attualità

Elezioni francesi: il “culo” di Macron!

Elezioni francesi: il “culo” di Macron!

Anche se siamo solo alla fine del primo round di una contesa elettorale che potrebbe portare a qualche sorpresa quando, tra due settimane avrà luogo il ballottaggio, dal primo turno delle elezioni presidenziali francesi possiamo già trarre qualche robusto elemento di riflessione, senza che, ragionevolmente, gli eventi futuri possano sconfessarlo.

La prima considerazione che salta agli occhi di tutti è quella che ormai in tutta Europa le sinistre (nelle varie declinazioni in cui esse si presentano) e gli schieramenti populisti più estremi, oramai pescano nello stesso stagno di consenso elettorale. Avevamo trascorso buona parte del secolo passato nella manichea distinzione tra destra e sinistra, rispettivamente rappresentanti il capitale ed il lavoro, e ci troviamo oggi a dover prendere atto del fatto che tutti i movimenti di destra hanno completamente abbandonato le idee liberiste per ripiegare sul nazional socialismo; leggendo il programma della Le Pen nelle parti di politica economica, ed ignorando completamente le considerazioni razziali e nazionaliste, che cosa potrebbe mai avere da obiettare Mélenchon, leader della Sinistra francese? Abolizione della Loi Travaille (il Jobs Act francese), riduzione della pressione fiscale sul lavoro, mantenimento delle 35 ore settimanali, miglior accesso all’edilizia popolare (per i francesi, s’intende), riduzione dell’età pensionabile, introduzione di una legge elettorale proporzionale. Buon per lui (e, diciamolo, anche per noi) che quasi due milioni di immigrati che hanno diritto di voto sui quattro presenti in Francia ripetano come un mantra, ossessivamente da mesi, “jamais Le Pen”, e che così facendo abbiano ridotto ulteriormente le speranze della nazionalista francese di ottenere, già dal primo turno, un’affermazione storica che avrebbe potuto farle da comodo trampolino nella corsa verso l’Eliseo.

Resta il fatto che ormai da tempo ed in quasi tutta Europa la sinistra deve fare i conti con concorrenti agguerriti contro i quali fatica ad opporre una linea politica che incida sugli strati più bassi della Società, soffocati dalla paura e arroccati nella chiusura verso l’esterno ed il rifiuto del diverso. Le difficoltà della sinistra non stanno però solamente in questo aspetto che già avevamo osservato nel referendum sulla Brexit, tant’è che, così come Corbyn aveva assunto una posizione defilata sul voto pro o contro l’Europa, così Mélenchon non sembra voler avversare più di tanto la Le Pen al secondo turno, non dando alcuna netta indicazione di voto ai suoi elettori; anche in Francia stanno affiorando prepotenti le divisioni che impediscono non solo l’indicazione di un candidato unitario da opporre al resto dell’arco costituzionale, ma soprattutto una prospettiva convinta di governo del Paese. Senza arrivare alla paradossale situazione italiana, anche in Francia la sinistra si candida ad un ruolo di comprimario e questo, alla lunga, per i motivi sopra citati, non può che far comodo al Front Nationale, molto più ambizioso e deciso nel voler dare la scalata al potere nel Paese.

I tradizionali contendenti nelle elezioni francesi escono, più che ridimensionati, ridicolizzati; il sistema costituzionale d’oltralpe consentirà loro probabilmente di avere un recupero nella rappresentatività all’Assemblea Nazionale, ma vedere i socialisti che dopo 5 anni di permanenza di Hollande all’Eliseo arrivano poco oltre al 6% dei consensi la dice lunga, non tanto sulla crisi della politica del paese, quanto sulla crisi delle rappresentatività tradizionali; lo stesso Fillon, con il suo 20% non sembra poter rappresentare altro se non una posizione di subalternità all’astro nascente di queste elezioni politiche.

Di Macron che dire; qualcuno ha rispolverato “Il culo di Sacchi”, titolo di un libro di Gene Gnocchi che ripercorse la strada che portò la Nazionale italiana di calcio a superare ai mondiali del ’94, uno dopo l’altro gli ostacoli che si frapponevano al suo cammino verso la finale (poi persa malamente ai rigori), con una squadra logora nella quale il carisma dell’allenatore fece il miracolo di riuscire a spronarla sino ad un piazzamento insperato. Macron ha fatto parte della squadra di Hollande nella disastrosa avventura del quinquennio appena concluso, ma ha avuto il fiuto di chiamarsi fuori con la scusa della partecipazione alle elezioni presidenziali, giusto in tempo per non venire coinvolto nel disastroso epilogo che ha portato i socialisti a quel 6,4% che resterà negli annali come la peggiore performance mai realizzata da tempo immemorabile. E probabilmente, senza il “culo” che aveva avuto a suo tempo Sacchi, Macron non sarebbe riuscito a battere Fillon nella corsa al ballottaggio, specialmente se quest’ultimo ed il suo partito non fossero stati travolti da tutta una serie di scandali che ne hanno minato la credibilità nella fase più importante della competizione elettorale.

Macron, giovane e fortunato, si avvia probabilmente a mettere il suo nome sul campanello dell’Eliseo, accompagnato dalla non più giovane moglie e sull’onda di un rinnovato europeismo del quale molti di noi sentivano il bisogno; ma non saranno tutte rose e fiori, e credo anche che ben poco abbiano da gioire coloro i quali, Renzi in testa, avevano un disperato bisogno di un’inversione di rotta nella politica europea, in quanto il futuro probabile inquilino in Rue du Faubourg Saint-Honoré è dichiaratamente in linea con la visione tedesca dell’Europa. Pochi, infatti ricordano che Macron, in una delle sue passate esperienze, ha collaborato all’estensione di quel Fiscal Compact che è divenuto il bersaglio quotidiano di chi chiede all’Europa più flessibilità e maggior attenzione al rilancio dell’economia.

Nel programma della neonata formazione (En Marche -In Marcia ndr, forse non casualmente le stesse iniziali del candidato), uscita dagli schemi della politica tradizionale francese, Macron non rammenta mai il Fiscal Compact, ma nel riaffermare il ruolo centrale dell’integrazione europea ad ogni livello, primo fra tutti quello politico e fiscale, anche se non cita mai quel famoso e per certi versi famigerato documento, riafferma spesso la centralità dell’intesa franco-tedesca in un rinnovato patto che faccia da propulsore allo sviluppo dell’auspicata Federazione Europea; ecco quindi che nell’introdurre elementi di impulso per l’uscita del continente dalle sabbie mobili nelle quali la Brexit ed i nazionalismi rampanti l’hanno gettata, Macron non dimenticherà certamente di dare sostegno a quella parte di Europa che vuole rigore e rispetto delle regole.

L’unica speranza è che, memore delle vicende interne al suo Paese, non ignori il pericolo derivante dal protrarsi di una crisi economica che rischierebbe in futuro di consegnare buona parte dell’elettorato di molti Paesi a quei populismi i quali, ammantati di un socialismo di facciata, riporterebbero il continente indietro di cento anni.

L’affermzione di una leadership in un regime democratico deriva sempre da un giusto mix tra intuito, capacità politiche e inefficienze degli avversari; ecco, nel caso di Macron sembra che le ultime, più delle prime due, abbiano giocato un ruolo determinante in questa inattesa affermazione e se ciò nulla toglie al personaggio, poco ci dice, al momento sulle sue reali possibilità di rappresentare una soluzione rispetto ai numerosi problemi che non solo la Francia è chiamata a risolvere.

 

 

Elezioni francesi: il “culo” di Macron!

BLO linea separ 01-662


 

Macron

 

Ringraziamo tutti i numerosi lettori di Modus, che con la loro attenzione regolare o sporadica danno senso al nostro lavoro.
A quelli che gradirebbero essere informati sulle nostre pubblicazioni in tempo reale, e hanno un profilo attivo su Facebook, consigliamo di mettere il like sulla fan page: riceveranno senza dover fare l’accesso al sito il link di tutti i nuovi articoli.

La redazione

 

0 lettori hanno messo "mi piace"
Print Friendly, PDF & Email
Share:

Leave a reply

WordPress Appliance - Powered by TurnKey Linux