Ho letto che il cartone russo Masha e Orso potrebbe chiudere i battenti. Non essere più prodotto. Nessuna nuova puntata. Ho finto fosse una notizia inutile. Ma poi l’ho riletta. Conoscete la storia di Masha nella foresta con Orso? Beh a me è capitato di vederlo, avendo nipotini e amici con bimbi. No, la verità è che a volte lo guardo da sola, si, in replica quando ho bisogno di trasformazione. Masha, per chi non lo sapesse, è una peste dei boschi. Apparentemente senza famiglia, non si comprende da dove venga e con chi viva. Divertente, petulante, prepotente, coinvolgente risulta irresistibile quando costringe il povero plantigrado a seguirla nelle sue disavventure. Un Orso solitario e burbero ma che, senza Masha condurrebbe una vita noiosissima.

Né si comprende quanti anni abbia esattamente la piccola peste russa. Ma è questo che la rende affascinante. Non si sa da dove venga e di chi sia figlia, ma sappiamo chi è da cosa fa. Sicura, infingarda, furba, capace di prendere tutto con il sorriso e la spavalderia, mai spaventata in un luogo di insidie e pericoli. Masha è quello che ogni bimba dovrebbe essere. Padrona di sé al di là degli atti, dei guai, dei saputi e non, delle provenienze. Lei non ha nemmeno un capello della saltellante Heidi o un’unghia della melensa Candy Candy.

Masha è ciò che noi, bimbe negli anni ’70, raramente siamo state. Figlie delle contestatrici che non avevano ben chiaro poi, lontano dalle piazze e privatamente, per cosa avessero contestato. E che dimenticavano il sogno dell’autonomia e della libertà della mente sulle vecchie e polverose strade battute della maternità comunque e di un lavoro part-time comunque. Noi, figlie di quelle fragili idee, urlate ma per nulla agite, di una idea di femminilità nuova ma per nulla chiara. Che credeva che la parità stesse nell’uscire con le amiche lasciando il lui a casa a passare lo straccio.

Noi abbiamo dovuto re-impararlo del tutto quel concetto, una ad una, ognuna con la sua storia e fatica, fuori da quei modelli. La mia generazione più di tutte ha sfidato il femminismo di facciata, in silenzio e senza proclami. Scegliendo. Di andare via, di lavorare all’estero, di non sposarsi a tutti i costi, di separarsi per se stesse e non solo per i figli, di amare meno e meglio, di scegliere anche di stare solo tra donne ma senza etichette. Certo non tutte ma molte hanno accettato e vinto la sfida.
Giorni fa ho chiesto a mia madre, che ora ha 75 anni, cosa ricordasse del tempo in cui ero bimba e nella nostra casa in una città di provincia alla sera si riunivano le donne della Unione Donne Italiane: “eravamo delle oche” mi dice. Io non credo lo fossero ma credo nello spirito di Masha.

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24 comments

  1. Scan 11 settembre, 2015 at 21:58

    “Sicura, infingarda, furba, capace di prendere tutto con il sorriso e la spavalderia, mai spaventata in un luogo di insidie e pericoli. Masha è quello che ogni bimba dovrebbe essere. Padrona di sé al di là degli atti, dei guai, dei saputi e non, delle provenienze.”
    sicura che vorresti avere una figlia che risponda a questi requisiti? falsa, irresponsabile, strafottente? io che, per la mia età, ho vissuto il ’68 attivamente, posso dire che eravamo, uomini e donne, carichi di una forza contestataria e ribelle forse (anzi, senz’altro) slegata dalla realtà, ma non per nostra incapacità (da oche), ma per l’illusorio convincimento che un movimento così pervasivo e sentito e allargato a tutto l’occidente, potesse aver ragione di uno status quo oppressivo, perbenista, guerrafondaio (pensiamo al vietnam, in quegli anni) solo con la forza delle idee. purtroppo in quegli anni, parallelamente, compariva la contestazione violenta nelle università (katanga ti dice qualcosa?) e il terrorismo armato delle br e degli altri gruppi. ormai, nella narrazione odierna, si tende a mescolare tutte queste manifestazioni del pensiero e dell’azione come un tutto unico: velleitarismo violento. ma non è così, l’eredità di quegli anni si è potuta leggere come uno squarcio di liberazione in tanti ambiti. ti faccio un esempio che forse ti sembrerà banale: nel 1966 sono stato rimandato a casa, dal liceo scientifico in cui frequentavo la quarta classe, perché, a fine giugno, non avevo giacca e cravatta; nello stesso liceo le ragazze erano obbligate a indossare il grembiule nero sopra gli abiti (genova, non nuova delhi). è seguita una “restaurazione” a quegli anni che non ha impedito che fossero promulgate le leggi, forse, più rivoluzionarie del dopoguerra: legge basaglia sulla chiusura dei manicomi, legge sul divorzio e sull’aborto. le ultime due almeno, permettimi di dire, non sono state facilitate da starnazzar di oche.

    • Elisa Benni 12 settembre, 2015 at 09:34

      gentile scan
      ribadisco che non mi proponevo di entrare nei fatti e argomentazioni storiche di quegli anni. Altri lo hanno fatto e lo fanno anche qui nei commenti molto meglio di me. Quindi rispondo alla unica cosa che mi pare inesatta, sulla mia eroina. Masha non è falsa, irresponsabile e strafottente. E’ libera, forte e disarmante nella sua leggerezza. E coinvolgente, generosa anche coi poveri vecchi lupi che vagano nel bosco in cerca di prede. Ma lei non perde mai di vista il suo obiettivo, il gioco. Eh si, amerei una bimba come lei. Ma il mio tema riguardava quanto di Masha ogni donna può riconoscere dentro sè piuttosto che una vera e propria Masha in carne e ossa.
      Ma non ho dubbi che quegli anni hanno aperto squarci di liberazione impensabili ma mi interessa, qui, il lato intimo e privato

  2. Genesis 11 settembre, 2015 at 16:30

    E’ bello come da un cartone animato si possa giungere a riflessioni filosofiche di una storia che ancora si sta scrivendo. Ringrazio Elisa per lo spunto…
    E’ vero, spesso le recriminazioni delle persone vengono fatte ad alta voce, forse urlando, trovando (non sempre) un accordo per poter proseguire…ma questi accordi troppo spesso durano poco…vado immediatamente alla chiusa del pregevole articolo…
    La risposta saggia della madre di Elisa mi ha dato conforto: “Eravamo delle oche”…ma cosa potrebbe significare? Cerco di dare alcuni significati a questa affermazione: se la scrittrice potesse chiedere alla madre quale di questi si avvina almeno un po’ al significato che lei ha dato a quella affermazione, e ce ne rendesse conto, mi farebbe molto piacere…sarebbero forse altri spunti!
    – essere delle “oche”, almeno per quanto ne so dai detti dei miei genitori e dei miei nonni, significa fare un qualcosa solo perchè gli altri lo fanno…cioè trovarsi, nella fattispecie, a reclamare un sacrosanto diritto di Dignità (parità), solo perchè gli altri lo reclamano;
    – essere delle “oche” significa anche starnazzare…cioè fare “casino”, rompere la pace artefatta dall’uomo, cercando di entrare a forza nel suo mondo;
    – essere delle “oche”, significa anche, in un certo qual modo, non credere in ciò che si sta facendo…cosa che però (spero) dubito;
    – essere delle “oche”, visto dal punto di vista dell’uomo, significa avere di fronte delle femmine più facili da accalappiare…delle (mi si perdoni il termine) stupidotte con le quali si può giocare…ma, anche questo, non credo sia Quel significato.
    ————————–
    Nel mio piccolo sono uno di quegli uomini che rimane a casa a passare lo straccio, ma faccio fatica a dire “Cara, ti do una mano!”, perchè credo che non vi sia (in casa) un manuale che indichi le mansioni del maschio e quelle della femmina, ma che la casa sia effettivamente l’unione della famiglia, quindi faccio ciò che serve fare in quel momento…che sia lo straccio, preparare il cibo, pulire il bagno, rifare i letti, accudire i figli o governare la gatta, ecc., non importa…ma non sono ancora sicuro che questo sia “parità”…ci sto lavorando da vent’anni…

  3. M.Ludi 11 settembre, 2015 at 11:42

    Talvolta accade che la quantità di riflessioni indotte da un articolo, un blog, un saggio, è inversamente proporzionale alla lunghezza dello stesso; tu hai fatto un breve scritto che apre una quantità di questioni; vedrò di affrontarne una alla quale mi sento particolarmente sensibile.
    Tutte le società traggono dal ricambio generazionale la loro linfa vitale e, da sempre, la prerogativa tutta femminile di partorire figli, ha rappresentato la forza, ma anche la debolezza delle donne che subiscono il ricatto morale, in questa vitale funzione, di dover accudire ed essere responsabili della prole, più di quanto venga normalmente chiesto ad un uomo.
    E’ ovvio che non dovrebbe essere così, ma la responsabilità personale di un genitore (uomo o donna che sia) non dovrebbe essere riassunta in obblighi di tipo economico (spesso, peraltro disattesi dagli uomini), ma di tipo morale ed affettivo.
    C’è in più una questione di cui si parla molto poco e che solo in alcuni paesi è stata affrontata in modo adeguato: i paesi scandinavi. In quelle società, il ruolo essenziale delle nascite è compreso al punto tale che si è teso ad eliminare tutti gli ostacoli alla procreazione, sia pur in società ove la fedeltà al matrimonio come istituzione è assai bassa e le separazioni e divorzi, molto numerose.
    Anche in quei casi i figli sanno di poter contare su strutture che accompagnano loro ed i loro genitori in un percorso nel quale, anche se il sodalizio familiare si è sciolto, essi trovano i supporti necessari ad una crescita armoniosa che rende loro liberi da orpelli pricologici retaggio di dolorose separazioni e, specialmente le donne libere di accettare una maternità consapevoli che, se il rapporto con il padre dei loro bambini dovesse concludersi, altre prospettive di vita si apriranno.
    La maternità non è un problema che deve riguardare solo la donna che lo affronta ma la Società tutta, e lo Stato in primis dovrebbe farsi carico di questo momento magico nel quale una vita si crea.
    Quando ci fu il referendum sull’aborto votai convintamente a favore ma speravo che lo Stato facesse tutto il possibile per aiutare le donne in una simile situazione a non arrivare a quell’estrema conseguenza; continuo ad essere convinto che, in ultima ratio, è meglio un aborto che una maternità vissuta contro volontà, ma continuo anche a sperare che, realmente, questo problema diventi, se non il più importante, sicuramente uno dei principali di cui lo Stato si deve fare carico, perchè senza figli non abbiamo futuro

    • Elisa Benni 11 settembre, 2015 at 12:02

      Rispondo solo al “tema aborto” perché ha a che fare con l’evoluzione del vissuto privato delle donne di cui parlavo. So che è un concetto che a molti non fa piacere ma non sempre abortire é una extrema ratio. Spesso é una libera scelta legata a una infinità di fattori, tra questi il non voler essere madre. E spesso non comporta quella enorme sofferenza cui fa comodo pensare in un paese dal retaggio cattolico come il nostro. E’ un fatto della vita che può capitare a una donna. Tutto qui

      • M.Ludi 11 settembre, 2015 at 12:14

        I fattori che possono portare a decidere di abortire sono indubbiamente molteplici; nonostante ciò ricordo che esistono numerosi studi fatti in Paesi nei quali la questione religiosa non ha alcuna influenza (o quantomeno è merginale), che dimostrano come, se lo Stato coadiuva adeguatamente la donna nella decisione se partorire o meno, il ricorso all’aborto diviene estremamente ridotto. Senza nulla voler togliere alla libertà di decisione di chi è coinvolta in questa scelta, era su questo aspetto che concentravo la mia attenzione.

      • Scan 12 settembre, 2015 at 00:00

        il fatto che una donna, ora e in questa italia, possa vivere l’esperienza dell’aborto come una scelta (mai leggera, perché, in ogni caso, comporta un’aggressione al suo corpo, medicalmente parlando) anziché un’extrema ratio di sofferenza, penso possa derivare anche dal movimento di idee cui la tua mamma avrà partecipato. chiedile di che parlavano le oche, ai suoi tempi

  4. Blue 10 settembre, 2015 at 23:42

    Uno scritto che immagino risenta di esperienze personali vissute attraverso i racconti dei propri familiari. Esse vengono però elevate a strumento di valutazione arrivando a conclusioni che mi permetto di definire affrettate.
    Non si analizza il contesto storico, non si argomenta e non si motivano i giudizi espressi. Eppure sull’argomento molto si è scritto…
    Si liquidano l’impegno e le storiche battaglie del movimento femminista di quegli anni con giudizi di valore che mi lasciano davvero senza parole: “…contestatrici che non avevano ben chiaro poi, lontano dalle piazze e privatamente, per cosa avessero contestato…”. E ancora: “…fragili idee, urlate ma per nulla agite, di una idea di femminilità nuova ma per nulla chiara. Che credeva che la parità stesse nell’uscire con le amiche lasciando il lui a casa a passare lo straccio.”.
    Dimenticando quanto doloroso (e vittorioso) sia stato il cammino degli “angeli del ciclostile” da una parte contro i “compagni in fabbrica, padroni in casa” e dall’altra, anche e soprattutto, contro l’intera struttura della società e contro il partito che maggiormente avrebbe dovuto battersi per quei diritti rivendicati e fondanti in una società civile. Un cammino che spinse faticosamente la politica verso il loro riconoscimento proprio in quegli anni così inesorabilmente archiviati dalle Masha mancate.
    Divorzio, aborto, nuovo diritto di famiglia sono solo alcuni dei temi che vennero affrontati e risolti con leggi adeguate proprio nel periodo degli anni ’70, leggi di cui le tante “inattuate Masha” di allora, ora adulte, possono usufruire. Per non dire del “ribaltamento globale” dei ruoli all’interno della famiglia, del mondo lavorativo e della società che si attuo’ proprio in quel periodo e che solo a causa del disimpegno politico delle generazioni successive – così decisamente protese all’edonismo degli anni ’80 e ’90 – consenti una sorta di controriforma e l’affermazione dei modelli femminili delle televisioni berlusconiane.
    Come si può quindi accettare la rivendicazione della propria presunta superiorità morale ed intellettuale nel momento in cui si afferma che – diversamente dalle proprie madri contestatrici – si è scelto “di non sposarsi a tutti i costi, di separarsi per se stesse e non solo per i figli, di amare meno e meglio…”?
    L’universo femminile (ma anche quello maschile…) per fortuna, è vario e difficilmente soggetto a giudizi categorici.

    • Elisa Benni 11 settembre, 2015 at 09:33

      Grazie del commento. Io scrivo: “..lontano dalle piazze e privatamente..”
      Nulla a che vedere con un’analisi socio-storica dei successi delle lotte femministe (o progressiste di tutti tout court). Che non mi interessa e che lascio agli esperti di copia e incolla dai numerosi scritti. Le mie sono suggestioni rivolte al vissuto interno di quelle donne e delle figlie di quelle. Secondo, ovvio, la mia personale visione. Non mi pare infatti strano che chi invece commenta sotto, Luistella, da donna, abbia perfettamente colto il taglio

      • Blue 11 settembre, 2015 at 15:07

        Vedi Elisa, quando si propone un argomento si deve essere disposti ad accettare anche le altre visioni, oltre alle proprie suggestioni. E l’interesse per un thread che si sviluppa su un argomento conta proprio su questo. Strano quindi che a te non interessino altri tipi di analisi (non sempre frutto di “copia/incolla”…) che, direttamente o no, possono scaturire dai tuoi scritti. Siamo qui per approfondire. Non per applaudire.

      • Fralive 11 settembre, 2015 at 23:57

        Concordo con Blue.
        A quanto pare (e non mi riferisco solo a questo tuo intervento, ma allo stile di tutti i tuoi interventi su questo blog) a te, cara Elisa, interessano molto più gli applausi (e di chi poi…) che le analisi e le riflessioni.
        D’altra parte lo confessi pure: a te non interessa scandagliare le questioni, analizzarle, magari citare qualche lettura sull’argomento… No, a te interessa sparare a raffica. D’altra parte la lettura richiede tempo, l’analisi richiede fatica (e logica, e visione di un punto di vista “altro”)… L’analisi richiede lentezza, capacità di mettersi in discussione, di raffrontarsi col “dubbio”… L’analisi richiede umiltà… E questo a te non piace.
        A te interessano solo le suggestioni… Bene, allora parliamo di ciò che ti interessa…
        Voglio seguirti… Quindi andiamo a ruota libera, come dici (e mostri) che ti piace fare e che tutti (anzi “tutte”) dovremmo fare… Cavalchiamo libere le nostre suggestioni: l’importante è divertirsi, no?
        E il maggiore divertimento consiste (a quanto pare) proprio nel trascinare qualche orsone annoiato in giro per la foresta (la foresta delle suggestioni…)
        Non importa quel che scriviamo… Non importa quel che leggiamo… l’importante è essere “furbe” abbastanza per “costringerlo” a seguirci dovunque ci piaccia, di volta in volta…
        Noi siamo donne libere, divertenti, infingarde, affascinanti… E loro (poveri orsoni) sono così annoiati…
        Che bello… Che sogno… Non si sa da dove venga questa “piccola Masha”, non si sa nemmeno dove vada…
        Apparentemente senza famiglia… a parte questo “papà orso” che la segue succube e affascinato in giro per tutto “l’universo foresta”…
        Che bello… Che sogno… Un papà succube e affascinato tutto per lei… Senza nemmeno una “mamma” o fratellini/sorelline a rompere le balle…
        Che sogno… Anche a 40 anni e passa ne sembri catalizzata (tanto che ogni tanto hai bisogno di riguardarti il cartone per “trasformarti”… In chi?… In cosa?…)
        Mha…

        • Bondi James Bondi 12 settembre, 2015 at 08:28

          Commento favoloso! Però confessi, cara Fralive: tra lei ed Elisa ci deve essere della ruggine già al di fuori di Modus , chè altrimenti non avrebbe senso il dispiegamento di questo arsenale dialettico volto alla distruzione totale della nemica.
          Non vogliamo indagare se siete rivali nell’ambito professionale o nel conquistare il cuore di qualche orsone. Ci basta assistere a quel potentissimo spettacolo della natura che è una lite tra donne: abbiamo già comprato i popcorn.

          • Fralive 12 settembre, 2015 at 08:52

            Tranquillo James, nessuna lite… e nemmeno alcuna competizione (d’altra parte per “cum-petere” è necessario ambire al livello sul quale si pone l’interlocutore)…
            Il mio è solo un interesse schietto per i meandri in cui si aggira l’animo umano, e la nostra Elisa (più o meno consapevolmente) offre spunti davvero interessanti…

        • Berto Al 12 settembre, 2015 at 10:41

          scusa, con quel “e di chi poi….” che lasci sospeso in aria come un macigno attaccato ad un capello, a chi ti riferisci? Sai, così, tanto per sapere, visto che non vuoi cum-petere con nessuno, se fra i presenti c’è qualcuno che possa ambire non dico alla tua simpatia, ma almeno ad un tuo blando, distaccato apprezzamento; a me Mascia non piace, ma non piace neppure la principessa sul pisello

          • Fralive 12 settembre, 2015 at 11:56

            Ciao Berto, nessun “macigno” (nè principesse e tantomeno piselli). Mi riferivo semplicemente a quanto notava (a mio parere giustamente) Blue, ovvero che lo spirito del blog sarebbe quello di “approfondire”, di scambiarsi idee (talvolta anche battute e scherzi), ma le idee e la discussione dovrebbero essere posti in primo piano. Non mi va di concepirlo solo come un palcoscenico per mettersi in mostra, magari nella speranza di ricevere applausi… Applausi che dovrebbero venire “da chi…”?
            Non vedo un “pubblico”, solo dei commentatori a confronto…

  5. Kokab 10 settembre, 2015 at 23:30

    mia cara elisa benni, forse non sai bene quello che stai dicendo, la più piccola delle mie figlie ha più o meno l’età di masha, guarda regolarmente i cartoni di masha, studia sui cartoni di masha e si comporta realmente come masha; se anche domani masha sparisse, per me sarebbe comunque troppo tardi.

    • Elisa Benni 11 settembre, 2015 at 09:35

      Gentile kobab ..il fatto che tu abbia una bimba che somiglia a Masha può solo allietarmi. E immagino allieti te. Comunque stamane pare la notizia sia smentita. Puoi comunicarle che Masha ritorna

  6. Luistella 10 settembre, 2015 at 22:58

    Probabilmente, negli anni settanta potevo essere la sorella maggiore, di Elisa,non certo la madre, ma nemmeno una coetanea. Posso dire che noi, le ragazze di quegli anni, quelle con cui studiavo e che frequentavo abitualmente, eravamo un pò Masha, senza l’orso, però. Abbiamo avuto questa possibilità. Il nostro impegno non era tanto quello di tutelare i diritti delle donne, era più allargato sul sociale in generale. Sui temi portati avanti negli anni della contestazione; ad es. per quanto, concerne le mie esperienze, ai prodromi della riforma di Basaglia, che sfociò con la legge 180, e a seguito dell’apertura degli ospedali psichiatrici, facevo parte di un’associazione che andava a verificare la situazione dei ricoverati, nei reparti e poi si relazionava. Questo è solo un esempio. Noi, le Masha di allora, avevamo le nostre madri che ebbero diritto al voto solo nel 1946. Donne che avevano avuto un enorme ruolo durante la guerra . Poi le ragzze del “giro” che frequentavo, hanno formato ,come me,un nucleo familiare, molto giovani. Prese dagli impegni della famiglia e dei figli, il nostro impegno rivolto al sociale diminuì. Ma grazie al fatto che tutte trovammo uno sbocco lavorativo, e alle esperienze di quegli anni, la mentalità e la predisposizione ad affrontare gli impegni della vita, rimasero quelle di allora. In un certo modo anche noi sfidammo “il femminismo di facciata”, magari senza accorgersi. Il matrimonio o la convivenza col compagno, si scioglieva solo quando c’erano dei motivi veramente gravi.Il dividersi i compiti nella coppia, veniva automaticamente, per la contingenza degli impegni di entrambi. Quello che arrivava a casa prima, si occupava della baracca. Fallimenti, rinunce,rimpianti, errori li abbiamo vissuti certamente , ma ciò dipese dalle situazioni della vita. Il modo di porsi nella società è rimasto, a pare mio, simile a quello della piccola Masha , di cui parla Elisa. Tempo fa, una ragazza che aveva avuto modo di conoscermi per motivi di lavoro, mi disse, quasi temendo di offendermi, che le ricordavo una che poteva essere stata ai suoi tempi “una figlia dei fiori”.Mi venne da ridere e compresi che non voleva darmi della frikkettona attempata. Ma da come si espresse nel dirmi questo, compresi che intendeva esprimere le “qualità ” e le caratteristiche del personaggio ( che non conosco) di Masha-

  7. Bondi James Bondi 10 settembre, 2015 at 16:35

    Non conosco questa serie. Ma se termina, forse significa che Masha, che sembra essere un tipino molto sveglio e indipendente, se ne è andata per altre strade a cercare la sua felicità. Ma ora, al povero Orso rimasto solo, chi ci pensa?

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