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Finalmente fuori dall’euro ! 01 gennaio 2020

01 gennaio 2020 – l’Italia è fuori dall’euro

Ebbene si! Dopo mesi e mesi di crisi politica abbiamo avuto un Governo legittimato dal voto popolare, convintamente deciso ad applicare un programma economico apparso sin dall’inizio difficilmente sostenibile se non al prezzo di una tensione crescente con gli altri paesi europei.

Irrilevante se possa essere stata la decisione della Bce di non darci più credito o se una modifica della Costituzione possa aver portato alla richiesta di attivare, da parte dell’Italia, l’art. 50 del Trattato di Lisbona (esattamente come ha fatto il Regno Unito): la Banca Centrale Europea ha cessato l’acquisto dei nostri titoli di Stato, ci siamo dovuti ingegnare (e meno male che il Prof. Savona aveva già programmato tutto) per stampare in fretta e furia nuove Lire (2.0) per pagare stipendi e pensioni e cercare di evitare quel default che però è ben presto apparso inevitabile. La nuova moneta si svaluta ogni giorno di più ed il divario con l’euro, il dollaro e le altre principali valute cresce a vista d’occhio.

 

In breve siamo insolventi e mettiamo in atto un piano di risanamento di tipo argentino (rimborsare il 30% del valore dei vecchi titoli di Stato in trenta anni e senza interessi – una pacchia); dai 400 mld di titoli di Stato che ogni anno andavano in scadenza, ci ritroviamo con più o meno 25 mld l’anno di debiti da pagare: circa un terzo di ciò che pagavamo prima solamente in interessi. Per il resto, ormai lo sanno anche i sassi: inizialmente le esportazioni decollano per effetto della svalutazione ma ben presto tedeschi & co. (che non hanno l’anello al naso), metteranno dazi all’import che neutralizzeranno il beneficio della svalutazione, ed anche ammesso che non vengano con l’esercito a riscuotere quei 700 mld di euro di carta straccia che si trovano in mano più un bel po’ di miliardi (sempre in euro) per pareggiare altri debitucci dovuti al sistema di regolamento dei pagamenti (Target 2), ma si limitino a venire da noi in vacanza a mangiare bene e spendere una miseria, dovremo rivedere drasticamente il nostro stile di vita perché tutto ciò che andremo ad acquistare all’estero (quasi tutto, escluso pomodori, olio, vino e simili), lo pagheremo caro, molto caro.

La nave ha salpato l’ancora e finalmente siamo liberi: niente più vincoli incomprensibili imposti da fuori e padroni in casa nostra; ma padroni di che cosa?

Anche se la povertà in Italia ha coinvolto un numero crescente di persone, la maggioranza degli italiani ha un patrimonio (casa, auto, depositi) ed uno o più redditi (stipendio, utili d’impresa, pensioni) cosa accade quando tutto viene ridenominato in lire?

 

 

 

Iniziamo dal patrimonio; esso è dato dal valore in moneta corrente di tutto ciò che possediamo meno i debiti. Nel momento iniziale di conversione da euro in lire, il rapporto di cambio applicato sarebbe di 1:1 ma con la prevedibile svalutazione, il patrimonio subirebbe l’identico deprezzamento della nuova lira quindi, a fronte di una svalutazione, ipotizziamo del 30% , anche il valore dei nostri beni verrebbe parimenti svalutato. Paradosso evidente: chi non ha patrimonio ma solamente debiti ne beneficerebbe e con un’inflazione annua a due cifre (come negli anni 70, quelli in cui “si stava meglio quando si stava peggio”), potrebbe vederli drasticamente ridurre nel volgere di relativamente pochi anni, specialmente per quelli contrattualizzati a tasso fisso; difficile ipotizzare che anche gli immobili non subiscano sorte simile, e con un mercato bloccato dalla mancanza di liquidità e le banche che concederanno mutui a tassi spropositati (come accadeva quando “si stava meglio quando si stava peggio”), chi tra coloro che non ha una casa, potrà permettersi di acquistarla?

Non molto meglio le cose andranno dal lato dei redditi ed il dilemma perenne sarà: reintrodurre la “scala mobile” in modo da adeguare i redditi all’inflazione galoppante (e così facendo incrementarne il galoppo), oppure bloccare stipendi e pensioni lasciando che le capacità di adattamento della popolazione risolvano il dilemma quotidiano del fare la spesa con la stessa somma di denaro a fronte di prezzi ogni giorno più alti?

Nel frattempo la nazionalizzazione dell’acqua, del gas e dell’energia elettrica (potremo fare ciò che ci pare finalmente) porteranno probabilmente ad un’iniziale calmierazione dei prezzi, ma anche al razionamento di gas ed energia perché il pagamento (anticipato; chi mai più ci farà credito?) delle fatture espresso in dollari non lascerà spazio a finanza creativa: con le esportazioni limitate dai dazi, le riserve valutarie si esauriranno e le nostre lire non le vorrà nessuno; vaglielo a spiegare ai russi o agli arabi che siamo felicemente e convintamente sovranisti: come una madre di famiglia la quale trovatasi senza risorse si vede costretta a prostituirsi per dare da mangiare ai propri figli, anche noi dovremo pagare in natura ciò che non potremo in denaro; chissà, vendendo o meglio svendendo i nostri porti a russi e cinesi ai quali non sembrerà vero di pagare con un tozzo di pane il migliore degli accessi al Mediterraneo?

Non esistono dati certi sulla povertà in Italia, ma solamente stime; le ultime diramate da Eurostat parlano di circa 10 mln. di poveri, cioè persone per le quali sono validi uno o più criteri di indigenza, le quali di fronte ai ragionamenti fatti sino a qui, probabilmente sarebbero portate a stringersi nelle spalle ed a pensare che per loro è difficile che le cose possano andare peggio fuori dall’euro, almeno non più di quanto già non vadano adesso e c’è da comprenderle. Ci sono però 50mln. di italiani i quali, in modo più o meno marcato, si impoverirebbero notevolmente se l’Italia perdesse l’opportunità faticosamente acquisita negli ultimi decenni, ma sembra quasi che non se ne rendano conto, abbagliati da una voglia irrefrenabile di ribaltare il tavolo pensando così di vendicarsi verso qualcuno, come il marito che per fare dispetto alla moglie si tagliò i…

Abbiamo una quantità di esempi degli effetti del default che spazia dalla Russia al sud America, passando per la California; non avendo le risorse energetiche e la potenza militare della Russia e non essendo uno Stato federato degli USA (peraltro la California non aveva neppure una moneta autonoma), l’unico paragone che mi viene facile fare è con l’Argentina: meraviglie della decrescita felice.

Dimenticavo una piccola parentesi: a quel poco meno di un milione di italiani che possiedono più del 20% complessivo della ricchezza del paese, tutto questo non riguarderà o riguarderà molto poco: il grosso del patrimonio sarà già stato comodamente parcheggiato in qualche altro luogo più confortevole, ed anche se gli immobili avranno subito un notevole decremento, ci sarà sempre la possibilità di consolarsi, per gli industriali, riaprendo fabbriche e manifatture in Italia, magari insieme agli immancabili cinesi sempre alla ricerca di nuove delocalizzazioni dove approfittare di mano d’opera a buon mercato.

Ma chissà che anche il pensionato delle poste, che ha messo da parte le poche decine di migliai di euro di liquidazione, non abbia pensato di aprirsi un conto in Svizzera per salvare quei pochi risparmi dalla voragine della svalutazione; gli altri, la massa, torneranno ad investire in titoli da Stato contenti di un 15% di rendimento e altrettanto felicemente ignari dell’inflazione al 25% che si mangerà, anno dopo anno, sia gli interessi che parte del capitale (anche questa cosa già vista quando “si stava meglio….etc”)

E le bbbbbanche? Quelle che non saranno fallite facendo pagare dazio agli azionisti, ma lasciando in braghe di tela anche dipendenti, piccoli risparmiatori e imprese, verranno probabilmente nazionalizzate sostituendo ai soliti vecchi decrepiti capitalisti, i nuovi boiardi di stato, in fondo i soliti lottizzatori di sempre, non più espressione dei vecchi DC, PSI, e PCI ma finalmente del nuovo che avanza, del cambiamento!

E gli extra comunitari? Beh quello rimarrà un bel problema da risolvere: ce ne saranno circa sessanta milioni in più, ma possiamo sempre sperare che si estinguano!

 

Nota: la data di uscita dell’Italia dall’Europa è frutto di pura fantasia e in nessun modo collegabile ad alcun riferimento normativo. Se come pare i Paesi eurpei virtuosi si stanno già attrezzando per buttarci fuori (magari in un fine settimana, come suggerisce per altri versi Paolo Savona) potremmo trovarci nella stessa condizione del marito fedifrago che di ritorno da una notte di avventura trova la serratura cambiata ed i vestiti in mezzo alla strada. In ogni caso difficile pensare che avremo tutto il tempo previsto dall’art. 50 del Trattato di Lisbona. Se poi si volesse ipotizzare quante siano le probabilità che tutto questo accada, tenere sempre presente la legge di Murphy o il cigno nero di Taleb Nassim.

 

 

 

 

 

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