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Pecunia doloris

>>>ANSA/CUCCHI: IMPUTATI TUTTI ASSOLTI, IL DOLORE DELLA SORELLA

Da giorni i media si occupano del caso Cucchi ovvero della morte di un ragazzo problematico, avvenuta in circostanze e per cause rimaste non chiarite, a tal punto che la giustizia dopo aver assolto gli agenti di polizia penitenziaria, ha mandato assolti anche i sanitari dell’ospedale Sandro Pertini di Roma, pervenendosi al risultato abnorme di una morte senza colpevoli e di un delitto senza responsabilità

Mi preme chiarire che i giudici hanno pronunciato sentenza assolutoria (ex art. 530 comma 2 c.p.p.) avendo ritenuto mancante, insufficiente o contraddittoria la prova della sussistenza del fatto di reato ovvero la prova che gli imputati abbiano effettivamente commesso il reato contestato

Detta formula non è preclusiva dell’azione civile riparatoria che può essere esercitata in separato processo dai congiunti della vittima i quali hanno subito un danno.

Senza addentrarsi nei formalismi giuridici, effettivamente la sentenza lascia insoddisfatti e costernati non solo i congiunti ma anche la pubblica opinione, poiché nell’assoluzione dei pretesi servitori dello stato e dei pubblici dipendenti possono facilmente riscontrarsi la denegata giustizia, la volontà di coprire le responsabilità, l’incapacità dello Stato di garantire un processo giusto, la violazione del principio di uguaglianza.

La sentenza è più destabilizzante di un attentato siccome sembra minare il patto di fiducia tra cittadini e potere giudiziario in ordine alla corretta amministrazione della giustizia.

Si ha la sensazione che il potere difenda se stesso cercando di confondere fatti e persone, così che nel buio e nell’incertezza, la verità vinta anneghi sommersa dal mare del dubbio.

Per i poveri, per quelli che stanno dall’altra parte del potere, per quelli che il potere lo possono solo soffrire vi è sempre certezza sulla responsabilità e sulla colpevolezza.

Sulla colpevolezza dei potenti, come sembra dimostrare ancora una volta il caso che ci occupa, vi sono sempre moltissimi dubbi tutti rigorosamente ragionevoli.

Forse la nostra democrazia non è ancora compiuta, in effetti, uno Stato potrà essere definito veramente democratico, dunque degno di ammirazione e rispetto, solo quando sarà in grado di processare con giustizia i rappresentanti delle istituzioni che sbagliano ovvero commettono delitti, in tal guisa ribadendo il principio che nello Stato di diritto, tutti allo stesso modo sono sottoposti alla legge.

La condanna da parte dello Stato dei propri funzionari a seguito di un giusto processo, lungi dall’essere segno d’inconfessabile debolezza è segno di forza e di autorevolezza dello Stato e delle istituzioni democratiche.

Prescindendo dagli aspetti giuridici, , la triste vicenda merita forse un ulteriore diverso approfondimento, pertanto mi permetto di offrire un altro punto di vista a riguardo.

Troppe e assordanti sono le voci levatesi, numerose sono le prese di posizione le riflessioni, i giudizi a tal punto che vi è il rischio di un reale disorientamento.

I congiunti del povero ragazzo ne hanno fatto una questione di principio, trovando nei media accondiscendenza e amplificazione della loro protesta.

Sinceramente mi aspettavo un atteggiamento misurato, un dolore più intimo meno ostentato, pensavo ad una tenacia sorretta da una forza tranquilla, ma così non è stato.

Peraltro ancor prima della sentenza resa in grado d’appello risulta che il prezzo del dolore sofferto dai congiunti sia stato integralmente pagato.

Come è noto, la perdita di una persona cara implica necessariamente un danno morale inteso come sofferenza soggettiva che ricomprende al suo interno anche l’ulteriore danno derivante dalla perdita del rapporto parentale con il congiunto.

La famiglia della povera vittima avrebbe sottoscritto con la Struttura Sanitaria e per essa con la compagnia assicuratrice della responsabilità civile, l’atto di transazione relativo al risarcimento del danno derivante dalla perdita del congiunto, il tutto per la complessiva somma concordata inter partes di Euro 1.340.000,00.

Pertanto in forza della sottoscrizione dell’atto di transazione e dell’intervenuta erogazione della somma, la costituzione di parte civile dei familiari della vittima nei confronti della struttura sanitaria è stata revocata, dunque la famiglia Cucchi e i suoi componenti non sono più parti del processo penale, avendo rinunciato all’azione civile riparatoria.

L’assoluzione del personale sanitario con la formula dubitativa, per insufficienza o contraddittorietà delle prove, non riverbera alcun effetto sull’intervenuta transazione che rimane valida ed efficace.

La famiglia Cucchi non può ricorrere in Cassazione avverso la sentenza assolutoria, competendo l’azione penale solo al Pubblico Ministero quale organo dello Stato, avendo la medesima famiglia rinunciato all’azione civile riparatoria, regolando con l’atto di transazione ogni questione relativa al danno sofferto.

L’assoluzione del personale sanitario a questo punto potrebbe essere letta come una sorta di soluzione salomonica all’italiana dei molteplici problemi.

Lo Stato ovvero la struttura pubblica ha risarcito il danno e ha tacitato le pretese economiche dei familiari.

Lo Stato ha assolto i propri dipendenti sul rilievo dell’asserita insufficienza e contraddittorietà delle prove, consentendo agli stessi di rimanere incardinati nei rispettivi uffici e di continuare a svolgere la propria attività professionale al servizio dell’ente.

Tuttavia non può non rilevarsi come, i congiunti dello sventurato ragazzo non siano ancora paghi di quanto ottenuto e persista in loro fame nonché sete di giustizia.

Pare che non abbiano rinunciato all’azione civile nei confronti del ministero di riferimento della polizia penitenziaria e minacciano, nonostante l’assoluzione di intraprendere nei confronti dello Stato ulteriore azione risarcitoria, previo riconoscimento della responsabilità degli agenti penitenziari in relazione alla morte.

Comprendo la natura delle colpe della Polizia, non so dire se i sanitari abbiano colpe ovvero abbiano commesso errori per imprudenza, negligenza o imperizia, ma l’atteggiamento dei congiunti del povero ragazzo, che dopo aver ricevuto adeguato ristoro al loro dolore, di gran lunga superiore a quello che la giustizia stabilisce in casi analoghi, pretendono ora un ulteriore sovrapprezzo del loro pur grande dolore, a carico dello Stato, mi piace sempre meno.

Il dolore ostentato e la battaglia esteriore improntata a principi, attraverso il coinvolgimento dei mezzi di comunicazione di massa non mi entusiasmano.

Utilizzando i tecnicismi giuridici, la sete di giustizia viene soddisfatta quasi sempre con il denaro.

Nessuno si interroga sul dolore dell’esistenza che riduce in fin di vita gli uomini, mentre ci si arrovella nel quantificare il dolore post mortem dei congiunti.

Il denaro diventa il comune denominatore delle cose umane, la misura, l’equivalente anche dei sentimenti più intimi, come l’amore, gli affetti, le relazioni.

Ciò che normalmente non si può vedere, toccare, contare, pesare, come il dolore, viene trasformato in somma di denaro, tutto ha un prezzo e, per chi lo deve ricevere non è mai troppo alto.

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2 comments

  1. Kokab 15 novembre, 2014 at 15:35

    un contributo molto interessante, al limite del politicamente scorretto, e proprio per questo in grado di suggerire di un pezzo del caso cucchi una chiave di lettura che tutta la stampa ha trascurato.
    difficile non essere malizisi di fronte ad un rimborso abnorne alla famiglia e ad una paradossale sentenza di assoluzione degli imputati, tutti pubblici dipendenti, che in tutta evidenza grida vendetta, perchè può essere vero che non è stato possibile identificare i colpevoli, e quindi condannarli, ma è altrettanto vero che fra tutti quelli assolti, qualcuno probabilmente innocente non lo è.
    non entro nel merito dei sentimenti della famiglia, è una sfera troppo privata, e mi astengo da qualsiasi giudizio, senza per questo voler criticare il tuo, certo molto drastico e fuori dalle righe, ma mi piace poco l’idea di uno stato che sembra voler comprare il silenzio della controparte su un caso particolarmente scomodo.

    • DareioS 16 novembre, 2014 at 09:45

      Caro K. volevo solo ricollocare i protagonisti nel loro ruolo. L’azione per l’accertamento dei reati e la condanna dei colpevoli è un’azione pubblica e obbligatoria che compete solo allo Stato il quale la esercita attraverso l’organo a ciò deputato ovvero il Pubblico Ministero. Le parti private e le parti offese dal reato entrano nel processo penale solo ed esclusivamente per esercitare l’azione civile risarcitoria, che può essere esercitata autonomamente ovvero essere ospitata all’interno del processo penale.
      Dunque la famiglia Cucchi è legittimata a stare in giudizio solo se richiede il risarcimento del danno patrimoniale ed extrapatrimoniale conseguente al delitto.
      Sul rilievo che il ragazzo purtroppo deceduto, viveva una vita emarginata dal contesto familiare, devesi ritenere che anche il legame affettivo, vita durante fosse affievolito, mentre per ciò che concerne il riflesso patrimoniale del danno, possiamo ritenerlo inesistente, sul rilievo che la vittima non svolgeva attività lavorativa e non era percettore di redditi che sia pure parzialmente potevano essere devoluti ai familiari.
      Dunque la famiglia Cucchi ha partecipato al processo penale solo per ivi sentire condannare le persone autrici del reato e per esse eventualmente lo Stato, al risarcimento del solo danno morale, ovvero del dolore per la perdita del congiunto, in una situazione familiare disgregata, dove forse il legame affettivo per quanto enfatizzato post mortem, risulta non eccessivamente. forte. A riguardo, la misura del risarcimento offerta dalla struttura sanitaria e accettata dalla famiglia risulta più che adeguata rispetto a ciò che generalmente accade in analoghe situazioni.
      La famiglia peraltro dirigendo ulteriore azione civile nei confronti dello Stato, ha mostrato di non essere appagata e soddisfatta del risarcimento già conseguito, intendendo conseguire un ulteriore supplemento di prezzo per il proprio dolore da porre a carico del medesimo Stato.
      Dunque le ragioni della spiegata azione sono di esclusivo carattere economico e attengono molto probabilmente alla misura del risarcimento.In pratica nessuno restituirà la vita al povero ragazzo che è persa per sempre. I giudici previa affermazione delle responsabilità, ora debbono stabilire solo la liquidazione del danno proprio ricevuto dai parenti in conseguenza della morte del congiunto.

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