le storie

Gagarin non è mai stato qui – 1

Prima puntata

 

Immagino lo sappiate. D’estate tutto peggiora. E non credete a chi dice il contrario, a chi vi vuole convincere che da quando arriva il solleone a quando tornano le piogge è una stagione di grazia, il tempo del mare e del sale sulla pelle, delle feste e degli amici. Balle.

Dai primi giorni di Giugno, quando arrivano le ondate di calore, così le chiamano, coi nomi che fanno venire attacchi di ansia anche al più mite tra gli uomini, tipo Scipione l’africano o Volturno dall’est, ecco, da quel momento..chiudetevi in casa, abbassate tapparelle, chiudete usci, finestre, qualsiasi pertugio vi esponga al mondo e aspettate. Passa. Il tempo è galantuomo e settembre arriva a dare un calcio dove deve al mare, al sale e soprattutto a tutte le mie amiche che pur di apparire di un colore marron-bluastro fanno ore nelle auto arroventate con bimbi piagnucolanti al seguito. Voi non fatelo. Resistete. Il sole espone al cancro, è ampiamente dimostrato. Io le metto in guardia ma mi guardano come fossi invidiosa o ammattita.

 

Chiariamo sin da ora: io ho tanti difetti ma l’invidia l’avverto difficilmente. Vabbeh… ho invidiato quella tizia, Amal, pensando alla sua prima notte di nozze a Venezia col Clooney nudo ma a parte questi  piccoli e doverosi sguardi ad altrui fortune, sono una persona sobria e credo sia indiscutibilmente  inutile guardare agli altri per contare in crescendo le cose che non si hanno, tanto si tratta di cose di persone diverse, non si può desiderare di cucirsi addosso i fatti altrui; per quanto benevoli non sono i fatti nostri e son vestiti che non ci calzano. Siamo fortunatamente costretti ai nostri di vestiti e con quelli dobbiamo fare… indossarli quando son nuovi di zecca e ci fanno belle e poi riprenderli per capire che ci vanno stretti e decidere che farne… rammendarli o buttarli via e comprarne di nuovi; o aspettare che torni una stagione in cui saremo di nuovo snelle.

 

Io d’estate butto tutto via. Ma non basta. Faccio lunghe docce gelate. Non basta. L’estate dura sempre 3 maledetti mesi. E nonostante io mi dica che sono pessimista, che non è poi così male, che non è vero che le persone col caldo ammattiscono, i guai, inesorabili, d’estate arrivano. Ammazzamenti, tradimenti, incidenti, insomma tutte le cose brutte che finiscono con ENTI. Voi, mi raccomando,state immobili. Leggete ogni mattina che lui cerca di ammazzare lei ma lei lo accoltella e poi lo brucia? Non vi spostate di un millimetro, bevete una roba fresca e aspettate il buio, mettete una t-shirt lisa e morbida e fate due passi nel parco. I vostri vicini litigano in una qualche lingua dell’est minacciandosi sul pianerottolo mentre il termometro segna 36 gradi? Voi come nulla fosse scendete le scale con passo veloce e leggero come viveste in un attico dell’upper east side invece che in una palazzina anni 70 della Bolognina.

 

 

06 Giugno

L’estate del 2015 non cominciò diversamente. Decido che il primo Annibale o Caronte di turno non l’avrebbe avuta vinta e quando il termometro tocca i 31 gradi chiamo Maria per un aperitivo. Maria è una certezza se uno si sta per deprimere. Ha 15 anni più di me ma è una forza della natura. E’ bella. Di una bellezza curata, non gommosa. Ha tanti capelli, come me, e quando parla li sposta docilmente. Io e lei ci somigliamo, per dire: optiamo sempre per le infradito basse ma decorate di strass. Ma lei ha più senso pratico e capacità di utilizzare persone e cose utilmente. Per questo la chiamo quando sto per cedere. Lei trova sempre un modo per mutare un guaio in un’occasione per fare un viaggio in Qatar e farsi sposare da uno sceicco ricco e figo. Anche quella sera di giugno Maria riuscì a mutare i miei sentimenti. Dopo due bicchieri di vino avevamo deciso che avrei venduto e ricomprato casa, mi sarei liberata di Luca e che una vacanza con la mia famiglia non mi avrebbe poi distrutta. Per un paio di ore è stato tutto possibile. Tornata a casa ho mandato un sms a Luca solo per sapere dove fosse e come potesse essere ovunque senza di me, avevo capito che tra la crisi del mercato e le innumerevoli scale la mia casa avrei dovuta svenderla e avevo litigato con mia madre opponendomi con tutte le mie forze al suo tentativo di convincermi ad andare al mare con loro. Eppure due ore in stile Maria restano tra le cose irrinunciabili della vita.

 

08 Giugno, ore 8:45

32 gradi. Ciondolante in ufficio sul mio caffè asportato mi rendo conto che oggi Fabrizio sarebbe partito per la Grecia. Con la moglie o meglio, con la badante giovane; Fabrizio é stato l’uomo più importante della mia vita ma non ci credo più nemmeno io. Ma sarebbe peggio dover dire a 45 anni: non c’è stato un uomo importantissimo nella mia vita. Per cui va bene che la parte la faccia lui. Lo è stato anche dopo che ho lasciato la sua casa e fino a quando lui non ha optato per una donna al “mio opposto”. Sempre meglio non vederle e conoscerle quelle che vengono dopo di noi, ci raccontano cose sul nostro ex che non vorremmo scoprire. Ma lei l’ho conosciuta e la cosa mi ha fatto comprendere che lui non è il grande mentore e faro nella notte che credevo. Io l’ho perdonato subito   di aver sposato una Heidi extralarge… ma lei non ha perdonato me di esistere. E quindi ZAC… io e lui ora siamo amici clandestini.

L’altro clandestino è, appunto, Luca. Avrete capito che non è mio, è suo, della moglie. Io che ho passato anni a fare predicozzi sul: mai gli sposati… e poi Luca non è nemmeno uno sposato in crisi. No, no… lui è proprio uno sposato felice di esserlo e di fare il padre, io cerco di tanto in tanto con rovinosa pignoleria qualche incrinatura nelle sue parole che lasci trapelare una qualche infelicità nella sua vita coniugale ma niente, lui è felice come una pasqua della vita che fa. Poi, a latere, gli piaccio, un po’.

Questa cosa me lo fa stare simpatico. Mi stanno sulle palle gli uomini che perdono la testa per le amanti e mettono in pericolo la serenità dei loro cari. No Luca è una persona seria, un uomo su cui la sua famiglia potrà sempre contare. Sigh.

 

11 Giugno

D’estate io son tra quelli che, a parte qualche breve escursione, restano in città… Guardo tanta TV. Rimandano tutti i vecchi film. Quando rimandano Piccole Donne mi va bene, finisce sempre che lei, Jo, prende le mani di Friedrich mentre piove. Piove!!

Quando invece mi si costringe a rivedere Come Eravamo faccio fatica dopo ad addormentarmi. Ogni volta che lo vedo capisco sempre meglio che lui, Redford, in realtà finge per ore (il film è lungo) di amarla, la Streisand, ma in realtà la usa. Si, la usa per confortare il suo ego. Altrimenti non potrebbe mai dirle che il problema è lei. Che è finita perché lei non molla mai. Non si fa. Bisogna essere indulgenti con noi scassapalle e amarci nonostante tutto. Detesto che alla fine, quando si ritrovano, lei lo   abbracci invece di dirgli quanto male è invecchiato.

 

16 Giugno

Ho accennato ai miei vicini di estrazione mista. Uno si chiama Pietro, russo. Ha poco di Pietro il Grande, io lo chiamo Pietro il Grosso, ha una pancia che arriva sempre almeno 4 secondi prima di lui. Non mi sta simpatico Pietro, perché lui ha preso l’appartamento di Gianni. Abbiate pazienza ma devo dirvi due parole su Gianni. Vi è mai capitato di conoscere una persona che pur non essendo un parente o vecchio amico sapete che vi proteggerà in quanto anima affine? No? Beh trovatene una, è confortante come il latte caldo col miele quando fuori nevica. Gianni era il mio angelo. Si otturava la vasca e andavo nel panico? Lui veniva con attrezzi e sorriso e aggiustava la vasca e il mio animo. Arrivava Natale e io mi apprestavo a cenare sola pur di non procurami guai in famiglia? Gianni bussava alla porta e mi portava dei ninnoli o lo strudel fatto con le sue mani. Insomma quando Gianni è andato via, a vivere in un altro quartiere, ho pianto per tre notti di seguito… Pietro il Grosso e famiglia hanno preso il suo appartamento. Ieri, mentre smontava la lampadina delle scale al mio piano (non voglio più vedere quando si accendono le luci, tanto non è Gianni che rincasa) mi fissa con fare da macho, alla Putin, e la spara molto più grossa della sua pancia: “anche se Gianni è andato via non devi avere paura, ci siamo noi ora…”

Ho pianto per altre 3 notti di seguito.

 

 

17 Giugno ore 23:20

… pronto?

Ari?… sono io Bianca, ti ho svegliata?

… ciao cara, no figurati, sto leggendo, che succede?

… non riesco a dormire, fa caldo e penso sempre a mio padre…

Bianca è la mia amica più cara, io la chiamo la mia terza sorella. In realtà dovrei dire l’unica, le altre due son di sangue.

Io e lei siamo delle sopravvissute. Lei è sopravvissuta alla sua famiglia e io alla mia. In fondo lo siamo tutti no? Sopravvissuti alle nostre origini. Qui molti di voi staranno arricciando i nasini pensando: no… io son stato felice con genitori e fratelli, la mia infanzia è stata un sogno… Beh, per me manco per nulla. Ma non la farò lunga, diciamo solo che ho speso tanti soldi in analisi.

 

Bianca ha bisogno di parlare e nell’afa che avvolge entrambe mi sta dicendo che ha parenti che non le riconoscono le fatiche e quanto ha fatto per loro. Ecco, questa storia della gratitudine, è una cosa che per alcuni è importante ma che io ho approfondito poco… forse perché alla fine tutto si bilancia, si prende, si dà, si va e si torna… è difficile davvero (a meno che non si sia uno Scrooge in stile Dickens) fare un bilancio del quanto si è dato e quanto preso. E poi cosa? Sentimenti? Averi? Aiuto? Non so districarmi… sento che Gianni mi ha dato più di quanto io abbia dato a lui e senza aspettare nulla in cambio ma non gliel’ho mai detto.

 

“… Bianca… conosci già il gioco: tuo padre vuole ritirarti giù… non tollera tu ne sia fuori, che tu abbia rapporti amorevoli… non cadere nel tranello, tu sei un’altra cosa, ti sei salvata”

Mentre lei mi dà la buonanotte mi rendo conto che quelle parole le dicevo a me. Ma, l’ho detto prima, io e lei siamo sopravvissute. I sopravvissuti hanno codici comuni, come un prontuario che mettono subito in campo quando uno della catena fa scattare un allarme, una specie di cordone sanitario: da qui non si passa, non si passa più.

 

 

17 Giugno ore 23:56

Luca scrive via sms, testualmente: “AAA Rinomata ferramenta è in offerta per chiavi e altri oggetti al dettaglio. Approfittatene”. Credeteci, ha scritto così. La prima volta che abbiamo fatto l’amore mi confessò di non essere romantico ma così mi pare eccessivo.

 

18 Giugno

Forse Maria ha ragione. Devo provare a vendere la casa. Che questa casa poi, dopo tanta ricerca, l’ho trovata per caso, per caos. Credo mi hanno convinta i simboli oltre al fatto che è tra le foglie. Si, intendo all’ultimo piano di una palazzina in un parco. Si trova dietro piazza Gagarin- saranno voli senza confini pensai: la fermata del bus, OCA. Un animale tanto stupido da sembrare furbo. E poi strada della Grazia, un’ispirazione, non ci arriva nessuno, come ci fosse uno stop subito prima: da qui fino allo stato di grazia strada interrotta; dove poi sia l’interruzione, è tutto lì, ci puoi stare pochi metri prima o tanto lontano da non immaginarla nemmeno.

Ora mi sembra solo un trilocale tra i tanti, in una città tra le tante, in una odiosa estate torrida, un buco, romantico solo per l’immobiliarista che me l’ha venduta a un sovrapprezzo. Romantiche scale su 4 piani senza ascensore.

Al piano terra vive una donna sola, sui 60 anni credo, ma non la vedo da tanto, ne avrà di più ora, non esce mai, la sua auto resta parcheggiata e ferma nello stesso posto da anni. Quando passo davanti alla sua porta rallento il passo, per non fare rumore, mi rendo conto che è un modo per solidarizzare con un’anima isolata e per esorcizzare la paura di finire come lei. Non fin lì spero. E poi non ho l’auto, non può succedermi nello stesso identico modo.

 

 

Continua…

Seconda Puntata

Terza Puntata

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20 comments

  1. Franz 23 giugno, 2015 at 18:21

    Tralascio i giudizi estetici, che poco si discostano da quelli giá espressi dai miei esimi colleghi, per elevare grandi lodi alle prime righe: finalmente qualcuno che non ha paura di dire che l’estate fa schifo. Anch’io, quando spiego ai miei teutonici amici che fra le cause della mia emigrazione dalla Sardegna sono da annoverare senza dubbio le terribili estati, vedo nei loro sguardi incredulitá e riprovazione. Nessuno di loro ha la minima idea di cosa volesse dire per un ragazzo trascorrere, negli anni ’60 e ’70, Luglio e Agosto in un paesino dell’entroterra, con temperature costantemente intorno ai 40 gradi e avendo come unica attivitá sociale le partite di scopa o briscola, con le notti tormentate dall’afa e da nugoli di zanzare da piaga egizia. L’autunno: era il suo arrivo a ridare un senso alla mia vita.

    • Kokab 23 giugno, 2015 at 23:08

      caro franz, posso prendere una sberla in silenzio, ma come puoi facilmente immaginare porgere l’altra guancia mi riesce difficile, e visto che in fondo sei andato off topic, ti seguo su questa china, scusandomi con l’amica elisa benni se farò considerazioni che c’entrano poco col suo racconto, per il resto assolutamente pregevole.
      l’estate può fare schifo solo a quelli che vivono lontano dal mare, luoghi in cui gli uomini non dovrebbero neppure stare, proprio perché il caldo vi diventa opprimente e determina situazioni di infelicità diffusa, che molti film e libri gialli, e anche questo racconto, hanno evidenziato in modo più dettagliato di qualunque studio sociologico o scientifico; in mare può essere freddo anche d’estate, provare a navigare per credere, e in ogni caso la brezza termica che spira nelle ore più calde del giorno rende la temperatura ben più sopportabile di quella dell’entroterra, spesso addirittura piacevole; inoltre il mare non è quell’inferno dantesco adibito alla produzione seriale di improbabili abbronzature che troppo maliziosamente ci descrive elisa (questo è vero solo nelle due settimane centrali di agosto, e nei week end di giugno e luglio), ma è un posto dove ci sta poca gente mediamente abbastanza rilassata e discreta, nel quale è possibile oziare leggendo un buon libro e sorseggiando un aperitivo o un vino fresco.
      la luce e i colori possono essere spettacolari, come i rumori e il silenzio, e gli esseri umani insignificanti, come nella maggior parte dei casi è meglio che sia, lasciando le atrocità alla brivido caldo ad esclusivo appannaggio delle estati di terra: non mi sembra una piccola differenza, e se invece che in un paesino dell’entroterra tu fossi vissuto in mezzo al maestrale delle bocche di bonifacio avesti visto l’estate da una prospettiva diversa.

      • Berto Al 24 giugno, 2015 at 09:55

        Da sempre le condizioni atmosferiche avverse (siano esse impersonate dal caldo opprimente che dal freddo invernale intenso – che, peraltro preferisco di gran lunga al primo) mi inducono, in qualche modo, una sensazione di profondo intimismo di stampo ottocentesco; ti rinchiudi in te, nei tuoi pensieri approfittando dell’inclemenza della natura per farti scudo verso l’esterno. Sono sensazioni, anch’esse, da vivere, interamente. La vita è breve e non ne va sprecata neppure una stilla.

  2. Franz 23 giugno, 2015 at 18:21

    Tralascio i giudizi estetici, che poco si discostano da quelli giá espressi dai miei esimi colleghi, per elevare grandi lodi alle prime righe: finalmente qualcuno che non ha paura di dire che l’estate fa schifo. Anch’io, quando spiego ai miei teutonici amici che fra le cause della mia emigrazione dalla Sardegna sono da annoverare senza dubbio le terribili estati, vedo nei loro sguardi incredulitá e riprovazione. Nessuno di loro ha la minima idea di cosa volesse dire per un ragazzo trascorrere, negli anni ’60 e ’70, Luglio e Agosto in un paesino dell’entroterra, con temperature costantemente intorno ai 40 gradi e avendo come unica attivitá sociale le partite di scopa o briscola, con le notti tormentate dall’afa e da nugoli di zanzare da piaga egizia. L’autunno: era il suo arrivo a ridare un senso alla mia vita.

    • Kokab 23 giugno, 2015 at 23:08

      caro franz, posso prendere una sberla in silenzio, ma come puoi facilmente immaginare porgere l’altra guancia mi riesce difficile, e visto che in fondo sei andato off topic, ti seguo su questa china, scusandomi con l’amica elisa benni se farò considerazioni che c’entrano poco col suo racconto, per il resto assolutamente pregevole.
      l’estate può fare schifo solo a quelli che vivono lontano dal mare, luoghi in cui gli uomini non dovrebbero neppure stare, proprio perché il caldo vi diventa opprimente e determina situazioni di infelicità diffusa, che molti film e libri gialli, e anche questo racconto, hanno evidenziato in modo più dettagliato di qualunque studio sociologico o scientifico; in mare può essere freddo anche d’estate, provare a navigare per credere, e in ogni caso la brezza termica che spira nelle ore più calde del giorno rende la temperatura ben più sopportabile di quella dell’entroterra, spesso addirittura piacevole; inoltre il mare non è quell’inferno dantesco adibito alla produzione seriale di improbabili abbronzature che troppo maliziosamente ci descrive elisa (questo è vero solo nelle due settimane centrali di agosto, e nei week end di giugno e luglio), ma è un posto dove ci sta poca gente mediamente abbastanza rilassata e discreta, nel quale è possibile oziare leggendo un buon libro e sorseggiando un aperitivo o un vino fresco.
      la luce e i colori possono essere spettacolari, come i rumori e il silenzio, e gli esseri umani insignificanti, come nella maggior parte dei casi è meglio che sia, lasciando le atrocità alla brivido caldo ad esclusivo appannaggio delle estati di terra: non mi sembra una piccola differenza, e se invece che in un paesino dell’entroterra tu fossi vissuto in mezzo al maestrale delle bocche di bonifacio avesti visto l’estate da una prospettiva diversa.

      • Berto Al 24 giugno, 2015 at 09:55

        Da sempre le condizioni atmosferiche avverse (siano esse impersonate dal caldo opprimente che dal freddo invernale intenso – che, peraltro preferisco di gran lunga al primo) mi inducono, in qualche modo, una sensazione di profondo intimismo di stampo ottocentesco; ti rinchiudi in te, nei tuoi pensieri approfittando dell’inclemenza della natura per farti scudo verso l’esterno. Sono sensazioni, anch’esse, da vivere, interamente. La vita è breve e non ne va sprecata neppure una stilla.

  3. Berto Al 23 giugno, 2015 at 10:28

    Umanità in pillole, tratteggiata, sfumata, talvolta con qualche macchia di colore intenso e, comunque, gradevole perchè verosimile (se non anche vera); non ho capito cosa c’entri Gagarin ma immagino che, prima della fine, ce lo farai sapere.

  4. Berto Al 23 giugno, 2015 at 10:28

    Umanità in pillole, tratteggiata, sfumata, talvolta con qualche macchia di colore intenso e, comunque, gradevole perchè verosimile (se non anche vera); non ho capito cosa c’entri Gagarin ma immagino che, prima della fine, ce lo farai sapere.

  5. Tigra 23 giugno, 2015 at 09:09

    Stile asciutto con reminescenze hard boiled, personaggi delineati con pochi tratti di penna, atmosfera che prevale sulla narrazione degli eventi, e una lettura decisamente piacevole che ti lascia la curiosità della puntata successiva; vediamo come si mescoleranno i personaggi.

  6. Tigra 23 giugno, 2015 at 09:09

    Stile asciutto con reminescenze hard boiled, personaggi delineati con pochi tratti di penna, atmosfera che prevale sulla narrazione degli eventi, e una lettura decisamente piacevole che ti lascia la curiosità della puntata successiva; vediamo come si mescoleranno i personaggi.

  7. M.Ludi 22 giugno, 2015 at 21:21

    Se il buon giorno si vede dal mattino…….
    Sabato ho letto l’ultimo libro di Umberto Eco; ho iniziato alle 9 la mattina ed all’ora di pranzo avevo finito: sono fatto così. Mi snerverà un pò seguirti fino a chissà quando intervallando pochi momenti di coinvolgimento a, forse, giorni di silenzio ma il gioco lo conduci tu e non mi resta che subire le tue angherie; l’estate sarà lunga……

      • M.Ludi 22 luglio, 2015 at 10:37

        Mi è piaciuto moltissimo, come buona parte dei suoi libri; non come “Il Pendolo di Focault” o “il Nome della Rosa”. Sicuramente più di “Baudolino” e de “Il Cimitero di Praga”. Su “L’Isola del giorno Prima” ho sentimenti contrastanti: a fronte della solita genialità della trama, la trattazione è talvolta stancante.

  8. M.Ludi 22 giugno, 2015 at 21:21

    Se il buon giorno si vede dal mattino…….
    Sabato ho letto l’ultimo libro di Umberto Eco; ho iniziato alle 9 la mattina ed all’ora di pranzo avevo finito: sono fatto così. Mi snerverà un pò seguirti fino a chissà quando intervallando pochi momenti di coinvolgimento a, forse, giorni di silenzio ma il gioco lo conduci tu e non mi resta che subire le tue angherie; l’estate sarà lunga……

      • M.Ludi 22 luglio, 2015 at 10:37

        Mi è piaciuto moltissimo, come buona parte dei suoi libri; non come “Il Pendolo di Focault” o “il Nome della Rosa”. Sicuramente più di “Baudolino” e de “Il Cimitero di Praga”. Su “L’Isola del giorno Prima” ho sentimenti contrastanti: a fronte della solita genialità della trama, la trattazione è talvolta stancante.

  9. Gennaro Olivieri 22 giugno, 2015 at 21:10

    Il buono dell’estate è che c’è la novella dell’estate. E questo di Elisa si presenta come il perfetto racconto d’estate: la prima lettura va giù tutta in un fiato, come una bibita ghiacciata nel pomeriggio afoso, e poi torni a rileggere a brevi sorsi, per apprezzare meglio le profondità che non hai colto a primo sguardo. E la scrittura di Elisa, così controllata e rarefatta, in realtà nasconde a ogni passo suggestioni, trabocchetti, botole, aperture improvvise su un passato che non è ancora passato. Il racconto è godibilissimo e lascia il lettore nella piacevole attesa delle puntate successive. E’ piacevole anche l’irruzione di qualche elemento surreale, come la fermata dell’autobus che forse vuole mandare un messaggio che va al di là della toponomastica, o l’amante che invece si disumanizza in un sms di ferraglia. Mi pare che Elisa abbia colto tutta la nostra attenzione; ora attendiamo con ansia gli sviluppi della difficile estate della sua (ormai anche nostra) eroina urbana.

  10. Gennaro Olivieri 22 giugno, 2015 at 21:10

    Il buono dell’estate è che c’è la novella dell’estate. E questo di Elisa si presenta come il perfetto racconto d’estate: la prima lettura va giù tutta in un fiato, come una bibita ghiacciata nel pomeriggio afoso, e poi torni a rileggere a brevi sorsi, per apprezzare meglio le profondità che non hai colto a primo sguardo. E la scrittura di Elisa, così controllata e rarefatta, in realtà nasconde a ogni passo suggestioni, trabocchetti, botole, aperture improvvise su un passato che non è ancora passato. Il racconto è godibilissimo e lascia il lettore nella piacevole attesa delle puntate successive. E’ piacevole anche l’irruzione di qualche elemento surreale, come la fermata dell’autobus che forse vuole mandare un messaggio che va al di là della toponomastica, o l’amante che invece si disumanizza in un sms di ferraglia. Mi pare che Elisa abbia colto tutta la nostra attenzione; ora attendiamo con ansia gli sviluppi della difficile estate della sua (ormai anche nostra) eroina urbana.

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