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Migranti; aiutiamoli a casa loro

 

Migranti; aiutiamoli a casa loro

Fra il porto di Tallinn, nel Mar Baltico, e le acque del Golfo della Sirte, nelle quali si radunano i migranti del sud del mondo, c’è una distanza spesso inferiore a quella che la folla dei disperati della terra ha percorso prima di arrivare a tentare la sorte in una traversata breve e a volte mortale verso l’Italia, avendo a quel punto come unica e possibile alternativa solo quella di perdersi in quell’inferno di illegalità, sopraffazione, violenza, tortura e morte che continua ad essere la Libia del dopo Gheddafi.                       Migranti; aiutiamoli a casa loro

 

Le cronache giornalistiche ci dicono che solo quest’anno gli arrivi in Italia sono stati circa 80.000, mentre Amnesty International ci informa che la mortalità della traversata si è triplicata dal 2015 ad oggi, arrivando alla ragguardevole percentuale di 3% di quelli che partono, che poi vuol dire migliaia di morti ogni anno; pur non considerando quelli che restano a terra nella traversata del deserto, numeri che nessuno conosce, sono cifre da bollettino di guerra.

 

 

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Tallinn, Estonia

 

I Ministri degli Interni dell’Unione si sono riuniti pochi giorni fa proprio a Tallinn per cercare una qualche possibile soluzione, e come era facile immaginare hanno trovato solo il loro disaccordo, un ottimo modo per aggravare  il problema: ciò che oggi sappiamo con maggior certezza è che l’Europa è palesemente inadeguata al suo ruolo, per il quale servirebbero un fine comune e metodologie condivise per raggiungerlo, e che questa frammentazione, questa recrudescente prevalenza degli interessi nazionali su quelli collettivi  mina la sua ragion d’essere e le prospettive del suo futuro.                                Migranti; aiutiamoli a casa loro

 

L’altra cosa che sappiamo è che la breve distanza geografica che separa Tallinn dal Golfo della Sirte è in termini politici una distanza siderale, la cui dimensione è pari solo all’incomprensione che l’Europa, avamposto dell’occidente sul confine nord / sud, dimostra sulla tragedia dei migranti, e sulle conseguenze catastrofiche che questo può avere in primo luogo per sé stessa.                   Migranti; aiutiamoli a casa loro

 

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Nelle cronache la questione appare complessa e sfaccettata, ma in realtà i fatti davvero rilevanti sono pochi e abbastanza semplici: l’Italia, geograficamente incuneata nel cuore del problema, ha chiesto la revisione degli accordi di Dublino e l’apertura dei porti di altri paesi del Mediterraneo, Francia e Spagna in primo luogo, alle navi delle ONG che soccorrono i migranti, per la banale ragione che la massa concentrata in un posto solo ingigantisce la dimensione del problema. Gli altri paesi, tutti quanti, compresi quelli che i porti li hanno nel Mar Baltico o nell’Oceano Atlantico, forti della nostra debolezza politica e della conseguente irrilevanza del nostro peso nell’Unione, hanno invece risposto picche sostenendo che la maggioranza dei disperati che affogano nel Mediterraneo è costituita da migranti economici e non politici, che non hanno il diritto di restare e devono essere rispediti indietro; per questo motivo conviene tenerli concentrati nel posto più comodo, quello in cui arrivano, per “facilitarne” il controllo, al quale controllo l’Italia non procede celermente ed efficacemente.                    Migranti; aiutiamoli a casa loro

 

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Vignetta di A.Falco (cliccare immagine per miglior risoluzione)

 

 

Certo, il Ministro dell’Interno Marco Minniti ha sottolineato alcuni secondari aspetti positivi del vertice di Tallinn, relativi alle risorse economiche che potranno essere destinate alla gestione di Triton e al sostegno delle autorità libiche, oltre che a regole più rigide per le navi delle ONG, ma il fatto che abbia dovuto prospettare la chiusura dei porti italiani se non ci saranno i cambiamenti che sono appena stati respinti, assieme alla minaccia di Matteo Renzi di non pagare all’Unione parte delle somme dall’Italia dovute, sono una chiara ammissione del fallimento del vertice, dell’irrilevanza dell’Italia e della miopia dell’Europa.                   Migranti; aiutiamoli a casa loro

 

Sappiamo bene che i principali leader europei hanno i loro problemi in casa, la Merkel che solo nel 2015 si è presa senza batter ciglio un milione e mezzo di siriani deve affrontare elezioni dall’esito incerto, Macron ha evidentemente il problema di allargare in termini numerici un consenso che è schiacciante in Parlamento, ma non nel paese, e Renzi che deve resistere alla sua crescente impopolarità, si è sentito costretto ad inseguire la destra sul suo stesso terreno, incorrendo nel clamoroso infortunio di fare il verso a Salvini col classico e risibile “aiutiamoli a casa loro”, e venire da questi sbertucciato in modo imbarazzante. Certo, tutte queste cose sono vere e hanno il loro peso specifico nei paesi interessati e di riflesso nell’Unione, ma il vero valore di queste ed altre analoghe posizioni politiche sta nelle nuove crepe che aprono nella traballante costruzione europea, la cui evidente necessità non tiene il passo con la sua crescente improbabilità.                                Migranti; aiutiamoli a casa loro

 

Ma quali sono alla fine, riducendoli all’osso, i nodi che non riusciamo  sciogliere, e quali le cose che non riusciamo neppure a dire, perché ragioniamo senza guardare al futuro e pensando in modo ossessivo agli umori di qualche centinaio di milioni di “cittadini europei” ai quali le regole della democrazia hanno messo in mano dei certificati elettorali che oggi brandiscono come asce bipenni? A me pare che siano sostanzialmente cinque.

 

 

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La prima. Distinguere i migranti economici da quelli politici, ossia chi scappa dalla fame da chi scappa dalla guerra, è sostanzialmente una stupidaggine, lo è sul piano etico, perché il diritto ad una vita minimamente dignitosa non può essere contrapposto al diritto alla vita tout court, del quale in effetti è solo una variante, e lo è sul piano pratico, perché i migranti economici continueranno comunque a venire, spinti da una motivazione e da una determinazione che non possiamo scoraggiare, perché si fonda sulla fame, sulle malattie, su un tasso di mortalità altissima e su una aspettativa di vita risibile. Se vogliamo essere onesti dobbiamo ammettere che i migranti stanno facendo quello che noi faremmo al loro posto, che poi è esattamente quello che molti di noi hanno fatto per un secolo intero, partendo fra l’altro da condizioni oggettivamente meno drammatiche.            Migranti; aiutiamoli a casa loro

 

La seconda. Aiutarli “a casa loro” oggi e nel breve periodo è sostanzialmente impossibile, perché casa loro è un luogo primitivo nel quale si applicano regole di violenza e sopraffazione, dove le strutture statali sono troppo deboli o troppo forti, e dove gli aiuti umanitari o gli interventi di sostegno all’economia spesso finiscono nello spreco, nel privilegio o nell’irrilevanza, senza riuscire ad avere una reale efficacia. Bisognerà riuscire a farlo, naturalmente, se vogliamo risolvere il problema, ma i tempi di un così vasto programma sono incompatibili con l’emergenza umanitaria che dobbiamo risolvere ora, i cui estremi sono la politica di soccorso e di accoglienza da una parte, e uno sterminio di massa dall’altra. La soluzione, come dovremmo avere già imparato, non può essere quella di esportare la democrazia, che sarebbe peraltro economicamente e umanamente più costosa.

 

 

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La terza. Sostenere che abbiamo l’obbligo di salvare tutti, ma che non possiamo accogliere tutti, è contemporaneamente una cosa parzialmente vera e una madornale sciocchezza: è ovviamente una mezza verità perché l’accoglienza si scarica in modo largamente prevalente su un paese economicamente e politicamente debolissimo come l’Italia, che ha interessi contrapposti a quelli che sottendono alla visione tedesca dell’Europa, e che per questo finisce col contare meno di stati clerico-fascisti come Polonia e Ungheria; è altrettanto evidentemente una sciocchezza perché rispedire a casa persone che moriranno, che ritenteranno l’impresa, e che spingeranno altri a partire è contemporaneamente una inutile vigliaccata e uno spreco, il cui costo alla lunga ricadrà comunque su di noi. Può essere un costo economico, come quello che paghiamo ad Erdogan per chiudere la via dei Balcani che porta alla mitteleuropa, guarda caso, e vorrei vedere come finirebbe la cosa se la Germania fosse al centro del Mediterraneo, o un costo in termini di vite umane, l’unico che noi ci potremmo realmente permettere di pagare, perché le vite sarebbero di qualcun altro, se inchiodassimo a morire fra il mare e il deserto i migranti che vengono da sud. Non c’è, per il qui ed ora, una diversa alternativa, bisogna saperlo, e assumersi le conseguenti responsabilità.

 

La quarta. Al netto delle vulgate populistiche prevalenti, gli immigrati sono in quasi tutta Europa una risorsa imprescindibile, perché compensano il calo demografico diffuso, pagano già ora un sistema pensionistico che è diventato incompatibile con la nostra vita media, e garantiscono la copertura di quei posti di lavoro, di bassa qualifica e di basso reddito che noi non occupiamo più; poi possiamo discutere del come utilizzarli, se ci disturba il termine “accoglierli”, ma discutere del se equivale a tagliare il ramo su cui siamo seduti. I migranti possono portare problemi di integrazione, posso determinare crisi sociali, possono scatenare conflitti politici, anche per queste cose esiste la politica, ma non determinano e non aggravano la crisi economica nella quale viviamo, anzi, ne contengono e ne mitigano gli effetti, tanto nella derelitta Italia, quanto nella ricca Germania, che non lamenta problemi di disoccupazione nonostante il suo milione e mezzo di siriani nuovi di zecca.

 

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Migranti nigeriani (cliccare immagine per miglior risoluzione)

 

 

La quinta. L’Africa, il continente da cui arrivano gli uomini neri fonte del nostro scontento, oltre ad essere stato spolpato per secoli fino all’osso dal colonialismo occidentale, è ancora oggi uno dei luoghi privilegiati con i quali giochiamo a monopoli, in una partita in cui il banco vince sempre. Il banco è quello dell’economia globalizzata, senza confini e senza regole, che mentre arricchisce alcuni di noi, quelli finiti in cima alla piramide del liberismo, impoverisce nel contempo intere nazioni, che dalle proprie ricchezze riescono a trarre solo le briciole; ci sono investimenti in Africa, occidentali e orientali, sono cospicui e strategici, ma non sono neanche minimamente qual fattore di sviluppo che dovrebbero essere, e se non ci riusciamo così ad “aiutarli a casa loro”, non si riesce onestamente a capire come mai potremmo fare dopo aver rimandato a casa quelli che erano scappati. Bisognerebbe pensarci bene prima di proferire queste ridicole parole, “aiutarli a casa loro”, perché hanno un suono molto diverso dal loro reale significato.                            Migranti; aiutiamoli a casa loro

 

 

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Per uscire da questo cul de sac servirebbero tre cose, ammesso e non concesso che non sia troppo tardi: un’Europa politicamente coesa proprio sul punto in cui oggi si divide più drammaticamente, la gestione dei migranti, che tutti cercano invece e solo di piazzare nel giardino del vicino; una nuova leadership, di cui si vedono solo poche e sfuggenti tracce, capace di affrontare e sconfiggere il populismo dilagante, che ormai trasforma in imbecillità personale e politica l’insicurezza e la paura del futuro che sta divorando la stragrande maggioranza dei cittadini europei; un limite alle politiche iperliberiste degli ultimi 30 anni, di cui accademicamente si discute ma che politicamente si trova al palo, politiche che ormai sono diventate la causa endemica di tutte le crisi che ci divorano, compresa quella dei migranti.                    Migranti; aiutiamoli a casa loro

 

Nessuna di queste soluzioni è a portata di mano, e sono tutte altamente improbabili, ma se non riusciremo a fare tutte e tre queste cose l’Europa imploderà, andrà incontro al declino, e verrà inghiottita in un sol boccone nel mondo globalizzato da potenze più grandi, più giovani, più dinamiche e immensamente più determinate, da paesi che si stanno sviluppando e che diversamente da noi non stanno difendendo un benessere e una ricchezza ormai immotivata, illogica e sproporzionata. Se non riusciremo a salvare i migranti e ad accoglierli, qui ed ora, se non saremo capaci di consolidare modelli economici e forme di distribuzione del reddito che consentano di creare nuovo sviluppo a nord e a sud, e non solo una ricchezza immensa e immensamente concentrata, allora scivoleremo in una dimensione demografica del nostro problema, che è più grande di quella politica ed economica, ne trascende la natura e ne trasforma il significato.                   Migranti; aiutiamoli a casa loro

 

Gli uomini emigrano da sempre, hanno popolato la terra emigrando, e quando lo fanno in massa lo fanno per mancanza di alternative; la spinta che li muove è la certezza che restare sarebbe peggio che partire, quali che siano i rischi del viaggio, e se li assumono con assoluta e incrollabile determinazione. Il mondo da cui oggi partono i migranti è quello dei molti e dei poveri, e la loro destinazione è il mondo dei pochi e dei ricchi, finché sarà così partiranno e noi non possiamo farci nulla. Possiamo opporci, o possiamo governare questo processo, nei limiti che ci saranno concessi dalla nostra abilità e dal nostro senso morale, la scelta è nostra, ma non siamo demograficamente abbastanza forti e motivati per vincere, e alla lunga perderemo.

 

Certo, potremmo usare le armi, in fondo le abbiamo e lo abbiamo già fatto, ma il nostro non è più il mondo in cui si è sviluppato il colonialismo, non siamo più gli unici ad avere denaro, navi e cannoni, questo è il mondo globalizzato, lo abbiamo creato noi così, e nel mondo globalizzato gli interessi si pesano e non si contano. Dubito che ce la potremmo cavare tanto facilmente, coi fucili che non siamo più abituati ad usare e con la leggerezza del nostro peso, e poi non avremmo neanche ragione.                              Migranti; aiutiamoli a casa loro

 

 

    Migranti; aiutiamoli a casa loro

 

 

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