la società

Come gli atei possono difendere la razionalità

 

Atei, abbiamo bisogno di affermare noi stessi! Ecco come…

di Jeffrey Tayler
(Traduzione Redazione Modus)

 

Mi sono spesso chiesto come il termine “nuovo ateismo” abbia guadagnato il peso che pare abbia oggiggiorno. Si tratta di un termine improprio. Non vi è nulla di nuovo nel non credere. Tutti noi, senza eccezione, siamo nati senza sapere nulla di Dio o gli dei, e acquisiamo nozioni di religione esclusivamente attraverso l’interazione con gli altri  – o, più spesso, l’indottrinamento di altri, un indottrinamento di solito che inizia ben prima del poter ragionare. Il nostro stato primordiale è, quindi, uno stato di non-credenza. I cosiddetti «Nuovi Atei» (come il biologo Richard Dawkins, il fisico Lawrence Krauss, il neuroscienziato Sam Harris o il giornalista, scomparso tre anni fa, Christopher Hitchens) non hanno, in sostanza, fatto altro che cercare di riportarci ai nostri sensi, e tornare ad una chiarezza mentale pura e innata. Eppure i loro sforzi hanno generato ogni sorta di polemica. A causa della loro inferiorità numerica, e di fronte ad una mentalità popolare che offre rispetto incondizionato agli uomini di fede (sì, la maggior parte sono uomini) – reverendi, preti, pastori, rabbini, imam e così via – i «Nuovi Atei» hanno per necessità spiegato le loro opinioni con zelo, cosa che ha spesso infastidito i religiosi, che sono abituati alla deferenza incondizionata. Anche alcuni non credenti che, ancora una volta grazie al costume popolare, considerano la religione un argomento troppo delicato da discutere apertamente,sono rimasti irritati.

 

Noi atei, tuttavia, abbiamo bisogno di farci forza, affermare la nostra razionalità, e cambiare il modo in cui abbiamo a che fare con ciò che è religioso, ricevendo (a volte inconsapevolmente) quotidiani affronti da parte di credenti, con le casuali presunzioni che storicamente tendono a favorire i fedeli, concedendo loro immeritato rispetto. Molto è in gioco. La religione è una cosa seria, che va ben oltre il limite della coscienza individuale e, a volte si traduce in violenza, in sessismo, in molestie sessuali e aggressioni, e diversi tentativi legali tesi a limitare il diritto della donna all’aborto o ad abolirlo del tutto, per non parlare del terrorismo e della guerra . Ora è il momento per agire. I sondaggi mostrano che l’atteggiamento culturale negli Stati Uniti si sta trasformando verso l’ essere sempre più senza un Dio, che ci sono più atei che mai (sicuramente in parte grazie agli sforzi dei «Nuovi Atei»). La maggior parte dell’Europa è entrata nell’epoca post-religiosa decenni fa. Gli americani hanno bisogno di recuperare.

 

                             Alcuni dei "Nuovi Atei"

 

Propongo qui un credo per gli atei – risposte concrete alle offese basate sulla fede, alla presunzione religiosa, a ciò che Hitchens chiamò il “bullismo clericale”. (Mi occuperò di seguito con le tre monoteiste, religioni abramitiche, ma quello che dico vale anche per altri tipi di “bullismo clericale” di  altre confessioni professate).  I fedeli hanno diritto alle loro credenze, naturalmente, ma non hanno alcun diritto inerente al metterle “in onda” senza aspettarsi critiche. La religione dovrebbe essere soggetta alla valutazione del buon senso e della revisione razionale, discussa nel modo più trasparente come avviene, ad esempio, per la politica, l’arte e il clima. Dovremmo ricordare che il Primo Emendamento (della Costituzione USA, N.d.R.) vieta al Congresso sia di stabilire leggi che designino una religione di Stato, sia di limitare la libertà di parola. Non vi è alcuna ragione per cui dovremmo rifuggire dal parlare liberamente di religione, nessuna ragione per la quale il discuterne dovrebbe essere considerato ineducato, soprattutto quando, come spesso accade, la gente religiosa è la prima a parlarne e a cercare di imporlo agli altri.

 

Seguono alcune comuni espressioni religiose, e come gli atei possono rispondere ad esse.

1. “Diciamo una preghiera in benedizione della mensa prima di mangiare!”

No, dai, su. Quando si è seduti alla tavola di famiglia e un parente suggerisce di stringersi le mani, abbassando la testa e ringraziare il Signore, dite “No, grazie. Sono un ateo. Quindi io ne faccio a meno“. I non credenti hanno tutto il diritto di opporsi, quando viene loro chiesto di partecipare a riti superstiziosi. Di fatto, se i bambini sono presenti, sono moralmente obbligati a partecipare. Rifiutare cortesemente di pregare sarà un esempio di comportamento razionale per i giovani, e contribuirà a promuovere la cultura atea.

 

2. “La religione è una questione personale. Non è educato parlarne. “

No, la religione è fondamentalmente collettiva, e da tempo immemorabile è servita alla società a promuovere unioni, ma anche a incitare alla xenofobia e alla violenza (in particolare nei confronti delle donne “poco caste” e delle minoranze “impure”), e spesso su scala di massa. I non credenti hanno bisogno di promuovere ulteriormente la causa della razionalità discutendo apertamente; così facendo, per quanto, a volte, possa essere disagevole, contribuirà a sgonfiare l’aura di santità della fede circostante ed esporla per quella che è.

 

3. “Sei un ateo? Mi dispiace per te.”

No, per favore gioisci pure per me. Non temo l’inferno, proprio come non mi aspetto nessun paradiso. Nabokov riassunse il punto di vista del cosmo di un non credente, e il nostro posto in esso, così: “La culla dondola su un abisso, il buonsenso ci dice che la nostra esistenza è soltanto un fuggevole spiraglio di luce tra due eternità di tenebre.” (VladimirNabokov – Parla, ricordo, 1951, N.d.R.) Lo storico scozzese del 19 ° secolo Thomas Carlyle la disse in modo leggermente diverso: “Una vita. Un piccolo lampo di tempo tra due eternità. “Anche se ho molti ricordi che mi son cari, io apprezzo il presente, il mio tempo sulla terra, quelli intorno a me ora. Mi mancano coloro che sono partiti, e riconosco, doloroso come è, che non potrò mai ricongiungermi con loro. C’è il “qui e ora” – nulla di più. Ma di certo non di meno. Essere un adulto significa, come affermò Orwell, avere il “potere di affrontare i fatti spiacevoli.” La vera età adulta inizia con fare proprio questo, con la rinuncia alle favole confortanti. C’è qualcosa di liberatorio nel riconoscere noi stessi come dei mammiferi con alcuni anni ottanta (se siamo fortunati) da vivere al meglio su questa terra.

C’è anche qualcosa di intrinsecamente coraggioso nell’essere un ateo. Gli atei affrontano la morte senza mitologia o sdolcinamenti. Ci vuole coraggio a vivere così.

 

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4. “Se sei un ateo, la vita non ha scopo.”

Uno scopo derivato da una falsa premessa – che una divinità abbia ordinato sottomissione alla sua volontà – non può meritare rispetto. Il perseguimento di obiettivi dell’illuminismo – risolvere i problemi del nostro mondo attraverso il discorso razionale, piuttosto che con la religione e la tradizione – offre ampia motivazione per una esistenza piena di scopi. Non per niente l’illuminismo, cioè quando l’ateismo veramente cominciò a prendere piede, fu anche conosciuto come l’Età della Ragione.

 

5. “Se si abolisse la religione, nulla potrà impedire alla gente di uccidere, stuprare e saccheggiare.”

No, uccidere, stuprare e saccheggiare sono state pratiche comuni nelle società religiose, e spesso eseguite con l’approvazione clericale. Il catalogo di barbarie famigerate – guerre e massacri, atti di terrorismo, l’Inquisizione, le Crociate, il tagliare le mani ai ladri, l’infibulazione a innumerevoli donne, l’uso dello stupro di gruppo come punizione, e molteplici altre atrocità commesse in nome di una o altra fede – attesta la propensione di lunga data della religione ad indurre barbarie, o per lo meno al darne libero sfogo. La Bibbia e il Corano sono serviti a giustificare queste e altre atrocità, con le donne e gli omosessuali che ne han sofferto in modo sproporzionato. C’è un motivo per il quale il periodo del Medio Evo in Europa fu a lungo indicato come i  “secoli bui” e “oscurantismo”; il millennio della regola teocratica che si concluse solo con il Rinascimento (cioè con il volgere dell’ Europa lontano da Dio e verso l’umanità) fu un periodo violento della nostra storia.

La moralità nasce dal nostro desiderio innato per la sicurezza, la stabilità e l’ordine, senza la quale nessuna società può funzionare; precetti morali di base (per esempio, che l’omicidio e il furto sono sbagliati) precedettero il concetto di religione. Coloro che si astengono dal crimine solo perché temono l’ira divina, e non perché riconoscono la differenza tra giusto e sbagliato, non devono essere lodati, e ancor meno considerati degni di fiducia. Il definire quali pratiche sono morali in un dato momento deve essere una questione di un dibattito razionale. L’ethos “servo-padrone” – ​​l’obbligata sottomissione ad una divinità – che pervade le religioni rivelate è ostile a tale dibattito. Abbiamo bisogno di tracciare il nostro corso morale come eguali, sennò non ci potrà essere giustizia.

 

6. “Niente può eguagliare la maestà di Dio e della sua creazione.”

Non c’è bisogno di iniettare Dio in questo. La “Creazione” è abbastanza maestosa di per sé, come chiunque che abbia guardato nel Grand Canyon o il cielo notturno sa già benissimo. Mentre remavo su una piroga verso il basso Congo, di notte spesso mi meravigliai fino all’estasi della brillantezza delle stelle, del risaltare dei pianeti sullo sfondo della Via Lattea – solo una delle tante esperienze quasi trascendentali che ho avuto come giramondo ateo. Il mondo è una cosa meravigliosa che non richiede la fede, ma solo i sensi all’erta, per poter essere apprezzato.

 

7. “È irrazionale credere che il mondo sia sorto senza un creatore.”

No, è irrazionale evincere un essere invisibile e onnipotente da quello che vediamo intorno a noi. L’onere della prova spetta a chi fa affermazioni  con implicazioni sovrannaturali, come i nuovi atei hanno instancabilmente sottolineato. Ma anche qui i nuovi atei non stanno realmente facendo nulla di nuovo.

Quasi 200 anni fa, il poeta inglese Shelley, nel suo saggio “La necessità dell’ateismo“, osservò che “Dio è un’ipotesi, e, come tale, ha bisogno di prova: l’onere della prova poggia sul teista.” Questo era chiaro a lui anche prima avevessimo mappato il genoma umano, scoperto il bosone di Higgs, o addirittura inventato il telegrafo.

 

8. “Io pregherò per voi affinché vediate la luce.”

Non è necessario, ma fate come volete. Abraham Lincoln osservò che, “ciò che deve essere, sarà, e le nostre preghiere non potranno arrestarne il decreto.”

 

9. “Se ti sbagli sull’esistenza di Dio, andrai all’inferno. È più sicuro credere.”

La scommessa di Pascal sopravvive anche tra persone che non hanno mai sentito il nome del filosofo e matematico francese del 17° secolo . Lasciando da parte se un palese interesse personale possa essere gradito a un dio che pretende di essere amato incondizionatamente, quale dio dovrebbe salvarci dall’inferno? Il dio del cattolicesimo? Ebraismo? Islam? Le dottrine di tutte e tre le fedi abramitiche proibiscono l’entrata nel paradiso per i fedeli di confessioni rivali.

 

10. “La religione è di grande conforto per me, soprattutto in tempi di tristezza. Peccato che non lo sia per voi. “

George Bernard Shaw disse che, “Il punto di vista secondo cui il credente sarebbe più felice dell’ateo è assurdo, tanto quanto la diffusa convinzione che l’ubriaco è più felice del sobrio. La felicità della credulità è un tipo di felicità meschina e rischiosa, e nient’affatto una necessità della vita.” Mi accontento di un paio di sorsi di vodka, e faranno meglio al caso.

Dopo la scomparsa del figlio (Willie, N.d.R.), Lincoln, con un disperato bisogno di conforto, tuttavia osservò che, “I miei precedenti punti di vista sulla inconsistenza del sistema cristiano della salvezza e l’origine umana descritta nelle Scritture, sono diventati più chiari e più forti con l’avanzare degli anni, e non vedo alcuna ragione per pensare di doverli mai cambiare .”

 

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                            Willie e Abraham Lincoln

 

11. “Con l’avanzare dell’età e l’avvicinarsi alla morte, arriverai ad avere bisogno della religione.”

Forse col rimbambimento senile tutto è possibile, ma questo è improbabile. L’invecchiamento e la prospettiva di morire non migliorano in alcun modo l’attrattiva di comfort fittizi futuri in  paradiso, o la veridicità di miti paurosi sul  fuoco dell’inferno e la dannazione. La paura e la debolezza mentale non possono essere credibilmente portate a sostegno di rivendicazioni fantastiche sul cosmo e il nostro destino ultimo.

Il fatto che voler prendere, o meno, in considerazione il rivolgersi alla religione in tarda età ha molto a che fare con l’educazione, rende ancora più importante il confutare le presunzioni dei religiosi di fronte ai bambini. Si potrebbero considerare gli eventi biblici – un cespuglio che si incendia spontaneamente, la divisione di un mare, la partenogenesi umana, un profeta che risorge e così via – che presumibilmente annuncerebbero l’intervento di Dio nei nostri affari come roba fiabesca, se non fosse per la credibilità che inconsapevolmente le prestiamo con lo star zitti, tacendo per una malinteso senso di rispetto verso i credenti.

 

12. “Non avete il diritto di criticare le mie convinzioni religiose.”

Sbagliato. Una tale dichiarazione ha lo scopo di sopprimere la libertà di parola e di dialogo su una questione influente in quasi ogni aspetto della nostra società. Nessuno ha il diritto di fare affermazioni infondate, o garantire per la veridicità di asserzioni infondate sulla base di testi “sacri”, senza aspettarsi le obiezioni di persone pensanti.

 

13. «Gesù fu misericordioso.”

Se è esistito – e ancora, dopo secoli di ricerche, non c’è nessuna prova che esistette – fu a volte un profeta di sventure senza cuore per i peccatori che presumibilmente diceva di amare, comandando a coloro che non riuscirono a dare conforto ai poveri : “Andate via da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per gli angeli suoi .”

 

14. “Non si può dimostrare che Dio non esiste.”

Corretto, almeno epistemologicamente parlando. Atei ragionevoli, “Nuovi” e vecchi, non si opporrebbero a questo argomento. Richard Dawkins, per esempio, ha detto in pubblico che è nominalmente un agnostico, in quanto dimostrare che qualcosa non esiste è impossibile. Egli afferma di essere ateo “solo” nel senso che è un “a-follettista, un a-fatinista, e un a-unicorno-rosista.” Le prove per l’esistenza di Dio, di fatine e di folletti, ha osservato, “sono ugualmente povere.”

 

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15. “La mia religione è vera per me.”

Una dichiarazione sciocca, solipsistica, giovanile, pretestuosa, confinante con il delirante e che contraddice il Cristianesimo e l’Islam, nessuno dei quali riconosce l’altro, e entrambi i quali abbracciano pretese universalistiche. Non troverete uno scienziato che dirà: “la fisica quantistica è vera per me.” Nessuno si sarebbe fidato di Jonas Salk se avesse promosso l’efficacia del suo vaccino contro la poliomielite in quanto “vera per lui.”

 

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       Jonas Salk, realizzatore del primo vaccino contro la poliomielite

 

16. “Non prendere alla lettera tutto nella Bibbia.”

Non prendere alla lettera la Bibbia (o altri testi basati “verità rivelate”),  lascia al lettore di scegliere liberamente degli elementi in base alle sue convinzioni. Non esiste guida per tale scelta selettiva, e nessuna sanzione religiosa se la si fa.

Non sto consigliando di essere incivili – ma di armarsi con il coraggio delle vostre convinzioni razionaliste e di andare avanti. Ne beneficieremo tutti.

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32 comments

  1. Blue 18 febbraio, 2016 at 16:34

    I cosiddetti miscredenti – comprendendo in tale categoria tutte le varie forme di non-credenza nell’essere divino, appartenente al trascendente ma interagente con l’immanente (e condizionandolo non poco, ovviamente) attraverso le strutture che tutte le religioni si danno proprio per tale scopo – atei, agnostici, scettici, a-religiosi etc. non rivendicano, come qui pare tesi ricorrente, una superiorità intellettuale. Semplicemente viaggiano su un piano di convinzioni parallelo e diverso da quello su cui si muove l’appartenente ad una confessione religiosa. Costui rende conto della propria vita, del proprio “essere uomo” ad una dottrina, si confronta con i suoi fondamenti, in un percorso esistenziale che fa della spiritualità (intesa come fede) il cardine della propria essenza umana: ne mette in pratica i principi (dovrebbe metterne in pratica…), in un flusso di comportamenti che gli derivano dalla Morale dottrinale.
    L’altro (il miscredente) non ha riferimenti di dottrina precostituiti, risponde delle proprie azioni (buone o nefaste) alla propria coscienza, alla propria razionalità. Affronta i dolori che, inevitabili e numerosi, alcuni tragici, lo accompagnano nel corso della sua esistenza avendo come unico conforto (?) la propria capacità razionale di elaborarne la ineluttabilità. Non vi sono premi o punizioni extra-terrene, non vi è la consolazione dell’appartenenza ad una comunità per condividere ecumenicamente gioie, entusiasmi, afflizioni, patimenti, in una visione spirituale. Il miscredente è solo: solo di fronte alla propria responsabilità di costruirsi una sua Etica, di impegnarsi nella società per renderla rispettosa dei valori dell’individuo, prescindendo da ogni convinzione ed appartenenza di fede; non “impone” ma molto spesso subisce le convinzioni di altri che, in una ottica confessionale, mescolando Stato e fede, tendono a determinare i principi ispiratori della vita della comunità. Non mi soffermo sugli innumerevoli esempi (anche recentissimi) cui ci è toccato assistere.
    Sospenderei, quindi, il giudizio sulla prevalenza morale od intellettuale dell’uno sull’altro. Nella convinzione della indipendenza dei piani su cui si muovono gli individui. Esigendo il reciproco rispetto. Troppo spesso disatteso.

  2. Luistella 16 febbraio, 2016 at 14:06

    Convengo su quanto ha scritto Gennaro Olivieri.Per quanto riguarda il punto dodici ,è vero : non hai il diritto di criticare le mie convinzioni religiose. Sì non ne hai il diritto. Ti sto dicendo che credo ,e tu non hai il diritto di criticarmi, nè di prendermi in giro o di considerarti un essere superiore. Da sempre, tutte le società umane hanno manifestato l’esigenza di avere un credo religioso. Se poi stiamo a guardare tutti i danni che hanno fatto e fanno attualmente le religioni, soprattutto quando sono usate per scopi che di spirituale non hanno proprio nulla, non dovremmo neppure più credere di esistere in questo preciso momento.Ma qui si parla di una contrapposizione, abbastanza spocchiosa, da parte di chi ha scritto l’articolo, tra chi crede e chi no. Stilando una specie di manuale con cui l’ateo possa “difendersi” dalle argomentazioni di chi crede. Che poi non capisco cosa ci sia di così fastidioso se uno ti dice che ,avendo una fede, puoi essere sostenuto nel percorso della vita, che non è facile per nessuno. Margherita Hagh, la grande scienziata, che si professava chiaramente atea, sosteneva che non esistono prove dell’esistenza di Dio, ma non esistono neppure prove della non esistenza … Perciò, liberi tutti di avere le proprie opinioni senza critiche da ambi le parti. Margherita Hagh non era certo inferioriore ,alle persone celebri, citate nell’articolo .

    • M.Ludi 16 febbraio, 2016 at 14:25

      Permettimi di intervenire sulla tua affermazione un pò “piccata” e poco dialogante; mi pare che il senso complessivo di tutta la discussione sia che nessuno possa pretendere, in virtù di una fede (che può avere o non avere), di ritenersi superiore agli altri; questo implica l’accettazione di critiche da qualsiasi parte esse provengano, purchè basate sul dialogo e sul reciproco ascolto. Nel non accettare il dialogo i così detti “credenti” hanno sempre finito per derivare, come logica conseguenza, una loro superiorità su atei e agnostici che ha portato alle persecuzioni di cui ormai tutti sappiamo. Se la tua fede è forte, sopporterà con grande serenità ogni critica le possa venire rivolta, e se, al contrario, è debole, la critica ti aiuterà ad analizzare con profondità di pensiero, le ragioni dei tuoi dubbi e ricorda che “le convinzioni, più delle bugie, sono nemiche pericolose della verità”. Quando Nietsche espresse questo concetto lo fece, ovviamente per rafforzare la sua idea, che qui non voglio certo propugnare, di rafforzamento del concetto di individuo che portò alle nefaste conseguenze che tutti conosciamo; ma se vogliamo veramente affrontare con umiltà l’argomento, mettersi in discussione fa sempre bene e rende aperti al dialogo ed al confronto.

      • Remo Inzetta 16 febbraio, 2016 at 15:22

        Sono d’accordo con te Ludi, chi viene da una storia di violenza e intolleranza, se non è solo una organizzazione di potere, deve saper accettare le critiche e anche la rabbia delle sue vittime, se vuole riguadagnarsi il rispetto perduto.
        Lo Stato deve essere laico, i credenti lo devono accettare, mentre sulle questioni etiche sono ancora molto indietro; per quanto riguarda invece i problemi filosofici o teologici, mi sembrano una materia da specialisti: discussione accademica ma alla fine poco rilevante per le persone normali.

        • M.Ludi 16 febbraio, 2016 at 15:32

          Certi aforismi, che trovano la loro giustificazione nella profondità di pensiero di menti eccelse, hanno capacità di condurre vita propria svincolata dal contesto nel quale sono stati partoriti; ho volutamente sottolineato la mia distanza dal pensiero di Nietsche nel citare una frase a lui attribuita la quale, presa a e stante, ha una sua piena dignità nella logca che sottende il mio ragionamento.

    • Genesis 16 febbraio, 2016 at 17:58

      Di certo, Luistella, devi convenire che la storia dell’Homo Sapiens è costellata di atrocità che spesso venivano affiancate da una croce, da una luna o da un dio qualsiasi. Sicuramente, nella storia, abbiamo personaggi ben discutibili, portati ad essere iscritti come santi sui nostri calendari…gente che fece uccidere o distruggere!
      Hai ragione nell’indicare che nessuno ha diritto di critica nei confronti dell’ateo o del religioso, ma purtroppo la critica è parte del dna umano.
      Ciò che mi sconvolge è che non sentendomi, da credente, migliore di altri, ritrovo spesso questa facoltà autoimposta in quelli che si professano atei…

      • Tigra 16 febbraio, 2016 at 23:16

        Mi sembra una affermazione troppo radicale, non so se il diritto di critica si trova nel dna dell’uomo, ma credo che serva allo sviluppo della società umana come l’aria che si respira; le critiche sono il lievito della socialità, e saperle accettare dovrebbe essere un dovere per qualunque persona ragionevole.
        Atei e credenti hanno tutto il diritto di criticarsi, anche molto duramente, e possono sentirsi liberamente uno superiore all’altro, se vogliono; ciò che non è concesso è la sopraffazione, il trasformare la dialettica delle idee in intolleranza politica finalizzata all’eliminazione dell’avversario, che è invece quello che troppo spesso è capitato.
        E se vogliamo essere onesti, dobbiamo dire che nella storia i credenti hanno ammazzato gli atei in diverse occasioni, visto che sono anche molti di più, ma non è successo che gli atei abbiano ammazzato i credenti, al massimo li hanno presi un po’ in giro.

        • Genesis 17 febbraio, 2016 at 06:54

          Vedi, Tigra, la critica è indispensabile sicuramente, se costruttiva. Qualora la critica provenisse da una persona che si ritiene al di sopra dell’altra, secondo me, casca il principio del confronto allo stesso livello, per cui da costruttivo diviene distruttivo.

          La Storia, purtroppo, porta alle morti per cause religiose…(non ci credo comunque…c’è sempre un fine economico alle uccisioni o alle persecuzioni)…ma da ambo le parti: gli aguzzini sparsi nei secoli hanno avuto sfondo religioso o politico (che spesso è la medesima cosa). Hai bisogno di esempi?
          Il XX secolo, quindi quello delle lucidità scientifiche umane, ha portato alla morte un centinaio di milioni di persone, cristiani e cristiani ortodossi, tra Russia, Cina, Corea ecc. cioè nel mondo radical-comunista delle rivoluzioni. Stessa cosa nella Spagna del secolo scorso (…ora corcatemi…)
          Fino allo scorso anno, mediamente, trecento cristiani (delle varie arie di pensiero) vengono trucidati ogni mese…

          Ora questo, il mio conteggio, non serve a porre sullo stesso piano di malvagità l’uno o l’altro schieramento: non mi interessa.
          Ciò che affermo è la convinzione che ne atei che religiosi siano immacolati. L’importante è che dobbiamo convivere. Se uno o l’altro si ritenesse migliore, non vi sarebbe quell’uguaglianza che ne è la base e si sfocerebbe, forse, nella tolleranza.
          Con-vivere è vivere assieme. Tolleranza è sopportarsi. Lo sanno molto bene quei popoli che, messi assieme dai trattati mondiali, si combattono finquando non capiscono che la sopportazione è una brutta bestia: bisogna sempre trovare il modo di convivere!

          • Tigra 17 febbraio, 2016 at 23:21

            Non saprei, non riesco a seguire fino in fondo il tuo ragionamento; come si fa a decidere se una critica è costruttiva o no?
            E all’opposto, perchè una critica feroce e spietata dovrebbe essere distruttiva o inaccettabile?
            Ti ho letto molte volte mentre esprimevi critiche assolutamente rdicali, alla chiesa paolina, per esempio, o ad alcuni politici, e non stavi certamente andando ad un pranzo di gala, anzi; e allora?
            Alla fine io credo che le critiche che tu definisci distruttive siano perfettamente accettabili, l’importante è che non si ammazzi nessuno, se non per legittima difesa.
            Quanto al resto possiamo anche concordare.

        • Genesis 18 febbraio, 2016 at 06:12

          Credo che se si criticano dei dati di fatto dicendo che questi vanno contro l’ideologia, si constata solamente ciò che è ed è tangibile: vedi le mie critiche profonde alla chiesa paolina, appunto perché uscita fin dal primo concilio dal seminato gesuano.
          L’importante comunque, in qualsiasi confronto, è non sentirsi mai migliore dell’altro, perché, partendo da due piani diversi, non si potrà mai arrivare ad un costrutto utile. Si finirà sempre a chiudersi nel proprio e mai a ragionare sulla cosa.

          • Tigra 18 febbraio, 2016 at 09:36

            Credo che tu la faccia un po’ troppo semplice; chi decine quali sono i dati di fatto? Non ci riusciamo sulla cronaca quotidiana, figuriamoci su eventi di 2000 anni fa.
            Tu dici che la chiesa paolina è uscita dal seminato gesuano fin dal primo Concilio, prova a chiederlo a Bagnasco o a Bertone, e poi vedrai se non ti danno dell’eretico idolatra.
            Tu hai ragione e loro hanno torto? Io posso anche pensarlo, ma non c’è alcuna controprova, e certo i gesuani, qualunque cosa siano, sono una minoranza dei credenti, e allora?
            La tua critica nei confronti della chiesa paolina non ha nulla di costruttivo, per fortuna direi, e ugualmente la chiesa paolina è inconciliabile con le tue posizioni: finchè non vi ammazzate è tutto lecito, anche se non dubito che loro lo farebbero volentieri, se passate quel confine si entra nell’unico contesto veramente distruttivo.
            Diversamente si finisce in un cul de sac, perchè non puoi essere tu a decidere cosa è costruttivo e cosa no, come non posso essere io, e come non possono deciderlo Bagnasco e Bertone.
            Infine, per quel che vale il mio giudizio, quando tu parli della chiesa paolina esprimi, e si percepisce chiaramente, il più totale disprezzo, cosa che personalmente condivido, come se tu fossi il più feroce anticlericale della terra: devi consentire a loro di regolarsi nello stesso modo rispetto a te.

        • Genesis 18 febbraio, 2016 at 15:20

          Assolutamente non la faccio semplice, anzi! Di certo cerco di mettermi sullo stesso piano di Bertone o Bagnasco indicando quanto dicano o scrivano contro ciò che è stato il “verbo” lanciato da quello che fu ucciso in croce…ucciso, guarda caso, proprio dai “porporati del Suo tempo”.
          Vedi, Tigra, non esiste il “gesuanesimo”, chiaramente…è forse un termine coniato quasi per caso. Ma questo vuole intendere che a Quellollà bisogna riferirsi, non a quelli che ne hanno storpiato il nome: ai Suoi insegnamenti (scritti chissà quanti secoli dopo e da chi…), alle Sue gesta (…allo stesso modo…), a ciò che ha cercato di lasciare Lui, o chi lo ha descritto.
          La mia critica nei confronti della chiesa paolina è la medesima che mio padre ha intrapreso cinquantanni or sono, promuovendo, di fatto, una Chiesa che fosse non solo le mura con il campanile, ma una comunità che fosse intraprendente nei confronti degli emarginati e degli oppressi. Quella chiesa che si stava svuotando sempre più e che col suo e mio aiuto si è riempita a dismisura. Quella chiesa che, oggi, è tornata a svuotarsi per le opposizioni del clero bigotto locale, ordinante “la preghiera e la penitenza”…
          Quindi, proprio distruttivo non sono stato…semmai sono stato distrutto dalle prese di potere!
          Il disprezzo (non è il termine giusto che forse dovrebbe essere “l’incazzatura”) che si evince dal mio essere è dovuto solamente a ciò che vedo intorno a me: un Bagnasco ed un Bertone (per non mettere i nomi degli altri) che stendono chiodi sotto ai piedi di quelli che vorrebbero adoperarsi per “amare il proprio prossimo, come Lui ha fatto”. Un papa GPII che ha riportato la chiesa ad un austero pre-concilio Vaticano Secondo, immolando persone (dei suoi) per i vari intrallazzi…un papa che ha pontificato e generato “santi” cercandoli nella storia delle torture e delle storture.
          Per questo sono inc…arrabbiato! Tipo quando Quellollà entrò nel tempio a sbaraccare le bancarelle…

          Spero di essermi spiegato!

  3. nemo 15 febbraio, 2016 at 11:03

    Mi sono riconosciuto nel punto 1 quello in cui si dichiara la propria indifferenza alla recitazione della preghiera ante pasto. Mi ci sono riconosciuto perchè in anni passti si era presa l’bitudine di ospitare a cena un sacerdote statunitense il quale, all’nnizo del pasto, aveva l’abitudine di recitare la sua preghiera, egli sapeva, perchè non l’ho mai nascosta la mia posizione circa la religione. Credo, e lo credo fermamente, che si può essere religiosi senza sfociare nel fanatismo e si può essere atei senza sfociare nella insofferenza verso chi è invece religioso. Concetti, evidentemente difficili da rispettare. Nei regimi teocratici troviamo lo stesso, identico, fanatismo che si trova nei regimi cosidetti laici. Il rispetto delle altrui convinzioni è da parte di alcuni di questi estremisti una debolezza. Se, come ho fatto ho consentito al religioso di recitare le sue preghiere non ho perso nulla della mia laicità, ed ho dimostrato che si può anche stare seduti alla stessa tavola senza anatemi ne altro.

    • M.Ludi 15 febbraio, 2016 at 11:10

      Perdonami ma ignoro del tutto situazioni nelle quali a dei credenti sia stato impedito di professare il proprio credo religioso, se non in un contesto nel quale siano stati credenti di altra religione a farlo: si sa di cristiani che hanno perseguitato ebrei e musulmani, di musulmani che perseguitano cristiani, cattolici contro protestanti e viceversa per non parlare di ciò che stanno facendo gli ebrei in Palestina o dei sanguinosi scontri tra religioni diverse in India e altre parti dell’Asia e dell’africa. Dove lo Stato tutela la laicità, di persecuzioni contro le religioni non se ne sente minimamente parlare: la laicità è l’unica vera garanzia di libertà di religione

  4. M.Ludi 15 febbraio, 2016 at 09:44

    L’esistenza di un Dio (comunque lo si voglia chiamare) discende dall’esigenza dell’uomo di dare spiegazione a tutta una serie di fenomeni che razionalmente non riesce a spiegare, mentre l’esistenza di un “al di là” trova fondamento nell’auspicio che tutto non debba finire, magari dopo una vita di stenti, ma si possa sperare in qualcosa di meglio che l’esperienza terrena non è riuscita a darci. Tutto questo deriva da profonde debolezze umane che vanno a radicarsi sull’impossibilità, ad oggi, di comprendere l’origine della vita e dell’armonia tra gli esseri viventi (che facciamo di tutto per distruggere). Ammetto la mia personale debolezza nel riconoscere che pensare all’esistenza di un’entità soprannaturale è estremamente confortante e riesce a dare un senso alla vita a condizione che si rispettino le più elementari regole di convivenza civile le quali, le religioni per prime, tendono a non rispettare mai. In estrema sintesi si potrebbe dire che le religioni sono l’evidenza empirica più consistente a giustificazione dell’ateismo ma temo che sia altrettanto banale confutare l’esistenza di Dio sulla base del completo fallimento delle religioni e, alla fine occorre riconoscere che la laicità è l’unico modo corretto di porsi di fronte a questi argomenti, lasciando libero ognuno di coltivare le proprie convinzioni.

    • Kokab 15 febbraio, 2016 at 13:47

      mi sembra una posizione equilibrata, che nella sostanza condivido. per mio conto aggiugo che fondare l’idea di dio sulla nostra ignoranza, ossia sulle cose che non riusciamo a spiegarci, e sulla nostra paura, il fatto di non voler diventare cibo per vermi, mi pare un ben fragile fondamento.

  5. Gennaro Olivieri 15 febbraio, 2016 at 06:35

    Mi pare che l’articolo, pur assai interessante, come una certa disposizione d’animo degli atei quando si incaponiscono contro coloro che hanno fede, sconti un paradosso insuperabile. Che non è quello della dimostrabilità dell’esistenza o dell’inesistenza di Dio, ma l’indimostrabilità del fatto che una persona atea sia, solo perchè atea, migliore (più intelligente, più aperta, più educata, meno emotiva, meno credula, ecc.) di una persona credente. Infatti l’argomento migliore che gli atei riescono a portare in proposito, è un certo elenco di persone illustri che furono o sono atee, evitando però di riportare elenchi, che probabilmente sarebbero più lunghi, di persone illustri e geniali che NON furono o non sono atee. Se poi consideriamo gli esempi di sistemi sociali e politici che vollero porre l’ateismo tra i propri fondamenti, purtroppo dobbiamo constatare che quei sistemi sono tra i più cupi e liberticidi che l’umanità abbia dovuto subire. Lo Stato ateo ha vessato e immiserito i citadini al pari degli Stati confessionali più integralisti.
    Le società moderne non hanno bisogno di negare o di combattere la fede del singolo individuo, nè la professione collettiva della fede (la religione). Condizione necessaria e sufficiente è la laicità della società, cioè che il potere politico e amministrativo sia del tutto neutrale (non influenzi e non venga influenzato) rispetto alla fede e alla sua professione. Lo Stato laico non chiede di avere fede in esso, accontentandosi di assicurare quel minimum di convivenza civile e di organizzazione sociale. La Storia ci ha dimostrato, in modo empirico ma indiscutibile, che ogni aggiunta che a questo minimum vogliano fare, sia i credenti che gli atei che i sostenitori dello Stato etico, non è buona cosa.
    Consentitemi un’ultima considerazione semiseria, riguardo al punto 1 dell’articolo e la preghiera prima del pasto. Se il padrone di casa invita gli ospiti alla preghiera, rifiutare quel’invito in maniera esplicita, come l’autore suggerisce, non è solo un atto scortese. E’ anche un’infrazione di uno dei primordiali diritti naturali e di uno dei pilastri di un sistema legale, espresso dagli antichissimi detti: a casa sua ognuno è re, domi suae quilibet rex, a man’s home is his castle, eccetera. A casa propria, è il padrone di casa che decide cosa fare, contro ogni parere diverso e addirittura contro ogni intrusione del potere. Quindi è lui che decide se pregare o no, e gli ospiti sono tenuti a non contestare la sua decisione, qualsiasi essa sia. Se il padrone vuole che la preghiera venga detta, tutto quello che all’ateo è consentito è di stare in silenzio.

    • Kokab 15 febbraio, 2016 at 10:25

      mi sembra fuorviante impostare il problema sul piano storico, dove pure la fede ne ha fatte più di bertoldo e avrebbe tutto da perdere, come anche sul piano dei diritti, che certamente non sono in discussione, anche se forse non sarebbe sbagliato, perchè la prepotenza delle chiese sul piano etico è ben lungi dall’essere sedata, e la laicità dello stato è un principio che almeno le tre principali confessioni monoteistiche sono costrette a subire ma non sono mai state disposte ad accettare.
      non farei neanche la contabilità degli atei e dei religiosi intelligenti, essendo l’intelligenza distribuita in modo parco e abbastanza uniforme tra gli uomini, ma non ho mai avuto dubbi sul fatto che esistano uomini di fede intelligenti.
      quello che mi interessa è il confronto speculativo, logico e scientifico ad un tempo, fra le due posizioni, e sotto questo profilo non mi sembra ci sia partita.
      restando comunque al tuo discorso, due cose non le concedo.
      la prima è che lo stato ateo abbia vessato e immiserito i cittadini quanto lo stato confessionale più integralista; i paesi comunisti hanno certamente strapazzato e impoverito i loro cittadini, ma mi sembra difficile sostenere che lo abbiamo fatto in nome dell’ateismo, che era un semplice corollario, mentre gli stati confessionali lo hanno sempre fatto, e lo fanno tutt’ora, in nome della fede, con un quid di cattiveria, ferocia e ignoranza in più che mi sembra difficile non vedere.
      l’altra, lo accennavo più sopra, è che la laicità dello stato sia oggi un principio pacificmente acquisito: è vero fin tanto che i laici lo presidiano, garantendo libertà che un qualunque stato confessionale trasformerebbe in divieti (aborto, divorzio, eutanasia dove esiste, procreazione assistita, coppie di fatto e omosessuali ecc), ed è per questo che ritengo fondamentale, da laico, tenere il punto e accettare il confronto: la madre di giovanardi è purtroppo sempre incinta, sarebbe forse lecito dubitare della sua moralità…

  6. Genesis 14 febbraio, 2016 at 20:18

    «L’ateismo è una costruzione logica contraddittoria. Essa infatti parte dalla negazione del Trascendente e affida tutta la sua credibilità al rigore logico nell’Immanente, cioè matematica e scienza. Né l’una né l’altra riescono però a dimostrare che Dio non esiste. L’ateo afferma di non poter credere in Dio per rigore logico, d’altronde l’ateo conosce solo un tipo di rigore logico: quello che opera nell’Immanente. Ma il rigore logico nell’Immanente non riesce a dimostrare che Dio non esiste. Ecco l’antinomia dell’ateismo»
    A.Z.

    • Kokab 15 febbraio, 2016 at 09:27

      il problema non sta nella dimostrazione dell’inesistenza di dio, ma nella dimostrazione della sua esistenza; se per arrivarci dobbiamo ammettere il trascendente, tutto da dimostrare, diversamente dall’immanente, siamo punto e a capo.
      ribaltando il ragionamento di zichicchi si fanno molti più danni nel campo avverso, non mi sembra utile alla posizione che si vuole dimostrare…

      • Genesis 15 febbraio, 2016 at 11:27

        C’è una sottile differenza tra ciò che scrivo io e tutto il resto…
        Perchè devo per forza dimostrare qualcosa che, oggi, non mi fa male…anzi…!

        PS: Ho volutamente postato questo aforisma di Zichichi solo per via del tuo scritto sotto….cioè escludere dall’intelligenza chi crede in un dio…Zichichi mi sembra persona illustre e ben pensante. Potevo inserire Einstein o chi altro…

        • Kokab 15 febbraio, 2016 at 11:37

          non attribuirmi cose che non ho detto, ci sono certamente persone di fede intelligenti, ci mancherebbe, è la professione di fede che, non essendo atto logico, non si rapporta all’intelligenza, è proprio un’altra cosa.
          quanto a zichicchi, in effetti penso che ci fossero esempi migliori…

          • Genesis 15 febbraio, 2016 at 12:14

            “la religione è una cosa grave ma non seria, e prenderla sul serio non è mai una buona cosa; la fede è per definizione incompatibile con l’intelligenza,nel senso che non esiste alcun ragionamento logico che possa dimostrare l’esistenza di dio, sono tutti miseramente falliti, e per decidere di credere bisogna volerlo, anche in questo mondo bislacco dove ti dicono, fin da piccolo, che credere bisogna.”

            E’ un’affermazione, questa, la tua!
            Si può dimostrare? Non si può dimostrare? …ma, alla fine, perchè si deve dimostrare…? Come dimostrarne la veridicità o meno? Per assurdo? Scientificamente?
            O è indimostrabile per via dei misfatti secolari perpetrati da “gente” che cercava il potere, nascondendosi dietro una croce?
            Come ho scritto sotto…io ho tante domande…sono fortunati quelli che hanno tutte le risposte!

          • Genesis 15 febbraio, 2016 at 14:45

            Vedi Kobab, questo solleticante discorso mi ricorda quanto mi fece incaponire la mia insegnante di matematica quando arrivammo ai limiti…oltre l’infinito!
            L’Infinito può essere Grande o piccolo ed è un concetto decisamente astratto…non si può toccare e si fa fatica a comprendere. Dobbiamo accettarlo perchè dimostrato?
            Uno dei suoi paradossi è che nel concetto numerico esistono metà numeri pari e metà numeri dispari, ma che anch’essi sono infiniti. Ma se se ne indica una “metà” oppure, inversamente, il “doppio” se ne da una valutazione numerica…che va contro il concetto di infinito: perciò impossibile!
            Se poi penso a quando ci insegnò il +0 e -0 (più zero e meno zero) i due neuroni che mi girovagavano nel cranio si incastrarono in qualche ganglio.
            Tutti, questi due, ma ce ne sono un’infinità, concetti astratti cui la matematica fa fede per le opportune spiegazioni…
            Quindi torno ad una delle mie domande: perchè devo per forza dimostrare che Dio esiste? (o il contrario).

          • Kokab 15 febbraio, 2016 at 15:35

            nell’ordine:
            1) un concetto astratto, matemetico o meno, se dimostrato mi pare del tutto accettabile.
            2) l’infinito matematico e l’infinito trascendente sono imparagonabili, e qundi non mi pare opportuno assimilarli; peraltro non vedo significativi ostacoli teorici all’affermazione che esistono infiniti numeri pari e infiniti numeri dispari, e se apprezzi i paradossi, potremmo dire che i numeri procedono a due a due finchè non diventano dispari.
            3) perchè devi dimostrare che dio esiste? (o il contrario); ti faccio un’altra domanda, perchè devi dimostrare che cappuccetto rosso non esiste? (o il contrario). la risposta è che noi accertiamo sempre l’esistenza o l’inesistenza delle cose, o quanto meno ci proviamo, di solito con successo, e dio è un po’ troppo ingombrante per avere uno statuto speciale: si chiama conoscenza. se poi vuoi farne a meno, liberissimo, si chiama fede ed è un’altra cosa.

          • Genesis 15 febbraio, 2016 at 19:06

            Già Kobab, Dio non esiste, difatti, per i cristiani, non c’è un nome per questo dio.
            Quindi, per rimanere in tema, tutto esiste per via del caso…concetto dimostrato da diversi sapienti atei.
            Il caos ha generato il big bang e da lì la storia dell’umanità e dell’universo.

            Va bene…io mi tengo il mio dio e agli altri lascio il caso.

          • Kokab 15 febbraio, 2016 at 19:39

            mi sembra un’ottima soluzione, la causa prima, che chissà per quale ragione non sarebbe casuale, si può spostare indietro all’infinito…

  7. Kokab 14 febbraio, 2016 at 15:58

    duemila e rotti anni di monoteismo hanno invertito l’onere della prova, la logica e il senso comune, al punto che anche chi è animato dalle migliori intenzini, come jeffrey tayler, indulge in forme di sudditanza psicologica che a mio modo di vedere non hanno ragion d’essere.
    la religione è una cosa grave ma non seria, e prenderla sul serio non è mai una buona cosa; la fede è per definizione incompatibile con l’intelligenza, nel senso che non esiste alcun ragionamento logico che possa dimostrare l’esistenza di dio, sono tutti miseramente falliti, e per decidere di credere bisogna volerlo, anche in questo mondo bislacco dove ti dicono, fin da piccolo, che credere bisogna.
    qualcuno obietta che che non è dimostrabile neppur l’inesistenza di dio, e forse anche questo è vero, lo ammetto con scarsa convinzione per evitare sterili discussioni, ma spero si voglia convenire che per accettare che l’idea della fede abbia un senso logico bisognerebbe dimostrare l’esistenza di dio appunto sul quel piano, perchè se alla fede ci si arriva solo per fede, oltre che di una tautologia si tratta semplicemente di aria fritta.
    quindi, atei a testa alta, non si tartta di ribattere colpo su colpo all’irrazionalità della fede, non prioritariamente almeno, ma bisogna aggredirla, respingerla con perdite e metterla sulla difensiva, e se dio si offende, pazienza, ce ne faremo una ragione.

    • Genesis 15 febbraio, 2016 at 06:33

      Una delle principali dimostrazioni matematiche e scientifiche è la dimostrazione per assurdo, cioè dimostrare ciò che si ritiene falso, ritenendolo vero, dimostrando con un terzo impossibile che il primo lo è altrettanto. L’intelligenza o l’arguzia dello scienziato, quindi, porta a dare due idee di Dio: la prima da parte dell’ateo, la seconda da parte del credente, o viceversa.
      Penso che chiunque possa credere o non credere in qualcuno o qualcosa… L’importante è rispettare il volere dell’altro…vista poi la storia del cattolicesimo cristiano, che in sedici secoli, questo rispetto, non l’ha quasi mai avuto…

      • Kokab 15 febbraio, 2016 at 09:22

        sul piano storico nessuna religione monoteistica ha mai avuto il minimo rispetto degli atei, oltre che, ad onor del vero, delle altre religioni, e nessuna di queste ha mai accettato con le buone il principio di laicità: difficile trattarle coi guanti…

  8. Genesis 13 febbraio, 2016 at 09:19

    Mah…da credente, forse atipico, io sono pieno di domande…non ho tutte le risposte e, forse, nemmeno le cerco. Sarò forse un gesuano ateo…
    È confortante leggere che qualcuno, molti a dire il vero, riescano in coscienza a rispondere.

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