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A Di Maio Peter Sellers gli spiccia casa

A Di Maio Peter Sellers gli spiccia casa

Luigi Di Maio è il tipico pollo da allevamento che come cantava Gaber è del tutto indistinguibile dai suoi compagni di batteria, e forse questa è proprio la ragione che ha spinto Beppe Grillo e il figlio di Casaleggio a scegliere il signor nessuno avellinese per fargli fare il figurante del capo politico e del candidato premier, mettendogli la cresta sulla fronte e gli stivali gialli e speronati ai piedi.                       A Di Maio Peter Sellers gli spiccia casa

Nel ruolo del gallo Giggino è sostanzialmente ridicolo, forte dell’esperienza che ha maturato nella legislatura che volge al termine dicendo corbellerie di ogni tipo e in ogni dove, e facendo strame della lingua italiana, a partire del congiuntivo; immagino che il suo ghost writer, vergando il discorso della vittoria alle primarie del Movimento, abbia dovuto combinare le basiche capacità recettive della platea con l’incerto eloquio del premier in pectore, e per questo abbia scelto parole che resteranno scolpite nella pietra, della satira intendo, quali «Porterò avanti il mio ruolo con disciplina e onore» e «Per noi non esistono figure tecniche o politiche, esistono figure capaci». Mentre il pensiero corre a Virginia Raggi, un brivido freddo gela la schiena di quella parte sempre più sparuta di cittadini che conservano il ben dell’intelletto.               A Di Maio Peter Sellers gli spiccia casa

 

Proprio la satira è la prima vittima di Di Maio, che mentre si avvia alla scalata del potere in conto terzi, sembra la caricatura di Chance Giardiniere nella stessa esatta misura in cui Maurizio Gasparri sembra la caricatura di Neri Marcorè. Certo, Peter Sellers era un attore geniale, e il deficiente che si appresta a diventare Presidente degli Stati Uniti in Oltre il giardino sembrava una caricatura insuperabile, ma i record sono fatti per essere battuti, e oggi è crollato anche quello, travolto da una sorta di Usain Bolt al contrario.

Sia chiaro, non ce l’ho con Di Maio, che probabilmente neppure sa quello che fa, e nemmeno con la premiata ditta Grillo & Casaleggio, perché non è colpa loro se nessuno manda i carabinieri in assetto antisommossa a rinchiudere nella segreta che ospitava Cagliostro una banda di scappati di casa che organizza il consenso di un terzo del paese nella più totale opacità, senza il formalismo che fonda la democrazia, e sulla base di regole primitive e privatistiche che possono esistere solo nel contesto della circonvenzione d’incapace, che incidentalmente dovrebbe essere pure un reato.                 A Di Maio Peter Sellers gli spiccia casa

 

In realtà il fenomeno Grillo è molto semplice, è populismo allo stato puro, di gran lunga il peggiore proprio per la sua natura privatistica, e di molto superiore a quella di Berlusconi; come tutti i populismi corrode la società e avvelena le istituzioni, perché è capace di risolvere solo un pezzo dell’equazione che coniuga la conquista del potere con il governo, la prima, mentre nulla sa e nulla può sapere della seconda, ridotta com’è alla scarna formula del “tutti a casa”, che è inapplicabile anche quando si vince una guerra, ma che soprattutto è la replica, nel governo, della presa del potere secondo formule e regole giacobine, sostanzialmente un ossimoro.

Eppure, e con questo finisce la parte ridanciana del problema, nel grillismo c’è qualcosa di più e di diverso dai normali populismi, quelli di Bossi e Berlusconi per intenderci, qualcosa di molto più pericoloso e drammatico, qualcosa che può cambiare il senso sia pur bislacco della storia del nostro paese, portandolo per mano in una crisi di cui non si riesce a capire il limite e la portata, perché è del tutto inimmaginabile e senza precedenti.

Il grillismo non è semplicemente la reazione ad una politica scadente, che coniuga in modo diffuso incapacità, impotenza, privilegi, corruzione e una buona dose di populismo “normale”, ma è la sublimazione di tutti questi difetti senza alcun pregio, senza neppure la furbizia e la scaltrezza delle canaglie intelligenti, ed è per questo la continuazione del fallimento della politica con altri mezzi. C’è qualcosa di paradossale oggi nella nostra società, ed è il fatto che mentre il Movimento 5 Stelle è un partito indecente e vergognoso, contemporaneamente la conclamata inadeguatezza strutturale degli altri partiti, tutti quanti, nel trovare risposte adeguate alla crisi, gonfia il suo consenso, rende inevitabile il suo successo, e forse la sua prossima vittoria elettorale.     A Di Maio Peter Sellers gli spiccia casa

 

Il grillismo è figlio di una disperazione sociale diffusa, è il prodotto di decenni di crisi irrisolte che hanno bloccato e impoverito la società italiana, da sempre priva della coesione necessaria per risolvere efficacemente i piccoli problemi, e a maggior ragione incapace di affrontare quelli attuali, che sono enormi; il vero problema di Grillo è che non è un rivoluzionario, ma è un conservatore, non è il nuovo che avanza, ma è il decrepito che ritorna, è la versione deformata e incarognita della brutta politica che dice di combattere, che invece nella realtà lo alimenta e nella quale si riconosce come in uno specchio.              A Di Maio Peter Sellers gli spiccia casa

Grillo esiste perché non c’è più spazio per la buona politica, lo abbiamo perso quando abbiamo bruciato ricchezza e quote di sovranità, quando abbiamo scelto di arrivare con decenni di ritardo agli appuntamenti che la storia ci ha dato, e ad onor del vero anche a quelli fissati dalla cronaca, perché siamo cortile e non paese, diritto e non dovere, privilegio personale e non etica pubblica: oggi è tardi, non abbiamo né la forza, né la volontà, né il potere per invertire la tendenza, e ci apprestiamo a vedere Beppe Grillo e il figlio di Casaleggio che mandano la caricatura di Chance Giardiniere, il signor nessuno dal curriculum inesistente, a ricevere l’incarico di formare per conto loro il governo, senza che nessuno di loro sappia realmente il perché, e senza che nessuno sappia poi cosa fare.

Conviene però tener presente che quando avranno vinto gli ignoranti, quelli che votano e quelli che vengono votati, non ci sarà nessuna catarsi, non cambierà nulla e niente migliorerà, anche se ai più sembra impossibile, perché non è vero che non c’è limite al peggio: quando un paese disperato manda al governo degli incapaci rabbiosi e conclamati non vuol dire che si fa la rivoluzione, vuol dire che ci si avvia verso la dissoluzione, tanto più drammatica quanto più sarà repentina. Poi sarà anche vero che non è colpa del becchino se il paziente muore, ma qui i becchini sono una quota veramente esagerata dei cittadini dotati dei diritti politici, temo che finirà malissimo.

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Di Maio

 

 

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