la società

2 agosto 1980, ore 10:25

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Ogni bolognese, che fosse in età della ragione, si ricorda dove era e cosa faceva sabato 2 agosto 1980, alle ore 10:25. Io ero a lavorare. In quella calda giornata estiva, io ed Alfreda, la collega e amica della vita, eravamo rimaste a presidiare l’ufficio stampa del Comune di Bologna, eravamo giovani e spensierate nell’atmosfera leggera agostana, presto sarebbero cominciate anche le nostre ferie. 2 agosto 1980, ore 10:25

Il Consiglio Comunale e la Giunta già in ferie, il Sindaco già partito, il capo ufficio stampa e di gabinetto aveva un’ultima riunione, poi sarebbe partito anche lui. Noi avremmo potuto riordinare e aggiornare tutto quanto era rimasto indietro nel corso dell’anno, senza l’assillo delle urgenze quotidiane, che un ufficio come quello comportava. Quando Alfreda. che era andata ad assistere all’ultima riunione, rientrò dicendomi che c’era stata un’esplosione alla stazione centrale. Non capii subito cosa era successo, poi cominciarono ad arrivare notizie, sempre più tragiche. Fra le quali che non era scoppiata nessuna caldaia del gas, ma tutti i telegiornali fino a sera continuarono a comunicare la notizia dello scoppio della caldaia.            2 agosto 1980, ore 10,25

I telefoni cominciarono, e non smisero più di suonare, arrivarono giornalisti da tutte le parti del mondo. Non ricordo intervalli da quel momento fino alla giornata dei funerali in piazza Maggiore, anche se ricordo il silenzio irreale in autobus durante il tragitto casa e ufficio, passavano i giorni, ma non passava il dolore, lo smarrimento e l’annichilimento. Mi ricordo il compito ingrato di dover telefonare agli ospedali per la macabra conta di morti e feriti, mi ricordo il racconto dell’autobus pieno di poveri resti e corpi martoriati, del pianto degli infermieri e dei medici che li accoglievano.                 2 agosto 1980, ore 10:25

Mi ricordo i medici del vicino ospedale Traumatologico, correre a soccorrere alla stazione, così come tutti i medici presenti in città, come i comuni cittadini, per aiutare, per reagire, subito! Mi ricordo medici, infermieri, assistenti sociale, vigili urbani, vigili del fuoco, e tante altre categorie, rientrare spontaneamente dalle ferie e tornare al posto di lavoro. Anche il palazzo comunale, quasi deserto in quel mese, si ripopolò dei suoi lavoratori. E mi ricordo un giornalista del Corriere della Sera, che mentre mi chiedeva dati, smise di parlare fissandomi. Io non me ne accorgevo, ma parlavo, telefonavo, scrivevo e, piangevo silenziosamente.           2 agosto 1980, ore 10,25

Mi ricordo i visi dei parenti, era quasi insopportabile guardarli, genitori che avevano riconosciuto giovani figli solo dalle scarpe, da semplici oggetti. Mi ricordo la ragazza seppellita con l’abito da sposa, che doveva indossare di lì a pochi giorni; la disperazione del suo fidanzato che non voleva lasciarla seppellire.

Mi ricordo il signore tedesco uscito di notte in pigiama dall’ospedale, per andare a cercare nelle vie della città, a lui sconosciuta, la moglie ed il figlio adolescente, non li avrebbe mai più ritrovati. Mi ricordo la piccola Angela Fresu, 3 anni, la vittima più giovane della strage, con la mamma Maria, 24 anni, stavano andando in vacanza, erano di passaggio, volatilizzate dalla bomba. Angela oggi avrebbe 37 anni.                2 agosto 1980, ore 10:25

Mi ricordo l’angoscia nella voce dei familiari, che telefonavano perché non avevano notizie dei figli e lasciavano i nomi. ne ricordo uno in particolare, un signore di Napoli, che non sapeva esattamente in quale parte d’Italia stesse trascorrendo le vacanze il figlio. Mi ha richiamata il giorno dopo, per dirmi che il ragazzo aveva telefonato, stava bene: “ma quando torna l’ammazzo io”, mi diceva con una voce sollevata, di terrore superato. Abbiamo riso, ma subito pianto, di sollievo e di pena.                 2 agosto 1980, ore 10:25

Mi ricordo Berlinguer, seduto su una sedia, in una sala del Comune, io sono entrata dal lato opposto, l’ho visto e mi sono fermata a guardarlo, era assorto, il viso stanco, non ho avuto il coraggio di avvicinarmi, di parlargli. Mi ricordo i funerali, ai quali ho assistito dall’alto, dalle finestre della sala del Consiglio, non potevo allontanarmi dal lavoro. Mi ricordo il silenzio della folla immensa, che traboccava da Piazza maggiore, nelle vie e piazze adiacenti, mentre il Sindaco Zangheri pronunziava l’orazione funebre e il Presidente Pertini teneva la mano sul leggio.

È passato quasi un mese prima che potessi trovare la forza per recarmi in stazione, ho guardato la ferita da lontano, dal ponte, non sono riuscita ad avvicinarmi di più. Non è passato neanche un mese invece dalla notte in cui ho incominciato ad avere un incubo ricorrente, che mi faceva svegliare urlando terrorizzata. Sarebbe durato circa 2 anni. Sono passati 36 anni, ancora non riesco a parlarne, comincio e subito mi si spezza la voce, non riesco a continuare. Sono riuscita con fatica a scrivere queste righe per la prima volta solo due anni fa.

2 agosto 1980, ore 10:25

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5 comments

  1. Berto Al 2 agosto, 2016 at 17:33

    Ricordo due eventi tragici per la straordinaria concomitanza del fatto che, in entrambi i casi, mi trovavo al mare e sulla spiaggia vissi il dramma dell’esplosione alla stazione di Bologna e, l’anno successivo quello di quel povero bambino caduto in un pozzo e non sopravvissuto. In entrambi i casi, due spiagge affollate, silenziose, attonite e la sensazione di essere, veramente, nel posto sbagliato: due giornate orrende.

  2. M.Ludi 2 agosto, 2016 at 16:36

    Passai con la macchina sul ponte della ferrovia per andare in via dell’Indipendenza quando la bomba era appena scoppiata e in mezzo alla polvere che ancora addensava l’aria non compresi altro se non che era accaduto qualcosa di molto grave. Fu una giornata allucinante e mi ci sono voluti giorni e e giorni prima che il rumore delle sirene mi uscisse dalle orecchie. I terroristi che oggi sono continuamente alla ribalta delle cronache spesso ci rimettono la vita nel compiere attentati; quelli che allora fecereo quello scempio erano i soliti vigliacchi marchiati dalla storia.

  3. Kokab 2 agosto, 2016 at 10:04

    bologna era allora la città dove vivevo, quella in cui stavo finendo di studiare, e dove avrei vissuto ancora per alcuni anni, prima di prendere altre direzioni.
    il 2 agosto ero lontano, in un posto dal quale non era possibile ritornare, e ricordo il senso di straniamento che mi ha dato la notizia, quando a sera è arrivata, come se venisse da un altro mondo, come se fosse una cosa impossibile, impensabile, non vera.
    ricordo le reazioni delle persone che erano con me, tutte in qualche modo legate alla città, compresa una macchiata da superficialità che mi ha reso furibondo.
    dopo il mio ritorno ho aspettato mesi prima di rivedere la stazione, mi mancava il coraggio per guardare di persona quello squarcio che avevo visto tante volte sui giornali e in televisione, sentendomi in colpa per questo, per la mia inutilità rispetto alla tragedia di tante persone.
    fra le vittime c’era una ragazza che conoscevo, della mia città d’origine, mi pare avesse esattamente la mia età, conoscevo suo padre, ci ha messo anni prima di spegnersi consumato da un dolore sordo e incancellabile

  4. Jane 2 agosto, 2016 at 09:18

    Il 02 agosto del 1980 io ero una ragazzina. A Bologna ci sono arrivata 8 anni dopo per studiare. E da allora ho costruito la mia personale storia della strage, parlando con chi c’era, con chi ha soccorso, leggendo le biografie di chi è stato spazzato via dalla bomba fascista. La mia personale sliding door, tutti ce l’hanno a Bologna, ovvero: dove ero in quel momento? Perchè loro e non io? E ho conosciuto anche lui, marito di una donna morta su quel primo binario, la teneva per mano vicini ad un anniversario importante. Parlava da sopravvissuto, tremavano quella mano e la voce. Era come se l’8 agosto del 1980 fossi stata lì alla stazione con lui. E tra mezz’ora lì torno, che la memoria è un esercizio continuo e collettivo.

  5. Luistella 2 agosto, 2016 at 08:29

    Non ci sono parole su quanto hai vissuto e scritto. Solo un rispettoso silenzio Verso una strage di cui solo gli esecutori sono stati condannati. Grazie per avere avuto il coraggio di rivivere e condividere quanto hai vissuto in quei terribili giorni. Spero che questo tuo scritto sia letto anche da coloro ( per ora pochi, ma qualcuno c ‘è già) che incominciano a parlare di “acqua passata”.

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