le scienze

La Scienza Simpatica – parte 12 – Macchine Semplici

I precedenti capitoli de La Scienza Simpatica hanno dato informazioni su cosa fossero l’energia, la forza e alcune altre nozioni che spaziano nel nostro quotidiano quasi nascosto nella sua evidenza. Nei secoli vi sono state scoperte, invenzioni e dimostrazioni d’ogni tipo; l’Uomo s’è sempre prodigato nel trovare qualcosa che potesse fargli fare meno fatica!

Questa volta voglio scrivere di “macchine semplici”…

…no, non sono le auto a pedali!…sono quegli attrezzi che l’uomo ha inventato per migliorare la sua vita, atti alla moltiplicazione della sua forza: semplici, perché costituite da pochi elementi.

In fisica (la bella scienziata), o meglio, in meccanica (la bella scienziata con la chiave inglese in mano) sono dette “macchine vantaggiose” appunto perché portano un vantaggio all’utilizzatore, che suda e si lamenta meno della fatica, del mal di schiena e del lavoro.

Entriamo quindi nell’aula di “meccanica”, la campanella è suonata!

Il mio professore, un buon ingegnere, era uso spiegare molto e scrivere poco alla lavagna. Il libro di testo era lui…mia madre si arrabbiò alquanto, perché quel libro costò all’incirca ottantamila franchi!! Quell’unità di misura delle Lire!…non la capirò mai (con rapporto uno a uno), che derivava dall’insegnamento di mio nonno Aspreno (soprannome degli amici), sanguigno veneto della bassa del rovigotto, salito in bicicletta per lavorare nelle nuove fabbriche della Bolzano ideologicamente ricostruita da quel ventennio che ci portò alla seconda guerra mondiale.

Le macchine semplici si dividono in sei tipologie: il piano inclinato, il cuneo, la vite, la leva (per i maschietti…non è la naja), la puleggia e l’asse della ruota…provo a darne semplice spiegazione, aiutandomi con disegnini elementari, partendo dalle più semplici.

Il piano inclinato

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l’omino sale ma “nun ja fa”…cammina zigzagando ed arriva contento

Mi viene in aiuto Urgh, il compagno di Clessi (La Scienza Simpatica 10, il tempo), uomo primitivo dell’età della pietra. Questi comprese che trascinando un peso sul pendio, in linea retta verso la sua caverna, facendolo sbattere su tutte le pietre ed i dossi, gli faceva fare una fatica bestiale. La sua intuizione fu quella di prolungare il tragitto zigzagando per il pendio diminuendo, di fatto, l’angolo dell’ascesa, quindi la fatica. Anche Clessi ringraziò della cosa, per via di quegli ematomi che le venivano quando veniva trascinata dal compagno essendo trainata per i capelli, dovendo lasciar intendere al maschio di essere lui il capo!

Il cuneo

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in noneso è la “spacacioci”…la spaccalegna…

Il cuneo altro non è che una sorta di piano inclinato. Alla fine è un prisma a sezione triangolare. Più stretto sarà l’angolo di vertice, meno fatica farà a penetrare negli elementi. Su questo principio si basano la quasi totalità degli utensili da taglio, aghi delle siringhe compresi…

 

La Vite

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…sì, vabbè…non so più disegnare!

Questa invenzione, attribuita ad Archimede è, alla fine, un piano inclinato avvolto su un cono…sto Archie era proprio forte!

 

Le prossime quattro macchine semplici si basano su un principio semplicissimo chiamato “momento”…a volte “coppia”…No, non è un termine di tempo dove la nostra coppia preistorica passava la propria intimità!

Il momento, in fisica, è il prodotto tra una forza ed una lunghezza (braccio) e si misura in Nm (Newton metro = Forza x lunghezza…mi raccomando N grande, perché è esistito il Signor Newton, e m piccola, perché non è esistito il Signor Metro).

 

La Leva

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le tre leve: omino contento, omino in cantiere, omino arrabbiato

La leva consta in un’asta ed un punto di appoggio chiamato “fulcro”. Archimede, siculo spettacolare scienziato matematico politologo della nostra storia, solea dire: “datemi una leva ed un punto di appoggio e vi solleverò il mondo“.

Il principio della leva è quello di eguagliare i due momenti tra il fulcro, il peso da sollevare e la forza data dalle braccia dell’affaticato Urgh.

F x L = F1 x L1 cioè, se il peso da sollevare fosse di 100kg ed avessimo un’asta di 3m, infilassimo la punta dell’asta sotto al peso, ad un metro di distanza mettessimo sotto all’asta una pietra (il fulcro)…alla fine dell’asta basterebbero 50 chili per bilanciare il peso…100×1=50×2 (una bilancia)…superando di poco quella forza, solleveremmo il peso.

La leva è vantaggiosa quando il fulcro è più vicino al peso, per cui la forza da esercitare è inferiore alla massa del peso; svantaggiosa, quando il fulcro è più vicino alla forza da esercitare, ciò vuol dire che la forza da esercitare deve essere superiore alla massa del peso; indifferente quando il fulcro è posto a metà della leva, per cui serve la medesima forza della massa del peso (la bilancia sempre starata nei mercati).

Vi sono tre tipologie di leve.

  1. Il primo è quello che interpone il fulcro tra il peso da spostare e la forza da imprimere. Questa tipologia di leva può risultare vantaggiosa, svantaggiosa o indifferente;
  2. Il secondo grado è quello che ha il peso tra il fulcro e il fondo della leva…è sempre vantaggioso, perché la forza da imprimere è sempre sulla parte più lunga della leva stessa;
  3. Il terzo è quello che interpone tra fulcro e peso la forza da imprimere…sempre svantaggiosa! Chi diamine l’ha concepita nessuno lo sa, ma ci fu più di qualche studioso che ci lavorò sopra…stanco!

 

La puleggia

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tira…tiraaaaaa!

La carrucola è quella ruota col canale (una puleggia, appunto), nel quale scorre la corda, fissata al palo del soffitto del fienile, che serve per sollevare (ad esempio) le balle di fieno…utile un par di scatole, perché fatta così, è indifferente: 100kg da sollevare con 100kg di forza…molti fattori ringraziano! Se la parte fissa fosse l’altro capo della fune ed alla carrucola, divenuta mobile, tramite un gancio, legassimo quella balla di fieno, basterebbe una forza che è metà della massa della balla…i fattori rincorrono col forcone i costruttori di carrucole fisse!

Quelli che chiamiamo paranchi sono attrezzi costituiti da più pulegge: più scanalature e ruote abbiamo, meno fatica facciamo! Le manovre delle vecchie navi a vela (ma anche i velieri moderni) sfruttano questo principio per manovrare la velatura…

 

L’asse della ruota

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…si capisce lo stesso?…ho perso la mano…

Quanti di noi hanno visto i film di navi o vascelli che ritirano l’ancora facendo girare come criceti alcuni marinai attorno ad un grosso palo di legno verticale nel quale sono piantati una serie di bastoni orizzontali (leve) e la gomena dell’ancora si avvolge attorno a quel palo…questo è un argano, cioè una ruota ad asse verticale.

Pensando invece ad un pozzo nel quale lasciamo cadere quel grosso secchio di metallo legato alla fune…per farlo risalire avvolgiamo la fune attorno al palo che ruotiamo attraverso una ruota (o una manovella) che ha un raggio decisamente più grande del diametro del palo…questo è un verricello, cioè una ruota ad asse orizzontale.

 

Abbiamo quindi dato un’occhiatina alle macchine semplici. Abbiamo sguazzato nella fisica e nella meccanica. Il nostro corpo è costellato di macchine semplici ed è disseminato di leve, spesso svantaggiose.

Pensiamo solo al movimento “basculante” del piede. Quando ci alziamo sulle punte facciamo una fatica relativamente bassa, ma se vi dicessi che la forza media di un solo muscolo del polpaccio è di circa 300kg, mi credereste??

Poco tempo fa mi sono rotto i tendini d’Achille: il destro un anno, il sinistro l’anno dopo: sì, sono fortunato!

Mentre chi mi ha riparato il primo tendine mi ha bloccato la caviglia cinque settimane con un gesso in fibra di vetro che investiva anche il polpaccio, il secondo mi ha infilato uno scarpone amovibile, chiedendomi di muovere fin da subito l’articolazione il più possibile. Il primo è stato un buon medico, il secondo un medico sportivo! Dopo cinque settimane di gesso, la muscolatura del polpaccio si era indebolita più dei tre quarti della sua forza, per cui, per salire un gradino (ho quattro piani di scale da fare tutti i santi giorni) poggiando la punta del piede c’è voluto quasi un anno. Nel secondo caso dopo due mesi potevo provare a mettermi sulle punte delle dita e dopo quattro salire le scale sulle punte dei piedi. Il muscolo agisce sull’osso del piede – il calcagno che sporge creando il tallone – tramite il legamento che si richiama ad Achille, fulgido ragazzetto greco, o giù di lì, della mitologia. Il centro della caviglia si può considerare il fulcro e la punta del piede il punto dove agisce la forza della mia massa corporea (sono un falso grasso!). Il mio polpaccio, essendo di grandi dimensioni, ha una forza traente (i muscoli tirano sempre!) di circa 400kg e questo basta per poter sollevare i 100kg del mio peso.

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in rosso il muscolo sanguinolento del polpaccio – in basso la gamba di Robocop

Così per le braccia, le gambe, le mani, la bocca ecc…così per la forbice, le pinze, l’accetta, le ruote dei nostri mezzi (spero sempre interi), le gru, i pistoni, i ponti, le strade…

Praticamente tutto, nel mondo, è riconducibile ad una macchina semplice…e noi siamo sempre a cercare il difficile…

 

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9 comments

  1. Kokab 22 dicembre, 2015 at 17:15

    a voler cavillare, siccome sul mare le cose cambiano nome, salvo pochissime eccezioni, l’argano a prua della nave che serve per calare ed alare l’ancora, non si chiama argano, ma bensì cabestano.
    quanto alla provocazione di blue, posso dire di aver a suo tempo imparato a brattare (quel buffo movimento che fanno i gondolieri veneziani), ma non ho la più pallida idea del tipo di leva che si veniva a costituire con l’ausilio del mio braccio, e non intendo coprirmi di ridicolo nel cercare di stabilirlo.

    • Genesis 22 dicembre, 2015 at 17:56

      Ho dato, tempo fa, un’occhiata al dizionario istorico teorico e pratico di marina del Monsieur Saverien (seconda metà del XVIII secolo) e ricordavo come fosse indicato come “argano” quell’attrezzo che solleva la gomena d’ancora…

      Do un suggerimento per il quesito di BLUE…il sistema Braccio-Remo-Scalmo-Acqua può portare in confusione. Ci sono due punti di vista, entrambi esatti…

      • Kokab 24 dicembre, 2015 at 00:25

        il dizionario di monsieur saverien l’ho trovato in vendita a 650 euro, spero che tu non abbia dovuto affrontare quella spesa…; scherzi a parte, si tratta di un antico e pregevole dizionario di marina, stampato in francia per la prima volta nel nel 1758, che evidentemente sconta l’usura dell’età, e non registra le variazioni intervenute successivamente. peraltro il termine cabestano deriva proprio dal francese cabestan, a sua volta probabilmente derivato dall’inglese capstan, e in tutte quste lingue definisce quell’argano a prua della nave con cui si manovra l’ancora, essendo stato negli ultimi due secoli il termine più largamente diffuso.
        a conferma del fatto che i marinai non ne vogliono sapere di usare termini terrestri (uno dei pochi è la corda dell’impiccato), oggi che cabestano è caduto in parziale disuso, è stato sostituito, in particolare nelle imbarcazioni più piccole, con il termine verricello

        • Genesis 24 dicembre, 2015 at 07:01

          …era solo per indicare quanto i termini tecnici possano storpiarsi nel gergo usuale nel lavoro giornaliero…difatti anche la sottile macroscopica differenza tra argano e verricello viene intesa malamente…spiegomi:
          Nel gergo comune si tende ad utilizzare il termine “argano” per un macchinario che tira una fune trascinando un carico. Ebbene, la differenza sostanziale della posizione dell’asse del rocchetto dove viene avvolta quella fune, tra orizzontale e verticale, ne implica la definizione di verricello per la prima e argano per la seconda.
          Indicato questo posso darti spiegazione Kobab, del perché anche il nome gergale “cabestano” sia andato in disuso…effettivamente, migliorando la tecnologia meccanica nei secoli, gli argani (cabestani) sono divenuti verricelli anche per le grandi navi, quindi macchine ad asse orizzontale.
          Poche volte si identificano ormai, nelle costruzioni umane, gli argani…gli impianti di risalita sono uno di questi…

        • Gennaro Olivieri 24 dicembre, 2015 at 11:16

          mi infilo in questa dotta dissertazione per aggiungere che il verricello di qualsiasi tipo e uso (anche quello montato su automezzi), in inglese si chiama tuttora capstan. I manuali d’uso della Land Rover traducono “capstan” in italiano addittura come “verricello a cabestano”.

          • Genesis 24 dicembre, 2015 at 11:41

            Purtroppo, mi trovate decisamente impreparato nella lingua inglese, quindi sono andato a verificare con i traduttori in rete, a disposizione, quali siano le traduzioni di “argano” e “verricello” in questa lingua.
            Più traduttori indicano con la medesima parola “winch” le due tipologie di macchine. Nei vari sinonimi inglesi di questa parola c’è “capstan”, quindi…fidandomi più della scienza applicata alla meccanica che del verbo profuso ad insegnarla, credo vi sia un bell’errore di fondo: due cose sostanzialmente diverse, che compiono lo stesso lavoro, possono essere chiamate nel medesimo modo…un po’ come per l’italico lemma “macchina” imposto all’automobile…

          • Kokab 24 dicembre, 2015 at 15:25

            il bello di queste cose è che si sa dove si inizia e non si sa dove si finisce; mi limito alle mie conoscenze per provare a dare qualche spiegazione. il winch è il termine inglese, di uso corrente anche anche in italia, che corrisponde all’italiano verricello, ed indica un “piccolo argano ad asse verticale, azionato a mano o a motore, utilizzato per mettere in tensione le manovre correnti”; si tratta in pratica di quella specie di tamburi metallici che vediamo solitamente sulla coperta o a piede d’albero delle barche a vela, e che servono a cazzare (mettre in tensione) le manovre correnti (scotte, drizze, amantigli, caricabassi ecc). come il cabestano, il verricello, o winch, è un argano ad asse verticale, e il termine argano mi pare quello a contenuto più generale, termine che nella peculiare cultura nautica si è differenziato negli anni, solitamente in base alle funzioni a cui l’oggetto era destinato. il cabestano ala l’ancora, come più tardi il verricello, mentre il winch cazza le manovre, che non sono le evoluzioni della barca sull’acqua, ma quelle “corde” diversamente nominate che servono a regolare le vele. del resto anche alare e cazzare hanno etimologicamente lo stesso significato, ma vengono usati con riferimento a funzioni diverse; in effetti la nautica è un mondo a parte, con regole poco comprensibili per i profani…

  2. Blue 21 dicembre, 2015 at 11:06

    Bello scritto. E divertente.
    Quesito “della Susy” per divertirci un po’: alcuni miei amici di un noto circolo canottieri di Torino (anche accademici di varie discipline 🙂 ) hanno dibattuto recentemente su quale tipo di leva (1°, 2° o 3° genere) costituisse il sistema imbarcazione (remo e scalmo)-vogatore-acqua. Se ne sono sentite di tutti i colori. A voi la palla. Non abbiate paura. Qualunque risposta darete, anche la più sbagliata, sappiate che non sarete i soli…
    Senza impegno eh…

    • Genesis 21 dicembre, 2015 at 13:11

      Non posso esimermi nella risposta, ma sono conscio che non posso espormi più di tanto.
      Per chi ci proverà, do un piccolo aiuto: valutare bene qual è il “fulcro” del sistema proposto dal buon BLUE.

      NB: essendoci scornati a scuola sul tema, ricordo come fosse stato facile al professore, con la sua spiegazione, mettere in crisi noi poveri mortali…nascosti sotto ai banchi!

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