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Morire per Parigi

Per la seconda volta in un anno ci troviamo a contare i morti lasciati a terra a Parigi dal terrorismo islamico, ma se nel Gennaio scorso era stato colpito un simbolo, un gruppo di intellettuali che certo non si era mai sottratto allo scontro delle idee, ieri sono state colpite le persone comuni, a teatro, nei ristoranti e nelle strade, alzando il livello dello scontro e rendendo reale la nostra insicurezza e la nostra paura: sapevamo di non essere al sicuro, e ce lo hanno ricordato nel modo più brutale possibile, oltre che con eccesso di misura.

Mentre le notizie di Parigi, ancora largamente incerte si rincorrono sui media di tutto il mondo, e i commenti ispirati al rigore e alla ragionevolezza mi sembra cedano il passo a quelli più rozzi e semplicistici, mi pare che i sentimenti prevalenti del mondo occidentale di fronte a questo atto di guerra che ci ostiniamo a definire semplicisticamente terrorismo, siano legati allo sconcerto e alla paura, e non è detto che la seconda prevalga sul primo.

 

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Ma da cosa deriva lo sconcerto? Ci hanno portato la guerra in casa e non ne comprendiamo il motivo? Ma la guerra sta alla radice della civiltà occidentale, che con la guerra è stata costruita e sviluppata, sia dal punto di vista filosofico, il “Polemos padre di tutte le cose” di Eraclito, sia dal punto di vista pratico, perché 2500 anni fa, nella culla della nostra civiltà l’abbiamo organizzata e sistematizzata con criteri che durano ancora: siamo stati noi, i greci, a trasformare i guerrieri in soldati, e siamo sempre stati noi a creare quell’arte della guerra che ci ha consentito di conquistare il mondo intero all’alba dell’era moderna.

Poi abbiamo esagerato, ed abbiamo trasformato gli eroici macelli dei tempi in cui si combatteva all’arma bianca o poco più, in orribili genocidi nei quali, invece che conquistare il paese del nemico, cosa anche comprensibile, andavamo a raderlo al suolo e a sterminare vecchi, donne e bambini, in una misura resa possibile esclusivamente dalla tecnica; le due guerre del secolo breve, con le loro decine di milioni di morti e i costi materiali e sociali immani che hanno determinato, lasciandoci vincitori e padroni del mondo, ci hanno indotto a ripudiare “per sempre” l’orrore della guerra, almeno a casa nostra.

 


 Il Castello di Bratislava

 

Oggi abbiamo gli eserciti più potenti che si siano mai visti, siamo in grado di colpire i nostri nemici senza sporcarci le mani, e quasi senza rischiare perdite, ma non siamo in grado di vincere nessuna guerra che richieda una gestione del dopoguerra, ossia nessuna guerra che non sia un genocidio, e non siamo in grado di affrontare nemici che non temono la morte, perchè chi dalla vita non ha nulla da perdere difficilmente la teme, mentre noi da perdere abbiamo moltissimo.
Il nostro sconcerto deriva dalla nostra incapacità culturale di combattere con sistemi antichi, appena tre generazioni dopo aver smesso, mentre gli altri ne sono perfettamente capaci, e dal fatto che ci ostiniamo a considerare ingiuste le guerre degli altri, come se solo le nostre fossero buone; il problema è che tutte le guerre in principio sono buone nello stesso modo agli occhi di chi le combatte, e sono poi la vittoria e la sconfitta a definirle in senso positivo o negativo.

 

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L’integralismo islamico è ora in guerra con noi, e non credo sia giusto cavarsela dicendo che sono dei semplici terroristi solo perché non ci fanno il favore di rispettare le nostre regole, perchè dovrebbero, in un conflitto asimmetrico nel quale la forza è tutta nelle nostre mani?

E poi, di quali regole chiediamo il rispetto? Quali regole abbiamo rispettato noi? Gli integralisti sono concentrati nel medio oriente, in un’area dove vive circa il 20% della popolazione islamica della terra, un’area sulla quale i nostri interessi legati al petrolio ci hanno guidato per un secolo all’utilizzo delle più sfacciate politiche imperiali e coloniali, e dove abbiamo infilato una serie di errori che a cercare di farlo apposta non ci sarebbero mai venuti. Restando solo nell’ultimo mezzo secolo, vogliamo fare un rapido elenco di quelli più clamorosi, concedendoci il lusso di omettere la questione di Israele?

 


 Il Muro del Pianto, Gerusalemme

 

In Iran, il paese più strategico dell’area, abbiamo sostenuto per decenni un tiranno sanguinario che ha aperto la strada a Komeini. In Afghanistan abbiamo armato gli integralisti per destabilizzare un paese caduto sotto l’influenza sovietica, con le conseguenze che abbiamo visto a partire dal tragico 11 Settembre. In Iraq abbiamo fatto la guerra ad un tiranno che almeno ci garantiva l’ordine (lo abbiamo fatto anche in Libia) senza avere il coraggio e la forza per gestire il dopoguerra in modo sensato. In Turchia non siamo stati capaci di assimilare, quando era possibile, il più importante dei nostri alleati in loco, e oggi abbiamo una tigre arrabbiata in casa; possiamo chiuderla qui, ma l’elenco potrebbe essere ancora lungo.

 

La storia ci presenta ora il conto dei nostri errori, e noi non siamo più attrezzati per pagarlo; da un lato non siamo più capaci di combattere come il nostro nemico, dall’altro sappiamo che se del medio oriente facciamo un deserto e lo chiamiamo pace avremo perso noi stessi, la nostra civiltà e la nostra cultura, dalla quale il genocidio è per fortuna sempre stato estraneo, salvo alcuni deplorevoli casi di cui solo pochi si vantano.

La guerra asimmetrica che stiamo combattendo è tale non solo per la disparità tecnica delle forze in campo, ma anche per il fatto che il nemico non è uno stato sovrano, ma una numerosa e agguerrita falange internazionale che coniuga l’integralismo religioso alla povertà estrema di quelle terre, dilaniate da decenni di dittature e dalle guerre che vi abbiamo portato, quelle si che si potevano fare, che nessuno di loro ha compreso e che oggi non comprendiamo più neppure noi.

Loro non sono uno Stato, come noi vorremmo, non sono un esercito, come ci piacerebbe, e forse sono anche plagiati da interessi inconfessabili, ma se anche sono una netta minoranza persino in quelle terre insanguinate, sono comunque tanti e sono pronti a morire per un’idea, per quanto bislacca e per noi è inconcepibile; non sempre ci si può scegliere il nemico, ma bisognerà pur dire che nei decenni trascorsi abbiamo fatto del nostro meglio per crearcelo così.

 

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Oggi, mentre a Parigi contiamo i morti, sentiamo crescere la nostra intolleranza, e sentiamo diffondersi a macchia d’olio quel sentimento che ci porta a chiudere le frontiere e rispedire a casa tutti quelli che hanno un certo nome e una certa faccia.
Ma rispedire chi e rispedire dove? Vogliamo vivere in paesi che saranno caserme blindate? Vogliamo tagliare un pezzo della nostra economia e del nostro benessere? Trasformare in nemici quelli che in definitiva rispettano le nostre regole e in molti casi ci pagano le pensioni? Ma poi, alla fine, vogliamo diventare dei barbari in cambio dell’illusione di una sicurezza che non avremo comunque, perché oggi nel mondo tutto viaggia velocemente, gli uomini e le merci come le idee e il terrore? Sarebbe come cercare di vincere una guerra mandando i vigili urbani.

I morti di Parigi meritano giustizia, anche vendetta se vogliamo, diamogliela, è un dovere, e possiamo anche morire per Parigi, ma non meritano che tutti noi diventiamo tanti piccoli Orban pronti alla guerra dell’inciviltà contro lo stato islamico, perché la perderemmo nel momento stesso in cui comincia.

 

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25 comments

  1. Gennaro Olivieri 16 novembre, 2015 at 17:42

    Il Presidente Hollande, davanti alle Camere francesi riunite, pronuncia un discorso importante e impegnativo. Per la prima volta un leader europeo chiama tutta la UE a un impegno militare comune contro un pericoloso nemico; mai era stata avanzata una richiesta così grave e urgente di attribuire all’Unione anche un significato e uno scopo militare.
    Parimenti importante è l’annuncio del prolungamento dello stato di emergenza sul territorio francese. E qui si coglie una contraddizione notevole nel ragionamento di Hollande. Il Presidente francese ha aperto il suo discorso rivendicando con orgoglio che la Francia è la patria dei diritti umani, sostenendo anche che questo è uno dei motivi che l’hanno resa bersaglio dei terroristi.
    Hollande parte da qui per comunicare il prolungamento del periodo di una certa sospensione dei diritti, arrivando anche a chiedere una modifica della Costituzione, in modo che l’esecutivo possa avere uno strumento più efficace e potente che faccia fronte a situazioni di crisi. A mio parere, Nazioni come la Francia non hanno bisogno di forzature e di modifiche ai fondamenti del diritto per difendersi da aggressori esterni. Dal 1789, i diritti dell’uomo e del cittadino sono talmente adulti da riuscire ormai perfettamente ad autotutelarsi e a difendere la comune convivenza, senza bisogno che qualcuno pretenda di sospenderli o limitarli con l’intenzione di proteggerli.

    • Tigra 16 novembre, 2015 at 18:51

      Non so se Hollande ha fatto quella richiesta al Parlamento con piena convinzione, perchè è un oggettivo indebolimento della democrazia, ma siccome la democrazia si è indebolita ovunque megli ultimi 30 anni, a molti viene naturale barattarne un po’ con un po’ di sicurezza in più: che poi sia una sicurezza reale è tutto un altro problema.
      Credo che pesino molto, in quete scelte, gli orientamenti dell’opinione pubblica, e se della Francia vediamo sempre la compostezza civile in queste occasioni, non possiamo però dimenticare che è il paese di Marine Le Pen.
      Fa paura il peso del terrorismo nell’urna, e forse si vogliono degli strumenti più radicali per debellarlo, a qualunque costo, ammesso e non concesso che siano effettivamente utili.

  2. Luistella 16 novembre, 2015 at 12:05

    Lo so che è giusto far un’analisi anche storica per comprendere la situazioni. Ma ora come ora e con gli eventi che sono accaduti, non riesco a vedere altro che un’organizzazione criminale che si basa neppure più su un’ideologia,ma su qualcosa che non saprei definire, se non l’intenzione di imporre con spargimento di sangue, un regno che chiamano stato islamico. Distruggendo ed uccidendo in primis, gli stessi musulmani, chiamando in causa la religione.
    Sappiamo tutti che i finanziamenti all’isis arrivanno dai traffici internazionali più biechi. Non so , come e quando potrà essere sconfitta questa guerra: so solo che questi criminali non meritano neppure un’analisi retrospettiva che possa in qualche modo contestualizzare le loro azioni. Sono criminali spietati , sembrano dei robot nelle loro azioni e come tali occorre che si riesca a “smontarne” il meccanismo. Forse io sono troppo presa, come tutti noi, dalla tragicità degli eventi; ma mi pare quasi che l’analisi sociale, storica, quel che si vuole, in qualche modo “dia delle giustificazioni” a questi atti di guerra e di sterminio. Il Papa ha detto che chi uccide in nome di Dio commette una bestemmia. E la “bestemmia” questo tipo di bestemmia ,va punita. Repressa. Lo si deve a tutte le vittime.

      • Luistella 18 novembre, 2015 at 16:07

        Ecco Tigra. Ho trovato nelle recensioni spubblicate qui in speciale parigi, la frase di Bernard Henri Levy, che spiegano ciò che ho cercato di dire in modo raffazzonato nel mio commento.
        “Questo nome non è il «terrorismo». Non è una dispersione di «lupi solitari» o di «squilibrati». Quanto all’eterna cultura della giustificazione che ci presenta gli squadroni della morte come gente umiliata, ridotta allo stremo da una società iniqua e costretta dalla miseria a uccidere dei giovani il cui unico crimine è di aver amato il rock, il football o la frescura di una notte autunnale in un bar, è un insulto alla miseria non meno che alle vittime.”

        • Tigra 18 novembre, 2015 at 17:49

          Vedi Luistella, io credo che il dolore e la rabbia, come pure il legittimo desiderio di giustizia, non ci debbano far dimenticare che i fatti vanno sia giudicati che spiegati, e che la spiegazione non è affatto una giustificazione.
          Dire che i terroristi di Parigi sono degli spregevoli criminali è un giudizio, a mio parere giusto, dire che il terrorismo nasce in mezzo a miseria, dolore e morte può essere una spigazione, giusta o sbagliata ha poca importanza, ma non è in nessun caso la giustificazione del terrorismo o del singolo terrorista.
          Il giustificazionismo è quel passo in più che ci porta a dire che sulla base della spiegazione si giustifica il crimine, ma quel passo bisogna farlo, e qui non mi pare che sia successo.
          Sul versante opposto, altrettanto pericoloso, vorrei ricordare che fra quelli che fingendo di respingere ogni giustificazione hanno finito col respingere anche ogni sensata considerazione, ci sono George W. Bush e Tony Blair, con gli effetti che oggi vediamo.

  3. M.Ludi 16 novembre, 2015 at 12:03

    Alla fine ci siamo arrivati: mentre Putin progetta il lancio di missili con testate atomiche a basso potenziale per distruggere i campi di addestramento dell’ISIS, gli aerei dell’ALA hanno compiuto una missione “selettiva” su obiettivi strategici a Raqqa, mirante a colpire i punti nevralgici del Daesh e indebolirne la struttura organizzativa.
    Trattandosi di obiettivi inseriti in un contesto urbano, per quanto precisa possa essere stata la loro determinazione, è indubbio che vi saranno state e continueranno ad esservi, vittime civili che spesso niente avranno avuto a che vedere con i tagliagole, anch’esse incolpevoli come i numerosi morti di Parigi, ed il cui numero difficilmente riusciremo mai a sapere.
    Emotivamente non poteva che andare a finire così: troppa la rabbia e l’odio ingenerato dai terroristi a gennaio (contro Charlie Hebdo) ed in questi giorni.
    Politicamente non poteva che andare a finire così: Hollande, stretto tra il tradizionale sciovinismo francese (che non certo con lungimiranza aveva suggerito l’intervento in Libia) e la marea montante del FN con Marie Le Pen che gioisce nel vedere quanto la barbarie finisca per fornirle ragioni da vendere, ha deciso per l’intervento e adesso, temo attenderà con trepidazione che altri seminino il terrore per le strade di Francia.
    Razionalmente non riusciamo a trovare una risposta adeguata a ciò che è accaduto ed anche se vorremmo credere alle parole di Gino Strada che inascoltate solcano l’aria, non sappiamo proprio come si possa ragionare con la barbarie senza fine di un regime medievale che non conosce che un obiettivo: distruggerci.
    Alla fine non resta che un interrogativo: come riuscire a fare terra bruciata intorno al terrorismo ed evitare che un miliardo e mezzo di mussulmani, stretti tra il fondamentalismo dell’ISIS e l’odio montante dell’occidente, finiscano per pensare che l’unica via percorribile sia quella di unirsi al Daesh?

      • Bondi James Bondi 16 novembre, 2015 at 13:17

        Non so se questa guerra si può vincere o no. I fanatici islamici hanno dalla loro una maggiore determinazione, che si spinge fino al sacrificio di sè in favore di un ideale, per quanto perverso possiamo considerarlo. Noi occidentali, al contrario, siamo assolutamente convinti che nessun ideale valga il sacrificio non solo delle nostre vite, ma anche dei nostri diritti di libertà.
        Siccome noi occidentali abbiamo una forma mentis supremamente speculativa, da questa nostra condizione di apparente debolezza dipendono anche altre valutazioni che facciamo, più o meno consapevolmente: la prima è che, giacchè disponiamo di armi che ci permettono di tenere sotto controllo abbastanza agevolmente i rischi che ci vengono dal terrorismo fondamentalista senza bisogno di mettere ad alto rischio la vita di ognuno di noi in una guerra tradizionale, bene, usiamole.
        La seconda considerazione, che è però avallata abbastanza stupidamente dai fanatici islamici con le loro azioni, è che la vita e addirittura ogni singolo diritto di un singolo occidentale, hanno un valore incommensurabilmente superiore alla vita di un gran numero di musulmani. Dall’11 settembre in poi, l’arido conteggio dei morti dimostra questo. Per quante azioni eclatanti e terrificanti Al Qaeda o lo Stato islamico possano escogitare, noi non siamo carne da cannone o da bombe, loro sì.

        • Remo Inzetta 16 novembre, 2015 at 15:01

          La tua contabilità trascura almeno due particolari: il primo è che i musulmani sono molti di più di noi, che rischiamo quindi di esaurirci prima, e il secondo è che mentre loro vengono ad uccidere e a morire, noi mandiamo ad uccidere solo gli aerei.
          Il fatto che loro siano carne da cannone, e noi no, è dal loro punto di vista solo un vantaggio.

          • Bondi James Bondi 16 novembre, 2015 at 16:45

            scusa Remo, gli islamici sarebbero molti più di “noi” chi? Gli abitanti di Europa e Americhe sono pari al numero dei musulmani nel mondo, se invece ci conti per religione, i cristiani sono molti più dei musulmani. Quanto al fatto che loro siano carne da cannone, è un “vantaggio” che lascio loro più che volentieri.

  4. Bondi James Bondi 16 novembre, 2015 at 10:56

    L’unica risposta fattibile e sensata mi sembra quella messa in atto dai francesi: non cambiare una virgola dei nostri comportamenti laici e “idolatri” , e riempire di bombe i fanatici islamici nelle loro tane.

  5. Jane 16 novembre, 2015 at 10:14

    stamane mi sveglio con la radio che trasmette la voce della madre di Valeria Solesin, che parla di sua figlia come di una persona che il paese deve ricordare..persona..non figlia solo sua, figlia di tutti noi. Non a caso, da genitori così dignitosi, Valeria era sana e robusta nelle idee di partecipazione al mondo e soprattutto all’Europa. Hanno colpito i nostri giovani, il nostro futuro e la nostra idea di piacere, del godimento..dell’eros, il rock è liberatorio..tutti i profili dei ragazzi deceduti sono particolari e di avanguardia.
    Non so come si torna indietro dalla guerra, se è possibile a questo punto. Ma non ora. Ora vanno combattuti. Mi scopro così, vendicativa e resistente stamattina. Mi dico che è giusto.

  6. Por Quemada 16 novembre, 2015 at 08:35

    E’ troppo facile fare le analisi senza proporre delle vere soluzioni.
    Cosa dovremmo fare? Mandare i nostri soldati a combattere casa per casa in Siria e in Iraq?
    E se ci teniamo in casa tutti i musulmani che ci sono oggi impieghiamo l’esercito per controllarli?
    Sono tutte chiacchiere, i cittadini europei non vogliono mandare i loro figli a morire in medio oriente, e se proprio dobbiamo vivere in uno stato di polizia, che sia almeno per controllare le frontiere non le nostre case.
    Anche se i possibili terroristi fossero solo lo 0,1% degli immigrati, sarebbero comunque un pericolo troppo grande.

    • Genesis 16 novembre, 2015 at 11:54

      Nessuno di noi può dare soluzioni, può solamente proporre il proprio pensiero.
      Ricordati, PorQuè, che quelli che indichi come “musulmani” sono Persone, famiglie, bambini…tali e quali a noi e che dovrebbero avere le medesime libertà.

        • Genesis 17 novembre, 2015 at 15:51

          Oltre alle vittime francesi le altre nazionalità sono state: Algeria, Belgio, Gran Bretagna, Cile, Germania, Italia, Messico, Marocco, Portogallo, Romania, Spagna, Svezia, Tunisia, Usa…forse qualche musulmano lo troviamo?

          Per me il tuo discorso è assurdo!

          • Por Quemada 17 novembre, 2015 at 16:43

            Erano cittadini francesi, o ospiti della Francia, stavano in occidente, che è casa nostra; ci saranno sicuramente vittime musulmane, e anche se maggioranza dei musulmani sarà composta da persone oneste, questo non risolve il problema, perchè i killer vengono proprio da li, nascono e crescono fra i musulmani onesti.
            Qualcuno degli attentatori era cresciuto in Francia, che è stata troppo accogliente in passato e oggi purtroppo ne paga il prezzo; ricorda anche che gli attentatori hanno sparato in nome dell’Islam.
            Ti risulta che le comunià musulmane, che non si integrano da nessuna parte, abbiano mai denunciato alla polizia un solo estremista?
            Per me il tuo discorso è incomprensibile!

        • Genesis 17 novembre, 2015 at 17:58

          Rispondo quì al tuo ultimo, per motivi di spazio.
          Seguendo il tuo ragionamento, visto che in USA c’è e c’è stata la mafia, avrebbero dovuto espellere tutti gli italiani…altro esempio, visto che vi sono centinaia di femminicidi dovuti alla violenza del compagno (maschio), dovremmo espellere tutti gli uomini dal nostro paese…
          OK, preparo le valige!

          Questo è l’Assurdo!

  7. nemo 16 novembre, 2015 at 08:34

    Come al solito il nostro Kokab, con il suo intervento centra il problema. Lo fa partendo dal presupposto che nessuno, dico nessuno, ha la verità in tasca, e questo, dal punto di vista culturale non è poco. Che la nostra civiltà sia nata con la guerra è risaputo, nessuno di noi,se ha un minimo di conoscenza della storia, non può non riconoscere che la guerra è stata per millenni nel nostro DNA. Oggi questa, che è la maledetta occupazione dell’uomo, ha cambiato la sua stessa natura, ieri erano soldati che si affrontavano in armi, sono poi diventati , con l’avvento delle armi da fuoco, carne da macello, oggi sono fantasmi mossi da una molla, ancora più pericolosa della molla nazionalista, questa molla somma la prima alla seconda, somma il nazionalismo al fanatismo religioso. Ammettiamolo ci siamo passsati noi, un millennio fa ed oggi ci si ripresenta sotto vecchie e nuove spoglie. Ma..giustamente leggo, che vi sono sempre nostre responsabilità, solo un cieco non le vedrebbe, e di ciechi noi ne abbiamo da vendere. Però questo non ci deve far perdere di vista quello che, con grande pragmatismo dovremmo vedere. I novelli martiri dove nascono e dove crescono nella loro visione di guerra di liberazione ? Ecco, molti di loro sono nati, cresciuti, e vivono tra di noi. l’unico popolo che ha avuto una così grande unità,malgrado la storia e gli uomini, abbiano tentato di cancellarlo è il popolo ebraico. Forse il paragone risulterà azzardato, ma pensiamoci, non c’è un popolo, inteso in senso lato, che abbiamo davanti e che reclama, c’è una setta di fanatici religiosi che neanche nel più buio dei secoli cristiani abbiamo visto. Costoro non si muovono per difesa della identità nazionale ma per quella religiosa. Arabi, africani, orientali, tutti costoro di razze diverse si ritrovano uniti nel nome del loro dio. Il parlare di assimilazione, di inserimento, in questo contesto è fuori luogo. Come fai ad assimilare chi non ti vede come uguale ? Chi ti conosce come nemico, non di razza ma di religione ? Ed è questa la nostra più grande debolezza! La definiamo forza, non me la sento di dissentire, ma essi la vedono così. Leggere che ragazzi, della nostra civile Europa, partono per diventare guerrieri, tra loro dei tagliatori di teste , tra loro degli stupratori, tra loro ragazzi che hanno frequentato le nostre scuole, sono stati amici dei nostri figli, hanno mangiato lo stesso cibo che mangiamo noi, scoprire che costoro parlano la nostra stessa lingua ma non si riconoscono nei nostri valori, quelli che credevamo fossero diventati i loro , dovrebbe farci pensare ed ammettere che in qualcosa abbiamo sbagliato, ed è questo il punto, i critici, che prendono come spunto, e lo usano. Quello che per noi è un segno di civiltà per costoro è solo segno di debolezza. La cosa peggiore è che il fine di questi assassini lo si raggiunge solo se noi perdiamo quella civiltà e la opinione pubblica si avvia verso questo, possiamo dargli torto ?

  8. Genesis 16 novembre, 2015 at 06:39

    La tua analisi, Kobab, è la migliore che ho letto in questi giorni.
    Sono fiero di partecipare a questo gruppo di persone nella costruzione di modus.

    Aggiungo allo scritto, sperando di non eccedere e non sovrappormi, che a questo punto, visto che sono “tutti riuniti”, ognuno dei capi di stato mondiali, il nostro compreso, cominciassero a battersi il petto per un “mea culpa” elemosinando il perdono dai propri popoli…anche se la storia cominciò qualche generazione fa!

  9. Berto Al 15 novembre, 2015 at 20:01

    Sono due giorni che leggo tutto ciò che mi capita sotto gli occhi senza capacitarmi di quante banalità, ovvietà, volgarità, siano pieni giornali e siti web: si passa indistintamente dall’incitamento alla rappresaglia al consiglio di costruire muri per finire nella becera condanna di popolazioni intere. Dovevo tornare in questo appartato luogo virtuale per trovare le parole che cercavo.

  10. Osita 15 novembre, 2015 at 18:50

    Dossetti cerca di porsi la questione del rapporto con l’occidente in termini non superficialmente politici, ma di ricerca profonda di possibili soluzioni, auspicabilmente durature. E soffre come errori storici grossolani e irrimediabili alcune scelte politiche e militari che sfoceranno nella prima guerra del Golfo (e dopo la sua morte, in una seconda guerra del Golfo) e nell’esplosione di processi di instabilità che da quell’area possono dilatarsi al mondo intero. Anche alla luce dei processi di crescente instabilità che proprio in queste ore sembrano coinvolgere tutta l’area del Mediterraneo, risultano particolarmente sapienti e profetiche le parole che scrisse, in modo anonimo, nell’ottobre del 1990, sulla rivista “Il Regno” alla vigilia dell’operazione Desert Storm: “Unico risvolto positivo della vicenda: questi fatti entreranno sempre più nella consapevolezza politica dei popoli. Di questi popoli anzitutto, ma anche di molti altri popoli asiatici e africani, con la conseguenza pressoché inevitabile di portare tumultuose reazioni in un vasto ambito di stati, più o meno direttamente coinvolti; reazioni che nessuno sarà più in grado di dominare. E questo non solo in tutti i paesi arabi, dalla Palestina allo Yemen, ma anche in Turchia la cui situazione diventa sempre più difficile, in Egitto dove le ripercussioni sono inevitabili, e negli altri paesi del Maghreb, aggravando crisi già in atto come quella del Sudan e di altri paesi africani. Tutto questo difficilmente non si estenderà al Pakistan e alla Repubbliche sovietiche mussulmane…l’islamismo radicale ne trarrà vantaggio. Anche se Saddam Hussein fosse eliminato, l’occidente si troverà di fronte ad un islamismo radicale più difficile da combattere e ideologicamente più inestirpabile, sia nei paesi mussulmani che nell’Europa stessa

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