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Traduzione della Redazione Modus

da: Liberation

QUESTA É LA STORIA DI RAEF
Raef Badawi è stato condannato a mille frustate per aver difeso la libertà di espressione sul suo sito web. “La paura che provo quando penso alla prossima serie di frustate e a mio marito in prigione è indescrivibile.” Rifugiata in Canada, Ensaf Haidar, la moglie di Raef Badawi, è in prima linea nella mobilitazione di sostegno a favore del marito. Il blogger saudita di 31 anni e in carcere dal 2012, è stato condannato nel 2014 a mille frustate e dieci anni di prigione per “insulto” a l’Islam. Il suo avvocato, Waleed Abu al-Khair, è stato a sua volta condannato a quindici anni di carcere.
Raef Badawi ha difeso la libertà di parola sul suo sito web, il “Liberale Saudi Network”, (ora chiuso). Dovrebbe ricevere cinquanta frustate in pubblico, ogni settimana, durante 20 settimane. La prima sessione si è tenuta il 9 gennaio.  Le due successive sono state rinviate per ragioni di salute. Per la terza volta consecutiva, secondo Amnesty International, la sessione di flagellazione prevista per  Venerdì 30 gennaio non ha avuto luogo. “Questa volta, non è stato esaminato dai medici. Non si conoscono ancora le ragioni ufficiali del ritardo, dice Nina Walch, coordinatore della cellula “Crisi e reattività” per Amnesty International France. Potrebbe essere dovuto alla mobilitazione, ma anche alla morte di re Abdullah, non vogliono cattiva pubblicità mentre gli occhi di tutto il mondo sono rivolti all’Arabia Saudita,.

DI COSA É ACCUSATO RAEF BADAWI ? *
Il suo blog “Liberal Saudi Network, un spazio per forum e dibattiti, criticava la polizia religiosa e alcuni editti islamici. Il giovane musulmano ha voluto dibattere sulla questione della laicità e della libertà di espressione. “Non appena un pensatore comincia a esporre le sue idee,  centinaia di fatwa si abbattono su di lui accusandolo di essere un infedele solo perché ha avuto il coraggio di discutere di alcuni soggetti sacri”, asseriva sul suo blog. E ancora : “Sono molto preoccupato all’idea che i pensatori arabi debbano migrare altrove per bisogno di aria fresca e sfuggire al gladio delle autorità religiose”. Il post di un altro editorialista avanzava che l’Università islamica di Imam Muhamed ibn Saud a Riyad, era diventata un “nido di terroristi.” In Arabia Saudita, dove solamente l’applicazione rigorosa dell’Islam sunnita è tollerato e l’apostasia punibile con la morte, questi scritti sono stati sufficienti a scatenare l’ira delle autorità.

LA MOBILITAZIONE DELLE ONG
La petizione lanciata da Amnesty ha già raccolto un milione di firme, 100.000 dalla Francia. Ma Amnesty non è l’unica a mobilitarsi. “Reporter senza frontiere” e “Human Rights Watch”, tra gli altri, organizzano anche loro delle azioni di sensibilizzazione. Per Nina Walch, si tratta di una movimento “senza precedenti”. Secondo lei, è il contesto che spiega questo fenomeno : “Questa flagellazione è stato uno shock. Prima di tutto, grazie alla famiglia di Raef, abbiamo potuto raccontare una storia e dare un volto al suo nome. In seguito gli attacchi contro Charlie Hebdo, il tema della libertà di espressione, l’ipocrisia della comunità internazionale e l’invito dell’Arabia Saudita al defilé di Parigi dell’ 11 gennaio hanno fatto molta impressione.”

IL TWEET
@ FranceDiplo Siete Charlie? Allora esigete la scarcerazione di @raif_badawi, flagellato in Arabia Saudita per “insulto all’Islam”. – Amnesty France (@amnestyfrance) 15 Gennaio 2015

L’ARABIA SAUDITA E LA SHARIA
Questa monarchia assoluta con un ordinamento basato sulla Sharia è regolarmente denunciata da organizzazioni non governative per le sue violazioni dei diritti umani. Cio’ nonostante questo ricco paeso del Golfo, alimentato dai proventi del petrolio, è un alleato importante per le potenze occidentali, sia economicamente che militarmente.
Secondo Amnesty pene come la lapidazione e le amputazioni continuano a essere legali e sono applicate regolarmente. La flagellazione è “inflitta dai giudici e applicata come pena principale o supplementare. Più di 100 uomini e donne sono stati condannati nel 2012 a questa punizione”. Dal febbraio 2013, una “legge anti-terrorismo” promulgata dal regno, aggrava la repressione contro i difensori della libertà di espressione. “Proteste pacifiche possono essere sanzionate, dice Nina Walch. Quando una persona viene arrestata, la possono incarcerare per 90 giorni senza contatto con il mondo esterno, senza avvocato e spesso torturarla”. Amnesty organizza nuove manifestazioni per chiedere la liberazione di Raef Badawi e la cessazione immediata delle frustate.

Gabriel PORNET
*Cordélia BONAL

Da: Liberation

En Arabie Saoudite, 1 000 coups de fouet pour un blog

La séance de flagellation de Raef Badaoui reportée pour la troisième fois

 

 

link per firmare la petizione sul sito di amnesty

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5 comments

  1. M.Ludi 31 gennaio, 2015 at 10:49

    L’evidente ancronismo di una stretta relazione politica tra l’occidente (o almeno parte rilevante di esso) ed un Paese come l’Arabia Saudita si regge solo ed esclusivamente su due pilastri, al momento, assai solidi: i combustibili fossili e la lotta al fondamentalismo islamico.
    Sul primo aspetto c’è ben poco da aggiungere: l’Arabia Saudita è uno dei maggiori produttori mondiali ed ha voce in capitolo nell’Opec (le vicende attuali sulle modalità di gestione, sia dei volumi estratti che dei prezzi, sono lì a dimostrarlo). sino a quando non riusciremo ad affrancarci dalle fonti energetiche non rinnovabili, purtroppo, temo che ogni pressione l’opinione occidentale possa fare, ha ben poche possibilità di ottenere risultati.
    Sul secondo aspetto è curioso vedere come, a fronte di una solida volontà dichiarata dal vecchio Re di combattere il terrorismo internazionale, buona parte dei vari movimenti fondamentalisti abbia finito, in qualche modo, per essere sospettato di sostegno da parte araba; lo stesso Osama Bin Laden era di origine araba e la sua famiglia, tuttoggi, è una delle più potenti del Paese, con interessi economici in tutto il mondo.
    La coerenza non sembra essere di questo mondo e non resta che prendere atto del fatto che, mentre l’occidente condanna l’Arabia per le sue pratiche tribali, non può fare nient’altro per combatterle; d’altro canto, l’Arabia Saudita continua imperterrita per la sua strada, professando amicizia nei confronti dell’occidente, ma pronta in qualsiasi momento a mostrare i muscoli senza alcun timore.
    Firmiamo pure la petizione, e speriamo di risparmiare al povero Raif almeno una parte delle frustate alle quali è stato condannato, ma non illudiamoci di riuscire a ottenere granchè.

  2. Kokab 31 gennaio, 2015 at 09:22

    plastica dimostrazione della relatività dei principi in politica: uno dei pià antichi e saldi alleati dell’occidente, votato a contenere i dilaganti fondamentalismi e le dittature della regione, oltre che utilizzato più volte a questo fine, in politica interna si comporta come un isis qualunque, e applica rigidamente la legge coranica come se fossimo nell’anno 1000.
    secondo la dottrina bush in arabia saudita dovremmo esportare la democrazia a cannonate, e a volte mi viene il sospetto che se la cosa non fosse inutile, al fondo dell’idea ci sia un principio di verità: dieci anni di galera e 1000 frustate per un reato d’opinione, che in occidente corrisponde poi all’affermazione dei principi dell’89, significa semplicemente che in arabia saudita hanno un sistema giuridico da cavernicoli.

    • Digian 31 gennaio, 2015 at 15:15

      Tutto è relativo. Sbattere in galera e far morire in carcere dopo anni e anni di reclusione Antonio Gramsci- solo per fare un nome dei più conosciuti – non mi sembra poi atto di minore inciviltà. Quello che oggi si sta frustando è la democrazia, oltre al povero dissidente, sono i diritti inanielabili di cui oggi tutto il mondo occidentale gode. Ed e per quello che dobbiamo firmare tutti la petizione. In maniera di poter tutti a contribuire a che i principi di democrazia restino saldi e si espandano dove non sono rispettati. Per evitare che in futuro nessuno sia sottoposto a frustrate in pubblico, o a dover essere buttato fuori da un aereo militare in volo sulle coste argentine.

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