le scienze

Il potere della statistica

 

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Il potere di Statistica

della serie “Questa idea deve morire”

 

di Emanuel Derman
Professore d’ingegneria finanziaria, Columbia University
(Traduzione Redazione Modus)

Il potere di Statistica

Sono cresciuto tra fisici, il cui modus operandi è quello di osservare il mondo, sperimentare con esso, sviluppare ipotesi, teorie e modelli, suggerire ulteriori esperimenti e utilizzare le statistiche per analizzare i risultati, così confrontando le fantasie mentali con gli eventi reali. La statistica è semplicemente il loro strumento per confermare o smentire.

Ma oggi il mondo, e in particolare il mondo delle scienze sociali, è sempre più innamorato di statistiche e della scienza dei dati (data science, Nd.R.) come fonte di conoscenza se non di verità vera e propria. Alcune persone hanno anche sostenuto che l’analisi statistica computerizzata dei modelli sostituirà i nostri metodi tradizionali per scoprire la verità, non solo nelle scienze sociali e nella medicina, ma persino nelle scienze naturali.

Credo che dobbiamo stare attenti a non essere troppo innamorati di statistiche e della scienza dei dati e quindi abbandonare i metodi classici per scoprire le grandi verità sulla natura (e l’uomo è anche natura). Un buon esempio del potere classico è la scoperta di Keplero, nel 17° secolo, della sua seconda legge di moto planetario, che è in realtà non tanto una legge quanto il riconoscimento e la descrizione di un modello. La seconda legge di Keplero afferma che la linea di demarcazione tra il sole e un pianeta in movimento spazza aree uguali in tempi uguali. Questa profonda simmetria del moto planetario implica che quanto più un pianeta è vicino al sole, più rapidamente si muove lungo la sua orbita. Ma si noti che non vi è nella realtà alcuna linea di demarcazione tra un pianeta e il sole. L’intuizione, ancor’oggi sorprendente, di Keplero richiese l’esaminare i dati di Tycho Brahe (Ticone, N.d.R.), un lungo sforzo mentale, una raffica intuitiva – usare una linea invisibile! – e poi il controllo della sua ipotesi. I dati, l’intuizione, ipotesi, e, infine, il confronto con i dati, questo insieme è il processo radicato nel tempo.

 

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                          La seconda legge di Keplero

 

La seconda legge di Keplero è in realtà una dichiarazione della conservazione del momento angolare che seguì, più tardi, dalle teorie del moto e della gravitazione di Newton. Le teorie di Newton furono così prontamente e facilmente accettate perché da esse le tre leggi verificate di Keplero potevano essere derivate. John Maynard Keynes scrisse di Newton trecento anni più tardi: “Immagino che la sua preminenza è dovuta ai suoi muscoli di intuizione che furono i più forti e più duraturi di cui un uomo sia mai stato dotato».

La statistica, il campo stesso, è una sorta di Calibano, generato da qualche parte su un’isola nella regione tra la matematica e le scienze naturali. Non è né puramente una lingua né puramente una scienza del mondo naturale, ma piuttosto un insieme di tecniche da applicare, credo, per verificare ipotesi. La statistica, isolata, può solo cercare di scoprire tendenze e correlazioni passate, assumendo che persisteranno. Ma in una famosa frase senza attribuzione, la correlazione non è causalità. La scienza è una battaglia per trovare le cause e le spiegazioni in mezzo ad una confusione di dati. Cerchiamo di non infatuarci troppo della scienza dei dati, di cui i grandi trionfi finora si limitano principalmente alla pubblicità ed alla persuasione. I dati da soli non hanno voce. Non ci sono dati “grezzi” (raw data, N.d.R.), come la saga di Keplero dimostra . La scelta dei dati da raccogliere e come rifletterci su richiede l’intuizione dell’invisibile; trarre qualcosa di buon senso dai dati raccolti richiede i classici metodi conservativi: l’intuizione, la modellazione, teorizzare, e poi, finalmente, la statistica.

 



 

 

    Supplemento: Introduzione ai big data e la scienza dei dati - 63 slide

 

SCI 181215-00-110  Introduzione alla serie “Questa idea deve morire”

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2 comments

  1. Blue 24 marzo, 2016 at 16:45

    Mi trovo, nella sostanza generale, molto d’accordo con il contenuto dell’articolo.
    La statistica non godrà mai del privilegio dell’estetica della scienza. Del suo fascino che si fonda sul mistero dell’intuizione e sulla certezza della tesi.
    Però.
    Sono passati quattro secoli dal grande Keplero e di più dalle magnifiche intuizioni (in ambito matematico e fisico, prevalentemente) della cultura scientifica ellenica, araba, indiana etc.
    Penso che l’elaborazione scientifica moderna non possa prescindere dal suo strumento operativo per eccellenza: l’analisi dei dati del fenomeno osservato, correlati in un ambito logico-matematico che ne stabilisca la ricorrenza non casuale: la statistica descrittiva. Legata in modo sistemico alla più generale teoria dei fenomeni aleatori. Nello studio di un sistema con ampi gradi di libertà, in cui le variabili che ne descrivono il comportamento sono così numerose dal rendere impossibile una loro circoscrizione entro una formulazione matematica, la connotazione informativa “ricorrente” (quella che la distribuzione statistica è in grado di sintetizzare) assume la valenza di “elevata probabilità” di regola, quindi di tesi risolutiva. Lo studioso, a fronte di tale “ricorrenza” (e stiamo parlando di tutti gli ambiti ricopribili dalla scienza e dalla tecnica) non può che cogliere il “suggerimento” del dato statistico e tentare di estrapolarne il più generale significato di “teoria”.
    È sufficientemente scontato che l’astrazione concettuale costituisce il requisito di base del procedimento analitico dei fenomeni osservati. Ma senza una analisi della ricorrenza dei dati, di una loro modellazione in ambito probabilistico, la numerosità delle informazioni (che in scienza potrebbe rappresentare “nessuna informazione”) ci farebbe dissipare energie non solo mentali. La possibilità di usufruire, oggi, delle semplificazioni del calcolo automatico, conferisce alla cosiddetta “scienza dei dati” uno status di strumento imprescindibile per lo studioso. In tutti gli ambiti, non solo in quelli applicativi.

  2. Genesis 19 marzo, 2016 at 13:58

    Sono sempre stato innamorato della natura, della scienza ad essa strettamente collegata e alla matematica collegata indissolubilmente ad entrambe.
    Sono decisamente d’accordo con lo scrittore che, a mia lettura, m’è parso ideologicamente lontano dal concetto di scientificità della statistica quanto me.
    Spesso, effettivamente, dobbiamo le scoperte e le invenzioni al grande uso della curiosità o dell’inventiva di alcuni di noi che spesso tendono ad intuire le “cose” per poi dimostrarle matematicamente. È questo, l’uso dell’immaginazione, che differenzia l’uomo da qualsiasi altro animale e lo porta ad essere il padrone del mondo…spesso però non risulta essere un buon ospite…

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