le scienze

La guerra batteriologica tra veneti e ottomani nel XVII secolo

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La guerra sporca non è una scoperta recente: già nel ‘600 si progettavano armi biologiche per sconfiggere in massa i nemici. Letali? Non sempre…

La peste come arma batteriologica? Ci avevano pensato i veneziani a metà del 1600. Il loro piano era diabolico: se avesse funzionato avrebbe probabilmente cambiato il corso della storia d’Europa grazie all’impiego di una delle prime armi biologiche mai progettate. A metterlo a punto era stato il medico croato Michiel Angelo Salamon, che lo descrive con dovizia di particolari in 6 lettere inviate al governo veneziano tra il 1649 e il 1651.
In quel periodo la città di Candia (oggi Heraklion), avamposto veneziano sull’isola di Creta, stava faticosamente resistendo a un estenuante assedio da parte delle truppe ottomane.

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Nelle sue missive Salamon suggerisce di sterminare i nemici diffondendo tra di loro la peste bubbonica, la micidiale malattia nota a quei tempi come morte nera e in circolazione in Europa dal 1348.

BOMBA NERA. Il medico sosteneva di essere riuscito a distillare l’essenza della malattia direttamente dalle piaghe e dai fluidi corporei degli ammalati e suggeriva di utilizzare questo composto per contaminare copricapi e altri tessuti comunemente acquistati sui mercati dai turchi.

Il piano suscitò l’entusiamo dei veneziani, i quali pretesero però che il medico ne supervisionasse personalmente la realizzazione. Lo scambio di corrispondenza termina nel 1651 e non sappiamo quindi se fu mai messo in pratica.

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         Un medico che curava gli ammalati di peste, il viso protetto da una maschera
         con occhiali munita di un lungo becco nel quale venivano messe erbe profumate
         contro il cattivo odore degli ammalati.

ARMA (POCO) LETALE. In ogni caso l’operazione difficilmente avrebbe funzionato: la peste infatti si propaga grazie alle punture delle pulci portate dal ratto nero infetto (rattus rattus) o tramite l’aerosol diffuso dalla tosse e dagli starnuti dalle persone ammalate, ma non tramite tessuti o vestiti contaminati.
E comunque il vaso con la mistura di Salamon, dopo anni di conservazione in attesa dell’autorizzazione a essere impiegato, avrebbe comunque perso gran parte della sua carica batterica.
Il piano di Salamon è stato scoperto recentemente da Eleni Thalassinou, una ricercatrice dell’Università di Atene, e non è comunque il primo tentativo di guerra biologica della storia.
Già nel Medioevo, durante gli assedi, era pratica comune scagliare dentro le mura degli assediati carcasse in decomposizione di uomini e animali con l’obiettivo di diffondere malattie.

Omaggi mortali. E più recentemente, alla metà del XVIII secolo, gli ufficiali inglesi tentarono di liberarsi dei nativi americani che abitavano nel Delaware inviando loro coperte e capi d’abbigliamento utilizzati da malati di vaiolo.

La stessa malattia venne in seguito inoculata, sempre dai britannici, in un gruppo di prostitute canadesi inviate poi “in omaggio” ai soldati americani che occupavano la cittadina di Quebec.

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