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I bambini gasati e la falsa coscienza

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Quello che succede in Siria da 6 anni a questa parte, emblematicamente riassunto dall’immagine dei bambini gasati dei giorni scorsi, lo sanno probabilmente bene i servizi segreti di alcune grandi potenze, americani, russi e israeliani in primo luogo, ma è difficile sostenere che sia parimenti noto alla stampa e all’opinione pubblica internazionale.

Quel che è certo è che in 6 anni sono morte dalle 300.000 alle 400.000 persone, evidentemente in massima parte civili, e che molte altre ne moriranno ancora, perché come sempre lo scacchiere medio orientale è il luogo in cui le grandi potenze giocano a risiko, in nome di interessi geopolitici planetari, sfruttando le ostilità e le inimicizie ataviche delle popolazioni locali: un mix di guerra civile, di guerra nazionalistica e di guerra coloniale micidiale come nessun altro.

Ogni tanto questa guerra che di solito appassiona meno del torneo delle bocce al dopolavoro ferroviario riempie per qualche giorno le prime pagine dei giornali, percuote le coscienze, e poi scivola di nuovo nell’oblio.

Questa volta sono state le atroci immagini dei bambini gasati a Khan Sheikhoun a scuotere la nostra falsa coscienza, quegli stessi bambini che non ci curiamo di lasciar annegare a decine in ogni angolo del Mediterraneo, e scatenare la reazione muscolare di Trump, che ha sparato 59 missili sulla base aerea di Shayrat, non prima di aver avvertito i russi affinché sloggiassero, a scanso di conseguenze troppo drammatiche: John Wayne non avrebbe avvertito nessuno, ma meno male che Trump è più moderato e ha fatto così, meglio evitare occasioni da terza guerra mondiale.

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Istintivamente sarei tentato di dire che la storia del gas usato da Assad è una bufala, perché avrebbe dovuto essere scemo ad utilizzarlo quando non serviva, dopo che gli eredi dell’Armata Rossa lo avevano aiutato a ricacciare indietro lo Stato Islamico, a riprendere il controllo di un pezzo di paese, e a riguadagnare un ruolo politico in quel martoriato angolo di mondo; potrei anche dire che nei casi di abuso di armi chimiche le accuse americane non godono di buona stampa, ma non mi impiccherò  a questi particolari, sia perché Assad è certamente una canaglia, sia perché le armi chimiche, e non solo quelle, le ha utilizzate pure con maggior larghezza in passato, sia perché, infine, potrebbe anche essere stupido, e aver costretto i russi ad intervenire per cancellare le prove.

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Anche Trump è una canaglia, però non è uno stupido, e se usa l’esagerazione di 59 Tomahawk per un’operazione chirurgica in un aeroporto (chissà poi perché non ha fatto cifra tonda), operazione che non incide in nulla sulla guerra civile in corso in Siria, vuol dire che sta mandando un messaggio a Putin, diventato negli ultimi anni il dominus dell’area, anche grazie al disimpegno di Obama: stai attento Vlad, non ci sei solo tu, e se anche non vogliamo impicciarci troppo del mondo, non vogliamo che i nostri interessi vengano lesi, e magari fra i nostri interessi c’è quello di garantire una più forte tutela a Israele, inviso agli sciiti molto di più che ai sunniti. Oggi apprendiamo poi che l’avvertimento sarebbe diretto anche a quello stupido idiota del satrapo coreano, ed è ben verosimile che sia così.

Oltre nell’interpretazione non mi pare possibile andare, sia perché fino al giorno prima delle immagini dei bambini colpiti col gas la rimozione di Assad aveva smesso di essere una priorità per tutti, anche per Trump, sia perché nessuno sa con chi sostituire l’indifendibile oculista una volta che fosse stato sloggiato da Damasco.

Ora, sorvolando sui problemi di natura etica, che nelle cancellerie d’oriente ed occidente contano solo per i comunicati stampa, conviene ricordare alcuni dettagli di questa disgustosa vicenda.

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La Siria è un paese multietnico e multiconfessionale, con una netta prevalenza sunnita, oltre il 70% della popolazione, e una minoranza sciita, circa il 15%, che con la famiglia Assad, padre e figlio, detiene il potere ininterrottamente dal 1970; è ammessa la libertà religiosa, esiste la parità uomo donna, l’istruzione è obbligatoria, il petrolio è pubblico, l’organizzazione dei servizi funziona (cioè, funzionava prima della guerra), e la vita civile prevede(va) libertà di costumi e vita notturna, che non guasta mai, soprattutto nei paesi di provata fede religiosa, quale che sia.

È ovvio che se comanda una minoranza, per di più risibile, come nel caso siriano, siamo in presenza di un regime antidemocratico per definizione, ma bisognerà pur considerare che gli altri sono mediamente peggio, o almeno altrettanto brutti, visto che si ispirano al califfato saudita, il nostro più imbarazzante alleato, che se avessimo veramente a cuore la democrazia dovremmo bombardare a tappeto, o ai tagliagole di Daesh, una cui variante è stata usata dall’amministrazione americana in funzione anti Assad.

Mi rendo conto che sto operando una brutale semplificazione, rispetto alla quale ci sono eccezioni di vario genere e natura, ma sul piano culturale, sociale e politico, fra sciiti e sunniti non c’è partita, i secondi sono indietro di qualche secolo, ma di questo ce ne siamo sempre infischiati, e trovo insopportabile che l’occidente strepiti sulla difesa della democrazia, che non c’è, della libertà, che non esiste, e dei diritti, che sono ovunque calpestati, quando siamo alleati di regimi che lapidano le adultere.

Fuor di metafora, il problema non è che Assad è un dittatore, lo è certamente, solo che non è il nostro dittatore, ma è il dittatore dei russi, storicamente, ed è più nemico di Israele di quanto siamo disposti a sopportare, come in genere lo sono gli arabi di confessione sciita; le altre sono sostanzialmente chiacchiere da bar con le quali nutriamo la nostra falsa coscienza, specialmente quando qualche immagine troppo brutale, che in quei luoghi è pane quotidiano da anni o decenni, viene a turbarla.

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Facciamoci una domanda, mentre Trump coi suoi missili ci ricorda quanto sono tonici i muscoli americani, dopo la figura da spazzacamini che abbiamo fatto con il “cambio di regime” in Libia, come pensiamo di cavarcela in Siria, che è diventato uno dei tanti giardini dell’antica Armata Rossa, con la terza guerra mondiale?

E facciamocene un’altra, che prezzo siamo disposti a pagare per rimediare ai disastri che abbiamo fatto in tutto il medio oriente dal primo dopoguerra in poi, quello del 1918 intendo, il costo di un po’ di Tomahawk che magari nelle nostre fantasie dovrebbero far fiorire una nuova “primavera araba”, senza sangue occidentale da spargere, come se la prima non fosse andata abbastanza male? Mi pare una barzelletta, ma non fa ridere.

 

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