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Capitalista su Marte

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Quando Elon Musk nel 2002 ha fondato SpaceX, la sua terza compagnia, nessuno ha probabilmente capito chi era in realtà Elon Musk.

Certo, era un giovane imprenditore di successo, aveva allora 32 anni, che aveva fatto un sacco di soldi fondando fra il 1999 e il 2000 Pay Pal, un’azienda oggi universalmente nota che si occupa di servizi finanziari, e lo aveva fatto col ricavato della vendita della sua prima compagnia, Zip2, che vendeva contenuti on line, era costata come un monolocale, e dopo 4 anni era stata ceduta alla Compaq per più di 300 milioni di dollari.

 

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In un mondo che era stato cambiato da visionari come Bill Gates e Steve Jobs, le performance imprenditoriali del giovane Musk non erano particolarmente significative, e non avevano neppure un contenuto tecnico e una capacità innovativa straordinarie, ma passare dai pagamenti on line alle esplorazioni spaziali era un salto logico e materiale davvero esagerato, che se non altro poteva garantire dell’ambizione sfrenata del giovane sudafricano, che difatti era, ed è, quella di colonizzare Marte.

Oggi la cosa non appare fuori dal mondo, anche per il grande pubblico, ma nel 2001 deve essere sembrata inverosimile: le spedizioni spaziali avevano problemi tecnici e costi proibitivi per il paese più ricco del mondo, e se anche poteva esistere una certa fiducia nel fatto che prima o poi si sarebbero concretizzate, certo nessuno pensava che potessero essere in qualche modo alla portata di un privato cittadino.

 

 

Difatti il tentativo di Musk di acquisire materiali e tecnologia dai russi non è stato preso per niente sul serio, e ciò deve averlo convinto a fare da solo, cosa che peraltro gli riesce con una certa facilità; la sua idea era in realtà abbastanza semplice, le esplorazioni spaziali saranno possibili solo se verrà ridotto drasticamente il loro costo, e ciò potrà avvenire solo se l’abbattimento del costo di produzione dei vettori e degli altri manufatti potrà essere combinato con la loro riutilizzabilità: sarà anche l’uovo di Colombo, ma non ci era ancor riuscito nessuno.

L’azienda “fai da te” alla fine funzionerà, nel tecnicismo economico si chiama integrazione verticale, e i vettori, dopo qualche insuccesso, diventano riutilizzabili, nel senso che invece che schiantarsi in mare o bruciare per l’attrito con l’atmosfera, tornano a terra e si posano sulle proprie gambe.

Ci vorrà ancora un po’ di tempo, bisognerà aspettare il 2008, quando va in orbita il Falcon 1, il primo razzo finanziato da privati; nel frattempo, siccome Musk è ambizioso, lo abbiamo già detto, decide di fondare una quarta compagnia, ed essendo del parere che le automobili universalmente in uso non vadano bene, salvo la sua Mclaren, nel 2003 fonda Tesla Motors, opportunamente dedicata al famoso scienziato serbo Nikola Tesla, per produrre auto elettriche.

Fra il 2002 e il 2008 le cose non procedono speditamente, i primi tre lanci del Falcon 1 sono degli insuccessi, e le Tesla Roadster costano troppo per consentire una produzione remunerativa: in questi anni ben pochi avrebbero scommesso sul successo di Musk, ma come spesso si dice succeda ai predestinati, proprio mentre entrambe le compagnie stavano rischiando il fallimento il vento inizia a cambiare, e mentre SpaceX ottiene un contratto da 1,6 miliardi di dollari dalla NASA, Tesla ottiene un prestito di 465 milioni dal governo federale.

 

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    L'amministratore della NASA Charles Bolden (a sinistra) si congratula
    con il CEO di SpaceX e capo progettista Elon Musk, il 13 giugno 2012.
     Dietro di loro è la capsula Dragon che il 25 maggio 2016 è diventata
il primo veicolo privato mai ad attraccare alla Stazione Spaziale Internazionale.

 

Oggi Tesla è un’azienda con 10.000 dipendenti che ha risanato il suo bilancio e restituito il prestito al governo, mettendo in vendita modelli dal prezzo competitivo: quale che sia il suo futuro, il fallimento non appare affatto scontato, ma le auto, come le carte di credito, sono solo un dettaglio in questa storia.

La vera gallina dalle uova d’oro di Musk è diventata SpaceX, che ha raggiunto ad oggi tutti gli obbiettivi che il suo fondatore si era dato: costruire vettori riutilizzabili (oggi Falcon 9 e il futuro Falcon Heavy), costruire un veicolo orbitale per le missioni in orbita bassa e con rientro a terra, come quelle effettuate per rifornire la stazione orbitante (oggi Dragon e in futuro Red Dragon i nomi dei veicoli), e ottenere un congruo numero di contratti per operare con profitto su questo mercato.

 

 

Evidentemente i risultati sono stati molto concreti, perché oggi Musk, che ha un patrimonio personale di circa 12 miliardi di dollari ed è considerato a soli 45 anni uno degli uomini più potenti e influenti del mondo, dichiara che dal 2018 inizierà ad inviare spedizioni senza equipaggio verso Marte per trasportare i materiali necessari alla costruzione di un insediamento umano, per poi iniziare a mandare uomini a partire dal 2024, con 6 anni di anticipo sui programmi della NASA; in prospettiva (quale e quando al momento non è chiaro) l’idea è quella di mandare su Marte 80.000 persone all’anno, per fare della razza umana una razza interplanetaria.

 

 

Detto così in due parole sembra l’obbiettivo più ambizioso che il genere umano si sia mai dato, ma a parte i problemi scientifici, tecnologici, organizzativi, finanziari ed etici che pone, ce n’è uno di natura meramente giuridica che non ha precedenti nella storia dell’uomo, e cioè quale diritto vale in questa impresa?

 

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Il tema è così poco peregrino che Musk, che ha ben chiaro in testa il fatto che l’impresa non può essere solo sua, o almeno così dice, ha immediatamente posto il problema del governo di Marte, suggerendo una democrazia diretta in luogo della democrazia rappresentativa, non proprio una banalità, se pensiamo alle decine di migliaia di persone che nei suoi piani dovranno vivere sul pianeta rosso, per quanto accuratamente selezionate.

Non saprei dire se l’idea di Musk ha un senso, ma dopo i suoi annunci è trapelata la notizia che alcune agenzie governative americane stanno studiando soluzioni per coprire il gap normativo relativo alle missioni nello spazio da parte di privati, sia per la luna, sia per altre destinazioni oltre l’orbita terrestre.

 

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    Cliccare immagine per ingrandire

 

Al momento la cosa che assomiglia di più ad una norma giuridica su questa materia è il Trattato sullo spazio extra atmosferico del 1967, che considera i corpi celesti alla stregua di “res comunitas” dell’umanità, sulle quali non sono possibili rivendicazioni territoriali, e che affida ai singoli paesi di appartenenza il controllo e la responsabilità sulle eventuali attività di enti privati nello spazio; il principio appare astrattamente del tutto condivisibile, ed in termini generali è stato applicato in altri casi sulla terra, il mare e l’Antartide ad esempio, ma appare francamente inadeguato al contesto odierno, assolutamente imprevedibile ai tempi della sua formulazione, se non nei libri di fantascienza.

 

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Ciò che fa la reale differenza, a parte la questione del capitale privato destinato all’impresa, e alla relativa proprietà dei mezzi che vengono impiegati, è il concetto di colonizzazione di un pianeta, che nelle intenzioni di Musk non si riduce alla pura ricerca scientifica, e neppure allo sfruttamento di risorse naturali, ma che prevede un insediamento stabile e regole di convivenza che forzatamente non possono essere quelle che valgono sulla terra, e di riflesso le regole che devono valere per questo pianeta si possono difficilmente ridurre a quelle che valgono su una nave americana, o russa, o cinese, in navigazione in acque internazionali.

Poi bisognerà vedere che cosa ne penseranno i paesi politicamente rilevanti che il viaggio nello spazio non lo faranno, ma questo è un altro tipo di problema.

 

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E quindi? Quindi nulla, oggi nessuno ha davvero delle risposte, bensì solo delle domande, ma probabilmente è illusorio pensare all’esplorazione dello spazio sulla base di principi e norme che sono tarate sugli interessi della scienza, e non su quelli della geopolitica e dell’economia, che non sono quasi mai gli interessi dell’umanità, qualunque cosa ciò significhi.

 

 

Se volessimo fare un gioco potremmo dire che la storia della Terra qualche piccolo esempio ce lo fornisce: mi viene in mente Cristoforo Colombo, che partiva con in tasca il contratto di vicerè del Mare Oceano ed annesse pertinenze, ma che diversamente da Musk non ci aveva messo i soldi, e il potere che da questi deriva; ripenso alle molte guerre d’indipendenza delle colonie dalla madrepatria, la più importante di tutte è stata poprio quella americana, che delineano uno scenario possibile per il futuro; ricordo infine la secolare attività della Compagnia delle Indie britannica, che legava in un insanabile conflitto interessi pubblici e privati, ma che ha comunque contribuito costruire un impero.

 

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SpaceX Falcon 9 lancio con Dragon e atterraggio riuscito su piattaforma in mare.

 

Certo, Marte e lo spazio non sono le “nuove” terre della Terra, non si sa se e quando potranno rendere, o comunque non lo sappiamo noi, ma se questo processo deve avvenire, avverrà per piccoli passi, che faranno il verso a quello di Neil Armstrong sulla luna, e porrà problemi che forse neanche Musk il visionario può precisamente immaginare: a me piacerebbe vedere le soluzioni che troveremo.

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6 comments

  1. Gennaro Olivieri 14 giugno, 2016 at 05:20

    La Tesla è stata un azzardo, lo è ancora, ma fa delle gran macchine che hanno il loro perchè. Non riesco invece a capire il perchè della colonizzazione “a basso costo” di Marte, se non come gigantesco spot pubblicitario per altre attività aerospaziali, come la posa in orbita di staelliti per svariati usi, che grazie all’abbattimento dei costi dei vettori perseguito da Musk diventerebbero a portata anche di una media azienda. Dato che non sappiamo quali e quante risorse fruibili dall’uomo esistano su Marte che ne giustifichino la presa di possesso del territorio da parte nostra, il progetto di Musk appare, oltre che visionario, sovradimensionato: a meno che 80.000 uomini all’anno che si trasferiscano a vivere in condizioni precarie (o anche non precarie, ma disumane) servano solo a dimostrare che qualsiasi impresa, e qualsiasi uomo, hanno un prezzo che si può ridurre enormemente quasi ad libitum, man mano che procede l’economia di scala.
    Ma poichè è piacevole stare al gioco di chi gioca seriamente, stiamo al gioco di Musk e accettiamo i suoi suggerimenti/suggestioni. Musk sembra prospettare una colonizzazione pacifica e democratica di Marte.
    Ma mi pare che la stessa base di partenza, cioè i nuclei di coloni, sia antidemocratica per necessità. I coloni dovranno essere scienziati, medici, tecnici specializzatissimi nelle professioni più difficili e avanzate: chimici, astrofisici, ingegneri minerari- informatici- delle comunicazioni, ecc. ecc.. Oltre a ciò servirà un contingente di energumeni, abituati a professioni gravose come il lavoro sulle piattaforme petrolifere piuttosto che in miniera o nei trasporti eccezionali. E tutte queste persone dalle elevate professionalità dovranno essere: giovani, forti, in buona salute, con i nervi d’acciaio per poter resistere a lungo tempo in spazi confinati, con atmosfera artificiale e per poter far fronte ad avversità e incidenti. Quindi una colonia composta di una popolazione quasi di superuomini: 30-45enni, in massima parte maschi, cervelloni ma addestrati con standard praticamente militari.
    Oltre a ciò, la vita dei coloni in un ambiente assai ristretto, sottoposto a molte condizioni e che comporterà il rispetto di norme di sicurezza e di comportamento stringenti, potrebbe richiedere la presenza di un apparato militar-poliziesco notevole.
    Ora, che questa colonia di eletti sia in grado e abbia il diritto di autodeterminarsi, come suggerisce Musk, e che questo possa essere un esempio della democrazia che trionfa sulla politica aggressiva delle potenze statali e politiche terrestri, mi lascia pieno di dubbi. E’ vero che i regimi terrestri sono imperfetti e anche le democrazie sono piene di guasti: ma almeno un minimo di rappresentanza (negli Stati terrestri democratici) è riconosciuto anche alle donne, agli anziani, alle persone non istruite, ai malati. Sarò arretrato, ma preferisco le vecchie liti tra americani, russi e cinesi a una repubblica indipendente di superuomini.

    • Kokab 14 giugno, 2016 at 14:31

      le astronavi non sono barche a vela, e ovviamente non ne capisco nulla, per cui mi sono dovuto lungamente documentare per scriverne in modo approssimativo.
      condivido totalmente la tua analisi, e provo ad aggiungere tre riflessioni.
      la prima: musk è riuscito a diventare il front runner della corsa allo spazio mettendo a punto una tecnologia che ne riduce straordinariamente i costi, e sverniciando così l’intera industria aerospaziale americana. praticamente tutte quelle attività che oggi si devono svolgere nell’orbita terrestre e che sono assolutamente remunerative, lo saranno probabilmente per la sua compagnia, e lo saranno ancora di più in futuro, visto che si sta pensando a come allocare fuori dall’atmosfera addirittura degli insediamenti produttivi.
      la seconda: se mai andremo nello spazio sarà attraverso un percorso articolato, che credo escluda che un bel giorno si parta di punto in bianco per i bastioni di orione a vedere cose che non possiamo neanche immaginare; sotto questo profilo una colonizzazione di marte di presenta come una prima utile palestra per far crescere la tecnologia, ed è probabilmente ragionevole provarci. come te ritengo inverosimile che abbia le caratteristiche di una vera e propria migrazione di massa, a meno che non si dia retta a musk e si bombardi a tappeto il pianeta per cercare di causare quello che ho scoperto essere definito come “processo di terraformazione”, per il quale ti rimando alle informazioni disponibili in rete.
      la terza: credo che musk, in attesa di lasciare ai posteri la sua eventuale eredità di pioniere dello spazio, stia comunque cercando di ottenere le condizioni contrattuali migliori per la sua attività imprenditoriale, che per caratteristiche intrinseche ha in questo caso una chiara valenza politica.

      • Gennaro Olivieri 14 giugno, 2016 at 17:18

        Le vicende imprenditoriali di Musk aprono una miriade di questioni scottanti. Una delle implicazioni del gigantesco tentativo marziano di Musk è, come citavi, il danno che può portare all’oligopolio dell’industria aerospaziale: la stessa impresa che sta tentando con l’auto elettrica ai danni dell’industria automobilistica tradizionale. Ed è un obiettivo ancora più visionario e scandaloso della colonizzazione di altri pianeti: svelare la tendenza generale e innata delle imprese a fare cartello, e via via, alla concentrazione, all’oligopolio e al monopolio, con lo scopo di tenere i prezzi, e quindi i profitti, artificiosamente alti. Le stesse legislazioni diffuse ormai in tutti gli Stati contro le posizioni dominanti e contro gli accordi di cartello, non toccano tutti i settori commerciali e non colpiscono con la stessa severità tutte le imprese. Per un Bill Gates costretto a pagare multe miliardarie in mezzo mondo, ci sono tante Gillette che sono pressochè monopoliste globali e possono permettersi di tenere spropositatamente alto il prezzo di un articolo semplice come le lamette da barba…

        • Tigra 15 giugno, 2016 at 13:55

          Questo è un ragionamento interessante, dal quale potrebbe discendere una conseguenza paradossale: le condizioni di oligopolio e di monopolio oggi sono ostacolate in modo molto parziale dai governi, nella migliore delle ipotesi, mentre nella peggiore sono addirittura favorite.
          Se le lamette da barba costano in proporzione più dei viaggi spaziali, vuol dire che il liberismo funziona benissimo a tutela delle imprese, e molto meno bene a tutela dei consumatori; se poi arriva uno che dice che il re è nudo e vende le cose al giusto prezzo, dal punto di vista dei concorrenti ci sono solo due alternative, o lo ammazzi, o ti adegui, se no ti ammazza lui.
          Per capirci, sulla pagina Wiki di SpaceX si legge che l’azienda ha abbassato il costo dei bulloni di alluminio anodizzato da 15 dollari a 30 centesimi l’uno, e sembra che per fare i missili e le astronavi ne servano tanti; in effetti questa cosa che per evitare i monopoli il mercato sia controproducente è un bell’enigma, magari Musk sta veramente facendo qualcosa di rivoluzionario…

  2. M.Ludi 13 giugno, 2016 at 15:45

    Galileo rischiò la vita a causa delle sue teorie rivoluzionarie ma ritenute, allora. eretiche e l’eliocentrismo venne temporaneamente abbandonato; ora che è tranquillamente accettato da tutti, riportiamo al centro della discussione una sorta di geocentrismo, con la terra e l’uomo, al centro dell’Universo, il tutto mentre sembrano sempre più probabili le teorie che ci vogliono non unici abitanti dell’Universo. A forza di piantare bandierine, finiremo per pestare i piedi a qualcuno.

    • Tigra 15 giugno, 2016 at 14:00

      Se c’è qualcuno potremmo pestargli i piedi, così come li potrebbe pestare lui a noi, ma difficilmente succederà su Marte; a parte questo, un po’ di sana ambizione mi pare non guasti, se no saremmo sempre rimasti chiusi nei nostri confini e nel nostro essere primitivi.
      Magari non al centro dell’Universo, ma cercare di non stare in periferia mi sembra opportuno.

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