevano derivare; negli anni rischiò infatti più volte la bancarotta per inseguire i suoi sogni, prima e dopo il topo; il film Fantasia, uscito negli USA nel 1940, davvero visionario per l’epoca, non fu apprezzato dal pubblico e fu un gigantesco flop commerciale che avrebbe gettato la WDC in crisi per tutti gli anni Quaranta; solo con gli anni Cinquanta (con il parco tematico di Disneyland, con i diritti dell’oggettistica collegata ai suoi personaggi e con i nuovi successi cinematografici) Disney riuscì a liberarsi dal patibolo che gli avevano apparecchiato le banche.

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Vittorio Mussolini a Hollywood nel 1937, con i giovani attori delle comiche di Hal Roach

In quella fatidica estate del 1935 Disney era andato anche in Germania, stazionando soprattutto a Monaco e dintorni, per turismo termale e per discutere della distribuzione UFA (Universum-Film AG, la casa di produzione che aveva realizzato capolavori immortali, come Metropolis) dei suoi cortometraggi con Micky Maus; qui, asseriscono le biografie, incontrò di personalità politiche solo le autorità locali bavaresi, ma nel saggio Im Reiche der Micky Maus: Walt Disney in Deutschland 1927-1945 scritto da Storm e Dressler (Henschel Verlag, 1991) si afferma che Disney sarebbe volato con un aereo di Stato fino a Berlino, invitato ufficialmente per colloqui ufficiali con le più alte cariche governative. Anche in tal caso, se si cerca di scoprire di più, si traballa pericolosamente sull’orlo della fola montata ad arte…

Se leggiamo il curioso e irriverente saggio di Marc Eliot, Walt Disney – il Principe Nero di Hollywood (Bompiani, 1994, per l’edizione italiana), il creatore di Topolino viene praticamente arruolato nel NSDAP (il partito nazional socialista tedesco) – niente meno! Più che una “bomba” si tratta di un rumoroso e innofensivo petardo. Il libro si basa molto sulle affermazioni di Art Babbitt, il principale responsabile della creazione e dello sviluppo del personaggio di Pippo, e uno dei maggiori animatori della Disney fino al 1940. Babbitt, sindacalista e socialista, appoggiò nel 1941 uno sciopero dei dipendenti di più “basso livello” dei Disney Studios (quelli che contribuivano alla realizzazione dei cartoni animati, ma la cui firma poi non appariva nei titoli), passando poi serie grane, e da quel momento non perse mai l’occasione di attaccare l’ex-amico Walt. Dal suo punto di vista il “fascismo” attribuito a Disney era una connotazione reale ed estremamente negativa.

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Charles Lindbergh come appare nel cartone animato “Plane Crazy” del 1928
(primo della serie “Mickey Mouse”, ma distribuito solo nel 1929 per problemi tecnici).
(c) Disney

Ma perché Disney sarebbe stato un “fascista”? L’etichetta gli venne attaccata in virtù dalle sue ben note e mai celate idee antibolsceviche e anticomuniste (tanto che si hanno tracce di una sua effettiva collaborazione con l’FBI in funzione antisovversiva), e da certe sue frequentazioni – in particolar modo dall’amicizia e ammirazione nei confronti dell’asso dell’aviazione Charles Lindbergh. Il trasvolatore oceanico era infatti – lui sì – un aperto simpatizzante del nazional socialismo. Negli anni Trenta Lindbergh fu più volte in visita ufficiale in Germania (per studiare i progressi dell’aviazione tedesca) e universalmente conosciuta fu l’onorificenza che ricevette personalmente da Goering. Una medaglia che non volle mai sconfessare, nemmeno dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, neanche su insistenti pressioni dalle alte sfere; l’aviatore vedeva nella Germania di Hitler un baluardo dell’Occidente contro lo stalinismo. Anzi, appoggiò tutte le iniziative dell’America First Comittee, organizzazione fondata nel 1940 per sostenere la non belligeranza degli USA e contraria alla politica roosveltiana e la moglie di Lindbergh fu accusata più volte dal governo di Washington di fare propaganda “nazista” con i suoi romanzi. Disney era entusiasta di Lindbergh e secondo Babbitt (ed Eliot, di rimando) sosteneva anche lui i progetti di America First.

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Topolino cita Lindbergh, nella prima vignetta della sua primissima avventura, nel 1930. (c) Disney

Non solo Lindbergh. Sempre nel caustico volume di Eliot, spicca il caso di Gunther Lessing, il famoso avvocato nato nel 1886 in Germania e morto nel 1965 in California. Negli anni fu rappresentante legale anche di Pancho Villa – il rivoluzionario messicano – e, dal 1929 al 1964, di Walt Disney, che lo nominò vice-presidente della Compagnia; fu con lui che Babbitt dovette scontrarsi a causa dello sciopero del 1941. Di Lessing (coinvolgendo di riflesso e con ampie forzature lo stesso Disney) si sottolineano da più parti i presunti legami con la German American Bund, fondata da Fritz Gissibl nel 1936, e con la Silver Shirt Legion of America, nata nel 1933 per iniziativa di William Dudley Pelley – entrambe organizzazioni filo-tedesche, agenti in aperto sostegno all’idea politico-sociale del Terzo Reich.

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Charles Lindbergh appare nelle prime vignette della prima avventura a fumetti di Topolino,
nel gennaio del 1930 (qui nella prima versione italiana sul settimanale “L’Illustrazione del Popolo”).
L’immagine è tratta dal blog Anni Trenta. (c) Disney

Eccetto Topolino: il fumetto e il cartone animato disneyano dal 1938

A Villa Torlonia, la residenza privata romana del Duce in Via Nomentana 70, c’era anche una saletta destinata alla proiezione cinematografica. Fu qui che Mussolini, con i suoi figli più giovani, visionava i cartoni animati licenziati dalla Disney, appassionato soprattutto dalle colonne sonore. Romano Mussolini, nell’intervista a “If”, rivela: il motivo musicale dei ‘Tre Porcellini’ era diventato così popolare che alcune volte l’ho sentito canticchiare persino da mio padre. E nel colloquio con De Giacomo si fa luce anche su altri particolari. Innanzitutto, sempre secondo Romano, al Duce piacque enormemente il primo lungometraggio della Disney, Biancaneve e i Sette Nani del 1937, presentato in Italia nel 1938 al Festival di Venezia, tanto che volle anche rivederlo, almeno due volte. La pellicola ebbe in Italia un successo enorme, non solo a casa dei Mussolini. A dieci anni dal primo cortometraggio sonoro di Topolino, la Disney aveva affinato enormemente le sue tecniche di animazione; con Biancaneve venne introdotto l’uso della multiplane camera, una macchina fotografica gigantesca, con più piani sovrapposti a colonna, che permetteva di fotografare contemporaneamente più sfondi disegnati, muovendo su di essi le celluloidi con i personaggi, e donando così al cartone animato un notevole e inedito effetto di profondità.

Il Duce ritratto nel 1929 da Samuel J. Woolf, pittore di New York morto nel 1948

Dal novembre del 1935 (ovvero dall’inizio delle sanzioni economiche) fino al luglio delle 1938 (quando si passò alle proibizioni ministeriali vere e proprie) si tentò di favorire, per quanto riguardava la lettura disegnata destinata a un pubblico giovanile, i nostri prodotti rispetto a quelli stranieri. Questa situazione oggettiva contribuì alla nascita della grande scuola del fumetto avventuroso italiano – ancora oggi molto attiva; diciamo del “fumetto avventuroso”, perché sul versante umoristico e “pupazzettistico” l’Italia aveva già calato parecchi carichi di briscola, già dai tempi del Corriere dei Piccoli e dei “giornali da trincea”, come La Tradotta. Pian piano i fumetti americani scomparvero dalle testate per ragazzi (oppure mutarono drasticamente nelle traduzioni), soprattutto grazie anche alla “prefazione-manifesto” del futurista Marinetti, presidente al Convegno Nazionale per la Letteratura Infantile e Giovanile, organizzato a Roma nel novembre del 1938 dall’Ente Nazionale per le Biblioteche Popolari e Scolastiche e dal Sindacato Nazionale Fascista Autori e Scrittori.

Ma le creazioni della Walt Disney poterono continuare a essere tranquillamente pubblicate fino al 3 febbraio 1942, con l’ultima puntata sul settimanale mondadoriano della storia Topolino e l’illusionista. Occhio alla data: l’Italia aveva dichiarato guerra agli Stati Uniti già da quasi due mesi! Da questo momento è il conflitto a risolvere ogni questione, e anche il topo tornerà in America. Ma da dove derivò questo “trattamento di favore” nei confronti di Burbank dal 1938 al 1942? Nelle circolari e nelle lettere di risposta del Ministero della Cultura Popolare ai vari editori che avrebbero voluto continuare a pubblicare materiali fumettistici americani si ricordava che solo la produzione disneyana era esclusa dai provvedimenti. Romano Mussolini nella sua intervista, ricorda di essersi personalmente raccomandato più volte con Ferdinando Mezzasoma, Direttore Generale del Ministero della Cultura Popolare, riguardo alla musica jazz e alla produzione Disney. Benito Mussolini, di cui era noto il gradimento nei riguardi dell’arte disneyana, deve aver recepito questi sentimenti famigliari, e quando nel 1938 gli venne sottoposto un elenco di pubblicazioni non più adatte al pubblico giovanile, lo approvò… ma aggiunse una leggendaria postilla: Eccetto Topolino!

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Firenze, 1942: Centro Didattico Nazionale. Sul muro vediamo un quadretto con il Pinocchio disneyano!
Archivio Storico LUCE

I provvedimenti coinvolsero non soltanto il fumetto stampato, ma anche il cinema d’animazione americano. Biancaneve fu proiettata prima, e dunque niente da dire su questo versante; l’oggettistica collegata ai personaggi (come i gadget della Elah) resistettero ancora per anni. Pinocchio, che è del 1940, fu visto in Italia per la prima volta solo nel 1946. Ma i disegni tratti dal film erano conosciuti da tutti, per essere stati distribuiti fin dalla fine degli anni ’30; e inseriti in un cinegiornale LUCE, girato a Firenze nel gennaio del 1942, in occasione dell’inaugurazione del Centro Didattico Nazionale.

Fantasia, pure del 1940, fu il terzo lungometraggio della Disney – quello in cui il cartone animato veniva accostato a brani di musica classica. Alcune sequenze, come quella dei vulcani preistorici, furono ispirate a Disney proprio dal viaggio italiano del 1935, durante il quale si recò anche sul Vesuvio. La pellicola costò cifre enormi; basti pensare che la versione dell’opera sinfonica La Sagra della Primavera di Stravinsky che vi appare (come commento sonoro della parte sull’evoluzione della vita) fu venduta dal compositore russo a Disney! Ma, come abbiamo accennato prima, questo ambizioso progetto (dai forti intenti educativi) precorreva troppo i tempi e fu un disastro assoluto al botteghino. Però, negli anni Quaranta, Fantasia fu un successo almeno a… Roma. Infatti, come racconta Romano Mussolini nell’intervista, quando le truppe italo-germaniche riconquistarono in Libia la città di Tobruk (dopo che gli Inglesi e gli Australiani l’avevano invasa nel gennaio del 1941), fra il materiale abbandonato dagli occupanti furono trovate anche numerose pellicole cinematografiche, e tra queste c’era anche Fantasia, che fu proiettata, in anteprima assoluta per l’Italia (con quattro anni di anticipo sulla “prima ufficiale”), a Villa Torlonia, per interessamento di Mezzasoma. Romano lo conferma con queste parole: “ne rimanemmo scioccati”.

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Walt Disney ritratto da Woolf alla fine degli anni Trenta

 

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Non è favola: Walt Disney spia del’ FBI
l’Ibernato: Principe della foresta pietrificata
Disney e Dalí

 

Biografia:

Francesco De Giacomo – Quando il Duce salvò Topolino – Intervista a Romano Mussolini su “If” n. 4 (Epierre, ottobre 1995)

Didier Ghez – Disney’s Grand Tour: Walt and Roy’s European Vacation, Summer 1935 (Theme Park Press – 2014)

Fabio Gadducci, Leonardo Gori & Sergio Lama – Eccetto Topolino (Nicola Pesce Editore – 2011)

Marc Eliot – Il principe nero di Hollywood: Walt Disney (Bompiani, 1994)

Bob Thomas – Walt Disney, an American Original (Hyperion, 1994)

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2 comments

  1. Osita 6 ottobre, 2015 at 18:56

    Mussolini amava i fumetti e,quando i federali preposti ,fecero la lista dei fumetti banditi dall’Italia,fece cancellare il nome di Walt Disney.Il figlio Romano ricordava il legame tra il padre e Walt Disneye ,quando Disney venne a Roma,nel 1935,Mussolini lo portò a Villa Torlonia e lì parlò di Topolino,Minnie e Paperino.Il direttore del Ministero della Cultura Popolare nel 1938 chiuse le frontiere a tutti i film americani ed erano vietati anche i libri di scrittori americani ,sempre il figlio Romano disse che c’erano due cose di cui non si poteva fare a meno ,la musica jazz e Topolino

  2. Gennaro Olivieri 8 dicembre, 2014 at 16:05

    E’ il caso di ricordare che nel 1935, i rapporti tra USA e Italia erano ancora cordiali. Recente era ancora l’enorme clamore della trasvolata atlantica di Italo Balbo, che era stato accolto negli States da un tripudio di folla (non solo di italoamericani) e dal grande favore delle autorità. Quindi, in riferimento alla visita italiana, mi sembra che si commetterebbe un certo errore di prospettiva affibbiando a Disney l’etichetta di fascista. La stessa Hollywood in quel tempo aveva già individuato nella Germania di Hitler un potenziale pericoloso nemico dell’America, e stava già producendo film di propaganda antinazista (il cupo “Legione Nera” con Humphrey Bogart è del 1936), ma non accomunò mai l’Italia alla “barbarie” germanica. Successivamente, negli anni della guerra, la stessa Disney produsse diversi cartoni animati propagandistici, tuttora assai noti. Anche in quei casi, il trattamento riservato a Mussolini (considerato poco più che un innocuo pallone gonfiato), non era paragonabile ai tratti diabolici con cui veniva sbeffeggiata ed esorcizzata la malvagità di Hitler.

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