le scienze

Il significato dell’esistenza umana

E. O. Wilson - Il significato dell'esistenza

 

Dall’alto dei suoi 85 anni, due premi Pulitzer e un’intensa vita professionale, il biologo Edward O. Wilson si cimenta in uno dei temi che affascinano e inquietano l’essere umano fin dagli albori della specie: qual è il significato della nostra esistenza?

Noto ai più probabilmente per i suoi studi sulle formiche e per la sua teoria della sociobiologia elaborata all’inizio degli anni settanta, che ha definito “lo studio sistematico delle basi biologiche di ogni forma di comportamento sociale”, E. O. Wilson è una della menti più fertili e provocatorie della comunità scientifica. Le sue ricerche e i suoi libri hanno quasi sempre scatenato dibattiti e contestazioni. Difficilmente il suo Il significato dell’esistenza umana, allegato a richiesta con “Le Scienze” di gennaio 2015, con una nuova veste grafica per la copertina, e in vendita nelle librerie per Codice Edizioni, sarà un’eccezione.

Edward O. Wilson mette subito le carte in tavola. Non siamo stati creati da un’intelligenza soprannaturale, scrive il biologo, ma dal caso e dalla necessità: siamo una specie fra milioni di altre presenti nella biosfera terrestre, siamo diventati la mente del pianeta e forse di tutto il nostro angolo di galassia. Tuttavia, non c’è nessuno scopo o destino dimostrabile che ci sia stato assegnato, non c’è alcuna seconda vita dopo la fine di quella che stiamo vivendo. Qual è allora il significato della nostra esistenza, una volta messe da parte religioni e soprannaturale?

L’autore propone che sia “la grande epopea della specie, iniziata nell’evoluzione biologica e nella preistoria e poi entrata nella storia registrata; ed è anche – proprio adesso, giorno per giorno, proiettato sempre più velocemente nel futuro indefinito – quello che decidiamo di diventare”. Perché se è vero che siamo i dominatori del pianeta, è anche vero che rischiamo di usare questo immenso potenziale in modo catastrofico, trascinando nel baratro anche altre forme di vita. Per aprire gli occhi dobbiamo superare quella che E. O Wilson chiama “la maledizione del Paleolitico”.

Ormai più della metà della popolazione globale vive in aree urbane e la società urbana è sempre più tecnoscientifica. Come conseguenza di questa transizione epocale, gli adattamenti genetici che hanno funzionato a dovere per i milioni di anni in cui abbiamo condotto un’esistenza da cacciatori-raccoglitori ora sono sempre più un problema. Siamo ancora legati a logiche tribali, anche a causa di autorità religiose e politici che in tutto il mondo alimentano conflitti con gruppi rivali. In altre parole, non riusciamo ancora a pensare in termini di una sola umanità

Per superare questa disfunzionalità e liberare il nostro potenziale costruttivo, è necessario coniugare discipline umanistiche e scienza. Le prime descrivono la condizione umana, affrontano nei minimi particolari i vari modi in cui le persone entrano in relazione tra loro e con l’ambiente. La scienza, affronta tutto il resto: abbraccia il significato dell’esistenza umana. Ma sebbene scienza e discipline umanistiche siano diverse in quello che affermano e che fanno, hanno entrambe origine nei processi creativi che emergono nel cervello. La proposta, o forse il desiderio di E. O. Wilson è chiaro e diretto: “Se il potere euristico e analitico della scienza potrà essere unito alla creatività introspettiva delle discipline umanistiche, l’esistenza umana si eleverà acquisendo un significato infinitamente più fecondo e interessante”.

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6 comments

  1. Canadair 26 gennaio, 2015 at 03:35

    Il tema del libro, la necessita’ di coniugare discipline umanistiche e scienza, e’ indubbiamente all’essenza del pensiero umano fino ai primordi. Derivante dalla necessita’ intrinseca nella specie umana di trovare una risposta a tutti i fenomeni che ci circondano. Risposte derivate dalla logica (la scienza) o dallo spirito (la religione) quando una spiegazione logica non si riusce a trovare.
    La religione, quindi, come surrogato della scienza (cioe’ ricerca della conoscenza) ha sempre avuto una parte fondamentale nello sviluppo umano. La questione e’ che, come ben risaputo, sia la scienza che la religione sono sempre state usate dai gruppi di potere per soggiogare le masse. Il predominio territoriale ed economico di una popolazione su un’altra era dovuto ad una superiore comnoscenza tecnologica. Il predominio di una classe sulle altre, invece, si e’ sempre avvallato del supporto della religione. Cominciando dalle societa’ tribali fino ad oggi.
    Cosi’, alla religione che complementa la scienza nel dare una risposta ad interrogativi ai quali la conoscenza umana non arriva, si e’ passati, gradualmente, alla religione che nega l’evidenza della scienza nel nome di un qualcosa di trascendente, in religioni in gran parte codificate in un passato dove l’uomo non aveva le conoscenze scientifiche di oggi. Arrivando, quindi, a negare la scienza quando questa pone in discussione i canoni delle religioni ufficiali, basati su scritti vecchi di millenni. Arrivando al punto di mettere la religione contro la scienza.
    Ma basta oggigiorno negare la religione nel nome di una conoscenza superiore a quelle del passato? Ci basta oggi la scienza per il nostro vivere quotidiano?
    Nonostante l’enorme balzo fatto dall’uomo nel settore scientifico, resta il fatto che quello che la scienza non e’ ancora riusciuta a dimostrare e’ il significato intrinseco dell’esistenza umana. Perche’ siamo qui, quale scopo ha la nostra vita, a quali fini siamo stati destinati, come e perche’ siamo stati creati? Sappiamo tutto di ogni essere vivente, composizione chimica, molecolare, strutturale. Ma cosa da la scintilla a queste molecole, a questo insieme di componenti chimiche che formano gli esseri viventi?

    • Genesis 26 gennaio, 2015 at 06:38

      Il tuo discorso, Canadair, mi piace e lo troverei esatto se al posto del termine “religione” ci fosse il termine “magistero”, “corte ecclesiastica” o comunque qualcosa che indichi la “carnalità umana” delle gesta compiute in nome di una religione che tutt’altro è stata piuttosto che ciò che doveva essere: l’accrescimento del potere di uomini sopra altri uomini.

  2. Genesis 25 gennaio, 2015 at 20:30

    Dopo la mia ultima indagine introspettiva unita al potere euristico dei miei plinti scientifici, occorsi dopo l’ingurgitamento di un paio di involucri vetrosi della bevanda dovuta alla fermentazione alcolica di ceppi di Saccharomyces cerevisiae, sono giunto ad un risultato: sono diversamente ateo!

  3. Kokab 25 gennaio, 2015 at 13:21

    sgombrato il campo da ogni determinismo, che è sempre operazione meritoria in ogni tempo e in ogni luogo, l’idea di coniugare scienza e discipline umanistiche, in un senso presumo diverso da quello già sperimentato nell’antichità, ha indubbiamente un certo fascino.
    se il potenziale costruttivo della specie si accresce con la sua unitarietà, come sembra suggerire wilson, mettere insieme potere euristico della scienza, e creatività del pensiero umanistico, sotto un crto profilo le potrebbe potenziare entrambe; per capire la natura dei rciproci rapporti, che è sicuramente lo snodo decisivo del tema, bisognerà leggere il libro, lettura sicuramente stimolata da questa presentazione

  4. Blue 25 gennaio, 2015 at 10:18

    Quesito molto ambizioso a cui il pensiero dell’uomo per millenni si è rivolto.
    Vero che lo si può affrontare da molte angolazioni e che, probabilmente, il tentativo di risposta è nella sintesi del pensiero filosofico e di quello scientifico intesi però come categorie interconnesse, strettamente. Nondimeno alla base della questione ontologica si pone, secondo me, la indagine introspettiva..
    Il titolo del libro in oggetto mi ha evocato il suo analogo – che tratta, appunto, della “questione principale” – di Osho Rajneesh, Maestro spirituale indiano. Personaggio molto controverso ma, proprio per questo, molto interessante.

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