le storie

Dal Miramare alla reggia di Ludwig. Il fascino dei castelli eclettici

STO Neuschwanstein

di Claudio Visiani

Particolari, bizzarri, fantasiosi, sostanzialmente finti, comunque affascinanti. Sono i castelli d’Italia (e d’Europa) in stile eclettico, fatti costruire tra Otto e Novecento da ricchi o nobili signori che di quei sontuosi manieri voleva fare il simbolo del loro desiderio di potenza, del loro successo politico o, più semplicemente, la residenza dei loro sogni, principeschi o affaristici che fossero. Personaggi eccentrici che hanno edificato le loro sfarzose dimore copiando le antiche architetture medioevali o classiche, mescolando le forme gotiche e barocche, esaltando i modelli moreschi o romantici, le cromature bizantine ed esotiche, o l’eleganza decorativa del liberty e dell’art nouveau.

Molti di questi “castelli delle favole” sono poi finiti in stato di abbandono, con i proprietari caduti in disgrazia, gli eredi non più in grado di mantenerli che li hanno ceduti al pubblico, che però spesso non ha le risorse per ristrutturarli e gestirli. Solo negli ultimi decenni, quasi sempre per iniziativa di privati, imprese o fondazioni bancarie, in alcuni di questi manieri è stata avviata l’opera di recupero per restituirli all’antico splendore. Come del caso della bellissima Rocchetta Mattei, nel bolognese, che dopo 10 anni di restauri il 9 agosto scorso è stata finalmente aperta al pubblico. Altri manieri sono stati trasformati in centri convegni o strutture alberghiere, come certe manor house inglesi o irlandesi. La maggior parte, tuttavia, sono visitabili solo dall’esterno, o per eventi particolari.

Riaperta al pubblico la Rocchetta Mattei, che fu il fulcro mondiale dell’elettromeopatia
MUS. Rocchetta Mattei

Viaggiando verso i laghi di Suviana e Brasimone lungo la Porrettana, sull’appennino bolognese, spunta all’improvviso, in tutta la sua magnificenza la Rocchetta Mattei. Dal 9 agosto è visitabile il sabato e la domenica dalle ore 10 alle 13 e dalle 15 alle 18 (per informazioni e visite guidate, tel. 051.6730311). La Rocchetta Mattei, eclettica e meravigliosa dimora nel Comune di Grizzana Morandi, sull’appennino bolognese, fu costruita verso la fine dell’Ottocento sulle rovine di un antico maniero del Duecento dal suo eccentrico proprietario, il conte Cesare Mattei, deputato del primo Parlamento dell’Italia unita e noto erborista. Nel castello, Mattei aveva creato la propria corte personale con tanto di buffone e sviluppava i suoi studi sull’elettromeopatia. “Il corpo vive di sangue e linfa, dal modo in cui questi due liquidi si mescolano dipende la salute umana”, sosteneva proponendo i suoi rimedi a base di omeopatia ed elettricità vegetale per mescolarli bene, avversato però dalla medicina ufficiale. I suoi prodotti si basavano su princìpi estratti da 33 piante officinali e lavorati con una metodologia segreta. Nelle intenzioni del proprietario, il castello doveva diventare la sede della nuova medicina mondiale che il Conte all’inizio divulgò con successo. La fama della Rocchetta e della elettromeopatia crebbe velocemente. Il conte aprì depositi farmaceutici in tutto il mondo e al castello di Grizzana arrivavano da tutto il mondo a farsi curare. Tra gli ospiti illustri della Rocchetta ci furono Ludovico III di Baviera, il principe del Piemonte e lo Zar Alessandro II. Di quella cura miracolosa scrive perfino Dostoevskji ne “I fratelli Karamàzov”, quando fa raccontare al diavolo di essere riuscito a guarire da terribili reumatismi grazie a un libro e a delle gocce del conte Mattei.
Durante la sua vita il conte modificò più volte il castello, rendendolo un intreccio labirintico di camere dai variopinti stili, torri e scalette. Poi, all’apice del successo, pare per alcune errate speculazioni finanziarie del nipote Luigi, predestinato erede e co-intestatario di quasi tutte le proprietà, subentrò una gravissima crisi economica che portò in pochi anni la famiglia alla caduta in disgrazia. Non riuscendo a far fronte ai debiti con gli usurai, tutto il patrimonio, compresa la Rocchetta, fu messo in discussione. Il conte diseredò il nipote e riuscì a sanare in parte la situazione, coadiuvato dal suo collaboratore Mario Venturoli, che in segno di riconoscenza adottò come figlio, prima di rompere i rapporti anche con lui, cacciarlo dal castello e diseredarlo a sua volta. Cesare Mattei morì il 3 aprile 1896 all’età di 87 anni. Si racconta che all’interno della Rocchetta Mattei si aggiri ancora il suo fantasma. Nel 1904 il Venturoli riuscì a risultare coerede con i nipoti, terminò i lavori alla Rocchetta, rimodernò case e villini e continuò l’attività elettromeopatica. Nel 1937 morì anche Venturoli e alla conduzione dell’azienda successe la vedova, Giovanna Maria Longhi, che ereditò pure il segreto dei preparati elettromeopatici e ne continuò la produzione. Durante la seconda guerra mondiale cominciò il declino progressivo dell’azienda, fino alla successiva chiusura. La Rocchetta subì moltissimi danni e saccheggi. La famiglia si trasferì a Bologna. La nipote erede, Iris Boriani, non riuscendo a vendere il castello, lo offrì gratuitamente al Comune di Bologna, che però non accettò la donazione. Destinato poi ad altri usi, dal 1986 il castello rimase chiuso e in stato di abbandono. Nel 2000 venne istituito a Riola di Vergato, sede del Comitato “Archivio Museo Cesare Mattei”, un museo sul Conte, la Rocchetta Mattei e l’Elettromeopatia. Nel 2005 venne rilevato dalla Fondazione Carisbo, che ne ha poi curato il restauro. Il segreto delle erbe miracolose è tuttora custodito dall’ultima nipote ed erede.

Il sogno neo-feudale e romantico del conte Bonoris
MUS. Castel Bonoris

Una storia non moto dissimile dalla precedente è quella del Castello Bonoris, a Montichiari, in provincia di Brescia. Qui il protagonista è Gaetano Bonoris, nato nel 1861, anno dell’unità d’Italia, da una ricca famiglia borghese di origine mantovana, educato in Svizzera e diventato poi l’unico erede di vasti possedimenti terrieri a Montichiari. Ambizioso e intraprendente, grazie alla vicinanza con la corte sabauda e ad alcune azioni filantropiche a favore dei poveri, il giovane Bonoris riuscì ad ottenere nel 1891 il titolo nobiliare e si lanciò nella ricostruzione dell’antica rocca di Montichiari con l’intento di farne la propria sfarzosa dimora e realizzare così il sogno neo-feudale del nuovo “Conte di Montichiari”. Ingaggiò i medesimi artigiani, mobilieri e pittori che per l’Esposizione nazionale del 1884 avevano ricostruito il Borgo medioevale nel Parco del Valentino a Torino, opera che l’aveva molto colpito, e affidò loro il compito di edificare il castello sulla base della sua personale idea di Medioevo, tradotta in una architettura imponente, con tanto di ponte levatoio e torrette a coda di rondine, ma di impostazione fiabesca e romantica ed esteticamente molto curata. La facciata è affrescata e riporta lo stemma di Montichiari e del suo patrono, S. Pancrazio. L’interno presenta grandi stanze completamente affrescate e arredate con mobilio prezioso dal sapore antico. L’intero castello è abbracciato da un parco molto vasto, curato nei minimi dettagli e ricco di piante e fiori particolari. Nel 1996, dopo un periodo di relativo abbandono ed incongruo utilizzo, il Castello Bonoris è stato riacquistato dal Comune di Montichiari che ne ha avviato il difficile recupero. Il castello è ora aperto al pubblico con visite guidate da aprile a ottobre, e organizza durante l’anno percorsi e laboratori didattici per le scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado. Info qui, Tel 030 9650455

Il castello del muratore Ceconi diventato costruttore di ferrovie e conte
MUS. Castel Ceconi

Altra storia è quella del castello Ceconi di Pielungo – Vito d’Asio, in provincia di Pordenone, “perla” della Val d’Arzino, nelle Alpi nord-orientali, uno dei migliori esempi di architettura eclettica di tutto il Friuli Venezia Giulia. La costruzione sorge nel cuore dell’omonima foresta ed è circondato da una suggestiva cornice montana. E ‘ un castello imponente in stile neo-classico che però mescola il gotico alle venature liberty, i balconi medioevali alle finestre rinascimentali. Uno degli imponenti torrioni merlati reca l’effigie di Alessandro Manzoni. Fra le torri la più alta e sottile è stata concepita per accogliere una campana servita nei cantieri per chiamare a raccolta gli operai. Ma la cosa più curiosa è la storia del suo fondatore.
A progettare e costruire questo gioiello è stato un muratore di Pielungo, Giacomo Ceconi, di umili origini e analfabeta, che imparò il disegno geometrico alle scuole serali, si fece imprenditore e diventò grande costruttore di ferrovie, fino a essere nominato prima nobile dall’Imperatore Austro-Ungarico Francesco Giuseppe e poi conte da Re Umberto I di Savoia. Una volta diventato così famoso, ampliò enormemente la sua casa, facendole assumere tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento le linee di un castello ghibellino, con statue e affreschi sulla facciata. Significativi anche i soggetti delle statue: accanto a quelle di Dante, Petrarca, Ariosto e Tasso, c’è quella di George Stephenson, l’inventore della locomotiva. Il Castello è importante anche nella storia recente, perché lì, nel marzo del 1944, nacque la Brigata Partigiana autonoma Osoppo. Dopo la guerra venne ceduto a un ente pubblico, che provvide a un primo restauro. Danneggiato dal terremoto del 1976, nel 2008 è stato poi acquistato dall’azienda Graphistudio che ne ha fatto la propria sede di rappresentanza nonché la location di workshops, mostre, spettacoli e corsi di formazione per operatori dell’immagine. Il Castello Ceconi non è aperto al pubblico.

Le meraviglie nascoste del castello di Sammezzano.

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Nei pressi di Leccio, nel comune di Reggello, in provincia di Firenze, all’interno di un maestoso parco, c’è il Castello di Sammezzano con le sue meraviglie, che ospitò, tra gli altri, Carlo Magno e il re d’Italia, Umberto I. Una struttura unica nel suo genere, vero gioiello nascosto della Toscana, visitabile soltanto in occasione di particolari eventi e dietro prenotazione. Appartenuto nel Cinquecento ai Medici, nel secolo successivo venne acquistato dagli Ximenes d’Aragona che lo trasformarono e gli diedero un’impronta orientale. Ma il padre dell’attuale fantasmagorico castello fu il marchese Ferdinando Panciatichi Ximenes, uomo di cultura, fine collezionista e botanico appassionato che nella seconda metà dell’Ottocento fu tra i protagonisti della vita sociale e politica di Firenze. Il nobile dedicò buona parte della sua esistenza alla trasformazione del maniero, per poi spegnersi nelle sue stanze nel 1897. Dal suo genio prese forma il castello che si può oggi ammirare, che si rifà allo stile moresco, l’arte islamica diffusasi nel Mediterraneo Occidentale tra la fine dell’XI secolo e la fine del XV. Il risultato è una costruzione dall’architettura visionaria, impreziosita da forme e colori che creano uno scenario da Mille e una Notte.
La facciata richiama alla mente il mausoleo indiano Taj Mahal, gli interni si ispirano nelle decorazioni all’Alhambra di Granada. Ben 365 sono le sale presenti nella struttura, una per ogni giorno dell’anno e tutte diverse: tra queste spiccano la sala dei Pavoni, la galleria fra la sala degli Specchi e l’ottagono del Fumoir, la sala Bianca e persino una piccola cappella, andando a creare un incredibile labirinto di colori. Come esperto di botanica, il marchese Panciatichi riorganizzò l’ampia area circondante il Castello, estesa per 65 ettari (il “Parco Storico”). Intorno all’antica “ragnaia” formata da una fustaia di lecci, collocò oltre 130 piante rare ed esotiche che dovevano introdurre progressivamente il visitatore o l’ospite alle meraviglie dello stile “moresco” della Villa-Castello. Il Castello ed il suo Parco Storico costituiscono davvero un “unicum” di notevolissimo valore storico-architettonico ed ambientale. Trasformato nel dopoguerra in un albergo-ristorante, dopo anni di abbandono e progressivo degrado, il maniero è in fase di recupero da parte della nuova proprietà (una società italo-inglese) che intende trasformarlo in una struttura turistico ricettiva di lusso. Nel frattempo, il Comitato Fpxa 1813-2013 nato per celebrare i 200 anni dalla nascita del Marchese, organizza periodicamente visite aperte al pubblico, raccontando la storia del Marchese e del suo incredibile castello.

Il Castello di Miramare che incantò la principessa Carlotta
MUS. Castello Miramare

l Castello di Miramare (forma italianizzata dell’originale Miramar, dallo spagnolo “mirar el mar”) e il suo Parco sorgono per volontà dell’arciduca Massimiliano d’Asburgo che decide, attorno al 1855, di farsi costruire alla periferia di Trieste una residenza consona al proprio rango, affacciata sul mare e cinta da un bellissimo giardino, dove stabilirsi insieme alla consorte Carlotta del Belgio. L’edificio, circondato da un rigoglioso parco di 22 ettari ricco di pregiate specie botaniche, gode di una posizione panoramica incantevole, situato com’è sulla punta del promontorio di Grignano, da dove la vista spazia sulla città e si protende nel golfo di Trieste. Ed è una testimonianza unica di una lussuosa dimora nobiliare conservatasi con i suoi arredi interni originari. Il palazzo, progettato dall’ingegnere austriaco Carl Junker, è in stile eclettico, secondo la moda architettonica dell’epoca: le forme dei periodi gotico, medievale e rinascimentale si combinano in una sorprendente fusione e in una sintesi perfetta tra natura e arte, profumi mediterranei e atmosfere europee. Notevoli anche gli arredi interni. Il pianoterra, destinato agli appartamenti privati di Massimiliano e Carlotta, ha un carattere intimo e familiare, con il colore azzurro delle tappezzerie che si sposa con il blu del mare. Il primo piano è invece quello di rappresentanza, riservato agli ospiti, e ha sontuose decorazioni, stemmi e rosse tappezzerie con il simboli imperiali. Nel parco si trova anche il Castelletto, un edificio di dimensioni minori che funse da residenza per i due futuri sposi durante la costruzione del castello stesso, ma che divenne di fatto una prigione per Carlotta, quando lei perse la ragione dopo l’uccisione del marito in Messico. Il castello di Miramare è la principale attrazione di Trieste con circa 3 milioni e 500 mila visitatori l’anno, ed è uno dei siti più visitati d’Italia.

Il castello Savoia dove dimorava la regina Margherita
MUS .Castel Savoia

Il castello Savoia è una villa Ottocentesca in stile eclettico che venne edificata su progetto dell’architetto Emilio Stramucci (autore anche delle decorazioni neobarocche del Palazzo Reale di Torino e del Palazzo del Quirinale a Roma) a fine Ottocento da Re Umberto I per la consorte, la regina Margherita, che amava soggiornare d’estate a Gressoney Saint Jean, in Valle d’Aosta. La struttura è costituita da un nucleo centrale di forma rettangolare su cui si affiancano 5 torrette cuspidate, l’una differente dall’altra e l’esterno è interamente rivestito in pietra grigia. Belle le pitture ornamentali, i soffitti a cassettoni e gli arredi di ispirazione medievale. Il castello è su tre piani più le cantine: il pianterreno con i locali da giorno, il piano nobile con gli appartamenti reali ed il secondo piano (non visitabile), riservato ai gentiluomini di corte. Tutti autentici gli arredi esposti nel castello, così come le tappezzerie che ornano le pareti. Nel giardino botanico, ai piedi del maniero, belle aiuole rocciose con specie botaniche tipiche dell’ambiente alpino. Dal castello si gode un’ottima visuale sul Monte Rosa. Acquistato nel 1936 da un industriale milanese, il castello divenne poi di proprietà della Regione Autonoma Valle d’Aosta nel 1981. E’ aperto al pubblico per visite guidate della durata di mezz’ora ciascuna. Per info: Tel. 0125 355396 o qui.

Il castello di Neuschwanstein
MUS Neuschwanstein

Per trovare il vero castello delle favole bisogna però oltrepassare le Alpi e arrivare in Baviera, dove c’è il maniero di Neuschwanstein (in italiano Nuova pietra del Cigno), imponente struttura in stile eclettico che si rifà al gotico. Fu fatto costruire dal “re delle favole”, Ludovico II di Baviera, a partire dal 1869 su progetto dello scenografo Christian Jank, come ritiro personale e omaggio al genio del compositore Richard Wagner. L’idea di edificarlo sullo stile delle antiche residenze feudali tedesche venne al monarca dopo la visita alla fortezza medievale di Wartburg, in Turingia. Walt Disney, che ne rimase affascinato, prese Neuschwanstein come modello per il castello di alcuni dei sui celebri film d’animazione , da “Cenerentola” a “Biancaneve”, a “La bella addormentata nel bosco” (1959). Ha ispirato anche il castello di Pandora della serie “I Cavalieri dello Zodiaco” ed è stato la location di numerosi film. Copie del maniero sono anche presenti in tutti i parchi Disney del mondo. Neuschwanstein può essere annoverato fra i castelli e le fortezze più visitati in Europa: circa 1,4 milioni di visitatori all’anno; sicuramente è il più fotografato. Negli ultimi anni è stato proposto per le 7 meraviglie del mondo. Nel 2013 ne è stato completato il restauro dopo 13 anni dall’inizio dei lavori. Neuschwanstein è nel sud della Baviera, quasi al confine con l’Austria, a 965 metri i d’altitudine da dove si domina un magnifico paesaggio alpino caratterizzato da diversi laghi tra i quali spicca per bellezza il piccolo Alpsee . Per godere di una splendida vista sul castello occorre raggiungere il ponte di Maria (Marienbrücke), sospeso sopra la gola del Pöllat

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