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I costi del Parlamento

 

Con l’approssimarsi del voto referendario, preso atto che su tutta una serie di questioni le posizioni sono nettamente divise e del tutto antagoniste, sviscerati i vari articoli presi in esame della riforma e constatato l’impossibile dialogo tra due schieramenti divisi su tutto, a prescindere, l’attenzione si è spostata sul quesito referendario, sia per le eccezioni (in parte già respinte dal Tar del Lazio) che potrebbero portare anche ad uno slittamento del voto, sia per l’iniziativa del M5S il quale, paventando il fatto che il quesito possa essere confermato anche dalla Magistratura Ordinaria, dopo quella Amministrativa, sta tentando in Parlamento di rilanciare su uno degli aspetti più sensibili nel popolo italiano: il costo della politica.

Decenni di inefficienze, malversazioni e poltrone tristemente vuote, hanno indotto parte consistente della popolazione la convinzione che, dal momento che i parlamentari ce li dobbiamo tenere, che almeno ci costino quanto meno possibile. E’ pur vero che, nel tempo, l’autoreferenzialità del nostro Parlamento ha portato ad incrementi in diarie e provvidenze varie che hanno reso i nostri rappresentanti tra i meglio retribuiti ed il nostro Parlamento tra i più costosi al mondo, a causa del combinato disposto (quando ci vuole, ci vuole), del costo pro-capite moltiplicato per l’elevato numero dei rappresentanti del popolo.

I critici della Riforma Costituzionale hanno più volte rilevato che il risparmio oggettivamente ottenibile dalla prospettata riduzione dei senatori, sarà risibile se rapportato al costo complessivo della “macchina” la quale, è bene ricordarlo comporta un elevato numero di personale e di servizi a supporto dell’attività parlamentare.

Io non sono tra quelli che amano puntare il dito su quanto ci costa la politica, e non perché sia indifferente o, peggio, contento degli sprechi alla quale essa ci ha abituati, ma perché credo che continuare a chiedere riduzioni degli emolumenti sia una misura assai popolare ma anche assai poco profittevole per un paese che ha bisogno dei migliori e non dei meno costosi; alla fine prendiamo qualche centinaio di pensionati romani (che già riscuotono dallo Stato e sono disponibili in loco), li mettiamo sugli scranni a discutere e lasciamo che facciano loro. Oddio, viene il sospetto che forse riuscirebbero meglio di molte assemblee che abbiamo avuto nel recente passato, compresa l’attuale e, sicuramente, a minor costo. Ma non è questo ciò a cui dovremmo tendere.

Ma torniamo alla discussione in corso; il M5S provocatoriamente ha proposto in Parlamento il dimezzamento delle indennità, misura lineare, da spalmare su tutti i componenti dell’Assemblea, con un risparmio pro-capite medio di poco superiore ai 3000 euro mensili per i deputati. Sempre la stessa tabella ci dice che la contro-proposta di Renzi (non tradotta in un Disegno di Legge, come quella dei grillini), calcolata sulla base delle presenza in aula o in commissione, porterebbe ad un risparmio medio minore.

 

Fonte:  Il Mattino su dati Camera, Openpolis, e M5S
     (cliccare immagine per miglior risoluzione)

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Entrambe hanno la caratteristica, a mio parere, di avere valenza esclusivamente elettorale; fatte per accaparrare consensi ai sostenitori del NO e del SI, entrambe le proposte non tengono minimamente in conto di ciò che i Parlamentari devono fare e perché devono essere pagati: produrre atti legislativi tali da far funzionare lo Stato e la convivenza tra i cittadini; cosa che da molti anni ormai, non avviene più.

Presi da questa sorta di impulso frenetico a chi dice le scempiaggini più grosse, Governo ed opposizione stuzzicano la pancia degli elettori assetati di sangue; costi quel che costi.

Nel frattempo un sito fatto da volenterosi e capaci studiosi, Openpolis, ha pubblicato uno studio sulla produttività dei parlamentari nel 2015 mostrando evidenti contraddizioni tra le varie assemblee e, all’interno di esse, tra i loro componenti; lo studio non è di facile consultazione, ma dice molte più cose di quanto abbiano fatto i beceri contendenti del taglio indiscriminato: sostanzialmente buona parte del Parlamento ha uno scarsissimo indice di produttività, intesa come partecipazione concreta alla formazione di atti legislativi e soprattutto evidenzia un dato incontrovertibile di valenza di detta partecipazione: in ogni gruppo parlamentare vi sono pochi molto attivi e tanti a fare, sostanzialmente, “numero”.

Questo è il vero dato sul quale dovremmo riflettere più approfonditamente, tenendo presente che un Parlamento, dovendo essere supportato da numerose commissioni legislative nei vari ambiti, non può essere contratto, come numero dei partecipanti, al di sotto di una certa quantità che comunque è ben al di sotto di quella degli attuali componenti della Camera dei Deputati.

Di tutta la discussione in corso, la sensazione è quella di aver mirato a misure ad effetto che niente ci dicono sull’effettiva capacità del nuovo Parlamento di essere efficace ed efficiente in un contesto in cui queste sarebbero state le caratteristiche da valutare con attenzione prima ancora dei costi i quali, presi a se stanti, sono solo l’indice di imbecillità di un Paese che non sa guardare che poco più in là del suo naso.

I costi del Parlamento

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