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Non impariamo mai

Nelle scorse settimane siamo stati coinvolti (ed in parte anche travolti) da due avvenimenti che hanno riempito le cronache dei giornali, di cui il primo riguarda il costante flusso migratorio che coinvolge l’Europa, mentre il secondo ha visto l’attuazione dell’atteso inquadramento di parte dei precari presenti nella scuola italiana.

Le caratteristiche dei due eventi, sia pur così diversi tra loro, hanno stimolato parallelismi, forse anche dovuti alla scarsità di altre notizie con le quali riempire le pagine dei quotidiani; fatto è che non pochi commentatori, ognuno con la propria sensibilità, si sono addentrati nel costruire una sorta di morale comune tra i siriani che fuggono la guerra alla ricerca di una prospettiva di vita ed i numerosi laureati del sud che sono stati raggiunti da un telegramma nel quale si offre loro un posto di lavoro si, ma lontano da casa.

Il punto di vista più comune è quello che vede, fatte le dovute proporzioni, lo sradicamento di vite vissute dai luoghi del cuore; l’aspetto sociale e psicologico, è sicuramente quello che più di ogni altro ha indotto a scrivere sull’argomento, suscitando reazioni e strumentalizzazioni, nonché luoghi comuni di ogni sorta mentre sulle motivazioni economiche, forse perché argomento meno emotivamente strumentalizzabile, poco si è detto.

Nella storia dell’uomo noi possiamo trovare molti pretesti per cui popoli interi si siano mossi dai luoghi nei quali vivevano per andare altrove ma se i motivi che li hanno indotti a partire possono essere stati di carattere religioso, culturale o di sicurezza sociale, la scelta del luogo dove andare ha finito per privilegiare mete ove, banalmente, trovare da mangiare, una casa, una prospettiva di crescita dei figli.

Questo aspetto è stato trattato nella teoria economica classica dal pensiero liberista che vedeva, l’esistenza di una sorta di vasi comunicanti per cui se perdi il lavoro (qualunque sia la causa), ci sarà sicuramente un posto dove ne troverai un altro. Questa regola, in verità, partiva dall’assunto che il sistema economico al quale si faceva riferimento, fosse efficiente e, quindi, non esistessero barriere ad impedire la libera concorrenza e movimento di merci e persone (mi si perdoni l’orrendo accostamento).

Sull’argomento successivamente (e non a caso durante la grande recessione in Usa) intervenne J.M.Keynes il quale con la sua Teoria della Piena Occupazione, preso atto che il livello di efficienza utopistico dato per necessario dai liberisti, non aveva i presupposti per esistere, indicò nell’intervento dello Stato mediante gli investimenti di capitale pubblico il motore della crescita economica; come possiamo noi legare alle vicende di oggi queste due posizioni dato che il fattore economico, se non necessariamente quello scatenante la partenza (o fuga), può essere sicuramente quello che determina la scelta della meta?

La risposta non è facile e non si può ridurre, a dispetto delle mie premesse, ad un fattore puramente economico, per cui mi limiterò ad una serie di considerazioni.
La prima è quella fatta da Luca Sofri su “Il Post del 5 settembre“, secondo la quale problemi complessi come quelli attuali difficilmente si risolvono ma spesso occorre imparare a conviverci (e se nelle Facoltà del sud Italia, buona parte degli studenti continueranno a scegliere la via dell’insegnamento, non vedo come questa constatazione non possa valere anche per loro), trovando, di volta in volta, le soluzioni possibili, ammesso che ve ne siano.

La seconda considerazione parte dalla necessità che la solidarietà sia una base imprescindibile per la ricerca di una soluzione di ogni problema sociale; e per solidarietà non intendo il puro calcolo politico-economico che ha indotto la Germania ad aprire le porte ai migranti siriani (peraltro solo a quelli), ma qualcosa di più profondamente insito nella società alla quale le famiglie e la scuola dovrebbero educare i giovani.

La terza è la constatazione che ci troviamo in un momento storico dal quale il mondo uscirà cambiato, non credo in meglio, ma profondamente cambiato si, perché se è vero che quella che stiamo vivendo, anche in economia, viene considerata da molti come la terza guerra mondiale, non potrà che essere così.

Sentimenti contrapposti animano queste ore e lo si vede nelle braccia tese e minacciose dei neo-nazisti ungheresi in direzione delle colonne in marcia verso l’Austria, così come nei volontari che predispongono cibo e acqua da offrire agli stessi profughi, sottolineando la strumentalità e organizzazione dei primi rispetto alla spontaneità dei secondi. Interessante ed al contempo inquietante il fatto che il nazismo, alla cui sconfitta i paesi dell’est europeo hanno contribuito in maniera determinante, proprio in quei paesi stia vivendo una sua rivincita, sintomo questo che l’uomo, unico essere vivente accreditato ufficialmente di intelligenza e sentimenti, sia poi anche l’unico che sembra non imparare mai dai propri errori; mirabile, in tal senso, ciò che disse Hegel: “Apprendiamo dalla storia che l’uomo non ha mai appreso dalla storia”

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14 comments

  1. Por Quemada 8 settembre, 2015 at 12:24

    Caro Genesis, vedo che c’è un limite alle risposte, e quindi per rispondere al tuo ultimo commento ricomincio da capo.
    Con tutto il rispetto per tuo suocero, e per chiunque lavori in condizioni difficili, io mi rifiuto di pensare che l’insegnate, che educa i nostri figli, debba essere trattato come l’idraulico, che aggiusta le tubature.
    La scuola non funziona perchè ci sono ancora i laboratori di 40 anni fa, come dici tu, e perchè gli insegnanti sono carne da macello, precari a vita a cui oggi lo Stato fa pagare il conto delle sue incapacità e delle sue ruberie.
    Cosa vuol dire che se muori di fame vai a 500 km o cambi lavoro? E’ quello che dovranno fare molti insegnanti, che non si spiegano perchè il posto che occupano è “precario”, oggi come l’anno prossimo, e quello a 500 km è di ruolo.
    Non divagare, resta nel merito e rispondi su questo, non parlare d’altro, perchè anche lo studente di Reggio Calabria avrebbe diritto al suo insegnante di ruolo, e domani avrà un altro precario.
    Sarà uno studente di serie B, come di seie B è tutta la scuola italiana.

    • Genesis 8 settembre, 2015 at 13:19

      Caro PorQuemada non divago, anzi sono forse anche troppo schietto…
      Il “mestiere” dell’insegnante è uno di quelli che hanno i pro ed i contro… Se non sono in grado di sopportare uno stato che finanzia poco e la mia possibile precarietà, non sarò mai un insegnante!… Se scegliessi di frequentare una università non cercherei mai una o più materie “umanitarie”, ma materie che mi possano dare più sbocchi, compreso quello dell’insegnamento!
      Vedi, ho insegnato ed insegno tutt’ora (in modo diverso) e mi sono scontrato con questi problemi…per quello che faccio tutt’altro lavoro…
      Che vi siano “ruberie” legalizzate in Italia, è vero!…non è la sola politica, però! Se non sbaglio c’è qualcuno che dal nulla (anzi, meno nulla) vorrebbe inventarsi un reddito minimo di cittadinanza…coi soldi inventati o del monopoli…giusto per fare in modo che molta gente non cerchi più un lavoro oppure per alimentare il lavoro nero…ma ora sto effettivamente divagando…

      PS: io non ho fatto distinzioni sulla “serie” dell’insegnate…che sia precario o meno, l’insegnare è il suo mestiere, quasi una vocazione (per come l’ho vissuta io)…e deve necessariamente essere svolto da serie A…anzi GOLD!…a prescindere!

      • Por Quemada 9 settembre, 2015 at 15:36

        Tutti i mestieri hanno dei pro e dei contro, ma che uno dei mestieri più importanti, l’educazione delle nuove generazioni, abbia tanti contro e pochi pro a me non piace per niente.
        Confesso poi che non ho capito la distinzione che fai fra le materie “umanitarie” e le altre che dovrebbero dare maggiori sbocchi, ma come ha detto un altro amico commentatore, sarà un limite mio.
        Infine, cosa ti fa pensare che sia un uomo, il mio avatar?

        • Genesis 9 settembre, 2015 at 15:45

          Parto dall’ultima (e forse meno importante): a questo punto sbagliando, faccio un collegamento mentale tra Torquemada (uomo ed alquanto sadico) e Por Quemada…chiedo scusa…
          Spesso mi ingarbuglio nelle parole che scrivo. Credo che se il dottorato fosse inerente ad uno ed un solo mestiere (nella fattispecie l’insegnante di latino, lettere, storia ecc…) la crisi del lavoro in quel mestiere metterebbe il “dottore” con le spalle al muro. Se invece il dottorato fosse inerente ad un qualcosa di più “pratico” la difficoltà nel trovare o creare lavoro sarebbe ben differente! Abbiamo più bisogno di ingegneri che di professori…questo ci sta dicendo il mercato del lavoro.

  2. Berto Al 7 settembre, 2015 at 12:01

    Gli accostamenti mi sembrano un tantino azzardati e sulle parole ci andrei un pò più cauto, ma che certi problemi scontino grandi difficoltà a trovare adeguate soluzioni è un dato di fatto. Che spesso manchi la volontà di risolverli, è un altro fatto.

  3. Genesis 6 settembre, 2015 at 19:47

    Voglio essere trasparente e chiaro con questo mio commento al testo dell’amico Ludi: l’accostamento tra l’esodo in corso e il Problema degli insegnanti per me è come sputare in faccia alla storia e all’Umanità.
    Chiunque, profugo, emigrante “economico”, richiedente asilo, scappa da una situazione che lo porta alla fame o alla morte: questi non ha voluto nascere in quel posto tremendo, non ha scelto di essere perseguitato, non ha ricercato la violenza su se stesso.
    Chiunque scelga un “dottorato” che porti ad un unico possibile mestiere, quello dell’insegnare, sa a cosa va incontro: in tanti lustri di storia scolastica troppo spesso si è dovuto emigrare di qualche centinaio di chilometri per ottenere una cattedra…questi ha scelto la possibilità di dover “emigrare” per poter lavorare…come succede per le forze dell’ordine, i militari, i magistrati ecc.ecc.
    Quindi chiedo scusa se ritengo questo accostamento cosa veramente ignobile.

    • M.Ludi 6 settembre, 2015 at 20:19

      Solo per precisare: l’accostamento è stato ripetutamente fatto su quotidiani e siti internet a puro titolo di cronaca; di mio c’è solo il ribadire la vulgata ma, ambasciator non porta pena.

    • Por Quemada 8 settembre, 2015 at 09:45

      Concordo sul fatto che l’accostamento fra i profughi e i professori, da chiunque sia stato fatto, è una cosa ridicola.
      Ciò detto, sui professori, oggi insultati e derisi da tutti, vorrei ricordare che sono normalmente persone che insegnano da 15 o più anni, con contratti precari e illegittimi, che quando lo fanno i privati lo Stato li punisce con l’obbligo dell’assunzione, l’assunzione in quel posto di lavoro, e non in un altro, oltre alle sanzioni.
      In pratica li hanno munti come vacche per quasi metà della loro vita lavorativa, senza certezze e senza diritti, e oggi, dopo che si sono costruiti una specie di vita sia pur precaria (famiglia, figli, relazioni consolidate), li mandano all’altro capo del paese, “perchè li ci sono i posti di ruolo”.
      Il problema è che nel loro vecchio posto ci andrà un altro precario, perchè i posti di ruolo non sono definiti in base alle reali necessità, ma in primo luogo in base ai soldi disponibili.
      Ma chi è che deve programmare in modo decente la scuola, o chi è il responsabile di decenni di contratti precari, l’insegnante di latino di Reggio Calabria?
      Troppo comodo, questa è la “buona scuola” di chi non ha il coraggio di riformala sul serio.

      • Genesis 8 settembre, 2015 at 10:11

        Se posso, vorrei fare “l’estremista scolastico”; probabilmente dovrò sottopormi alle ire degli “amici insegnanti”…

        PorQuemada, se si sa che il “mestiere dell’insegnante” porta ad avere questo tipo di problemi (perchè sono decenni in queste condizioni), si studierà per non fare l’insegnante: farò in modo di consigliare a mio figlio di non intraprendere una carriera universitaria in “storia dell’arte”, in “lettere greche”, ed affini…dicendogli appunto che nel futuro farebbe fatica a trovare un lavoro.
        In questo modo calerebbe il numero degli insegnanti senza lavoro o precari…dando la possibilità del posto fisso anche nella scuola sotto casa…
        Semplice!

        • Por Quemada 8 settembre, 2015 at 11:00

          Puoi anche fare l’estremista, ma parliamo proprio lingue diverse.
          I precari sono esistiti ed esistono perchè non ci possiamo permettere di assumerli tutti, del resto con quello che rubano i nostri politici è difficile avanzare dei soldi, e non perchè non servano insegnanti anche a Reggio Calabria o ad Agrigento; perchè deve essere un problema di quello che fa l’insegnante precario da 15 anni?
          Se tu ti dovessi trasferire a 500 km da casa, e magari tua moglie ad altrettanti, però in un altra direzione, saresti contento?
          E nel caso ci volessi provare, non vale la risposta che ti sei stufato della moglie.

          • Genesis 8 settembre, 2015 at 11:15

            Sai, sono stato (ormai tanto tempo fa) ad un paio di riunioni del collegio docenti di un istituto tecnico statale della mia città e, con le amicizie che ho, constato che è cambiato poco…dopo quelle riunioni mi sono rifiutato ed ho ripudiato l’insegnamento in un istituto statale.
            Ricordo che una volta abbiamo deliberato l’acquisto della poltrona in pelle del preside, piuttosto che del frigo per l’aula docenti, la fornitura di “consulenze esterne in materia d’insegnamento”…in una scuola!!!…ecc…ma poi i ragazzi (come me anni prima) utilizzavano gli strumenti di 40’anni prima…quelli dei padri… Ricordo anche che un paio di imprenditori, al tempo, volevano donare moneta sonante all’istituto, ma la legge non lo consentiva…

            Se dovessi trasferirmi a 500km di distanza e sto morendo di fame, lo faccio!…oppure cambio lavoro, mi adeguo, creo azienda…faccio di tutto per…PorQuemada, c’è gente che si suicida perchè non trova un lavoro…ricordatelo!
            Ti faccio un esempio semplicissimo: mio suocero (ha forse la II media) fece da ragazzo una specie di apprendistato da un idraulico…era anche bravo e per anni fece il garzone per questo idraulico…poi venne la prima figlia, la seconda dopo 13 mesi…cambiò lavoro, anzi, lavori…di giorno a consegnare gasolio e la sera a pulire cisterne o a spaccarsi la schiena coi sacchi di chissà che cosa…12/15 ore di lavoro al giorno!!!
            Ogni giorno lo vedo, ormai in pensione da qualche anno, e ogni volta ne ho un Rispetto assoluto…non solo perchè è mio suocero…

  4. Bondi James Bondi 6 settembre, 2015 at 15:14

    Se c’è una guerra mondiale in corso, la si combatta. Contro l’Isis, contro i Sauditi, contro il Qatar, ristabilendo con ogni mezzo regimi amici dell’Occidente in Siria, in Libia, in Somalia. Per fermare l’esodo dei disperati e per risparmiare vittime innocenti, occorre fare un bel po’ di vittime colpevoli.

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