la società

Dialogo sull’Africa (2)

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Segue dalla prima parte

 

Esaminando una carta geografica dell’Africa, ci colpisce come una gran parte di confini siano rappresentate da lunghe linee rette, che le potenze coloniali hanno tracciato ignorando la presenza su quei territori di etnie ben radicate, suddividendo così in nazioni diverse le entità tribali omogenee, oppure inglobando nello stesso stato popolazioni reciprocamente ostili. Un esempio di grande attualità è la Libia, dove coesistono tre realtà ben diverse, la Tripolitania, la Cirenaica ed il Fezzan, che soltanto un dittatore come Gheddafi poteva tenere unite, fucilando i dissidenti e distribuendo potere ai fedeli collaboratori.Dialogo sull’Africa

 

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Attraversando la Libia, quando sono sceso fino al confine del Ciad, notavo, in ogni negozio o ufficio pubblico, l’immagine del dittatore, sempre effigiato su enormi cartelloni. Ma l’iconografia cambiava radicalmente scendendo sempre più a sud. In Tripolitania e nella Cirenaica settentrionale l’immagine ere sempre quella dell’uomo forte, un colonnello in divisa che brandisce la spada, il fucile o la pistola, un messaggio ben preciso alle due etnie tradizionalmente bellicose. Invece nel Fezzan e più a sud, al confine con il Ciad ed il Sudan, le immagini mostravano un dittatore paludato negli abiti tradizionali, che regge il Corano con espressione ieratica e solenne.Dialogo sull’Africa

 

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                           Gruppi etnici della Libia

 

Il tiranno reprimeva duramente le diverse ambizioni tribali ed il paese era rigorosamente tranquillo: anche noi europei, pagando una guida e con un poliziotto a bordo, potevamo addentrarci su ogni pista del deserto, verso tutte le oasi. Adesso che il dittatore è morto, le cronache quotidiane ci mostrano un paese allo sbaraglio, con le diverse etnie in lotta per il potere, col risultato che solo un pazzo suicida attraverserebbe adesso i deserti della Libia.
E quante altre regioni ci sono ormai precluse? La quasi totalità.
Adesso che le sicurezze del nostro mondo si stanno sgretolando, l’occidente sembra paralizzato di fronte ai massacri islamisti ed all’esodo apocalittico dei profughi e si dimostra incapace di immaginare una qualche soluzione.Dialogo sull’Africa

 

 

Oggi è facile addossare al passato coloniale il degrado e la povertà dell’Africa, e colpevolizzare l’Europa per la responsabilità di averne, nel passato, depredato le risorse e di continuare a farlo ancora di più nel presente. Tutto questo è vero, ad una prima, superficiale lettura, considerando la nostra quotidiana richiesta di materie prime.
Così assistiamo impotenti al degrado del delta del Niger, in Nigeria, il quinto produttore di greggio dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (OPEP), dove le grandi compagnie estraggono 2,443 milioni di barili al giorno, il 12 % del totale mondiale di greggio, lasciando un territorio inquinato, avvelenato nel più completo degrado. Il petrolio ha radicalmente trasformato l’economia nigeriana, riducendo l’agricoltura a meno del 20 % del bilancio, col risultato di imporre alla nazione una dipendenza totale dalle multinazionali, inasprendo di conseguenza la lotta per il potere e moltiplicando i colpi di stato. La corruzione è totale, i vertici della piramide si spartiscono i proventi delle rendite petrolifere.Dialogo sull’Africa

L’enorme flusso di denaro va nelle mani di una esigua minoranza, il 3 – 4 % della popolazione, ai funzionari ed ai politici, mentre la totalità della popolazione vive con un reddito di pochi dollari al mese.
Avevo visitato la regione del delta nell’82, dopo la guerra del Biafra, quando la valuta, la Naira, al cambio valeva più del dollaro. Già allora mercantili giapponesi risalivano il Niger fino a Port Harcourt, con gli ultimi ritrovati elettronici per gli uffici delle compagnie. Scaricavano i primi fax, mentre in Italia le Poste compravano quelle migliaia di telescriventi che probabilmente giacciono ancora imballate nei magazzini sotterranei!Dialogo sull’Africa

 

                          Port Harcourt, Nigeria

 

Capitali enormi, un turbine di soldi che compra anche oggi politici e funzionari, che favorisce la corruzione di tutto l’apparato che non vuole perdere le occasioni di arricchirsi. Chi detiene un potere lo esercita a ogni occasione, polizia, guardie, doganieri, burocrati, semplici impiegati. Significativo che in quegli anni si potessero comprare patenti nautiche, brevetti da pilota e da autotrasportatori, che, per accordi bilaterali, erano poi riconosciuti in Europa. In Italia, infine, era poi intervenuta la Guardia di Finanza a bloccare questi abusi.
L’esempio della Nigeria è significativo per comprendere i problemi dell’Africa e delle motivazioni che determinano l’odierna ondata migratoria. La forma piramidale del potere, presente in tutto il continente, vede le risorse distribuite ai soli vertici tribali. Alle antiche colpe del colonialismo, oggi si aggiungono le profonde sperequazioni sociali.
L’uomo bianco ha lontane colpe, che appaiono forse meno gravi se paragonate a quelle concepite oggi dall’economia globale.Dialogo sull’Africa

 

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                       Disegno del Tenente Francis Meynell
                   "Ponte degli schiavi dell' Albaroz"  - 1845

 

L’economia, il guadagno, l’accumulo di ricchezza ha sempre dato grandi motivazioni alle vicende dell’uomo, che ha poi scritto la storia con la penna intrisa di buoni ideali. Tutti i mari del mondo, prima che da navi armate di cannoni sono state solcati dalle barche di mercanti, sempre alla ricerca di merci preziose e rare da rivendere in patria col massimo guadagno.Dialogo sull’Africa

 

 

I loro approdi, l’embrione delle future colonie, sono poi diventati porti commerciali, occupati con le armi, o quasi sempre acquistati con tanto di contratto dai potenti locali, che non disdegnavano di vendere anche gli schiavi, frutto delle abituali razzie contro le tribù avversarie. Le etnie africane sono sempre state in lotta tra loro, i villaggi reciprocamente depredati dei raccolti e delle mandrie, le donne rapite e gli sconfitti messi in schiavitù. Il ratto delle donne probabilmente era la soluzione inconsapevole per impedire la consanguineità, pericolo sempre presente nelle ristrette realtà tribali. I maschi, schiavi, obbligati al lavoro, ma più comodamente venduti ai mercanti che li raccoglievano da ogni villaggio. Ancora oggi vediamo le piazze dove si raccoglieva la “merce” acquistata dai vari capitribù e la si vendeva ai commercianti europei arrivati dal mare, che pure non esitavano a rifornirsi direttamente dai villaggi vicini…

Dialogo sull’Africa

                                    I ceppi

 

Il profitto, spezie, oro, preziosi, tessuti, da rivendere col massimo guadagno, che ammortizzava ampliamente le spese del viaggio e che ha dato un grande potere economico e politico alle grandi organizzazioni commerciali (basti ricordare la Compagnia delle Indie). Determinando anche conflitti sanguinosi, se solo ricordiamo la guerra dell’oppio (1840 –’42) che vede la civile Inghilterra mandare le cannoniere contro la Cina, per continuare a vendervi l’oppio, nonostante l’opposizione del governo cinese, preoccupato dei danni sociali che la droga arreca alla popolazione (l’imperatore, sotto la minaccia dei bombardamenti dal mare di Nanchino, firma poi la cessione perpetua di Hong Kong alla corona inglese).Dialogo sull’Africa

                       Volume e direzione del traffico
                  di schiavi dall'Africa verso le Americhe

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                           Cliccare per alta definizione

 

Da secoli il nostro sviluppo, la nostra cultura, il nostro benessere poggiano sul guadagno, che ha infarcito la storia di rapine, di sangue e di morte. Si calcola che, tra il 1500 e il 1800 circa 12 milioni di africani siano stati trasportati nelle due Americhe, e di questi almeno 645.000 sono stati destinati nei territori che successivamente fecero parte degli Stati Uniti. Altri autori indicano che nel 1860 gli schiavi negli USA erano 4 milioni. E tutto questo nemmeno, in fondo, per crudeltà o per ferocia. Solo per denaro: si calcolava pochi soldi la vita di uno schiavo, ma ben si sapeva quale fortuna potesse rendere il suo lavoro. per arricchire con poca spesa chi lo aveva comprato per pochi soldi. Dialogo sull’Africa

 

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Dopo la guerra civile, che ha contrapposto gli stati del Sud a quelli abolizionisti, soltanto il 6 dicembre 1865, con l’approvazione del tredicesimo emendamento, il senato americano aboliva del tutto la schiavitù. Da quel preciso momento tutti gli schiavi erano ufficialmente liberi, non senza suscitare ancora molte perplessità giuridiche, che, secondo lo storico americano Palmer individuavano nell’abolizione della schiavitù, senza un indennizzo per gli schiavisti, la più grande distruzione di “proprietà privata” della storia del mondo occidentale!

 

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È molto interessante notare che soltanto il 24 febbraio 2007 l’Assemblea generale della Virginia ha votato la risoluzione n° 728, che riconosce le colpe dello schiavismo. Analogamente, il 30 luglio 2008 la Camera dei rappresentanti e il 18 giugno 2009 il Senato Americano porgono le scuse ufficiali per l’ingiustizia della schiavitù. Solo negli ultimi decenni del secolo scorso gli stati africani hanno approvato risoluzioni che si oppongono all’uso degli schiavi, ma il fenomeno è ancora ben presente in tutto il continente, nella tratta delle donne, dei minori e del lavoro da debito.Dialogo sull’Africa

 

Il denaro, il guadagno è sempre il grande motore della storia. Oggi ha assunto aspetti più accattivanti, senza crudeltà evidenti. Ma con subdoli risultati. Devastanti.
Oggi il mondo è dominato da un’economia selvaggia, sempre più legata alla speculazione e non alla produzione di beni. Si arricchiscono i grandi gruppi finanziari, che non hanno collocazione in nessuna nazione precisa, e che muovono i mercati azionari spostando enormi capitali nel gioco perverso della Borsa, a spese di risparmiatori che hanno creduto di investirvi i sudati risparmi. Speculatori anonimi nell’ombra dei loro uffici impongono al mondo scelte economiche e politiche, senza controlli né regole. Agenzie economiche, con un potere che nessuna elezione, legge o assemblea ha loro conferito, mettono a rischio di bancarotta intere nazioni con le poche righe dei loro giudizi. Pubblicità selvagge impongono al mondo le scelte commerciali e inducono esigenze di prodotti sempre più aggiornati e tecnologici, continuamente sostituiti dai modelli più nuovi e completi. Famiglie che si indebitano per sentirsi sempre aggiornate.Dialogo sull’Africa

 

Multinazionali che comprano diritti di estrazione con capitali che vanno a beneficio soltanto dei potenti dittatori locali. Li comprano con ricche tangenti, che nelle diverse giurisprudenze internazionali sono ormai previste come “normale intermediazione” autorizzata e che solo alla nostra tartufesca e bizantina legislazione appaiono come tangenti illegali.
Risorse che non danno alcun beneficio alla popolazione, che continua a vivere nella povertà e nella rabbia della precarietà, facile vittima delle promesse dell’integralismo.
Il razzismo tribale degli africani non si è mai esaurito, anzi, sembra crescere col peggiorare delle condizioni economiche e sociali. Nell’ultimo decennio il reddito medio è diminuito di più del 10%, la speranza di vita è passata a 46 anni, dai 52 degli anni ’90. Gli africani continuano a morire di fame, di sete e di malattie, nonostante le infinite risorse a disposizione e lo smisurato apporto di aiuti finanziari delle Cooperazioni allo sviluppo. Anche l’antagonismo dei blocchi politici ed economici hanno acceso una gara a chi offre di più per l’esclusiva delle risorse, ma l’Africa sembra rifiutare lo sviluppo e continua a concentrare ai vertici governativi la totalità dei capitali.Dialogo sull’Africa

 

Nazioni che sono state create tracciando linee rette sulla carta geografica, senza tener conto delle diverse realtà etniche e tribali, sono diventate focolai di guerre, con l’integralismo che si è proposto come attore principale, a giustificazione di motivazioni religiose e sociali.
Guerre, fame, povertà spingono masse sempre più imponenti di disperati che bussano alla nostra porta alla ricerca di soluzioni, e che non possono comprendere le nostre difficoltà ad accoglierli. Un esodo che sicuramente non si esaurirà in un prossima futuro, anzi, le prospettive ne delineano una prevedibile evoluzione.Dialogo sull’Africa

 

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Milioni di schiavi bussano ai nostri confini, in balia ancora oggi di indegni figuri che lucrano sulla loro disperazione e li taglieggiano ad ogni metro del loro calvario.
Gli antichi negrieri si preoccupavano di portare gli schiavi vivi al di là dell’Atlantico, erano pagati all’arrivo. I nuovi schiavisti, gli scafisti, si fanno pagare prima della traversata, non importa loro nulla della perdita del carico!
La schiavitù, abolita, ma è ancora crudelmente presente nella nostra quotidianità.Dialogo sull’Africa

 

SET 150420-01var

 

Quali soluzioni? L’Europa si mostra smarrita e balbetta proposte buone soltanto a fare titoli sui giornali. Per fermare la guerra in Libia qualcuno ipotizza di dividerla nei tre stati che rispettino le diverse entità etniche, proposta subito respinta da che vuole invece arrivare ad un improbabile accordo tra i contendenti.
In Siria il dittatore è tollerato da chi ancora lo vuole utilizzare come aiuto ai propri futuri progetti geopolitici e intanto intere città muoiono sotto i bombardamenti, gli integralisti dilatano la loro conquista territoriale, e aumentano la loro attrazione ideologica sulla rabbia di popolazioni sempre più deluse e disperate.
Anche oggi, come ieri, la storia è dominata dall’ambiguità dei principi altisonanti, sbandierati a coprire le ambizioni economiche e il guadagno è sempre l’inconfessato motore della politica.

 

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                       Jean-Bedel Bokassa, autoproclamatosi
                  Imperatore del Centro Africa - 4 Dicembre, 1977

Le stesse nazioni che predicano di abbattere i dittatori in nome dei sacri principi di democrazia e di libertà dei popoli, sono in realtà costrette a scelte politiche ed economiche ben diverse, imposte dai guadagni realizzati dai loro forti poteri finanziari. Se un milione di profughi respinto alle nostre frontiere decidesse di armarsi, troverebbe molti venditori di armi pronti a rifornirli!
L’economia mondiale non ha leggi morali, non esita ad alimentarsi imponendoci il quotidiano consumismo e alimenta in noi il desiderio ed il bisogno di cose sempre più nuove ed aggiornate.Dialogo sull’Africa

 

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                  Valéry Giscard d'Estaing e Jean-Bedel Bokassa,
                            a Bangui - 5 Marzo, 1975

Ma è utopia vagheggiare un’economia se non etica, almeno giusta. Per togliere le cause di questo esodo biblico, qualcuno immagina un neocolonialismo morale, che potrebbe creare stabilità e lavoro, se ogni stato occidentale si impegnasse, in un accordo internazionale, a diventare partner di una nazione africana. Un impegno a fornire le strutture produttive, una moderna sanità e scuole laiche, lontane dalle suggestioni integraliste. La pacificazione in Africa, la crescita sociale, la ridistribuzione equa delle risorse toglierebbero ogni motivazione all’esodo.
Ma, pur volendo credere l’Occidente capace di una scelta così corretta, lo accetterebbero i dittatori africani? O preferiscono lucrare sulle immagini di morte e di denutrizione dei loro bambini, per continuare ad incamerare gli aiuti della cooperazione internazionale?
Intanto ogni giorno migliaia di disperati sono in viaggio verso i nostri confini e l’Europa arranca senza dare risposte e si dibatte per discriminare l’accoglienza, nell’assurda pretesa di distinguere chi arriva profugo da una guerra o spinto dalla disperazione della fame.Dialogo sull’Africa

 

    Dialogo sull’Africa

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4 comments

  1. Kokab 19 marzo, 2016 at 16:02

    troppe questioni per uno scritto solo, verrebbe da dire, storiche, geografiche, politiche, economiche e sociali, solo per citare le più rilevanti, e difficile sceglierne una senza far torto alle altre e all’organicità del discorso, del quale ringrazio comunque l’autore, testimone diretto di molti luoghi ed eventi di quel continente.
    provo sulla questione etica, contenuta nella domanda finale che riassumerei così: accetterebbero i dittatori africani delle regole democratiche che possano garantire uno sviluppo meno diseguale? e aggiungo io, potrebbero queste regole superare le ataviche ostilità tribali e culturali racchiuse in decine di stati creati a tavolino con la riga e la squadra?
    io credo che le probabilità non siano favorevoli, perchè oggi l’africa e il resto del mondo, pur con tutte le loro immense differenze, in realtà si somiglino molto: forse mai come oggi, nel corso dell’ultimo secolo, la distribuzione della ricchezza è stata tanto diseguale, mai come oggi il denaro, inteso come economia finanziaria, ha goduto di un’autonomia così accentuata dalla politica e dai meccanismi di controllo, e soprattutto mai come oggi il potere economico è stato in grado di condizionare le scelte politiche.
    certo, nei paesi sviluppati dell’occidente ci sono insiemi di regole che mitigano lo strapotere del denaro, oggi con maggior fatica di ieri, mentre in africa tutto ciò non esiste, o esiste in forma marginale, ma la condizione politicamente primitiva dell’africa non mi pare incoerente con il liberismo selvaggio degli ultimi 30 anni; potrebbero i paesi occidentali fare per l’africa una scelta etica che faticano a praticare in casa propria, quando non l’hanno fatta in anni in cui sarebbe stato più facile?
    l’africa è un continente ricchissimo, di materie prime innanzitutto, ma i debiti pubblici dei principali paesi produttori sono nelle mani di potenze straniere, cinesi in primo luogo, e uno sviluppo del continente improntato su criteri di senso ed equità non appare in agenda; eppure, se ciò non sarà, come appare probabile, il prezzo da pagare sarà immenso, e solo dei folli cretini come i razzisti occidentali possono immaginare che lo pagherà solo l’africa.

  2. nemo 19 marzo, 2016 at 09:21

    La storia dell’uomo è fatta di forti che invadono e sottomettono. Nessuno può cambiare questo stato di cose. restiamo, per un attimo a casa nostra. la schiavitù , nei tempi antichi, quelli che chiamiamo delle civiltà Greca e Romana, era un fatto di normale accettazione e di normale consuetudine. Un prigioniero, sia uomo che donna, diventava , immediatamente merce. Sono cambiate , ora le cose? Direi, forse con troppa supeficialità no ! Certo, e convengo, sono mutate le forme, ma cosa c’è di diverso , se ieri vendevano al mercato gli schiavi , oggi si fanno pagare dagli stessi, ora si chiamano migranti proponendo loro un paradiso terrestre che a volte non c’è o non si raggiunge ! Bruno ci fa una esatta ricostruzione delle responsabilità dell’occidente, sappiamo tutti quanto è vero, ma sappiamo tutti che dove c’è un corruttore c’è, per forza di cose un corrotto, demonizzare il primo per assolvere il secondo? No, non ho letto questo ma dovrebbe essere un fatto naturale invece farlo, intendo demonizzare sia l’uno che l’altro, invece, normalmente definiamo il primo come affari il secondo come il prodotto di una società che non ha ancora raggiunto quella fase morale di cui noi ci ammantiamo, molto ipocritamente. Ecco che le foto dell’ “imperatore Bokassa” sono emblematiche. Cosa ci faceva il vecchio Presidente Francese vicino a lui ? Tutt’ora assistiamo alla deportazione di intere popolazioni, e ci sono personaggi, da noi, che ci informano sulla bontà di questo, dicendoci che servono nuovi cittadini, visto che diventiamo vecchi. Ma. costoro non vengono comperati da novelli schiavisti, addirittura costoro pagano per essere trasportati. Bene, l’occidente, e l’Europa in particolare ha delle responsabiltà, storiche, nessuno potrà mai dire che non, non è vero, e continua con la sua superba superiorità, ultima manifestazione fu la creazione senza porre i limiti e le regole, quelle che vengono applicate sia chiaro non quelle che restano sulla carta, la creazione di uno Stato di Israele ai danni di una popolazione che occupava, da millenni, quelle terre. E, per esser chiari, non solo l’Europa ma tutto il cosidetto mondo occidentale a cominciare dalla superpotenza che in quella terra di danni è riuscita a farne in metà tempo più di quanti ne è riuscita l’Europa in migliaia d’anni !

  3. Genesis 19 marzo, 2016 at 08:02

    Chi ha interesse nella rappacificazione africana o, comunque, di popoli? “Tutti” dovrebbe essere la risposta più semplice.
    Ciò, però, non è. L’Africa è il continente, da sempre, più depredato al mondo. I vari dittatorelli (spesso sanguinari bastardi) vengono posti al potere dal modo di fare delle multinazionali e/o degli Stati a loro legati. Poi vengono fuori le lagrime di coccodrillo quando un dittatore diviene veramente carnefice del suo popolo e la comunità internazionale lo combatte a suon di risoluzioni…paura!
    È ora che l’Africa camminasse con le proprie gambe.
    IS? Sono quattro gatti in confronto alle altre popolazioni che, come nella divisa e rabbiosa Europa della prima metà del secolo scorso, si alleeranno per combattere quei bastardi sanguinari falsamente legati ad una religione in antitesi con il loro fare (l’Arianesimo per l’Europa dei nostri conflitti). In poco tempo l’Africa supererebbe gli altri continenti sia per economia che per civiltà.
    Fuori le multinazionali dall’Africa…ormai vi siete arricchite abbastanza!

  4. Luistella 18 marzo, 2016 at 14:33

    Che dire: non ho parole per l’analisi lucida fatta in questo dialogo sull’Africa. Analisi di chi ha conosciuto così profondamente la situazione africana, in prima persona, e ce ne dà conoscenza

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