le storie

Morire per la libertà, ma uccidere?

Immagine tipo per Banner 662x400

di Tomaso Montanari
“…Michelangelo non voleva farli, i ritratti, scrive lo storico dell’arte, editorialista e blogger italiano Tomaso Montanari, che avevamo avuto il piacere di conoscere al Politicamp di Livorno. A Michelangelo, afferma Montanari con cognizione di fine ricercatore dell’arte, gli pareva che non fosse così importante ricordare per sempre la faccia di qualcuno: quando gli fecero notare che una sua statua non assomigliava al principe che avrebbe dovuto rappresentare, rispose: «A chi importerà tra mille anni?». Forse proprio per questo Michelangelo accettò invece di fare il ritratto di Bruto, un uomo vissuto quasi milleseicento anni prima. Bruto non è una figura facile, da amare: perché uccise il suo padre adottivo, Giulio Cesare, quando questi voleva uccidere la repubblica e farsi re. Per secoli ci si era chiesti: si può uccidere un tiranno? La libertà di tutti vale la vita del nemico di questa libertà? Il poeta che Michelangelo amava di più, Dante, scrive il nostro storico dell’aste, aveva scritto che la libertà è così dolce che gli uomini sono disposti a morire pur di non perderla. A morire: ma anche ad uccidere? Eppure Michelangelo volle scolpirlo, questo ritratto di Bruto. Perché ai suoi giorni il verso di Dante sulla libertà era scritto sulle bandiere verdi di chi combatteva per la libertà di Firenze, mortalmente minacciata da un nuovo Cesare: Cosimo I de’ Medici, insieme magnifico signore e terribile tiranno. Michelangelo, che pure era cresciuto in casa Medici, la pensava come Filippo Strozzi (imprigionato da Cosimo I e dove vi morì): amava la libertà e la Repubblica, e quando toccò a lui la difese sul serio, lavorando a rafforzare le mura di Firenze. E quando, infine, fu chiaro che la partita era persa per sempre, non volle rimetter più piede nella sua Firenze ridotta in schiavitù. Non aveva un carattere facile, Michelangelo. E anche il suo Bruto è difficile: con il suo collo taurino, lo sguardo duro, i capelli irrisolti come il nostro giudizio su di lui e sul suo gesto terribile. Non ci guarda negli occhi, Bruto: e di questo gli siamo grati. Così come siamo grati di essere nati in una delle rare epoche della storia umana in cui la libertà dobbiamo difenderla non con la forza del pugnale, ma con quella delle parole e delle idee. Le idee di Bruto: che saranno vive in questo marmo anche tra mille anni.”

 

0 lettori hanno messo "mi piace"
Print Friendly, PDF & Email
Share:

3 comments

  1. Osita V 3 gennaio, 2015 at 13:00

    si può uccidere un tiranno quando soprattutto è impersonato da Hitler,e il tentativo c’è stato anche se miseramente fallito, ci sarebbe stato anche nei confronti di Mussolini se fosse stato possibile ,anche se spesso, uccidendo la persona,non si uccidono le idee che lo rappresentano .Le idee si uccidono solo quando si afferma una piena democrazia e si dimostra che solo così l’uomo può ottenere che i propri diritti non vengano calpestati .
    Tutto ciò mi fa ricordare la bellissima scena della tragedia di Shakespeare in cui Marcantonio,luogotenente di Giulio Cesare,parla al popolo che è sceso in piazza per inneggiare ai tirannicidi che lo hanno liberato dal rischio della dittatura,e vanta la grandezza di Cesare e quello che avrebbe fatto per la plebe e si rivolge a Bruto nell’orazione funebre e ribalta il senso del discorso di Bruto, che giustificava l’omicidio,affermando le qualità di Cesare e aggiunge”e ripeterà all’infinito che Bruto è un uomo d’onore:Bruto dice che era ambizioso,e Bruto è uomo d’onore”

  2. Blue 23 dicembre, 2014 at 16:22

    È stato pubblicato nel 2012 il libro “Montesquieu e Saint-Just. Dal cesaricidio alla morte del re” di Tommaso Gazzolo. In tale scritto si analizza a fondo il tema che l’articolo di Tomaso Montanari propone. Ne riporto alcune considerazioni sintetiche.

    La figura di Marco Giugno Bruto fu oggetto di attenzione e di rivalutazione etica nel Cinquecento, da parte dell’Umanesimo che, diversamente da Dante che lo colloca nella Giudecca dove sono puniti i traditori dei benefattori, ne individuo’ la reincarnazione in Lorenzino de’ Medici, eroe della “libertas” fiorentina in quanto assassino di Alessandro de’ Medici, nuovo “Cesare”.
    Nella scia della tradizione umanistica Montesquieu, due secoli più tardi, analizza il tema del tirannicidio (nello specifico dell’assassinio di Cesare) nel saggio “Considérations sur les causes de la grandeur des romains et de leur décadence”.
    Egli indica la figura di Bruto come emblema dello spirito Repubblicano. Lo spirito che consente l’assassinio del traditore degli ideali alla base del Contratto Sociale in nome di una missione etico-politica. Temi che troveranno una pratica attuazione proprio nella Francia della Rivoluzione dell”89.

    Questa la “dottrina”.

    Al di là di ogni considerazione filosofico-politica mi sento di dire che i nostri padri costituenti furono mossi da alti valori morali quando sacrificarono la loro vita e (parimenti?) quella dei carnefici oppressori nazi-fascisti, nel combatterli e consegnarci una Italia liberata. Certo che la conquista di una società civile – di cui oggi moltissimi non si rendono nemmeno conto (ed è forse per questo motivo che siamo ridotti in questo misero stato) – è quella di vivere in una condizione di libertà dal tiranno, in uno Stato democratico (per quanto possibile…), nondimeno dobbiamo essere consapevoli che la fine della tirannide non può essere disgiunta dal concetto di “uccisione”.
    Ma speriamo di non dover essere più posti di fronte a tale responsabilità morale.

Leave a reply

WordPress Appliance - Powered by TurnKey Linux