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L’Anatolia fuggente

L’Anatolia fuggente

Al netto della figura da spazzacamini che hanno fatto gli ufficiali turchi, in passato capaci di cinque colpi di stato eseguiti con una efficienza austroungarica, e oggi finiti in galera in massa e in poche ore come delinquenti qualunque, bisognerà pur chiedersi chi aveva ragione, e se l’occidente ha fatto una scelta giusta schierandosi dopo poche ore e senza incertezze a fianco di Erdogan.

Tanto per non girarci attorno dirò subito che a me la domanda pare semplice, e la risposta francamente imbarazzante: avevano ragione i soldati, e Obama e Merkel hanno sbagliato a salvare il sultano.

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Intendiamoci, Erdogan è il legittimo presidente della Turchia, ha un consenso maggioritario soprattutto fra la popolazione non occidentalizzata che vive fuori dalle grandi città, ha vinto con chiarezza tutte le elezioni nelle quali si è candidato, ha certamente contribuito a determinare lo sviluppo economico del paese degli ultimi dieci anni, e se nella notte fra il 15 e il 16 luglio non fosse tornato al potere si sarebbe rischiata la guerra civile, perché comunque il paese anatolico non è l’Egitto di Al Sisi, e una permanenza al governo del partito islamico per un così lungo periodo non può essere paragonata al breve autunno dei fratelli musulmani.
In più la Turchia è forse il paese più strategico per la NATO, almeno in questo periodo di guerre asimmetriche e di incerti confini.

Tutte cose vere, che hanno reso difficilissima la decisione assunta la notte scorsa dai principali leaders occidentali, una di quelle che fanno tremare i polsi; certamente non sarò io ad augurarmi i bagni di sangue, da nessuna parte, eppure sul piano dei principi c’è qualcosa di indecente in Erdogn, e qualcosa di poco saggio nella scelta dell’occidente, che questa mattina lascia in qualche modo l’amaro in bocca.

Erdogan è un presidente democraticamente eletto, ma è anche un autocrate illiberale e antidemocratico che usa sistemi da satrapia orientale per difendere e consolidare il suo potere, bastona l’opposizione come un qualunque dittatore di uno stato ex sovietico, intrattiene spregiudicati rapporti con Daesh in funzione anti kurda, una delle grandi piaghe purulente di quell’area geopolitica, ed è per buona misura ferocemente anti israeliano, non proprio il massimo per i principi liberali di base e per l’interesse dell’occidente.

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BLG 160716-05

 

In questo insieme di paradossi c’è un aspetto che a me pare dirimente nella valutazione della parabola politica di Erdogan e dei fatti di oggi, il Presidente turco si colloca come un rasoio affilato su uno degli snodi più critici della politica moderna, per recidere alla base il rapporto virtuoso fra libertà e democrazia, e farlo diventare una ferita dalla quale non credo possa venire nulla di buono, per la Turchia e per noi.

Lui personalmente non ne ha immagino la più pallida idea, ma libertà e democrazia sono concetti diversi e spesso antitetici: il primo definisce la sfera dei diritti, il secondo è sbilanciato sulla sfera dei doveri e degli obblighi, il primo definisce la diversità delle persone e riconosce il valore strutturale di questa diversità, il secondo attiene al principio di uguaglianza, e garantisce un peso analogo a persone o cose diverse; il primo, la libertà, è il principio dell’individualità, il secondo, la democrazia, è il principio della collettività, e non sempre i due interessi rappresentati coincidono.

C’è, ovunque esistano, un punto di equilibrio fra libertà e democrazia, che se viene superato determina storture e patologie, sia dell’una che dell’altra, e Erdogan questo limite lo supera sempre, ogni giorno, da quando è in politica.

La sfera dei diritti individuali in Turchia ha smesso di esistere, alcune delle fondamentali libertà personali e politiche, di pensiero, di opinione, di parola, di stampa, di libera associazione, sono regredite di fronte alla prepotenza dello stato, e l’interesse della maggioranza, che non corrisponde affatto a quello della collettività, e tanto meno a quello delle singole persone, è andato ad incidere su un patrimonio indisponibile, la libertà di tutti: alla fine quell’eccesso di democrazia che mette in crisi la libertà, che è la dittatura della maggioranza, determina anche la crisi della democrazia stessa, perché quel che residua dopo la rottura del rapporto fra l’una e l’altra è una ben povera cosa.

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BLG 160716-02

 

Il problema è che Erdogan non è solo, perché questo modello di governo, oltre ad essersi diffuso in molti stati che prima del 1989 stavano dietro la cortina di ferro, Ungheria, Polonia, Russia, Ukraina e altri minori, sta cominciando a prendere piede, fra le persone ancor prima che fra le istituzioni, anche in paesi di più consolidata tradizione liberale e democratica, con i mille razzismi e i mille populismi che ci fanno considerare la libertà un lusso, e oggi, difendendo la democrazia turca, che è una democrazia populista e quindi limitata, abbiamo colpito la libertà dei turchi, e l’idea della libertà in generale, compresa la nostra che già non sta tanto bene.

Questa libertà valeva un possibile bagno di sangue in Turchia? I militari avrebbero garantito maggiori libertà e un tasso accettabile di minore democrazia?

Non saprei dire con certezza, le vicende passate sono decisamente in chiaroscuro, ma ammetto che di fronte all’autocrazia “moderatamente” islamica di Erdogan preferisco di gran lunga lo stato kemalista, se dovessi scegliere fra un dittatore laico e uno clericale, preferirei di gran lunga il primo, e se dovessi infine optare fra la dittatura della maggioranza e quella della minoranza sarei molto tentato dalla seconda, sia perché è più facile da abbattere, sia perché può ragionevolmente essere meno irrazionale.

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BLG 160716-06

        La bandiera kemalista-nazionalista con le "sei frecce" di Atark

 

È stata una saggia realpolitik quella di fermare i militari turchi?

Anche qui è difficile rispondere, e forse solo i potenti della terra hanno dei fondati elementi di giudizio sul rapporto costi/benefici che ne sarebbero derivati, anche se averli non vuol poi dire saperli ben valutare, come la valutazione nel lungo periodo non equivale necessariamente a quella sul breve; certo, avere nella NATO un alleato scomodo come la Turchia equivale ad avere nell’Unione Europea stati come l’Ungheria, governati da fascisti in pectore, ed entrambi i casi sono fattori di pesanti tensioni che ci fanno muovere col passo del gambero.

 

BLG 160716-07

      Il Palazzo Presidenziale costruito ad Ankara per volere di Erdogan

 

La Turchia è un grande paese, una potenza economica e militare che potrebbe, se saggiamente gestita, dare equilibrio a quella che un tempo si chiamava Asia minore, e che oggi è invece una delle polveriere del mondo; è però anche uno stato caratterizzato da un nazionalismo feroce, che combatte da decenni con un intero popolo che ha la disgrazia di vivere dentro i suoi confini, un paese che si è macchiato del primo orrendo genocidio del secolo breve, che non a caso si rifiuta di riconoscere, e che oggi è guidato e si fa guidare da un politico di ispirazione coreana, così sciocco da abbattere un aereo russo per fare lo sbruffone, e così rozzo e bifolco da farsi costruire un palazzo da 1500 stanze, in spregio alla decenza e al buon gusto, per non parlare, ed è gravissimo, del processo di delaicizzazione che sta imponendo al suo paese: onestamente, al netto di quello che non so, credo che al posto di Obama avrei colto l’attimo fuggente, in fondo non sarebbe stato il primo golpe della storia americana.

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BLG 160716-03

Aggiornamento del 18/07/16

Scrivendo in corrispondenza di eventi drammatici e confusi, quando le informazioni sono ancora sommarie e magari inattendibili, si corre sempre il rischio di sbilanciarsi in interpretazioni che poi vengono rapidamente smentite dai fatti; non è un piacere, ma fa parte delle regole del gioco.

 

A tre giorni dal tentato colpo di stato mi pare che alcune precisazioni siano quanto mai opportune, pur senza stravolgere il senso delle cose che avevo scritto.

Personalmente non credo che il golpe sia stato una macchinazione di Erdogan, ma quella dei militari turchi è stata certamente la fuga in avanti di un gruppo consistente ma non maggioritario delle forze armate, un gruppo evidentemente male organizzato, privo di coordinamento, e soprattutto privo di consenso; difatti, mentre i soldati, in modo anonimo e senza metterci una faccia, invitavano la popolazione a chiudersi in casa, il presidente (minuscolo voluto), mentre volava indisturbato su tutti i cieli della Turchia, la invitava a scendere in piazza, e i turchi ci sono andati.

I militari non hanno sparato sulla folla, e meno male direi, se no si sarebbero resi indifendibili, ma il fatto che si siano mossi senza riuscire a decapitare al primo colpo la catena di comando dello stato, a partire dal vertice, ci da la misura della loro esasperazione, ma non certamente quella di una grande avvedutezza.

Oggi Erdogan è più forte e più cattivo di prima, sta epurando magistratura, forze armate e la parte che ritiene infedele della polizia con numeri da golpe cileno, si appresta a tornare alla carica per ottenere l’ampliamento dei suoi poteri, non dubito che aumenterà il peso della repressione interna sugli avversari politici e sull’opposizione, e credo che aumenterà la sua spregiudicatezza in politica estera, settore nel quale si è sempre comportato da pirata; sotto questo profilo, il fatto che recentemente abbia riallacciato i rapporti con Putin e Assad, dopo averli in ogni modo combattuti, la dice lunga sull’affidabilità della persona.

Infine che il sultano come prima cosa all’alba dello scampato pericolo abbia puntato il dito contro gli Stati Uniti ci dice che probabilmente le cancellerie occidentali hanno taciuto, augurandosi il successo dei militari, fino a quando non hanno capito che avrebbero perso, per fare a quel punto una tardiva difesa d’ufficio della democrazia.

A parte il risultato disastroso di questi eventi, per i turchi e per il mondo, a me resta la sensazione che fra questa Turchia e l’occidente ci sia ormai un permanente conflitto d’interessi, e non vedo come sia possibile giustificare la partnership esistente.

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7 comments

  1. Tigra 20 luglio, 2016 at 22:34

    @ Berto Al
    Non credo di aver compreso bene il senso del tuo commento, ma vero o falso che sia stato il golpe non vedo nessuna ragione di ottimismo sugli esiti di questa situazione.
    I politica interna Erdogan sta azzerando brutalmente ogni forma di opposizione, politica culturale e intellettuale, e sta facendo a pezzi l’opera di Ataturk, dichiarando guerra al 40% del paese; in politica estera ha interessi che sostanzialmente confliggono con quelli dell’occidente e sarà, nella migliore delle ipotesi, quello che è sempre stato, un partner pericoloso e inaffidabile.
    In più, oltre ad essere un politico abile e spregiudicato, è sostanzialmente un pazzo pericoloso; veramente non riesco ad immaginare niente di positivo per il futuro turco e per l’equilibrio della regione.

  2. nemo 17 luglio, 2016 at 09:21

    Per un attimo quelle notizie hanno messo l’occidente nel panico. Come comportarci ? Quale dovrebbe essere la nostra posizione, fortunatamente il Presidente eletto ha ripreso il controllo della situazione, dico fortunatamente perchè questo ha evitato alle cancellerie occidentali dal prendere posizione. Ora, il Presidente, presenterà il suo conto, alle stesse sia chiaro. Ora la sua forza è sicuramente meggiore, ora potrà fare e dire, sopratutto, pretendere, quello che vuole. Il Paese, è essenziale, viene riconosciuto, anzi stromabazzato, per la sua collocazione geografica, per il suo ruolo nella Nato, per il suo potere di contrasto nel problema della immigrazione, sia quella umanitaria, dei profughi che l’altra, quella economica. Ora potrà presentare il conto ad una Europa, ed in generale all’occidente che come al solito non fa che balbettare, sui diritti civili, sulla repressione delle minoranze, su tutto ciò che, fino ad ora, erano i suoi capisaldo, teorici, ma che venivano, regolarmente messi in sordina dalla realpolitik.

  3. M.Ludi 16 luglio, 2016 at 21:42

    Se, come afferma Antonio Ferrari sul Corriere, si fosse trattato veramente di una colossale farsa orchestrata da Erdogan per dare l’ultima spallata all’opposizione e passare alla realizzazione del suo progetto, al netto di tutte le considerazioni su Erdogan e la Turchia che sottoscrivo in pieno, le figure dei leader occidentali rischiano di apparire ancora più grottesche di quanto non lo siano adesso, perchè non possono aver ignorato completamente ciò che è accaduto e avrebbero dovuto fare qualcosa, quantomeno per smascherare il gioco sporco del dittatore di Ankara.

    http://www.corriere.it/extra-per-voi/2016/07/16/chi-c-dietro-golpe-fasulloin-turchia-che-cosa-succede-ora-600dabda-4b47-11e6-8c21-6254c90f07ee.shtml

    • Tigra 17 luglio, 2016 at 10:24

      Ho letto con attenzione l’intervista di Antonio Ferrari, e pur riconoscendo l’autorevolezza della fonte non riesco a condividere le sue conclusioni.
      Troppi morti, troppe persone che si sono esposte e che nella migliore delle ipotesi finiranno col marcire nelle galere turche, presumo non molto cambiate dai tempi di “Fuga di mezzanotte”, per credere che fosse solo una sceneggiata organizzata da Erdogan per rafforzare il suo potere.
      Tutto quel che restava della classe dirigente laica, nelle forze armate e nella magistratura, da domani sarà nella migliore delle ipotesi del tutto disoccupata, e queste persone dovrebbero essere dei burattini di Erdogan?
      Mi pare troppo cinematografico per essere vero.
      Punterei su una interpretazione “mediana” dei fatti di ieri, il golpe è stato chiaramente improvvisato e male organizzato, Erdogan non era impreparato, perchè aveva magari qualche segnale, e sopratutto perchè non lo è mai, è riuscito a mettersi in salvo e parare il colpo: il risultato finale è un disastro, con il sultano più forte e spregiudicato di prima.
      Lo scenario diverso, con il presidente turco che si prende il rischio di dare la spinta decisiva al golpe di una parte comunque consistente dell’esercito, che potrebbe anche trascinarsi rapidamente dietro il resto, queste cose si scoprono sempre dopo, mi pare ad un tempo troppo semplice e troppo fantasiosa.
      Condivido invece totalmente il giudizio sulla figura grottesca dei leader occidentali, che sembra abbiano aspettato di vedere l’evolversi del golpe prima di battere un colpo.

      • M.Ludi 18 luglio, 2016 at 20:50

        Comprendo il tuo punto di vista, e ciononostante, ti invito a riflettere su di un aspetto non secondario: se Ferrari ha torto (come tu legittimamente ritieni), in quale modo, escludendo una lunga e meticolosa preparazione, Erdogan ha potuto in pochissimi giorni decapitare tutta o quasi la classe dirigente del suo Paese e sostituirla?

        • Tigra 18 luglio, 2016 at 22:11

          Erdogan progetta da anni la realizzazione di un regime autoritario, e penso che avesse identificato da tempo i suoi nemici, quanto meno nelle forze armate, nella magistratura e nella pubblica amministrazione; credo che semplicemente fosse pronto all’evenienza, e ha sfruttato l’occasione.
          Quanto al merito della questione, dubito che sapremo mai come sono andate le cose, forse fino in fondo non lo sa neanche Obama, non pretendo certo di saperlo io.
          Come tutti noi ho optato per una delle ipotesi possibili, forse è giusta e forse è sbagliata, ma in ogni caso il risultato finale del golpe, vero o inventato che sia, è che Erdogn ha fatto saltare il banco.

          • Berto Al 20 luglio, 2016 at 18:28

            A quelli come lui, fare piazza pulita all’interno del Paese non può bastare ed ha, in ogni caso, necessità di tessere una tela di relazioni estere che se fosse orientata verso la Russia, lo porterebbe automaticamente lontano dall’estremismo musulmano. Non sarei così pessimista sugli esiti di questa presunta farsa e forse, gli unici ad uscirne ridimensionati sono proprio gli americani

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