le storie

Nostalgie di Torviscosa

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Il sindaco del piccolo comune di Torviscosa (Udine), Roberto Fasan, alla guida di una lista civica vicina al centrosinistra, in questi giorni suscita scalpore con la proposta di riattribuire a vie e piazze della cittadina i nomi originari. Si tratta di nomi un po’ scomodi: essendo Torviscosa una delle città di fondazione create ex novo dal regime fascista, i toponimi ricalcavano gusto e ideologia del tempo: Piazza Impero, Viale Giovinezza, via delle Legioni, un immancabile Viale Mussolini. Tutti nomi che, per ovvie ragioni, vennero sostituiti nel dopoguerra da altri, meno marziali e legati alla dittatura.

Secondo il sindaco Fasan, non si tratta di una iniziativa nostalgica, ma del recupero storico e della valorizzazione (con una speranza di ricaduta positiva sul turismo) della peculiarità di Torviscosa, città fascista e città industriale per nascita. Diversamente da altre iniziative che sembrano avere intenzioni assai discutibili, come quella della trasformazione dell’ex casa del Fascio di Predappio in un museo del Fascismo (con oneri notevoli per le finanze pubbliche), il caso di Torviscosa ci sembra più meritevole di essere considerato con attenzione.

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Torviscosa è un piccolo centro della bassa pianura friulana, a pochi chilometri dal Mare Adriatico. La sua fama è dovuta all’essere contemporaneamente una “città di fondazione” fascista e una città nata a scopi industriali. Ugualmente alle città sue coeve e consorelle dell’Agro Pontino, Torviscosa sorge su un’area già paludosa e malarica che viene bonificata negli anni ’20 e ’30 del secolo scorso. Ma a differenza delle nuove città laziali, Torviscosa viene fondata con il preciso scopo di essere un centro industriale di primaria importanza. Le campagne circostanti erano, e sono tuttore, abbondantissime (si può ben dire che sono infestate) di una particolare specie di canna, l’arundo donax, o canna gentile. Forse è il caso di citare, per una volta non a sproposito, il genio italico che pensò di trasformare l’umile pianta in base organica per le fibre artificiali: un campo della chimica in cui l’Italia fu per decenni all’avanguardia nel mondo. Nel 1937 il governo Mussolini decide di costruire un grande stabilimento chimico per la trasformazione delle fibre della canna in cellulosa e in fibra tessile: la viscosa. L’intera lavorazione viene assegnata alla società SNIA, che assume il nome di SNIA Viscosa, e la stessa cittadina prenderà il nome dalla fibra artificiale.

 

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                       Lo stabilimento della cellulosa

 

Torviscosa viene costruita in circa un anno, tra il 1937 e il 1938, su progetto dell’archietetto Giuseppe De Min. L’imponente complesso industriale domina col suo profilo il centro abitato, e non lascia dubbi sulla funzione della città. Sia lo stabilimento della viscosa che gli edifici pubblici hanno facciate in mattoni rossi a vista, e sono disegnati secondo i canoni dell’architettura razionalista. Particolarmente impressionanti sono le due torri per la produzione di bisolfito di calcio, alte 54 metri, dall’aspetto ancor oggi riconoscibile di fasci littorii. Le “lame” delle scuri littorie vennero abbattute dagli operai della SNIA alla caduta del fascismo, alla fine del luglio 1943.

 

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La struttura del paese è rimasta pressochè immutata dai tempi della fondazione. Il centro della vita pubblica era la Piazza dell’Impero (oggi Piazza del Popolo), il cui disegno ricorda immediatamente le città metafisiche di De Chirico: l’edificio più importante della piazza è il palazzo del Comune, che segue fedelmente i canoni dell’architettura razionalista.

 

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Gli altri edifici pubblici (il Teatro, il Dopolavoro, l’asilo infantile, ecc.), seguono gli stessi canoni architettonici.
Due gruppi di casette a schiera costituiscono il villaggio operaio, che verrà ampliato fino agli anni ’60. La città, comunque, non raggiunse mai i 20.000 abitanti che erano previsti come massima espansione.

 

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Cosa resta oggi di Torviscosa? Resta il nucleo abitativo pressochè originale e intatto. Il complesso industriale è invece in grandissima parte dismesso. Restano in funzione pochissime aree, utilizzate per produzioni chimiche di base dalla Caffaro SNIA, che però si trova in pessime acque ed è in amministrazione straordinaria. Alcuni rami della Caffaro sono stati acquistati dalla tedesca Uhdenora (gruppo Thyssen), che a Torviscosa farà partire a breve la (pericolosa) produzione di cloro soda. Altri stabilimenti del complesso sono occupati dalla SPIN Bracco per la produzione di sostanze di contrasto per radiografie.

Complessivamente, a Torviscosa sono attualmente impiegati circa 300 addetti, rispetto ai 5000 del periodo di massima produttività, negli anni ’60.
In questo triste panorama di regressione industriale, resta come fiore all’occhiello di Torviscosa, e merita certamente di essere valorizzato, il CID Snia-Bracco, Centro di Informazione e Documentazione che conserva un’ imponente mole di documenti fotografici e soprattutto una serie di favolosi plastici di stabilimenti SNIA realizzati sempre negli anni’60.
In conclusione, si può ammettere che il recupero e la salvaguardia di un simile patrimonio di memoria di lavoro, d’ingegno, di storia e di architettura, probabilmente valgono anche la pena di una strizzatina d’occhio a certe nostalgie.

 

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                     La palazzina uffici della SNIA Viscosa,
                   oggi Centro di Informazione e Documentazione
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3 comments

  1. Jair 26 febbraio, 2016 at 06:34

    Io interpreto la proposta del sindaco di Torviscosa solo come un grido di allarme contro il pericolo di sparire nel nulla, come è toccato a quasi tutte le grandi realtà industriali d’Italia. Inutile farne un elenco: tutte quelle strutture, quei quartieri operai, tutto quel passato, faticoso ma glorioso, hanno lasciato posto ai soliti centri per il commercio di fuffa, ovunque uguali a sè stessi. Ben diversa è la situazione di Predappio, in cui l’amministrazione comunale pretende di fare un museo del fascismo (perchè tale sarebbe, comunque lo si voglia chiamare), a spese della collettività (5 milioni, tra fondi di Regione, Stato e UE!) per fare da ulteriore richiamo a quella fauna di idioti che va nel paese del duce a comprare quegli assurdi gadget del regime che fu. Almeno, la proposta del sindaco di Torviscosa è a costo zero.

  2. Tigra 25 febbraio, 2016 at 22:30

    Non conoscevo questa storia, e devo dire che la trovo curiosa e originale.
    Mette assieme la costruzione di una città, fatto da lungo tempo certamente inconsueto, una vicenda tecnica e industriale, alla fine conclusa malamente per problemi estranei al contesto locale, e un problema di salvaguardia di un patrimonio he a me pare essenzialmente urbanistico, macchiato da un peccato originale che giustamente non si cancella.
    Non è semplice, forse non ci sono soluzioni, ma mi sembra giusto provarci; che poi il metodo scelto dal sindaco serva a qualcosa di diverso dall’attirare l’attenzione sul problema è una cosa che fatico a credere.

  3. Remo Inzetta 25 febbraio, 2016 at 14:56

    Difficile capire se la proposta del sindaco può essere veramente utile; certo non farà ripartire la vocezione industriale ormai scomparsa, non consentirà un più facile recupero delle strutture urbanistiche ed architettoniche che si stanno usurando, e neppure, immagino diventerà un’attrattiva turistica per quello che sembra essere un museo per storici e specialisti.
    Se l’effetto fosse quello, il recupero del patrimonio storico e culturale, nulla da dire, ho qualche dubbio sul fatto che sia veramente possibile con questa soluzione.
    Forse mi sfugge qualcosa…

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