la società

Ma che razza di gente siamo!

Ma che razza di gente siamo!

Per zoologi e botanici il sostantivo “razza” non ha granché senso; altri sono i termini da loro utilizzati per lo studio e la classificazione di quella biodiversità che è ed è stata sempre il loro oggetto di studio nel corso dei secoli. La biodiversità é ciò che più di tutto ha contribuito al progresso umano consentendo, per esempio, al re degli onnivori, di avere disponibili una quantità e qualità di alimenti tale da rendere possibile l’assimilazione di tutti quei principi nutritivi necessari allo sviluppo armonioso sia fisico che intellettivo, i quali, guarda caso non si trovano mai in natura all’interno di un’unica fonte di approvvigionamento alimentare.                 Ma che razza di gente siamo!

BLG 080217-07-662

 

 

La biodiversità quindi è un valore, al quale purtroppo abbiamo deciso di iniziare a fare a meno quando circa 10.000 anni fa siamo passati progressivamente dall’essere dediti alla raccolta di frutta e radici, e alla caccia di animali selvatici, sostanzialmente dei  nomadi, allo sviluppo di tecniche stanziali di selezione di alcune specie di piante ed animali, che è stato forse il primo grande errore nella storia dell’umanità, in quanto, focalizzandoci prevalentemente sull’agricoltura e la pastorizia, abbiamo rinunciato a quella libertà che il nomadismo consentiva. Il concetto è banale e forse di non facile comprensione, oggi che con 7 miliardi di persone vivere di nomadismo sarebbe pressoché impossibile, ma è indubbio che il passaggio da uno stile di vita sostanzialmente basato sul soddisfacimento immediato di bisogni estemporanei, a quello della programmazione di una vita dedita all’utilizzo di poche e selezionate fonti alimentari, ci abbia costretti a subire, più che determinare, le vicende della nostra esistenza.  Gente

Con il passare dei secoli l’attività di selezione ha fatalmente contribuito alla contrazione della biodiversità in quanto una volta posti al culmine della catena alimentare, molte specie animali e vegetali si sono dovute arrendere alle modifiche ambientali determinate dalle colture e dall’allevamento divenuti sempre più invasivi e ad alta intensità dei fattori selezionati. Quali vantaggi e quali rischi questa specializzazione abbia portato al nostro stile di vita è sotto gli occhi di tutti; ma ciò che è ancora più evidente sono le diverse condizioni di vita che si sono sviluppate in zone distanti del globo, e come queste diversità abbiano condizionato e condizionino ancora i rapporti tra popolazioni che vivono in realtà ambientali, economiche e sociali totalmente diverse.             Ma che razza di gente siamo!

 

BLG 080217-08-662

 

Gli interessi contrapposti, conditi da altre amenità quali il diverso colore della pelle o le credenze religiose, hanno reso inevitabile lo scontro  ed alimentato incompatibilità che erroneamente siamo soliti definire di ordine razziale, senza onestamente riconoscere che la conflittualità è innata nella nostra specie, ed è quella che ha probabilmente determinato il prevalere dell’Homo Sapiens all’interno del genere umano.                Gente

Qui infatti si evidenzia uno dei più grandi equivoci della storia: a scuola ci hanno insegnato che l’Homo Sapiens (sostanzialmente, noi) non è altro se non la naturale evoluzione delle varie specie che si sono succedute nel tempo; nella realtà è probabile che l’Homo Erectus, il Soloensis, il Neanderthal, il Denisova e tanti altri dei quali si sono rinvenute tracce nelle varie parti del mondo, oltre a tutte le specie delle quali si è perso qualsiasi evidenza, abbiano convissuto con il Sapiens avendo in comune con esso alcune di quelle caratteristiche che ci hanno fatto evolvere in modo diverso rispetto agli scimpanzé con i quali condividiamo peraltro, gran parte del DNA: tra le altre, un cervello più grande, la camminata eretta, legami sociali più complessi e l’uso del fuoco per la cottura del cibo.

 

BLG 080217-06-662

  Grafico dell'evoluzione umana. Scala in migliaia di anni
       (cliccare immagine per miglior risoluzione)

 

Per quale motivo ad un certo punto il Sapiens abbia prevalso è un mistero ancora irrisolto; le teorie più accreditate sono quella della fusione, cioè del progressivo apparentamento del Sapiens con le altre specie (cosa geneticamente e fisicamente possibile), e quella del rimpiazzamento, e quindi del prevalere di una specie sulle altre, scacciate in territori sempre più remoti e poveri di risorse per sopravvivere. Senza addentrarsi in più complesse analisi è evidente che l’accettazione dell’una o dell’altra teoria possa avere conseguenze enormi , specialmente in un’epoca così turbolenta e di difficile convivenza come quella attuale, ma non cercheremo certo di rispondere qui ed oggi a domande sulle quali la scienza mantiene prudenza, quasi una sorta di pudore; semplicemente dobbiamo tenere conto che così potrebbero essere andate le cose e la soluzione salomonica, alla fine, risulterebbe quella più probabile: entrambe le teorie possono aver visto la loro contemporanea, effettiva realizzazione.      gente

Ciò che pare assodato in ogni caso è che l’Homo Sapiens prevalse per alcune caratteristiche della sua evoluzione che lo avevano reso superiore, ed alla fine vincente: in particolare il linguaggio più complesso, le relazioni sociali più stratificate e, soprattutto la sua capacità di creare miti. Banalizzando potremmo dire che mentre le altre specie erano concentrate sullo sbarcare il lunario, giorno dopo giorno, il Sapiens iniziava a dedicarsi al gossip all’interno dei nuclei sociali, a pensare al futuro e, fatalmente, a ciò che avviene dopo la morte.                    Gente

È stata proprio la capacità di creare miti aggreganti che ha determinato nel tempo, il consolidamento di nuclei sociali sempre più numerosi e complessi; se dobbiamo fare una battuta di caccia è sufficiente conoscerci tutti singolarmente e dialogare direttamente l’un con l’altro, ma se il gruppo aumenta di numero e da un centinaio si passa a migliaia e oltre, il collante non può più essere il rapporto interpersonale, ma quello mediato da ideologie, siano esse religiose, politiche o sociali: ecco, il Sapiens aveva questa capacità ed essa lo ha reso vincente.  gente

 

BLG 080217-03-662

    Le rappresentazioni sumere, incise su cilindri in pietra (cosiddetti
"sigilli cilindrici") mostrano ominidi che si mescolano agli animali ma che si
levano su due piedi - un'illustrazione di un Homo erectus.** 

 

 

Antropologicamente siamo quindi tutti esseri umani appartenenti alla specie Homo Sapiens, e tolto un banale involucro variamente pigmentato che avvolge il nostro corpo vi sono tratti somatici che solo un esperto può notare; per il resto siamo un ammasso di organi uguale per tutti: nessuna razza, concetto ormai valido solo in zootecnia dove le manipolazioni umane hanno determinato caratteristiche diverse nelle stesse specie animali. Ma all’interno della specie, manteniamo, come unico elemento divisivo, proprio quella capacità che ci ha resi vincenti: il fare ragionamenti complessi su chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo. Abbiamo creduto, con la scienza, di riuscire a dare risposte definitive su alcuni aspetti del nostro essere e del mondo che ci circonda, ma oggi che persino questa (complice Internet) viene sempre più frequentemente messa in discussione, più riconduciamo tutto alla nostra capacità di creare miti, più rendiamo complicata una convivenza resa già difficile a causa delle abnormi diversità nella distribuzione della ricchezza tra i vari popoli del mondo.                  Gen

Alla fine il ragionamento sul razzismo diventa banale: chi è razzista è semplicemente un grandissimo ignorante. Ma faremmo torto alla nostra intelligenza se volessimo ridurre il tutto all’uso errato di un vocabolo, perché è la sua essenza che ne determina la forza, e qui torniamo al ragionamento di prima: la nostra capacità di creare miti ci ha resi più forti ed ha creato il collante sociale in un gruppo, ma poiché i miti sono molti, le divisioni portano alla conflittualità tra gruppi con diversi miti.            Ma che razza di gente siamo!

 

BLG 080217-04-662

 

A questo punto credo che si possa introdurre un nuovo elemento nel dibattito di questi giorni su credenti, non credenti e atei, perché le conclusioni alle quali si può pervenire sono perfettamente coerenti, sia con lo sviluppo della discussione sino ad ora suscitata dal recente editoriale di Scalfari, sia con la storia del genere umano. Se da un lato, infatti, non credenti e atei riducono la loro convinzione ad un fatto personale (e non è vero che si fanno militanti contro i credenti come sostiene Scalfari),  i credenti, al contrario necessitano del collante collettivo giacché non si conoscono religioni per le quali non si renda necessaria una cerimonialità che può anche assumere talvolta tratti intimistici, ma che difficilmente può rinunciare alla celebrazione di riti collettivi, inclusivi per i credenti, esclusivi per tutti gli altri, mentre il laicismo rispetta e chiede rispetto, e la laicità dello Stato diviene vero caposaldo della democrazia.             Ma che razza di gente siamo!

D’altronde anche la laicità, quando concetto condiviso all’interno di uno Stato, può assumere le caratteristiche di un mito, ma questo non rende il ragionamento incoerente, perché nessun laico vieterà mai ad alcun credente di pregare il suo dio; la laicità è inclusiva, a prescindere, e questo è un elemento di novità che spaventa perché ci siamo abituati a vedere noi stessi solo riuscendo a differenziarci dal prossimo, come se la nostra identità derivasse dalla negazione dell’altro, specialmente se ha idee diverse dalle nostre.              Gente

Le teorie prevalenti sull’evoluzione del genere umano non lasciano grande spazio all’ottimismo: se la conflittualità è stata nel contempo motore di sviluppo e causa dei danni che questo ha prodotto, pare inevitabile che ci porti ad un disastro complessivo, sempreché, nel frattempo, l’evoluzione della specie non ci riservi qualche altra sorpresa e si riesca ad evitare prevedibili disastri; il tempo è poco ma conviene sperare, anche se la profezia sulla fine del mondo sembra essere una di quelle autoavverantesi, nel senso, cioè che si stia facendo di tutto per realizzarla; come scrisse il sociologo William Thomas nel 1928: “se gli uomini definiscono reali certe situazioni, esse saranno reali nelle loro conseguenze”. D’altra parte siamo già stati capaci di progredire senza esserne costretti dalle circostanze perchè, come dichiarò l’allora potente ministro del petrolio dell’Arabia Saudita, Ahmed Zaki Yamani, a margine di un convegno nel quale all’interno dell’Opec si discuteva sull’eventualità che il petrolio finisse e che i Paesi estrattori dovessero fatalmente pensare ad una riconversione delle loro economie, “….l’età della pietra non è finita perché sono finite le pietre”.

 

  • Bibliografia: “Da animali a dei; breve storia dell’umanità” di Yuval Noah Harari

 

**
Nel mito sumerico della creazione la "dea" infermiera Ninmah, metà sorella di
Enki, svolge un ruolo centrale nella creazione di specie di ominidi schiavi.
All'inizio ebbero grandi difficoltà nella creazione di un esemplare sano e
capace di svolgere i compiti necessari. Dai loro sforzi iniziali si manifestarono
una varietà di esseri umani. Furono nominati nell'epica sumera, "Adamu e
Tiamat".

 

 

gente

 Ma che razza di gente siamo!

Ma che razza di gente siamo!

 

mod-010117-02-662

 

 

Ringraziamo tutti i numerosi lettori di Modus, che con la loro attenzione regolare o sporadica danno senso al nostro lavoro.
A quelli che gradirebbero essere informati sulle nostre pubblicazioni in tempo reale, e hanno un profilo attivo su Facebook, consigliamo di mettere il like sulla fan page: riceveranno senza dover fare l’accesso al sito il link di tutti i nuovi articoli.

La redazione

0 lettori hanno messo "mi piace"
Print Friendly, PDF & Email
Share:

Leave a reply

WordPress Appliance - Powered by TurnKey Linux