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L’Europa che verrà è già oggi

L’Europa che verrà è già oggi
Distratti dalle scempiaggini a raffica che i componenti del nostro attuale governo ci stanno proponendo quotidianamente, stiamo assistendo impassibili a due eventi che per certi versi possiamo ritenere straordinari: nel Regno Unito il leader dei laburisti Corbyn ha ipotizzato per la prima volta che si possa dar luogo ad un secondo referendum sulla Brexit, mentre la Merkel e Macron si incontrano ad Aquisgrana, luogo altamente evocativo di eventi storici, per siglare un accordo che probabilmente getta le basi per una nuova fase dell’unità europea.

 

Ma andiamo per ordine. Il Regno Unito com’è noto sta vivendo quello che consideravamo l’ultimo capitolo della Brexit, una vicenda che da burla si è trasformata in sceneggiata, per poi finire decisamente in farsa. Con una classe dirigente in parte dileguata (quelli che la Brexit l’avevano fortemente voluta) ed in parte decisamente inadeguata (quelli che la Brexit hanno poi dovuto gestirla), in un braccio di ferro infinito tra i sostenitori della May ed i suoi oppositori sulla scelta del tipo di accordo (deal) che si sarebbe dovuto cercare con l’Europa, ed in assenza di una maggioranza capace di supportare un’hard brexit nella quale fosse il Regno Unito a dettare le sue condizioni, lo scenario che sembrava prospettarsi era del tipo “muoia Sansone con tutti i filistei”. Difatti la May, pur di non cedere di un millimetro dalle sue posizioni che scontentavano tutti, si è dimostrata disposta a portare il paese al distacco del cordone ombelicale con l’Europa con quel “no deal” che a molti pare decisamente la soluzione più catastrofica per i sudditi di sua Maestà. L’unica teorica ancora di salvezza rappresentata dai laburisti non sembrava far presa, visto che si sono fino ad oggi impegnati più a portare acqua alle pulsioni disfattiste della May che non ad una ragionevole conclusione di un evento, la Brexit, che appare ogni giorno di più pieno di incognite, la maggior parte delle quali di segno negativo.

 

Dopo quasi due anni di teatrino nel quale gli elettori hanno dovuto prendere atto sciaguratamente di aver votato una cazzata e di essere rappresentati da degli incapaci, Corbyn sembra aver avuto un lampo di lucidità ammettendo per la prima volta che forse ripetere il referendum, specialmente alla luce delle infinite indecisioni governative, potrebbe essere il minore dei mali, rimettendo così la decisione in mano ad un elettorato oggi ben più consapevole di due anni fa e sicuramente più in grado di dare una svolta a tutta la vicenda. E tutto questo nonostante Corbyn mantenga la sua scelta iniziale a favore dell’uscita dall’Europa.

 

E’ forse presto per capire se alla fine un secondo improbabile referendum verrà o meno indetto, e confesso che benché lo ritenga auspicabile, comprendo anche gli inevitabili danni che questo comporterebbe, perché se da un lato è ormai chiaro che far votare il popolo su questioni così importanti ed a maggior ragione senza ragionevoli quorum (una percentuale minima di elettori che deve aver espresso il voto ed una percentuale minima di voti validi da raggiungere) rende lo strumento inadeguato e manipolabile, dall’altro esiste la concreta possibilità che si crei un precedente pericoloso, anche fuori dal Regno Unito, e che ci si trovi in futuro a dover accettare la continua messa in discussione della volontà popolare a causa di consultazioni ripetuto sullo stesso argomento.

 

 

Detto questo il fatto che un leader importante metta in dubbio per la prima volta la reale corrispondenza tra il risultato della tornata referendaria ed il reale volere del popolo mi pare sintomo di un malessere che non ha colpito solamente chi contro la Brexit ha votato, ma anche una parte di coloro che l’hanno sostenuta; non solo, ma la mossa di Corbyn rende evidenti le effettive manipolazioni che la propaganda referendaria ha subito, tant’è che quello che è stato considerato il vero vincitore, Farage, si è dileguato, mentre Cameron, che il referendum lo ha fortemente voluto, sbagliando tutti i calcoli, è stato fotografato con infradito e bermuda sulle spiaggia del Costa Rica.

 

 

Mentre il Regno Unito tenta faticosamente di superare la crisi post Brexit, Germania e Francia hanno sottoscritto un accordo che presuppone ben più che un semplice ed ennesimo patto bilaterale tra i due Paesi; infatti esso prevede il consolidarsi di un’alleanza che porterà definitivamente fuori la Germania dalle macerie della seconda guerra mondiale, e costituirà forse l’embrione della seconda fase dell’unificazione europea, nella quale per adesso solo due dei paesi firmatari, peraltro i maggiori per peso politico ed economico, inizieranno un rapporto di collaborazione su diverse materie economico-commerciali-normative che non sono mai state affrontate con tanta incisività prima. Per farla breve e comprendere sino in fondo la portata di ciò che sta accadendo, vi saranno numerose occasioni durante le quali un membro del Governo di uno dei due Paesi sarà ammesso alle riunioni del Governo dell’altro Paese. Unico neo l’evidente debolezza dei protagonisti: la Merkel è alla fine della sua lunga esperienza politica e Macron, sia pur recuperando consensi in patria dopo i tumulti di piazza ed una sua parziale rivisitazione della politica economica, resta elettoralmente fragile; in entrambi i casi capiremo di più dopo lo svolgimento delle prossime elezioni europee ma nel frattempo registriamo anche la preoccupazione della Commissione europea che da questo accordo si vede scavalcare con una fuga in avanti che sicuramente indurrà una reazione degli apparati europei. Ma la strada oramai è stata tracciata e se vi sarà l’appoggio elettorale a maggio, dubito che si torni indietro.

 

Il nucleo centrale di quella che è stata sino ad ora l’Unione Europea, dopo aver messo alle corde l’arroganza della May ed aver tagliato i fondi ai fascisti di Visegrad, che pensavano di trattare l’Europa come un bancomat senza dare niente in cambio, si sta preparando a far fare all’Unione un deciso salto di qualità per diventare competitivi a livello mondiale: esattamente ciò che Putin e Trump avrebbero voluto evitare e che invece adesso sembra probabile possa realmente accadere. In questo contesto resta da capire come possiamo collocare le nostre future ambizioni con personaggi come Di Maio e Salvini, Toninelli e Lannutti, per non dimenticare il peripatetico Di Battista, i quali maramaldeggiano le istituzioni democratiche facendo strame del buon senso, oltrechè della lingua italiana e creando voragini economico finanziarie che ci vorranno anni per colmare, distruggendo così quel poco di reputazione che ancora potevamo vantare all’estero. Abbiamo sempre temuto che l’azione di questo governo scellerato ci portasse ad un destino di sottosviluppo tipico del continente africano, ma se continua così siamo proprio sicuri che alla fine quegli africani che adesso stanno studiando la lingua cinese per stare al passo con i tempi ci vorranno?

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