le muse

Crossroads: la musica del diavolo

Crossroads: la musica del diavolo

È notte. Robert ha appena finito di suonare nel locale più affollato di Hazlehurts. In una mano la sua Gibson L1, la bottiglia di whiskey ormai quasi vuota, nell’altra. Vagabonda in cerca di un poco d’aria nella afosa estate del Mississippi, sulla strada illuminata dalla luna, verso il cimitero. Arrivato ad un crocevia intravede, seduto e silenzioso, un uomo vestito completamente di nero che sembra aspettarlo.
Dopo quell’incontro non suonerà più nello stesso modo.

I have the blue devils, ho i diavoli blu: sono in uno stato emotivo complesso. Un insieme di malinconia, ma non tristezza, desiderio di vita ma non esaltazione, una specie di sperdimento piacevole dei sensi…

 

MUS 160416-93

Le uniche fotografie (certe) di Robert Johnson

 

Sono passati molti anni da quella notte in cui, si racconta, Robert Johnson vendette la sua anima al Diavolo in cambio della straordinaria abilità di suonare il blues. Forse in virtù di ciò, ancora oggi, il blues e il suo figlio prediletto, il rock, in certi ambienti, vengono associati al demonio, alla trasgressione sacrilega, ai valori negativi, alla perversione nichilista e autodistruttiva, colpevole di istigazioni e di provocazioni contro i valori fondanti della nostra civiltà. In sintesi: un inno all’immoralità.

[slideshow_deploy id=’16779′]

   Selezione dal manga di Akira Hiramoto, Me and the devil blues

 

Anche se le radici del blues affondano nella cultura afro-americana delle popolazioni ridotte in schiavitù – per le quali i ritmi e le musiche cosiddette gospel e spirituals costituivano una forma di liberazione dalla loro condizione di infelicità, in un anelito di devozione tipicamente cristiano, al contrario e in opposizione, secondo me, le espressioni di tutta la musica blues e rock in particolare, sono un inno alla libertà, in tutte le sue forme, alla trasgressione, al sesso. Un incitamento ad una esistenza completamente disgiunta da ogni condizionamento di tipo sociale e religioso, insomma, una pulsione di vita estrema: il pathos in tutte le sue irrazionalità emozionali. Malinconia, tensione esistenziale, desiderio, eros, ribellione.
La produzione musicale di tutti gli anni sessanta e settanta rappresenta emblematicamente tale spirito fuori dalle regole.

Nella tecnica musicale questa tensione viene trasferita sul piano armonico in modo singolare.
Per i canoni musicali tradizionali, affermatisi nel XVIII e XIX secolo – in cui le strutture delle musiche sono, prevalentemente, organizzate secondo una regola tonale – il sentimento e le sue manifestazioni  vengono associate ad uno schema preordinato.
Atmosfere di briosa serenità, di allegria, di esuberanza nonché di sfarzosità celebrativa vengono espresse in tonalità maggiori. Situazioni di malinconia, di tristezza, di meditazione contemplativa prevedono l’uso di tonalità minori. Questa dualità di espressione si è accentuata maggiormente nel periodo romantico per tutto l’Ottocento.
Nel Settecento infatti – soprattutto nella prima metà del secolo – le composizioni risentono delle atmosfere di corte, in cui l’aspetto predominante è quello celebrativo. Naturale, quindi, che la tonalità prevalente di sinfonie, concerti e sonate  fosse quella maggiore. Si pensi a tutta la produzione di F.J.Haydn, G.F. Häendel e W.A.Mozart in confronto a quella del periodo romantico ottocentesco in cui la scrittura minore assume un carattere più adatto a rappresentare atmosfere di struggimento intimo e meditativo: F.Chopin, sopra tutti.

F.J.Haydn, Sinfonia n°85 “La Reine” in Si bemolle maggiore

 Chopin, notturno in Do diesis minore

Naturalmente questi sono schematismi assolutamente non generalizzabili (forse anche banali) che non hanno la pretesa di costituire una categoria interpretativa del complessità di una composizione, ma possono costituire una base per una lettura semplice e divulgativa delle intenzioni emotive del compositore.

Tornando al Diavolo e ai nostri giorni, nel rock/blues (ma anche nel jazz – loro cugino un po’ complesso ed introverso – in cui il tema della composizione viene affrontato in termini modali) l’espressione musicale non ha delle architetture tonali così definite e puntuali ma, muovendosi in un ambito modale appunto, vagabonda intorno ad una nota centrale dominante, in modo libero e instabile. Non ci sono più strutture rigorose all’interno delle quali il musicista deve esprimersi con l’utilizzo delle “note giuste” ma il pezzo, sganciato dai canoni dell’armonia – anzi, leggendoli ed interpretandoli nella loro forma più libera ed emotiva – si muove in ambiti imprevedibili. Tale instabilità armonica rispecchia il mutevole animo dell’uomo, nelle infinite sfumature e coloriture del suo sentimento.

 

MUS 160416-90

La Gibson L1 di Robert Johnson

 

La chitarra è lo strumento cardine del blues e del rock. E su di essa si fonda l’uso di scale con note in cui la modulazione della melodia, svincolandosi dal canone classico, fonde le tonalità maggiore-minore, sovrapponendo, alternando e sfumando connotazioni tipiche dell’altro aspetto tonale della composizione. Questa intermediazione tonale trova la sua fortuna in quella che è l’espressività caratteristica dello strumento a corde. In esso la intonazione centrata della nota viene assicurata dai  frets (i capotasti metallici che ripartiscono il manico della chitarra in spazi precisi e definiti, per cui, variando la lunghezza della corda libera varia di conseguenza la nota suonata). L’aspetto più interessante, dal punto di vista tecnico-strumentale, della capacità espressiva degli strumenti a corde (in questo caso della chitarra) risiede nella possibilità di variare – anche solo leggermente – la centratura della nota. Con l’uso del bending – il tirare, generalmente verso l’alto, la corda dello strumento – si innalza di 1/4 di tono la nota base (per ottenere altri effetti modulanti si può anche arrivare a 2 toni, per altri scopi). Giungendo così alla meta finale: la blue note, la nota blue. Senza addentrarci troppo in questioni tecniche, basti sapere che la cosiddetta tonalità di un pezzo comporta l’uso di note appropriate che stiano “al loro posto”. Per fare un esempio se suoniamo in tonalità di DO maggiore il MIb (terza minore) non “sta bene”, – cosi come “non funzionano” il FA # e il SIb – ci vuole il MI naturale (ovvero il FA e il SI). Ma se suoniamo un blues con centro tonale DO (DO7 e qui il discorso si farebbe lungo…) la scala pentatonica (minore) che i bluesmen impiegano prevede “anche” l’uso di note anomale: note non codificabili nella trascrizione musicale. Un MI, un SOL un SI naturale leggermente calanti (ottenute, come detto, da un leggero innalzamento della corrispondente sottostante di 1/4 di tono, appunto). Note blue.

Blue_notes_in_major_scale

 

 

 

 

A titolo illustrativo, in un blues in DO si inizia con DO7, accordo che in questo ambito tonale esprime sia riposo (è il centro tonale del brano) che tensione (secondo i canoni della armonia classica occidentale, armonicamente il DO7 “chiama” il FA. Si dice che tende a risolvere sul quarto grado). Siamo in atmosfera modale.
Tale incertezza emozionale, sempre instabile e alla ricerca spesso lacerante di una quiete che non si risolve mai completamente, è la distinzione stilistica del blues.
Trovate qui un esempio didattico-illustrativo di questo spirito bluesy, di questa tensione instabile tra il minore ed il maggiore, in between, a metà tra i due modi, tra i due sentimenti.

Se, dunque, di diavolo si trattava certamente conosceva bene l’animo dell’uomo e non possiamo che rallegrarci del fatto che abbia insegnato, quella notte, a Robert e ai suoi discepoli a trasmetterci quelle emozioni in cui così frequentemente ci ritroviamo.

Ed ora sentiamo l’artista che viene considerato il più diretto discendente del mitico Bob: Eric “Slowhand” Clapton.
Il primo pezzo (Crossroads), scritto proprio da Robert Johnson, rappresenta l’emblema del blues, e appartiene al concerto tenuto alla Royal Albert Hall di  Londra i primi giorni di maggio del 2005, con il compianto Jack Bruce al basso; il secondo brano, contenuto nell’album “From The Cradle” (Dalla culla, ed infatti il “nostro” il blues sicuramente lo ha assunto direttamente dal biberon…), viene qui proposto nella versione dello splendido concerto di Hyde Park del giugno 1996. Esso sintetizza lo struggimento d’amore dei cantori blues e, dal punto di vista tecnico, illustra molte delle tematiche armoniche di cui sopra.

 

 

 

 

 

You can run, you can run, tell my friend Willie Brown
You can run, you can run, tell my friend Willie Brown
That I got the crossroad blues this mornin’
Lord, babe, I am sinkin’ down

Have you ever loved a woman so much you tremble in pain?

 

Per chi ne avesse desiderio, alcuni link di approfondimento.

Sulle tematiche emotive legate alle modalità maggiore/minore: qui e qui
Sulla presenza del diavolo nella musica rock e dintorni: qui

Crossroads: la musica del diavolo

0 lettori hanno messo "mi piace"
Print Friendly, PDF & Email
Share:

3 comments

  1. Kokab 22 aprile, 2016 at 19:03

    forse questo blog, peraltro estremamente interessante, è stato scritto con un “intento punitivo” nei miei confronti, e confessando che nulla ho capito della parte più puramente tecnica, devo riconoscere che ha raggiunto lo scopo.
    ho scoperto robert johnson da grande, prima ne conoscevo solo la biografia, rimbalzato dalle dichiarazioni di grandi musicisti che a lui si ispiravano, quando la musica è diventata attraverso la rete un patrimonio condiviso, e credo di essere riuscito a coglierne il talento cristallino e la straordinaria creatività, pur con i limitati mezzi dell’ascoltatore ignorante e passivo.
    ho chiesto aiuto a mia figlia, che suona fin dalla più tenera età, per cercare di comprendere i passaggi a me più ostici, ma mi ha spiegato che l’investimento di tempo necesario per superare i miei limiti, con scarsa possibilità di successo, eccedeva la sua disponibilità di tempo in un periodo di grandi impegni scolastici.

  2. Genesis 18 aprile, 2016 at 18:18

    I Bravi, ma quelli veramente bravi, un pizzico di follia la devono avere per entrare nel universo musicale immortale . Che si richiami Diavolo o divoleria può anche essere, ma quando la pelle ti si alza in quel modo nulla e nessuno ti può far scappare: godi, chiudi gli occhi e assapori anche le note stonate, la voce roca, i sussulti di una batteria, le dita che si incrociano sulle corde, le mani che saltano tra un’ottava e l’altra. Quando, poi, quel qualcuno creasse musica da un pezzo di legno nodoso e una lastra di acciaio arrugginita…di quei folli che nel sangue hanno crome e semicrome, minime e semiminime…esplodi in un pianto gioioso, perchè godi!
    Con gli standard del XVIII secolo obiettarono a Mozart di scrivere troppe note…all’imperatore d’Austria rispose che c’erano le note che servivano…fuori, quindi dagli standard si diviene immortali!
    Quando, poi, quella musica riesci anche a strimpellarla sulla tua tastiera, con la tua chitarra, godi…cavolo se godi!

Leave a reply

WordPress Appliance - Powered by TurnKey Linux