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della serie “QUESTA IDEA DEVE MORIRE”

 

 

di Giulio Boccaletti
Fisico, scienziato atmosferico e oceanico
(Traduzione Redazione Modus)

La stazionarietà

Quando nei primi anni del 1800 Petra, l’antica capitale dei nabatei, è stata “riscoperta” da Johann Burckhardt, sembrava impensabile che qualcuno avesse potuto vivere in un posto così arido. Eppure, al suo apice nel primo secolo avanti cristo, Petra era il centro di un potente impero commerciale, ospitando di più di 30.000 persone.

L’esistenza di Petra fu testimonianza di quanto la gestione delle acque possa sostenere lo sviluppo della civiltà nelle circostanze più estreme. Questa parte del mondo, oggi Giordania, sopravvive con meno di 70 millimetri di pioggia annua, in gran parte concentrata in poche precipitazioni nella stagione delle piogge. Duemila anni fa la climatologia della zona era simile, ma Petra riuscì a prosperare grazie ad un sistema di cisterne scavate in rocce sotterranee, terrazzamenti, dighe ed acquedotti che conservavano l’acqua dalle sorgenti e dagli scoli piovani. Per via di tale infrastruttura Petra riuscì ad alimentarsi, fornendosi d’acqua potabile e sostenendo le necessità di una città vibrante.

 

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Cisterna d'acqua, Monte Haroun, Petra - Giordania

 

La storia di Petra non è dissimile da quella di molti altri luoghi sparsi nel mondo. Dalla parte occidentale degli Stati Uniti alla Cina settentrionale, dal Sud Africa al Punjab, insediamenti umani hanno potuto prosperare grazie alla ingegnosità degli uomini e all’ingegneria idraulica, permettendo il superamento delle avversità causate da sistemi idrologici difficili e a volte impossibili sistemi.

Che gli ingegneri Nabatei ne fossero consapevoli o meno, per realizzare infrastrutture idriche affidabili, si affidarono – come poi fecero tutti gli ingegneri idraulici – su due proprietà comunemente assunte degli eventi idrologici: la stazionarietà e, fattore più esoterico, l’ergodicità. Entrambi i concetti hanno un significato matematico ben definito. In poche parole, stazionarietà implica che la distribuzione di probabilità di un evento casuale è indipendente dal tempo, mentre un processo stazionario è ergodico se, in un tempo sufficientemente lungo, si realizzerà la maggior parte delle molteplici opzioni ad esso disponibili.

 

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In pratica, questo permette di supporre che se un evento è stato osservato per un periodo sufficientemente lungo, si avranno con ogni probabilità abbastanza informazioni per rappresentarne le funzioni distributive in qualsiasi punto del tempo. Nel caso dell’idrologia, ci permette di definire gli eventi utilizzando statistiche climatiche, tipo il riuscire a definire “l’alluvione piu grande degli ultimi cento anni.”

L’ipotesi che l’idrologia possa essere rappresentata da tali processi stazionari rende possibile progettare infrastrutture il cui rendimento può essere adeguato in futuro. Dopo tutto le infrastrutture idriche, quali dighe, argini e così via, debbono durare per decenni, se non per secoli, per cui è importante che siano dimensionate per resistere alla piu vasta gamma di eventi previdibili. Questo è ciò che ha permesso ai nabatei, alla Cina, all’America, al Sud Africa e agli ingegneri idraulici indiani di progettare infrastrutture idriche su cui poterono legittimamente contare. Queste infrastrutture, finora, sono state di gran successo.

 

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Parte del California State Water Project

 

La stazionarietà offre uno stratagemma vantaggioso e semplificativo: far sì che la pianificazione della futura gestione idrica sia basata su una serie di eventi idrologici sufficientemente lunga nella storia idrologica, perché il passato è una sequenza rappresentativa di realizzazioni di una (quasi) fissa probabilità distributiva.

Semplice. Ma, naturalmente, nel mondo reale dove non esiste una condizionale controfattuale e dove nessun singolo esperimento è sempre in corso, questi assunti sono veri solo fino a prova contraria. Attualmente ci stiamo rendendo conto che queste ipotesi sono, infatti, sbagliate. Non solo teoricamente erronee ma viziate anche nella pratica.

 

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Negli ultimi anni un numero crescente di osservazioni hanno corroborato l’idea che le probabilità distributive, finora assunte come fisse, non lo siano affatto. Stanno cambiando e cambiando velocemente: molti di quelli che prima erano “eventi che accadevano ogni cento anni” hanno maggiori probabilità di verificarsi ogni venti anni; siccità, che erano considerate estreme o e piuttosto improbabili nel passato, sono oggi molto più communi.

Cambiamenti accelerati del clima, accoppiati ad un’economia globale molto più sensibile, in cui molte più persone e valori sono in gioco, stanno rivelando che in realtà non viviamo in un mondo tanto stazionario quanto si pensava. Le infrastrutture progettate per quel mondo che si pensavano destinate a durare  ancora per decenni si stanno ora rivelando sempre più inadeguate.

 

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Le implicazioni sono straordinarie per il nostro rapporto con il pianeta e le sue risorse idriche. Un ambiente, in linea di massima stazionario, può essere progettato “alla buona“. Qualcuno si prenderà cura di esso, fin quando saremo in grado di definire di cosa abbiamo bisogno e avere abbastanza risorse per permettercelo. In un mondo non stazionario tutto cio è diverso. Il problema della gestione delle acque non è disaccoppiato dalla dinamica del clima, come la climatologia non è più costante nelle cronologie. Ci troviamo di fronte ad un variabilità imprevedibile, il passato non è più necessariamente una guida per il futuro e non possiamo più fare semplicemente affidamento sul fatto che “qualcuno se ne prenderà cura alla bisogna“. “Questo” oramai non è più solo un problema di ingegneria. Climatologia, idrologia, ecologia e ingegneria, diventano tutti strumenti importanti nella gestione di un problema dinamico, la cui natura richiede adattabilità e capacità di recupero, in cui la nostra economia deve essere pronta all’adattarsi, perché nessuna infrastruttura voluta per il lungo termine potrà gestire eventi per i quali non era stata progettata.

 

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I nabatei furono incorporati nell’Impero Romano nel primo secolo dopo cristo e nel corso dei secoli successivi la loro civiltà si è lentamente estinta, vittima dei cambiamenti delle rotte commerciali e di trasformazioni geopolitiche (prova del fatto che mentre l’acqua può supportare lo sviluppo delle civiltà, non è affatto sufficiente per farle prosperare!) Oggi abbiamo centinaia di città in tutto il mondo che, proprio come Petra, si basano su infrastrutture idriche progettate per supportarne la crescita. Da Los Angeles a Pechino, da Phoenix a Istanbul, le grandi città del mondo dipendono da fonti idriche affidabili in un contesto idrologico inaffidabile.

Se la stazionarietà è davvero una cosa del passato, la gestione delle acque non è più un affare solo per “camici bianchi”, qualcosa che può essere lasciata nello sfondo. Dobbiamo ponderare le nostre scelte, avere piani di emergenza per eventi di cui non abbiamo esperienza precedente, accettando la possibilità di sbagliare. In altre parole, dobbiamo passare dalla gestione delle acque alla gestione del rischio.

 

Per approfondire i processi stocastici, stazionarietà ed ergodicità

La stazionarietà

SCI 181215-00-110  Introduzione alla serie “Questa idea deve morire”

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