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Dal Lingotto al Lingotto; si chiude il cerchio

Lingotto
Pur tra le mille difficoltà di un momento nel quale la politica sembra oramai divenuta attività reietta, a Torino, nella storica sede Fiat del Lingotto, il Pd celebra la prima fase di un tentativo di rilancio basato proprio sulla politica. E’ vero che dopo la scissione prima annunciata e poi operata dalla maggior parte degli oppositori a Renzi, il confronto all’interno del partito sembra essersi abbassato al puro velleitarismo: troppo debole Orlando come figura politica e troppo isolato Emiliano per poter realmente costituire un’alternativa a Renzi in un partito nel quale, sia pur dopo gli esiti disastrosi del referendum, rappresenta ancora il principale punto di aggregazione, ma se nuova investitura Renzi riuscirà ad ottenere, sarà perché la maggior parte degli elettori del partito lo sostiene, sia pur con le mille pecche di un meccanismo, come quello delle primarie che anche stavolta ha mostrato i suoi limiti.                         Lingotto

Il metodo che il PD si sforza di utilizzare è quello che ormai sembra non essere più la regola in un quadro politico in cui le principali forze in campo non hanno mai adottato la democrazia, che tanto sbandierano sulle piazze, come sistema di selezione della classe dirigente e creazione di una proposta politica per il Paese. Questa dovrebbe essere una componente essenziale di preoccupazione negli elettori e, al contrario, scivola via nell’indifferenza generale senza che a nessuno venga in mente di sottolineare come possano essere poco credibili forze verticistiche ed opache nei meccanismi interni, nel momento in cui si propongono come baluardo a difesa della Costituzione.

Dopo mesi nei quali abbiamo sentito quotidianamente urlare allo scandalo in riferimento alle modifiche costituzionali, pare adesso che non sia determinante il modo in cui la contesa politica si sviluppa in un contesto nel quale, ripeto, solo il Partito Democratico, tra i partiti che si propongono di guidare il Paese, propone ai propri elettori e simpatizzanti i candidati che saranno chiamati a rappresentarlo nelle prossime elezioni politiche.

Mentre il Movimento cinque stelle propone solamente il sistema della consultazione sul web, attraverso il quale si continua a verificare, come già è accaduto frequentemente in passato, che persone sconosciute vengono legittimate da un consenso popolare attribuito sulla base di una manciata di voti, e tutta la destra si sta preparando a rilanciare l’unico cavallo vincente della sua storia recente (il che renderebbe del tutto inutile, come al solito, ogni altro metodo di selezione), al Lingotto si discute, piaccia o non piaccia, di proposte politiche da presentare al Paese.

Poiché l’opinione corrente, o meglio, quella ormai sposata dalla maggior parte delle testate giornalistiche televisive  e della carta stampata, è quella che il Partito Democratico ormai sia finito e altri ne raccoglieranno i resti dopo le prossime elezioni, dopo tanto essersi spesi nella difesa delle prerogative democratiche del Paese, si sta facendo di tutto per dare le redini del comando a chi le regole democratiche non le applica mai, facendo però finta di farlo, e tutto questo nella totale indifferenza dei soloni del buon diritto i quali, difese le basi democratiche della Costituzione, sembrano adesso affascinati dalla prospettiva del nuovo che avanza, ignorando totalmente che questo assomiglia moltissimo al vecchio che, speravamo non tornasse più.                                                               Lingotto

L’opinione più ricorrente è quella che si basa sulla necessità di una scossa molto forte, una sorta di terremoto politico che sconquassi tutto e che consenta poi, sulle macerie, di ricostruire. In effetti in passato molti Stati nazionali hanno risolto le proprie enormi contraddizioni interne dichiarando guerra ai vicini; in questo modo si creava Pil e, delle due l’una: in caso di vittoria il bottino di guerra consentiva di ripianare i bilanci, mentre in caso di sconfitta si aveva un cambio di regime che azzerava tutto e ripartiva. Ecco la sensazione è che si aspiri a questa seconda ipotesi con, però,  una guerra interna dimenticandoci che la realtà attuale è ben più complessa di quella di cento anni fa e certi meccanismi potranno anche parzialmente funzionare, ma non si verificheranno tutti gli effetti attesi e soprattutto, ve ne saranno di inattesi non proprio positivi.                                                                                      Lingotto

Continuiamo a cullarci nell’idea che la democrazia sia qualcosa di solo formale, alla quale non debbano corrispondere comportamenti conseguenziali ed otterremo il capolavoro di renderla completamente vuota di contenuti, alla mercé del suo esatto contrario.                                                                                                                         Lingotto

Dallo stesso palco dal quale Veltroni lanciò l’idea del Partito a vocazione maggioritaria, sembra un controsenso che Renzi voglia oggi, in un contesto politico completamente diverso, rilanciare la stessa idea di Partito in un’Italia che non c’è più; in effetti l’esito referendario e l’impossibilità o mancanza totale di volontà, da parte del Parlamento di mettere mano ad una nuova legge elettorale, rende apparentemente vano, in un contesto tripolare sancito da tutti i sondaggi, il tentativo di proporre un partito il quale, da solo non potrà ambire alla guida del Paese, ma non impedisce certo che, sulla base di proposte che verranno fuori dal Congresso, si possa articolare un programma sul quale coalizzare una maggioranza politica.                                                                                                                            Lingotto

Credo che sia l’unica auspicabile, non so quanto realizzabile, prospettiva.

 

Dal Lingotto al Lingotto

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