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Le Province prossime venture

Le riforme corrono veloci al tempo di Renzi, con la sua stessa frenesia, e presto cambieranno, per la prima volta dopo decenni e in modo radicale, la faccia di un paese che stava morendo di immobilismo; alcuni provvedimenti sono già stati approvati, e altri sono sulla dirittura d’arrivo, blindati dalla spregiudicatezza di un’azione politica che in Italia non conosce precedenti.
Difficile, almeno per me, prevedere il risultato complessivo delle riforme in itinere; è ragionevole immaginare che, in relazione al precedente immobilismo, di risultati positivi si possano anche determinare,  tuttavia, se mai ci può essere per noi una cosa peggiore della mancanza di riforme essenziali, questa sta in riforme che siano toppe peggiori del buco,  peggiorando con ciò la situazione precedente.
E’ un rischio reale? Per molte ragioni io penso di si, e per spiegare il motivo bisogna entrare nel cuore e nel merito dei singoli provvedimenti.

La prima delle riforme di Renzi che sta dispiegando i suoi effetti è quella relativa alle province, che ridisegna in modo sostanziale il sistema delle autonomie locali; è una riforma di grande popolarità, perché nella vulgata popolare la Provincia è l’ente inutile per eccellenza, quello di cui i cittadini non comprendono la necessità e il costo, ed è titolo di vanto per il Governo averle abolite.
In realtà, nonostante si usi impropriamente questo termine, le province non sono state affatto abolite, ma sono state trasformate nella loro natura e nelle loro competenze, diventando degli enti completamente nuovi; migliori o peggiori? Vediamo.

Nel Testo unico degli Enti locali le funzioni delle province erano individuate nel modo seguente,

“Spettano alla provincia le funzioni amministrative di interesse provinciale che riguardino vaste zone intercomunali o l’intero territorio provinciale nei seguenti settori:
a)    difesa del suolo, tutela e valorizzazione dell’ambiente e prevenzione delle calamita’;
b)    tutela e valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche;
c)    valorizzazione dei beni culturali;
d)    viabilita’ e trasporti;
e)    protezione della flora e della fauna parchi e riserve naturali;
f)    caccia e pesca nelle acque interne;
g)   organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, rilevamento, disciplina e controllo degli scarichi delle acque e delle emissioni atmosferiche e sonore;
h)   servizi sanitari, di igiene e profilassi pubblica, attribuiti dalla legislazione statale e regionale;
i)    compiti connessi alla istruzione secondaria di secondo grado ed artistica ed alla formazione professionale, compresa l’edilizia scolastica, attribuiti dalla legislazione statale e regionale;
j)    raccolta ed elaborazione dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali.”

A me pare che questo insieme di competenze abbia tre caratteristiche fondamentali: sono tutti servizi che hanno una valenza sovracomunale, ma non un contenuto così generale da essere più utilmente allocati in enti di dimensione superiore, se ha senso il principio di sussidiarietà; sono servizi che hanno in genere una grande dimensione economica; sono in massima parte servizi che riguardano in modo diretto la qualità della vita dei cittadini e lo stato di salute della società, scuole, strade, ambiente e territorio essenzialmente.
Che fine faranno domani questi servizi?

La riforma si compone in realtà di due distinti provvedimenti, la Legge Del Rio, e la Legge Finanziaria per il 2015.
La prima definisce le province come organi di secondo livello, eletti e composti da amministratori locali (unica parte oggi attuata della riforma), attribuisce loro alcune funzioni fondamentali, e lascia alle regioni la facoltà di attribuirne altre; le funzioni fondamentali, tralasciando quelle di rilievo marginale, sono alcune fra le più importanti, e cioè viabilità e trasporti, strade, programmazione della rete scolastica provinciale, gestione dell’edilizia scolastica, tutela e valorizzazione dell’ambiente; le rimanenti funzioni, unitamente alle risorse e al personale necessario per la loro gestione, dovranno essere trasferite in altri enti (Comuni, Regioni o Stato).
La seconda prescrive un taglio del personale che deve essere almeno del 50% di quello in servizio, e toglie complessivamente 1 miliardo di euro dai bilanci delle Province.

Anche sorvolando sul fatto che alla data attuale non tutte le Regioni hanno deciso chi fa che cosa, e che dove decisioni sono state prese ciò non è avvenuto in modo uniforme, gli effetti combinati della Legge Del Rio e della finanziaria hanno prodotto due conseguenze certe:
1)    Il taglio operato sulle risorse mette in crisi i bilanci delle province, molte delle quali rischiano di non poter rispettare il patto di stabilità, con le conseguenti penalizzazioni che da ciò deriverebbero, e persino di non poter pagare tutte le mensilità di stipendio nel 2015, ma soprattutto le lascia nella condizione di non poter assicurare i servizi a cui sono preposte, il che vuol dire essenzialmente poca o nessuna manutenzione delle strade e delle scuole, e nel contempo una dotazione di personale che viene comunque pagato per operare molto al di sotto delle sue potenzialità; forse in questo c’è un retropensiero: renderle veramente inutili per poterle davvero abolire, anche se non si capisce chi potrà poi svolgere meglio le loro funzioni.
2)    Il taglio operato sul personale crea di fatto circa 20.000 esuberi, parte dei quali potranno essere assorbiti dal trasferimento delle funzioni non fondamentali, anche se mancano le risorse per garantirlo nei due anni in cui si dovrà svolgere questo processo, esauriti i quali sono previsti ulteriori due anni di mobilità all’80% dello stipendio, e poi il licenziamento, per quanti al momento non è dato sapere; tuttavia, se fosse vero, come sostiene il governo, che ci saranno solo mobilità e non esuberi, non si capisce per quale ragione si preveda l’uscita dei ruoli per chi non avrà trovato una collocazione all’interno del percorso delineato.
Concludendo questo sommario ragionamento, a me sembra che si possano trarre due semplici conclusioni, una di ordine politico, e l’altra di natura più tecnica.

La prima: in un paese che ha oltre 8.000 comuni, la maggioranza dei quali di dimensioni insignificanti, al di sotto della massa critica necessaria per garantire una gestione efficacie ed efficiente, si destruttura proprio quell’ente che ha invece la dimensione giusta per operare al meglio nel settore dei servizi pubblici locali di grande valore economico: capisco quasi ogni forma di populismo, ma questa mi sembra francamente eccessiva.
La seconda: come sovente succede in Italia, prima si fa cassa e poi si ragione sulle conseguenze, che saranno inevitabilmente quelle di avere scuole più fatiscenti e strade più pericolose, per tacere del destino dei dipendenti, che probabilmente interessa solo gli interessati; vorrei ricordare che Carlo Cottarelli, che aveva proposto interventi di natura analitica e non lineare, è stato accompagnato gentilmente alla porta, e che si è scelto di non iniziare a disboscare in via prioritaria dalla vera sede dello spreco degli enti locali, e cioè le società partecipate, che nessuno sa quante siano e che cosa fanno: probabilmente era una operazione troppo raffinata per menti semplici e dirette.

Credo si possa infine rispondere alla domanda formulata all’inizio, se cioè la riforma delle province migliori o peggiori la situazione precedente; a me pare che manchi di tre requisiti essenziali: il reale miglioramento organizzativo, la migliore qualità dei servizi da erogare, e il positivo rapporto costi/benefici, perché anche il miliardo oggi risparmiato mi sembra una cifra insignificante rispetto ai costi indiretti che si determineranno.
Fatico a vedere dei reali miglioramenti, al di la del fatto che non si paghino più le indennità agli amministratori, ammesso e non concesso che ciò sia un miglioramnto effettivo.

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15 comments

  1. M.Ludi 3 marzo, 2015 at 12:54

    Un Paese che un numero, spesso ingiustificatamente, assai superiore di dipendenti pubblici per ogni cittadino, rispetto alla media dei Paesi con i quali è lecito e fattibile il confronto, necessita sicuramente di una razionalizzazione che parta dai “foirestali” della Calabria e della Sicilia, su su fino al Parlamento. Il tagliare per tagliare, però, ha effetti ditorsivi ben evidenziati nel blog ed il problema parte dall’assunto che il taglio debba avvenire in modo lineare e non ragionato; pensare che il Comune di Milano abbia la stessa valenza del Comune di Trepalle, così come la provincia di Roma quella di Iglesias è totale demenza, e l’errore di base sta nel definire, sulla base dei nomi, la necessità o meno di un taglio. Meglio sarebbe partire da analisi fatte sul territorio, sui bisogni della gente, sulle caratteristiche morfologiche ed economiche, per decidere come e dove accorpare.
    Partire dai bisogni e dal modo di soddisfarli per definire, poi, la struttura amministrativa idonea: questo sarebbe il modo corretto di fare, riequilibrando risorse ed attribuzioni secondo necessità. E nel contempo prevedere una via di uscita per gli (inevitabili) esuberi, senza dare la sensazione che, alla fine, siano sempre gli incolpevoli a pagare.

  2. dinamite bla 28 febbraio, 2015 at 18:57

    cambierei il titolo ne “le provincie pessime venture”. una riforma arruffata ed arruffona, tecnicamente inguardabile e finanziariamente insostenibile. sinceramente imbarazzante: di per se non è sbagliata l’idea di fondo di trasformarle, di fatto, in agenzie ma, ciò atteso, la cosa implicherebbe una generale riforma (dolorosa) degli enti locali e delle strutture (enormi) loro collegate,che questo governp non ha le capacità tecniche ed ancor meno la volontà politica di fare. la riformicchia finirà male, con un notevole depauperamento dei servizi al cittadino. vabbè, dai, un milioncino e mezzo per il marito della Madia comunque c’è…

  3. Giuvà 25 febbraio, 2015 at 13:36

    Ma come si fa’ presto a dire che le Province sono state abolite. Ma se fosse cosi’ semplice, non era meglio dire abbiamo abolito il Senato? Il Senato senz’altro, una volta abolito, che non esisteva più non se ne sarebbe accorto nessuno! Ma nelle Province ci lavorano una marea di persone addette alla manutenzione delle strade, gestione delle scuole, etc…… . E’ come se chiudesse una fabbrica ed il padrone dicesse: ora arrangiatevi! P.S.: penso che in molti siamo d’accordo sull’abolizione delle Province, ma c’è modo e modo nel sistema di attuarlo. Ancora P.S.: abolendo il Senato fra un pò si risparmierebbe quanto ad abolire le Province!

  4. Luistella 25 febbraio, 2015 at 10:48

    Se non erro già il governo Monti, aveva già iniziato il piano di riordino e di abolizione delle Province, programma presentato ma poi mai attuato, causa la caduta del governo Monti. Dallo scorso anno il ddl è diventato legge. In base alle mie conoscenze e comprensione credo che l’abolizione delle province abbia avuto più un significato di abolizione di un centro di potere politico che di un risparmio significativo, che pure c’è. Presidente, assessori consiglieri, tutti eletti tramite votazioni, in un paese come l’Italia dove il voto di scambio è stato ed è ancora in molte zone, prassi abituale, anche per le politiche, figuriamoci per le amministrative! Inoltre ogni presidente, assessore, consigliere, aveva tutto un entourage di personale addetto , le riunioni tutte retribuite con congrui gettoni di presenza, senza, credo, un limite numerico. Per quello che concerne la manutenzione del territorio, soprattutto quello stradale, dipendeva molto da provincia a provincia.C’era e c’è quella che , per esempio,alle prime previsioni metereologiche di neve o ghiaccio, si attrezzava. Altre invece, e questo anche prima della previsione dell’abolizione, giustificava la mancanza tenuta del territorio e delle strada, con la solita solfa :non ci sono soldi! Ora le competenze delle ex province ( non ho capito se definitivamente ex) verranno gestite da altri Enti; ma restano comunque molte attività da svolgere per cui penso che il personale potrà essere impegnato ugualmente,viste le impegnative competenze che ha o avrà l’ente interessato.Per quello che riguarda i piccoli comuni , siamo sempre lì,: la conoscenza delle persone e delle necessità del territorio, non sarebbe un male. Esistono regole sulle concessioni edilizia severe per piccoli e grandi comuni. Certo che se voglio costruire sul greto di un fiume o innalzare il piano di casa in barba ad ogni regola e cerco tutti gli agganci possibili ed immaginabili, salvo poi piangere e strillare quando il fiume mi porta via la casa, è solo colpa mia e di chi ho corrotto, della mia mancanza di rispetto delle regole- Purtroppo in Italia ne abbiamo viste di tutti i colori: strade che finiscono sul muro di una casa, ospedali inaugurati e poi abbandonati, pavimentazioni stradali impastate con l’amianto,ecc.. Ma di questo non possiamo incolpare i buoni o più o meno maldestri tentativi legislativi, ma soltanto il nostro istintivo malcostume.

  5. nemo 25 febbraio, 2015 at 09:21

    Per prima cosa diciamo subito che per abolire le Province si deve modificare la Costituzione vigente, quindi chi predica che questa abolizione è un bluff da un lato ha ragione , abolire nel vero senso della parola signfica cancellare, nell’altro ha torto perchè questo passo, o almeno questa operazione svuota le stesse dalle loro attuali competenze rendendole di fatto inoperanti. Da parte mia avrei visto, con maggiore consenso una abolizione delle Regioni, le quali, oggi sono centri formidabili di spesa, le cronache ce ne danno spesso notizia. Ma anche questo, una volta instiuite non è possibile farlo, anche loro sono previste in Costituzione ! Il concetto della polverizzazione delle rappresentanze è di per se bellissimo ma come spesso è accaduto nel nostro bel Paese è andato degenerando. Facendo i conti e partendo dal basso abbiamo un numero incredibile di rappresentanza popolari, come per assurdo di polizie. Vi è, dove esistono, la rappresentanza più vicina al territorio, quella dei municipi , ovvero dei quartieri, poi abbiamo il Comune, si passa alla, ormai soppressa Provincia, quindi alla Regione ed infine al Peralmento, non ho citato le comunità montane, le competenze? Ecco il casus belli, ciascuna di queste ha competenze con il risultato che nessuno è responsabile. Non ho, ne mi assumo l’onere di individuare , le soluzioni, ogni modifica allo staus quo ci impaurisce, ancor di più se le guardiamo con occhio poco benevolo, il fatto è, incontestabile, che della abolizione di queste, le Province, ne fecero e ne hanno fatto cavallo di battaglia molti, che sia giusto abolirle o no è cosa che sinceramente, come ho scritto non mi sento all’altezza di dichiarare, di certo c’è che , in tutte queste realtà i costi sia per il funzionamento ed il personale, gli addetti , politici e relativo contorno sono molti e pesanti, chissà se la soluzione è quella giusta ? L’autogestione sarebbe il compromesso perfetto ma a questo deve corrispondere la responsabilità, sia delle risorse che degli inevitabili disservizi, responsabiltà delle risorse che debbono provenire dal territorio e non dai trasferimenti, dei servizi che non possono essere giutificati da carenze di fondi. Quindi che sia Regione, Provincia, o Comune, ciascuno responsabile di parte precisa di competenze , e responsabile significa nel senso lato della parola , quello che ti porta in giudizio, che non deve per forza essere quello dell magistratura, ma non escluderlo.

  6. Genesis 25 febbraio, 2015 at 06:50

    Secondo me, è forse stato atteso troppo tempo per proporre un sistema basato sulle province funzionanti, piuttosto che al marasma che oggi si vuole abbattere a colpi d’accetta quasi ad occhi chiusi.
    Non sono bastati pochi anni a province funzionanti come la mia, per poter arrivare ad un certo livello di qualità. Le competenze sono state sudate e, lavorandoci sopra alacremente, hanno portato col tempo ad ottenere addirittura nuovi posti di lavoro…piuttosto che i tagli! Ma come può la mia provincia oggi riuscire a gestire ottimamente tutto ciò, pur venendo a conoscenza che anche da noi la politica ha ricevuto danaro a non finire?
    Alla fine in Italia vi sono più province o regioni autonome, ma alla fine poche di queste sono riuscite a raggiungere il livello di cui scrivo sopra.

    Ciò che mi domando è: qualsiasi bambino è portato a copiare “il bello” dal compagno vicino o dall’amichetto, e per noi questo “bello” è il riuscire ad ottenere ciò che fin ora lo stato non riesce a dare. Copiamo il buono da quelle province funzionanti e riportiamolo a tutte. Che fine farà uno Stato Italiano (o meglio la politica) che riceverà l’80 o il 90% in meno di entrate, perché queste servono effettivamente alle province per soluzionare i disastri odierni?
    La provincia di Bolzano, come quella di Trento, fanno parte delle cosiddette “province autonome”. Spesso il pensiero delle persone che non fanno parte di queste province porta a dire “quelle province autonome rubano il denaro degli italiani”…non conoscendo ciò che effettivamente è la verità, ma facendosi avviluppare da pensieri politici difformi da questa. Le competenze della mia provincia sono del 95% di quelle statali…strade, montagne, fiumi, edilizia, aziende produttive e del terziario, etc sono gestite magistralmente (anche se ogni tanto qualche pertugio nero si vede: si sa…l’occasione fa l’uomo ladro). Perché non dare modo anche agli altri d’auto gestirsi?

  7. Jair 24 febbraio, 2015 at 18:58

    Non oso pensare al destino di quelle migliaia di Km di strade provinciali in zone montuose, che hanno un’importanza vitale per le popolazioni di montagna e che d’inverno necessitano di continua manutenzione e interventi anti-neve (non solo al Nord), e che quasi a ogni primavera vanno riasfaltate. Già oggi è normale sentire di province che restano senza sale da spargere perchè a corto di soldi, o che non possono nemmeno fare i normali rattoppi all’asfalto. Figuriamoci domani.

  8. Gennaro Olivieri 24 febbraio, 2015 at 18:41

    La frenesia di cambiamento che prende una popolazione ormai esausta dal perdurare di uno stato di crisi economica massacrante, anche in questo caso viene abilmente sfruttata da un governo che vuole, sì, cambiare, ma senza avere per nulla chiari scopi, effetti e conseguenze dei cambiamenti. Anche in questo caso, il governo, fidando nell’ignoranza generale su quelle che sono le competenze delle Province, decide semplicemente di potare energicamente le finanze e il personale di questi Enti, infischiandosene della sorte di quei servizi fondamentali che da domani verranno trascurati e tralasciati. Rileva giustamente Kokab che i veri enti locali inutili sono i piccoli e piccolissimi Comuni (inutili in quanto troppo piccoli per poter gestire operativamente ed economicamente servizi complessi e costosi come strade, trasporti e scuole). Purtroppo, nei piccoli Comuni, ogni abitante ha i suoi particolarissimi interessi, per difendere i quali si rivolge al suo Sindaco, che conosce personalmente, a cui può chiedere favori o che può sempre tenere sotto ricatto di rivelare le sue piccole o grandi malefatte, foss’anche quella di avere l’amante. L’italiano di provincia non rinuncerà mai a questo tipo di rapporto “personale” con la piccola burocrazia che gli permette di alzare la villetta di un piano o che gli rifà il marcipiede davanti casa, ma sarà contento di sapere che viene tagliato un Ente lontano e dalle competenze sconosciute. Salvo poi imprecare per le buche sulla strada provinciale che percorre ogni giorno per andare al lavoro, ma è difficile che il cittadino medio faccia il collegamento provincia tagliata=strada bucata; egli sarà comunque contento perchè qualcosa si è cambiato, qualche fannullone è stato licenziato e il governo dimostra di voler rottamare e rinnovare.

  9. Franz 24 febbraio, 2015 at 17:45

    “…come sovente succede in Italia, prima si fa cassa e poi si ragione sulle conseguenze, che saranno inevitabilmente quelle di avere scuole più fatiscenti e strade più pericolose, per tacere del destino dei dipendenti, che probabilmente interessa solo gli interessati;…”.
    Ecco, se mi si chiedesse di esprimere in poche righe l’essenza della politica italiana degli ultimi anni, citerei pari pari queste tre. Elementare: si deve tagliare! Come? Cosa? Cavoli vostri! Il grave é che gli individui che portano avanti queste politiche vengono considerati grandi statisti.

  10. Jane 24 febbraio, 2015 at 15:12

    apprezzabile contributo Kobab. Alcune osservazioni. Per quanto sono contro questa riforma demagogica dobbiamo aspettare prima di valutarne gli effetti (in bene o in male). Saranno diversi rispetto alle diverse aree geografiche. Dove le province erano nelle c.d aree vaste (Bologna, Napoli, Roma etc..) le previe competenze vanno a questi enti, che si avvarranno sugli indirizzi politici di “giunte” metropolitane.
    La minore spesa (tutta da valutare a consuntivo) non viene dalla riduzione degli organi politici se non in minima parte ma appunto dall’obbligo di ridurre il personale in organico. Tale personale non andrà a casa (e per fortuna dico io…) ma sarà ricollocato principalmente negli uffici giudiziari e nelle città metropolitane per quelle aree. Sempre spesa corrente di personale quindi sarà, per quanto in capo ad altri Enti. E sì, dici il vero su Cottarelli, il quale partiva invece dal vero buco nero dello spreco, malfunzionamenti e atti fraudolenti (assunzioni illecite prime tra tutti) nelle P.A.: le partecipate. Siamo al landiniano (non apprezzo derive alla Landini) “non si comprende perché Renzi ce l’abbia coi lavoratori” e non coi disonesti. Questo tema lo risolverà la futura classe civica, quando Renzi non ci sarà più e sarà chiaro il suo disegno liberista e protezionista della classe medio alta a scapito dei veri contribuenti italiani (l’80% delle tasse viene dal lavoro dipendente e dei pensionati)

    • Tigra 24 febbraio, 2015 at 17:33

      Il fatto che per le città metropolitane sia previsto un diverso regime mi sembra una delle tante incongruenza di questa riforma.
      Ho anche qualche dubbio sul fatto che, con tanti soldi in meno, sia possibile assicurare la stessa qualità di servizi.
      Quanto al personale, spero tu abbia ragione, ma non darei l’esito positivo per scontato.

    • Kokab 25 febbraio, 2015 at 17:47

      grazie dell’apprezzamento, però su una cosa dissento: renzi durerà, perché rappresenta in modo compiuto la maggioranza degli italiani, e se non ci fosse lui ci sarebbe qualcosa di molto meno bello, qualcosa di cui abbiamo avuto un assaggio nell’infausto 2013.
      quella che tu chiami classe civica non è affatto nuova, ma è al contrario molto vecchia, si sta progressivamente assottigliando e marginalizzando, e non rappresenta più in alcun modo il paese reale, perché il lavoro ha cambiato pelle e natura, nella consapevolezza di alcuni e nell’incosapevolezza di molti, e cambiando l’organizzazione e la tipologia del lavoro è cambiata anche la struttura della società; detto in altre parole, l’80% delle tasse non rappresenta l’80% del paese.
      se così non fosse non ci sarebbe stato il bisogno di spostarsi a destra per vincere; che poi renzi possa aver esagerato, e che spesso faccia cose che secondo me non servono neppure al suo progetto di paese, è un altro e molto diverso problema.
      per avere shyriza o podemos serve, io credo, un impoverimento che non abbiamo ancora conosciuto, e che non vedo il motivo di doversi augurare, anche perché in quelle situazioni sono poi possibili degli sbocchi molto diversi e molto più cupi.

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