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Crisi politica e della politica

 

I “casi” Renzi, Raggi o, ancor prima, Marino o Berlusconi, invece di fornire uno spunto critico per riflettere su quale sia lo stato della società ed i suoi rapporti con la politica e la sua rappresentatività, hanno diviso ulteriormente la platea in fazioni di tifosi sempre più arroccate in posizioni estreme e oggettivamente indifendibili.

Basta girare su un gruppo grillino, su uno renziano o, nel nostro piccolo, anche in quelli di sinistra dove ci si consuma in irrilevanti lotte su quisquiglievoli microdifferenze, e si nota come il dialogo sia del tutto scomparso e chiunque non sia assolutamente ortodosso alla linea diventi un nemico più che un avversario.

Ed in tutto questo sempre più persone che non si riconoscono in queste logiche da stadio e neppure in quello che sta diventando la nostra società, oppure ne sono escluse, si ritirano nell’Aventino del non voto e del disinteresse.
Sia chiaro, questo comportamento fazioso ed isterico non è la causa della malapolitica e della sudditanza, del centrosinistra soprattutto, ad una concezione pervasiva del liberismo imperante, ma ne è l’effetto.

 

La causa prima è la mancata redistribuzione della ricchezza e l’esclusione sociale ed il malcontento diffuso che ne deriva. La concentrazione della ricchezza porta sempre e comunque al declino o al crollo delle società che la hanno subita. La Spagna del 600, ricchissima per l’oro americano, decadde rapidamente fino a diventare irrilevante di fronte a stati che permisero la nascita della borghesia, redistributiva rispetto all’aristocrazia.

Le soluzioni attualmente proposte per uscire da questo piano inclinato verso la povertà da movimenti come M5S o lega, ed anche da partiti di varia estrazione più o meno popolare, soluzioni che comunque non è giusto irridere o banalizzare perché, al di la dello sfottò e dell’ironia sempre necessarie in una civile (e sorridente) esistenza, non sono sufficienti perché non affrontano i due nodi chiave:

 

1) come redistribuire la ricchezza, non solo per motivi etici di uguaglianza e dignità, ma anche e soprattutto (nel breve) per fare ripartire la domanda e quindi l’economia;

 

2) come garantire pari dignità e condizioni di lavoro e salario ai lavoratori. A tutti i lavoratori, diversamente si sposta il problema di qualche frontiera (nazionale, razziale o sociale) più in là.
Ecco tutto questo per dire che questo deve essere il compito di chi vuol fare politica che porti progresso, chiamatela sinistra se vi va, diversamente si conserva lo stato attuale che non è statico (come lo credono i conservatori) ma degrada ineluttabilmente verso il caos.

 

Crisi politica e della politica

Foto: Anthony Perkins sul set de "Il Processo" (1962), regia di Orson Welles,
cinematografia Edmond Richard, da Commons.

 

 

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