L’ardire conduce Marco Polo dal Kublai Khan. Dante gira mille volte intorno all’uomo per farci capire chi siamo. Che di quei viaggi dovevano restare le ricchezze, le conoscenze e il mistero. L’uomo viaggia di continuo, fuori e dentro di sé.

Del viaggio fuori da sé ne stiamo leggendo da giorni e giorni. L’esodo, vero e proprio, dei siriani ci porta ferocemente a contatto con la guerra e la fame e, quindi, la fuga. Le mani alzate davanti alle forze dell’ordine ungheresi nella stazione di Budapest ci portano indietro nel tempo (ancora un viaggio) quando quelle braccia erano tristemente tatuate e i treni conducevano ai campi di lavoro. E ci pare di sentire le urla degli adulti e i lamenti dei bambini. Che siano i bambini di oggi o di ieri poco cambia: hanno destino molto incerto, pochi mezzi, alcuni trovano la morte. Chi guarda da lontano come noi, partecipa, ne soffre, ne legge ma poco può fare. E viene in mente la impotenza delle genti in tempo di guerra. E le accuse che dopo abbiamo mosso loro contro, di inazione. Ai tempi chi interveniva metteva in pericolo la propria vita ma tanti non si tirarono indietro, eroi e giusti dopo si chiamarono. Non che ora non ve ne siano. Gli strani islandesi, che mettono in migliaia a disposizione le loro case per accogliere i profughi. Qui e lì si legge di “civili” che salvano naufraghi, li abbracciano e confortano.

E per noi, che ne leggiamo, c’è un obbligo morale (e materiale) verso questa gente? Oltre quello del soccorso e della messa in sicurezza immediati, che sono in capo ai governi? Un dovere di azione?

 

Ulisse non voleva lasciare Itaca e i suoi affetti. Ci fu costretto dal fato. I Feaci riportarono Ulisse a Itaca, si sa. Ma nel mezzo ci furono 10 anni e il nostro tornò che aveva capito il mondo.

Oggi circa 60 mila insegnanti precari che aspettano l’assunzione sapranno se andranno ad occupare una delle 16mila cattedre disponibili e in quale scuola d’Italia. Per decidere se accettare la nuova sede hanno 10 giorni di tempo, pena l’esclusione dal piano assunzioni. Alcuni di loro hanno fatto appelli strazianti, auto proclamandosi “deportati”. Tanti di noi in anni passati si “auto-deportarono”, per imparare di più, crescere. E mi scopro a pensare che se fossi madre mai vorrei che mio figlio fosse discepolo di uno di questi insegnanti che a varie ragioni credono che essere trasferiti, anche di 1000 km, tolga senso alle loro vite. Cosa avrebbero da insegnare costoro, che temono la sfida del viaggio a generazioni che devono obtorto collo a brevissimo fare i conti con un’Europa multirazziale e con il loro stesso obbligo di spostarsi entro un continente intero?

Che il viaggio è temuto anche questo si sa.

E Calvino alla fine del suo percorso ci disse come farlo, con la leggerezza che non è mai irresponsabilità, a evitare lo sguardo della Medusa. Che non pietrifichi.

E Polo: – L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà: se ce n’è uno è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione ed apprendimento continui; cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, dargli spazio”.

“Le Città Invisibili”, Italo Calvino
 

 


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16 comments

  1. Luistella 5 settembre, 2015 at 16:15

    Probabilmente, non sono così acuta e preparata a livello letterario: ma a me pare che il blog di Eilisa benni non sia mal scritto. E se utilizza una “premessa di sinistra”, credo che ognuno abbia diritto, specie quando scrive un blog, di usare termini che possono riflettere il suo indirizzo politico o ideologico. Non vedo dove sia i
    l’eventuale problema. Per quanto concerne i riferimenti agli insegnanti, non sarei così “drastica” come Bondi james, sul giudizio sugli stessi. Capisco le difficoltà che si possono provare, ma d’altro canto condivido quanto scrive Elisa Benni a tal proposito. Durante i miei lunghi anni di lavoro, ho visto professionisti, spostarsi da un capo all’altro del paese, senza sentirsi martiri. Giorni fa ho letto le dichiarazioni di un insegnante, costretto a decidere se accettare o meno il suo trasferimento. In sostanza diceva che, soprattutto a causa dell’assistenza ad una madre anziana, per cui può usufruire della legge 104 , nel nuovo posto di lavoro (fisso! nb), l’avrebbero visto ben poco!. Si vede che portava con sè la madre invalida, anche se dall’altro capo della penisola! Questo tipo di atteggiamento, non fa certo fare una bella figura alla categoria. Non è colpa di nessuno se al nord hanno bisogno di insegnanti e al sud sono in esubero …

  2. Elisa Benni 3 settembre, 2015 at 13:33

    @FRALIVE
    Grazie per il contributo così erudito. Su Odisseo: era tutto permeato da decisioni “dall’alto”, l’ Oracolo predisse etc; su Dante: ho sorvolato quasi, mai detto lo scelse di sua sponte eppure è il viaggio più affascinante nella storia della umanità e tutto dentro sé.
    Arrivo subito alla parte che mi preme e sulla quale, capisco, appare io abbia provocato. L’attuale gestione della questione insegnanti precari e assunzioni nella scuola viene da anni e anni di incurie e ritardi di chi ci governava. E da anni e anni di non fatti e non concertati su quei tavoli sindacali (both parts). Insomma vogliamo chiamarlo caos invece di caso? Non ha importanza ai fini di ciò che intendo qui. La sorte tira un dado, va raccolto e giocato al meglio. Quasi tutti i concorsi in Italia nella PA (tranne quelli di enti locali e territoriali, ai quali cmq partecipano in massa persone da ogni parte del paese) hanno base nazionale. I magistrati di prima nomina cominciano la propria carriera da uditore in sedi spesso lontanissime da quelle di origine. Idem per quelli in sanità, prefetture..etc.
    Il concorso pubblico include di per sé il tema mobilità (se partecipo devo essere disposto a spostarmi, anche a stipendi medio-basso). La scuola è caso a sé, sempre. Ma mi chiedo e ti chiedo: ha senso sia sempre un caso a sé?
    Ha senso nella nostra Europa (sì, volenti o nolenti la mobilità ormai è continentale, era questo il senso dell’obtorto) che si faccia del tema mobilità all’interno di una singola nazione un vincolo all’accettazione di un lavoro? Detto questo ho profondo rispetto per le scelte di vita di ognuno: si può, come tanti faranno, non accettare l’offerta di assunzione e restare a 40/50/60 anni nella propria città, con figli, mamme, precariato, lavori in nero e quanto altro può rassicurare. Il mare è impervio per tutti. A mio modo di vedere va insegnato dagli insegnanti per primi. E da loro agito.

    • Genesis 3 settembre, 2015 at 18:02

      Sinceramente ho sempre creduto che un qualsiasi mestiere porti a dei pro e a dei contro. Nella fattispecie il mestiere dell’insegnante è sempre stato “itinerante”, come ho fatto intendere nel mio commento: ciò indica quindi che, chi sceglie di intraprendere quel mestiere, oltre che per “vocazione”, debba prevedere di avere più sedi…anche a mille chilometri di distanza. Piangere quando ti propongono un posto fisso è, secondo me, un insegnamento del tutto errato per i nostri giovani.
      Forse, quindi, quelli che sceglieranno per il no, hanno sbagliato mestiere…!

  3. Fralive 3 settembre, 2015 at 12:45

    Cara Elisa, sono piuttosto allergica ai commenti , che rischiano (come alcuni che leggo a proposito del tuo articolo – mi riferisco alla coppia di “comici” Bondi e Berto) di ridursi a simpatiche (quanto deliranti) gag del nonsense.
    Tuttavia, visto che l’argomento mi stuzzica, mi lancerò in un paio di riflessioni e – a seguito – in un paio di domande.
    Per quanto riguarda le riflessioni, andiamo in ordine, e partiamo proprio dalle citazioni storico-letterarie che porti a “sostegno” della tesi.
    Prima di tutto vorrei ricordarti che Dante non ha scelto ”spontaneamente” di vagare (fino alla morte) fuori dalla sua Firenze: vi è stato costretto da forze politiche avverse, le quali non hanno esitato a scagliare contro di lui calunnie e false accuse, per poi procedere alla confisca dei beni e alla condanna a morte in contumacia. Insomma, vorrei ricordarti che non è stato libero di scegliere se “viaggiare” oppure no. La sua fuoriuscita dalla città natale non era guidata dall’amore per l’avventura, dal desiderio di sfida dell’ignoto o dalla necessità di conoscere meglio l’animo umano: come ben sappiamo (e su questo il nostro amico ha scritto non poco), l’esilio ha rappresentato un tormento, un’umiliazione e un doloroso mendicare.
    Tuttavia, l’animo umano possiede risorse tali da trasformare in opportunità persino le peggiori disgrazie della vita. Così Dante (nonostante le ingiustizie subite) è stato capace di elevare il proprio dolore individuale a dimensione universale… E lo stesso (giusto per citare altri illustri “viaggiatori”- per così dire – “forzati”) hanno fatto pure Machiavelli, Foscolo, Primo Levi…
    In secondo luogo, a proposito di Ulisse, vorrei obiettare che non fu – come tu dici – “costretto dal fato” a lasciare la propria terra e i propri affetti, ma (come nei suddetti esempi) sempre da un potere politico coercitivo e arrogante (nella fattispecie, la coppia – per nulla “comica” – Agamennone e Menelao).
    Ulisse, come ben sappiamo, cercherà con tutte le sue forze di evitare questa “partenza imposta”: si fingerà persino pazzo… Ma lo stratagemma di Palamede (“longa manus” del potere politico, il quale non esita – guarda caso – a strumentalizzare i più profondi e naturali sentimenti umani) costringerà l’eroe a una lontananza (lunga 20 anni) decisamente “non desiderata”.
    Insomma, anche Ulisse (come Dante) è un “viaggiatore forzato”… E anche Ulisse (come Dante) le prova tutte per non partire…
    Ed ecco, carissima Elisa, che qui arriviamo al dunque.
    La mia prima domanda è questa: come mai – a parer tuo – appare così scandaloso che un gruppo di lavoratori (costretti da un potere politico anche in questo caso vessatorio e arrogante) si ribelli a una “partenza forzata”? Perché ti pare così strano che anche loro (come Dante e Ulisse) facciano fatica a rassegnarsi a un’imposizione che – facendo leva in maniera coercitiva sui più elementari bisogni dell’uomo (come quello di “lavorare”) e violentando i più profondi e comprensibili sentimenti umani (restare vicini alla propria “casa” e alla propria “famiglia”) – li costringe a partire per un “viaggetto” (come dici tu anche di 1000 km) della durata di anni e con esito di ritorno incerto?
    La seconda domanda, invece, riguarda la tua affermazione secondo la quale (se fossi madre) non metteresti mai tuo figlio nelle mani di insegnanti “che temono la sfida del viaggio”: insegnanti incapaci di insegnare alcunché a generazioni che “obtorto collo” dovranno fare i conti “con il loro stesso obbligo di spostarsi entro un continente intero”.
    Qui, cara Elisa, a mio parere ti perdi in una contraddizione che (purtroppo) rischia di minare alla base la tua stessa tesi.
    Visto che ritieni che la “sfida del viaggio” vada sempre e comunque affrontata con spirito di avventura e di conoscenza (a quanto pare, indipendentemente dalle “forzature” esterne che ti costringono a tale “viaggiare”), come mai a proposito dei giovani della nuova generazione parli di “obbligo di spostarsi” e soprattutto di “colli storti” al solo pensiero di doverlo fare?
    Non dovrebbe – questo “viaggiare”- rappresentare anche per loro una “sfida meravigliosa”?
    Non dovrebbero anche loro (secondo quanto affermi ed evochi letterariamente) sentirsi felici di seguire la propria “sorte errante” sulle orme di Ulisse o di Dante?

    • Berto Al 3 settembre, 2015 at 13:48

      In attesa di trovare il modo di concordare con Bondi la costituzione di un duo (che date le premesse da te fatte, potrebbe avere un discreto successo – B&B, no bed and Breakfast), ti ringrazio sentitamente di non avermi dato direttamente dello scemo; non capita frequentemente nella vita di trovare persone della tua sensibilità. Sul resto, decorosamente mi ritraggo di fronte a tanta erudizione: sarà un piacere leggerti 🙂

    • Bondi James Bondi 3 settembre, 2015 at 17:36

      Gentile Fralive, non le impedisco di pensare che io sia un buffone da strapazzo, ma anche lei quanto a vena comica (certo di ben altro livello) non scherza!
      “Lavoratori (costretti da un potere politico anche in questo caso vessatorio e arrogante) che si ribelliano a una partenza forzata”… è una definizione spassosissima di quei laureati ormai attempati che pur di non spostarsi dalla casetta di mammà , strappano il biglietto vincente della lotteria che la sorte ha regalato loro. La prossima volta facciano un bel concorso a cattedre nel Regno delle Due Sicilie, se il trasferimento al nord è tanto insopportabile. In attesa del ritorno dei Borboni possono benissimo guadagnarsi il pane, non dico raccogliendo pomodori (non hanno il fisico), ma magari a una bella catena di montaggio di Marchionne a Melfi a 800 euro al mese (ammesso di riuscire a farsi assumere, che è tutt’altro che facile anche lì) senza poter fiatare: dopo qualche annetto di VERE vessazioni non sputeranno più davanti a un bel posto di insegnante statale!
      Mentre riconosco che il suo commento è comunque pregevole per scrittura e argomentazioni, devo però dare piena ragione all’autrice del blog: i nostri figli e nipoti non meritano di essere rovinati da questa genìa di bambini capricciosi e viziati che hanno paura di andare a fare il professore a Milano o a Torino.

  4. Por Quemada 3 settembre, 2015 at 09:28

    Non è che siccome ci sono le tragedie i drammi devono diventare delle farse, e i viaggi a cui vieni costretto non sono uguali a quelli che scegli di fare, per cui se mischi tutto, alla fine non distingui più nulla.
    A me piace distinguere e ragionare in modo semplice, un pezzo alla volta e senza falsi intelletualismi: se il problema sono gli insegnanti messi in crisi dalla “buona scuola di Renzi”, buona a cosa poi non si capisce, vorrei solo osservare che emigrare da soi a 25 anni ha un peso, e farlo a 40 con una famiglia ne ha uno diverso e ben più gravoso.
    E poi, caro Bondi, qui non ti seguo, se io sono l’insegnante di Foggia che va al nord grazie alla Madonna Incoronata di Rignano, chi insegnerà a Foggia al mio posto, un altro precario?
    Suvvia, non scomodiamo Ulisse, Dante, Calvino e la mitologia del viaggio, stiamo solo parlando di uno delle tante leggi senza capo ne coda del governo Renzi.

  5. Bondi James Bondi 3 settembre, 2015 at 05:15

    O Madonna Incoronata di Foggia, quanto sono poverino e disgraziato! Lo Stato mi ha dato una cattedra a Milano, e adesso come faccio? Queste sono le tragedie della vita! Destino crudele, è una disgrazia troppo grande! Piuttosto rifiuto il posto a Milano e resto disoccupato a vita. Ah, potessi essere un siriano mezzo gassato da Assad e mezzo affettato dall’ISIS, almeno mi sarei fatto una crociera nel Mediterraneo e ora sarei su un bel treno diretto a Vienna, dove sarò servito e riverito…

  6. Berto Al 2 settembre, 2015 at 23:46

    Non dubito che un telegramma con il quale ti trovi catapultato ad un bivio nella vita, possa essere vissuto come un esodo tragico da chi lo subisce ma seguirti su questo percorso è come fare le montagne russe su uno strapuntino esterno alla navetta sulle rotaie, o, se preferisci, scendere la Sasslong con le infradito (d’inverno, naturalmente). Stasera sono per le metafore adrenaliniche.

  7. andrea contarini 2 settembre, 2015 at 21:27

    Il caro Kokab mi ha segnalato questo articolo. Visto che lo conosco da molti anni, ho pensato che si fosse completamente rincitrullito. Da splendido megalomane mi è parso trasformato in un navigante che viaggia senza bussola in una notte priva di stella polare: né quella attuale, né l’antica Kokab.

    L’articolo, mal scritto, con alcuni passaggi privi di senso logico coerente, utilizza una premessa da “sinistra” vuota e letteraria per arrivare a conclusioni sarcastiche renziane, forse in modo inconsapevole.

    Ritengo che Dante non abbia mai viaggiato per l’inferno, il purgatorio e il paradiso.

    • Elisa Benni 2 settembre, 2015 at 21:39

      grazie Andrea per la lettura attenta. Chi cerca la logica in effetti non può trovarla qui. E’ solo uno scritto di suggestioni..provocazioni sul tema del viaggio dell’uomo e delle sue infinite sfaccettature.
      Ma son d’accordo con te, Kobab deve aver preso una cantonata a indicartelo, deve essere l’età :-))

  8. Genesis 2 settembre, 2015 at 20:25

    Mah, nei miei anni dell’adolescenza ho avuto insegnanti di tedesco catanesi, romane, molisane…insegnanti di matematica calabresi, sardi…insegnanti di artistica siciliani…italiano: marchigiani, romani, milanesi, fiorentini…scienze: abruzzesi, marchigiani… … …
    Ora, molti dovranno decidere se cambiare regione per “professare la propria professione da professore”… …difficile ragionamento da fare, difficile decisione da prendere…a volte forse impossibile.

    Ho capito!!!
    Quei miei professori, già negli anni ’70-80 usavano il teletrasporto!

    PS: non mi è piaciuto il confronto sotto inteso (ma non poi troppo) tra l’esodo in atto e i contratti per gli insegnanti…

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