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Indipendentisti catalani e sovranisti spagnoli: se avessero torto tutti?

Indipendentisti catalani e sovranisti spagnoli: se avessero torto tutti?

 

Ma alla fine, dopo il referendum di lotta e di governo che si è svolto in Catalogna, mentre i manganellatori costituzionali spagnoli e gli eversori democratici catalani si guardano in cagnesco, e come cani da combattimento cercano di mordersi il più ferocemente possibile, chi ha effettivamente ragione, sul piano dei principi intendo, piuttosto che su quello del potere, gli indipendentisti di Barcellona o i sovranisti di Madrid?

Io credo che abbiano torto entrambi, in modo netto e senza discussioni, al punto che mi pare impossibile identificare il più cattivo fra i due e schierarmi con qualcuno; la cosa in effetti è abbastanza insolita, ma siccome non possiamo sempre pretendere che il mondo sia semplice, per cercare di capire qualcosa immagino che ci convenga andare al cuore del problema.

Indipendentisti catalani e sovranisti spagnoli: se avessero torto tutti?

Il principio di autodeterminazione dei popoli, che nasce con la Rivoluzione francese, non si coniuga in modo automatico col principio della sovranità degli stati, non solo per questioni di natura territoriale, che pure esistono ed hanno rilevanza, ma per la banale ragione che stato e popolo sono concetti distinti, oltre che per il fatto che il principio di sovranità legato al primo è molto più antico e strutturato, più forte in una parola, del principio di autodeterminazione di cui usufruisce il secondo.

Non solo, nel diritto internazionale l’autodeterminazione, la cui titolarità non è pacificamente attribuita ai popoli, ma è piuttosto considerata un principio di diritto internazionale da cui i popoli possono essere beneficiati, è limitata ai tre soli casi della colonizzazione, dell’occupazione straniera e dell’apartheid, ed è stato evidentemente scritto e codificato, a partire dal secondo dopoguerra, sia per arrivare alla completa decolonizzazione, sia per conservare i confini acquisiti a quella data al di fuori delle tre eccezioni esplicitamente ammesse.

Detto più semplicemente, non c’è un fondamento di legittimità nella pretesa dei catalani, o degli scozzesi, di abbandonare i rispettivi stati e di costituire un nuovo soggetto sovrano, non c’è perché nessuno stato prevede nel proprio ordinamento la secessione, valendo ovviamente in quello stato il principio di maggioranza, e non c’è perché il diritto all’autodeterminazione non è così ampio da legittimare questa pretesa.

Indipendentisti catalani e sovranisti spagnoli: se avessero torto tutti?

Poi naturalmente nella storia, gli stati finiscono, o cambiano, e invece i popoli rimangono e si danno nuovi e diversi ordinamenti, spesso in contrasto con quelli che si applicavano prima, con diverse forme di governo, diversa dimensione territoriale, o diversa composizione etnica e sociale; quasi mai queste trasformazioni avvengono senza un conflitto, qualche volta sono necessarie anche le guerre per arrivare al risultato, e i nuovi stati proprio da questi conflitti e da queste guerre traggono la loro legittimazione. Da questi conflitti, e non da una interpretazione tecnicamente erronea del principio di autodeterminazione.

La rivoluzione francese, la rivoluzione americana, la rivoluzione russa e la rivoluzione cinese sono forse gli esempi più importanti di questa dinamica politica e sociale, e tutte si sono concluse con il sovvertimento di un ordinamento, o con la costituzione di un nuovo stato. Ci sono anche casi in cui i nuovi stati nascono dalla dissoluzione più o meno violenta di quelli precedenti, e senza risalire alla fine dell’impero britannico, ne abbiamo recentemente avuto degli esempi clamorosi con il crollo dell’impero sovietico, interno ed esterno, e con la feroce guerra balcanica che ha smembrato la Jugoslavia, uno degli stati più improbabili che si siano mai visti in Europa. In pochissime occasioni ci si separa con le buone maniere, e l’unico esempio che mi viene in mente, forse perché recente, è quello cecoslovacco.

Indipendentisti catalani e sovranisti spagnoli: se avessero torto tutti?

Il caso catalano, fino a questo momento, non rientra in nessuno degli esempi precedenti, ed è solo uno dei numerosi conflitti che si svolgono dentro i confini di uno stato unitario fra il popolo di maggioranza e quello di minoranza, in una cornice giuridica comune che evidentemente, e anche giustamente, favorisce la componente maggioritaria, essendo però liberissima quella di minoranza di aprire una contesa finalizzata a sovvertire le regole legittime, col fine dichiarato di andarsene per un’altra strada, pagando il necessario prezzo politico, economico  e soprattutto di sangue, laddove l’altra parte intendesse davvero combattere, e difficilmente gli stati non combattono per la loro integrità territoriale.

Naturalmente in Spagna non è successo niente di tutto questo, è successo qualcosa di diverso, e per dirla tutta trovo francamente ridicole sia la difesa della legittimità costituzionale da parte di Madrid, sia la rivendicazione di indipendenza di Barcellona, perché sono entrambe carte truccate, giocate da due bari su un tavolo da poker da taverna frequentato da ubriaconi.

 

Proviamo a vedere cosa è successo in Spagna, partendo dall’ovvia constatazione che lo Stato è formato da popoli diversi,  la cui autonomia è riconosciuta dalla Costituzione in relazione alle culture e alle lingue diverse che si trovano all’interno dei suoi confini, così come le ha prodottela storia precedente.

Poiché le cose stanno così, bisognerà anche dire che l’unità della Spagna non si fonda sull’omogeneità e sull’identità nazionale, ma su ragioni diverse, che in questo contesto non rilevano, e che per questo motivo il suo equilibrio può essere mantenuto solo con ingegneria costituzionale adeguata e con lungimiranza politica: difficile sostenere che ci sia stata una adeguata applicazione di questi principi e metodi virtuosi.

Indipendentisti catalani e sovranisti spagnoli: se avessero torto tutti?

Il primo Statuto di autonomia della Catalogna è stato approvato nel 1979, ed è stato poi modificato nel 2006 su iniziativa del Governo Zapatero, che ha incassato la maggioranza sia in Parlamento che nel referendum catalano, nel quale avevano votato però solo il 50% degli aventi diritto. La nuova Carta concedeva una più ampia autonomia alla Catalogna, soprattutto sul piano fiscale, prefigurando un modello federalista e plurale certamente molto ambizioso, che influenzerà successivamente gli statuti delle altre regioni spagnole.

Il Partito Popolare di Rajoy si era opposto strenuamente, e con una furibonda battaglia politica, dall’opposizione è riuscito a stravolgere la natura del nuovo Statuto per via giudiziaria, attraverso ricorsi che la Corte Costituzionale spagnola ha infine accolto nel 2010. Questa scelta, politicamente stupida, ha gonfiato il consenso degli indipendentisti catalani, fino a quel momento assolutamente minoritari, che hanno poi vinto le elezioni  regionali anticipate del 2015 e hanno aperto il processo secessionista. Del resto, cos’altro ci si aspettava che facessero? E ad essere maliziosi, anche se a pensar male si fa peccato, cos’altro pensiamo che Rajoy volesse?

 

Naturalmente nella Catalogna di oggi le motivazioni dell’indipendenza non sono particolarmente nobili, hanno una certa connotazione ”leghista”, per carità, infinitamente più degna, loro sono realmente un popolo, e non quattro padani al bar senza arte né parte, ma mi pare innegabile che le ragioni economiche della regione più ricca rispetto a quelle più povere siano state troppo debordanti rispetto a quelle culturali ed identitarie per non sospettare un retropensiero di basso profilo. Non solo, le prospettive della secessione sono economicamente suicide, lo erano quelle della Brexit, figuriamoci quelle della Catalogna, non solo per il fuggi fuggi di banche ed imprese che si sta già determinando, ma sopratutto per il fatto che anche volendo ipotizzare una inesistente benevolenza dell’Europa, basterebbe il veto della Spagna ad escludere la Catalogna dall’Unione. E allora?

 

In questo cul de sac di imbecilli, nel quale Zapatero fa la figura dello statista, e gli odierni politici spagnoli fanno la figura di Di Maio e di Salvini, l’Unione Europea fa invece la figura della Spagna in barile, e rinuncia clamorosamente ad assumere il ruolo politico che un senso di responsabilità appena normale la dovrebbe spingere a giocare.

Cosa vuol dire attaccarsi alle “regole del diritto” o ai “principi costituzionali”, quando proprio questi si sono rivelati la causa ultima della crisi? Se Rajoy fosse stato intelligente avrebbe fatto svolgere il referendum catalano, e avrebbe probabilmente incassato un immeritato successo politico, lo capisce anche un bambino, e ovviamente ha fatto il contrario, sia pure Costituzione alla mano. Le costituzioni sono sempre figlie di una grande politica, ma non sono mai salvate dalla politica di basso profilo, cosa può salvare Rajoy? Al massimo il futuro prossimo del suo partito, non certo quello della Spagna. Che cosa vogliamo, un’Unione Europea intelligente quanto Rajoy? Pensavo che bastasse la May, ma forse mi sono sbagliato.

 

L’Europa, che è una necessità storica, politica ed economica, è stata portata dalla crisi del 2008 su una secca pericolosissima, e non riesce più a governare efficacemente le forze centrifughe che la muovono e i suoi conflitti patologici. Il suo paradosso sta in una visione economicistica e burocratica che non si lega più ad una visione politica, mentre la frustrazione sovranista o autonomista dei suoi popoli ne mina l’unità, il ruolo, le funzioni e la prospettiva futura: se non riesce a mettere attorno ad un tavolo quattro discoli spagnoli e catalani, con chi potrà mai fare la voce grossa, col Granducato di Lussemburgo?

Alla fine il problema mi pare anche semplice, l’Europa degli stati non funziona, non è all’altezza della globalizzazione, e l’Europa dei popoli è sempre più spesso stupida piuttosto che intelligente, il tempo passa, gli effetti si producono, le occasioni si perdono, i margini si bruciano e noi ci avviamo, e ci avvitiamo, verso il declino. Poi è vero che in natura esistono anche le catarsi, ma non si sa mai prima come saranno, non si sa se ci piaceranno, e soprattutto non ci lasciano indovinare quanto sangue richiederanno.

 

È un problema squisitamente politico, di crisi della politica che non sa più governare la distribuzione della ricchezza, c’entrano nulla l’autodeterminazione dei popoli e la legittimità costituzionale, che oggi, in questo snodo, sono solo le chiacchiere da bar di chi non sa cosa dire, istituzioni e popoli, ognuno per la sua parte.

 

Indipendentisti catalani e sovranisti spagnoli: se avessero torto tutti?

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