le muse

Porno-dolore Redivivo

 

Revenant/Redivivo è privo di significato, è dolore porno.

Questo film vuoto e violento farà incetta di premi. Ma che cosa dice sulla società e il nostro atteggiamento verso la violenza

di Carole Cadwalladr
(Traduzione Redazione Modus)

 

 

Brutalità ritualizzata. Una sete di sangue vendicativa. La ferocia giustificata da nozioni medievali di retribuzione. Siamo tutti consapevoli di quanto sia buio il mondo in questi giorni. Un mondo in cui gli uomini vengono garrottati e impalati. Dove sono infilzati e sventrati, e dove gli viene tagliata la gola e gli vengono recisi i genitali. Dove sono uccisi per nessun altro motivo al di fuori della vendetta. Ma però qui non si tratta di Raqqa, questo è il film Revenant/Redivivo : il più scottante blockbuster della stagione, recentemente vincitore di tre Golden Globe, candidato da poco a 12 Oscar (lo potete vedere per circa € 7 – 8 nel vostro multisala, N.d.r.).

È un racconto di “retribuzione, vendetta e violenza primordiale“, secondo il critico del Guardian Peter Bradshaw, “altrettanto emozionante e doloroso quanto una lastra di ghiaccio tenuta a contatto con la pelle“. A proposito, questa sarebbe una sua lode. È “sconsideratamente, aggressivamente maschile“, dice la rivista GQ (Gentlemen’s Quarterly). Anche quest’ultima intesa come “lode”.

Il film è basato su una storia vera della frontiera americana del 1823 di cui cercherò di riassumere la trama per voi: l’uomo cerca vendetta, uomo ottiene vendetta. Questo è tutto, fondamentalmente, per due ore e mezzo, anche se vi è una breve tregua quando si arriva a vedere Leonardo Di Caprio che viene sbranato da un orso grizzly. I primi commenti di chi aveva visto il film suggerivano che fosse stato addirittura violentato dall’orso. Ma no, quello è un destino riservato a una delle due donne che appaiono fugacemente sullo schermo. (L’altra sarà trucidata. Ma non preoccupatevi, non avrete idea di chi sia, e così effettivamente non ci rimarrete male perché uscirà come un non-evento del film.)

La donna, la prima a cui alludo, in realtà non viene violentata. Naturalmente, han finto di violentarla, è un film. Perché questa è ciò che noi chiamiamo l’arte del recitare. E perché Revenant/Redivivo è ciò che chiamiamo intrattenimento. C’è una differenza fondamentale tra noi e le persone che stiamo cercando di far saltare in aria in mille pezzi con missili che ci costano milioni: scegliamo di pagare per andare a guardare donne che fingono di essere violentate, piuttosto che guardare gratuitamente delle donne essere realmente violentate.

Non sono stata intrattenuta. L’avete capito? Due settimane prima di Natale, quando le strade erano ancora piene di luci fatate e addobbi, imbattendomi anche in una banda dell’Esercito della Salvezza che suonava Silent Night, andai a vederlo in una proiezione per la stampa e spesi quelle che sembrarono diverse settimane in una sala buia ad aspettare – oh mio Dio, quanto ti tocca aspettare – affinché Leo infine andasse avanti e macellasse l’altro uomo, così avrei finalmente potuto tornare a casa. Una macchina pubblicitaria ben oliata, del tipo che alimenta un en plein agli Oscar, ha attentamente fatto trapelare quanto estenuanti fossero state le riprese, e quanto autenticamente gli attori abbiano “sofferto” nel recitare (hanno avuto un po’ freddo, a quanto pare). E la fotografia di Emmanuel Lubezki – tutta girata in poche e ben selezionate ore di luce naturale ogni giorno – è davvero stupenda.

L’idea del regista Alejandro González Iñárritu era di farlo sembrare il più reale possibile. Il che sarebbe stato magnifico se ci fosse qualcosa di lontanamente simile ad una storia o una qualsiasi meditazione sulla natura della retribuzione o su qualunque personaggio – qualunque – di cui ce ne potrebbe sbattere un benemerito qualcosa, ma non c’è. Così ci rimane un paesaggio agghiacciante e una violenza inutile, e il tutto è privo di significato. Un vacuo racconto di vendetta che è semplicemente il dolore come spettacolo. Revenant/Redivivo è il porno-dolore.

 

 

E con ogni probabilità, andrà a vincere ogni Oscar possibile. I critici hanno generosamente lodato le sue immagini “viscerali“, la sua atmosfera “autentica“; dicono che sia il migliore dei film “immersivi“.  Anche se, forse, non così coinvolgente quanto il mettere una telecamera in una gabbia e poi dar fuoco ad un uomo, e filmarlo morire in fiamme. Quello l’avete visto? Dove l’uomo viene bruciato vivo? Non è di Iñárritu, ma di Isis. Non è stato nominato per alcunché, ma il dolore è ancora più reale, più viscerale, più – qual era la parola operativa, emozionante? – di quello con Di Caprio.

Ma poi, tutti i video prodotti da Isis sono ispirati ai nostri spettacoli – il loro soggetto, le loro colonne sonore, il loro montaggio. Lo stato islamico non ha inventato nessun topos narrativo nuovo, quelli che usa li ha semplicemente scippati direttamente da Hollywood. Ha solo fatto un passo avanti, ha superato Hollywood nel suo stesso gioco. Ha visto quello che noi vogliamo, ciò che ci emoziona, e ce l’ha dato. Se nel deserto siriano ci fossero orsi grizzly, non c’è dubbio che ne avrebbero messo uno in una gabbia e ci avrebbero permesso di vedere come appare veramente un uomo quando viene sbranato.

Revenant/Redivivo non è responsabile di questo. È semplicemente il tipo di pellicola noiosa, emotivamente vacua che fa bagnare nei loro pantaloni alcuni critici e giudici agli Oscars. Non pagate quei 7 – 8 euro. Potreste anche aspettare che esca su Netflix e addormentarvici davanti sul vostro divano. O rimanere svegli, solo per il gusto di farlo, e godervi lo stupro o il conficcamento di un machete in testa a qualche povero personaggio. Oppure semplicemente aspettare la prossima offerta video dell’Isis.

Vostra la scelta, anche se forse potremmo tutti cercare di reagire con meno sorpresa al prossimo spettacolare filmato dello stato islamico. Oppure chiederci perché il dolore, la sofferenza, il brutalizzare le donne e l’inutile violenza feticista – quando son fatti da Hollywood – vincono premi. O perché siamo così acutamente attenti a che sembrino “reali”. Quali neurotrasmettitori stiamo liberando? Quale sete stiamo appagando? I film di Isis sono semplicemente il logico passo successivo dei nostri film. La loro cultura è in realtà la nostra cultura. Isis non ha inventato nulla di tutto questo. È solo un po’ più onesto. Più “autentico“. Più “viscerale“. Più “reale“.

 

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13 comments

  1. Kokab 20 gennaio, 2016 at 22:58

    ho letto con interesse l’articolo e i commenti, perchè il cinema è una delle forme d’arte che più apprezzo nella vita, e perchè mi piacciono le discussioni un po’ aspre e polemiche.
    al di la di alcuni aspetti secondari (iñárritu è certamente un virtuoso della macchina da presa, lubezki è un fotografo eccellente, l’ambientazione scenografica è spettacolare, la tensione narrativa è sapientemente dosata e gli attori sono ottimi), il tema mi sembra quello della violenza, e la ragione della polemica sta nella sua necessità o, all’opposto, nella sua sfacciata gratuità.
    atteso che alla fine la tollerabilità estetica della violenza dipende molto dalla sensibilità personale, che è ingiudicabile, a me sembra che in questo caso una sua valutazione negativa di principio sia fortemente ideologica, e difficile da accettare sul piano artistico.
    la violenza fa parte della vita, come ha sempre fatto parte dell’arte, ed è un potente elemento narrativo, con cui gli uomini si sono sempre cimentati; i poemi omerici sono intrisi di violenza descritta in modo dettagliato, come lo sono i libri sacri delle religioni rivelate, violente sono le favole che noi usiamo per i bambini, violenta è spesso la pittura e in molti casi è violenta anche la musica.
    del resto non potrebbe essere diversamente, l’arte si occupa della vita, e da sempre insegue, senza raggiungerle, la storia e la cronaca; è gratuita la violenza? spesso lo è nella realtà, più difficilmente mi sembra che possa esserlo nell’arte.
    è gratuita in revenant? penso sia insostenibile, revenent è un film sulla violenza, e senza non ci sarebbe il film; può indurre qualcuno alla violenza? onestamente non saprei dirlo, e credo che nessuno lo sappia con certezza, ma certo ci sono stimoli più importanti, dalla miseria all’ignoranza.
    ciò che cambia nel cinema, rispetto ad altre forme di espressione artistica, è l’immagine realistica, che però non è mai più vera del vero, unita alla diffusione di massa: il numero di persone che il cinema, televisione compresa, riesce a raggiunge, decine di milioni di persone, non lo raggiunge nient’altro, e il fatto che sia più difficile sfuggire all’invasività delle immagini probabilmente cambia la percezione che noi oggi ne abbiamo, perchè non possiamo più permetterci il lusso di ignorarla.
    veniamo da millenni di violenza che fanno sembrare revenant un racconto per frati trappisti, ne potremo ben parlare, della violenza; poi il film può essere bello o brutto, ma questo è un altro discorso; per tutte le precedenti considerazioni, ovviamente, di carole cadwalladr posso solo pensare chè è un’ignorante che di cinema capisce quanto io capisco della teoria quantistica.

  2. Luistella 19 gennaio, 2016 at 15:43

    Non andrò a vedere il film. Prima ancora di leggere questo articolo, mi ero già fatta un’idea. Al dilà della bravura dei protagonisti, della regia, della fotografia, che non metto in discussione, mi pare che comunque sia un film in cui ha il predominio la violenza gratuita. Qualcuno qui ha citato “Salvate il soldato Ryan” in cui almeno nella prima mezz’ora vi è rappresentata molta violenza. ma qui mi pare giusto. perchè era necessario far capire cosa fu lo sbraco in Normandia, al di là dell a veste retorica che ne veniva data.Non si percepiva effettivamente quanto sacrificio, quanta sofferenza e fatica costarono ai soldati americani nell’impresa. Allora la rappresentazione mi parve necessaria ai fini del racconto cinematografico. Un altro film che non andai a vedere e mai vedrò qualora mi capitasse è “La passione” quella di mel gibson. Se ne parlò molto perchè l’ambientazione, la ricerca storia, fu molto accurata. Così l’interpretazione. ma a me parve solo una rappresentazione della violenza , ai limiti del sadismo. Inutile, insomma. Si può immaginare quale sia stata la morte per crocifissione, la fustigazione e tutto il sadismo esplicitato . Non era necessario farlo vedere.P er quale scopo, poi?
    Ha esagerato secondo me, l’autrice dell’articolo ad accostare questo film ai feroci delitti dell’Isis, sia perchè proprio inopportuno l’accostamento, sia perchè quasi può apparire che l’IS faccia riferimento nei suoi delitti a ciò che “noi, occidentali” vogliamo vedere. Quasi un colosseo con i leoni o lotte con i gladiatori. Non è così. Parlo per me ma penso che così sia per la maggior parte delle persone. La violenza, fa male, anche quella cinematografica, specie quando è fine a se stessa. Per di più sapere che accade nella realtà dell’ anno domini 2016, fa inorridire. Non era “necessario” il riferimento all’isis. “Revenant” può vincere tutti gli Oscar possibili, ma non andrò a vederlo.

    • Por Quemada 19 gennaio, 2016 at 21:39

      Proprio non capisco la differenza fra la violenza feroce della guerra, lo sbarco in Normandia, e la vilonza privata fra gli uomini.
      A me sembra di gran lunga peggiore quella fra gli stati, e se la violenza la vogliamo raccontare e capire, la dobbiamo anche guardare in faccia.
      E poi, cosa vuol dire violenza gratuita? In linea di principio tutte lo sono, ma se una forma di violenza può essere accettata e compresa è proprio quella del padre che vendica il figlio, io non ci vedo niente di gratuito, mi sembra anzi naturale e doverosa.

      • Luistella 20 gennaio, 2016 at 14:04

        Intendevo parlare dei film. Violenza gratuita è quando non serve a comprendere meglio la dinamica del film, la caratteristica e le motivazioni dei personaggi. Nel parlare del film sullo sbarco in Normandia ,era necessario far vedere che cosa comporto’ quell’evento. Sfatandone l’immagine un pò romantica, quasi fosse stato uno sbarco facile, avvenuto in una mattina di giugno. Lì, secondo me aveva un senso. Poi visto che di violenza abbondiamo nella realtà e gira l’ipotesi che certi criminali, ne traggano “ispirazione” per compiere e spettacolizzare i loro macelli, mi sembra cosa poco opportuna un film del genere. Anni fa uscì un film italiano interpretato da Alberto Sordi: Un borghese piccolo piccolo (se non erro, tale era il titolo). Un padre a cui avevano ucciso il figlio durante una rapina, segue l’assassino , lo cattura ed usa su di lui violenze inaudite, impensabili per un uomo tranquillo e civile. Fu un film anche criticato ma aveva lo scopo di dimostrare quanto un dolore forte come la perdita del figlio, possa trasformare un uomo; e in qualche modo voleva esprimere un concetto negativo del farsi giustizia da sè. Lì aveva un senso, non era la spettacolarità della violenza. Mi scuso per essermi dilungata.

  3. Bondi James Bondi 19 gennaio, 2016 at 07:41

    Non ho ancora visto il film, ma mi pare che il blog incazzoso della signora dal bel cognome celtico possa attagliarsi praticamente alla totalità della produzione hollywoodiana. Non sono d’accordo con l’impostazione genearle della critica. Forse la rappresentazione (quindi la finzione) di troppa violenza è accettabile solo se il film ci ammannisce una “morale”, o magari meglio, un “lieto fine”? Mi viene da pensare che la prima, violentissima e stordente mezz’ora di “Salvate il soldato Ryan” allora sia pregevole solo perchè seguita e nobilitata da una giusta causa, da buoni sentimenti e dalla vittoria finale delle forze del bene.
    La strana frase “non sono stata intrattenuta”, invece mi piace, anche se temo che la signora cada a sua volta in una suggestione un po’ pornografica. Ma che il cinema di Hollywood debba essere anche e soprattutto “entertainment”, quindi teniamoci lontani da film noiosi, troppo lunghi, e monocordi, mi sembra assolutamente condivisibile.

  4. Berto Al 18 gennaio, 2016 at 23:02

    Sono allibito dal fatto che, con tutti gli orrori quotidiani che ci propina la televisione, si senta costantemente il bisogno di alimentare una fantasia dell’orrore che superi la realtà per poi spingere qualcuno a, realmente, superare la fantasia in una sorta di gara che, da millenni, non vede fine; e la chiamiamo civiltà.

    • Remo Inzetta 19 gennaio, 2016 at 01:17

      Ma il film lo hai visto o parli per partito preso?
      Secondo me è un po’ troppo lungo e volte un po’ enfatico, ma è un film esteticamente ed espressivamente di grande qualità, e non diventa brutto solo perchè ci parla della violenza, che da sempre riempie la realtà e l’arte.
      Quanto alla recensione della Sig.ra Cadwalladr, mi sembra onestamente una sciocchezza e il paragone con l’IS del tutto campato per aria, come se il cinema fosse responsabile della follia dei tagliatori di teste: a nessuno normale viene in mente che ammazzare sul serio la gente non ha nulla a che vedere con la finzione della morte, che fa parte dello spettacolo, come fa parte della vita.
      Alla fine il paragone col pilota siriano bruciato mi sembra solo una cosa di cattivo gusto, il politicamente corretto militante che mescola le carte per arrivare a posizioni che sono solo ideologiche e preconcette, con la volgarità gratuita dei pantaloni bagnati dei critici, la vera porno sciocchezza di chi non sa cosa dire.

      • M.Ludi 19 gennaio, 2016 at 12:36

        Il film non l’ho visto e commento ciò che è scritto nell’articolo; non dubito che, nel complesso vi siano aspetti godibili del film ma ho ben pochi dubbi anche sul fatto che la violenza descritta nell’articolo sia poi assente nel film visto che l’utilizzo di scene forti nell’odierna filmografia, è largamente diffuso anche nelle pellicole di maggior successo (anzi, forse proprio per questo).
        Sulla critica ai paralleli con l’IS ci andrei piano: i filmati rilasciati dai tagliagole sono ben costruiti con attenzione maniacale alle inquadrature, segno che hanno studiato i ragazzi e dalle loro parti scuole adeguate non ce ne sono.

        • Remo Inzetta 19 gennaio, 2016 at 13:19

          La violenza non è assente dal film, e l’Is può usare anche i cartoni più classici di Disney, in alcuni paesi vietati ai minori, per studiare le tecniche di ripresa; il punto è un altro, non credo che la violenza nello spettacolo ingeneri necessariamente più violenza nel mondo, ce n’è già d’avanzo, e quindi non mi pare un parametro di giudizio.

          • Berto Al 19 gennaio, 2016 at 15:07

            E chi ha detto che non lo vedrò; mi pare stessimo parlando del ridondante utilizzo, talvolta gratuito, della violenza dei film e per comprendere che il film ne è pervaso, direi che il trailer conferma pienamente la descrizione fatta nell’articolo. Domanda; ricevi una percentuale dalla produzione del film? Se si, la dichiari al fisco?

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