le muse

Quella selvaggia strada sull’Atlantico

Irlanda, terra d’emigranti, per decenni ha visto fuggire dalla miseria i suoi figli migliori in cerca di fortuna altrove; stessa sorte ebbe uno dei fiori più belli nati nei verdi suoi pascoli: William Butler Yeats.
Figlio “d’arte” (il padre era pittore) ben presto dovette lasciare la sua terra per seguire la famiglia in cerca di fortuna, prima a Dublino e poi in Inghilterra dove studiò e iniziò la sua attività di poeta scrittore e drammaturgo, divenendo poi famoso, conosciuto e stimato anche da conterranei come G.B.Shaw, Oscar Wilde e James Joyce.
Fu il primo irlandese a vincere il premio Nobel per la letteratura (1923) e la sua amata nazione festeggia quest’anno il 150° anniversario della sua nascita dedicandogli una nutrita serie di manifestazioni in ricordo di un grande poeta che dell’attaccamento alla sua terra ha nutrito tutta la sua opera divenendo, peraltro, il poeta in lingua inglese più famoso del suo tempo.
La grandezza di Yeats, che motivò anche la commissione del Nobel ad attribuirgli il premio, fu quella di essere interprete di una visione unitaria del suo popolo a prescindere dalle divisioni etnico/religiose che già allora manifestavano i primi rigurgiti che portarono ai fiumi di sangue versato sino al recente passato di cui molti di noi portano ancora memoria.
Altro aspetto importante della sua poetica è il misticismo che trae le sue radici dall’immensa narrativa celtica tramandata oralmente, di cui era assiduo ascoltatore, andando a ricercare fonti inesauribili di racconto negli anziani che popolavano i villaggi della costa irlandese; quella costa selvaggia che si affaccia sull’Atlantico nella sua amata Sligo.
Di lui resta anche una grande produzione di versi in cui l’amore per la sua terra si confonde con la nostalgia di tornarci. Peraltro morì a Parigi nel 1939 e lì fu sepolto, ma dopo una decina d’anni la sua Irlanda lo rivolle indietro e adesso riposa in un piccolo cimitero nei pressi di Sligo, sotto una lapide scolpita con un suo famoso epitaffio:

“Cast a cold eye ”                                                       “Getta uno sguardo freddo
On life, on death.                                                        sulla vita, sulla morte
Horseman, pass by”                                                   cavaliere va’ avanti”

 

Vicino a Sligo c’è il lago di Innisfree al cui centro si trova un’isola che ispirò una delle sue poesie più famose, scritta mentre si trovava lontano, a Londra.

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The Lake Isle of Innisfree
I will arise and go now, and go to Innisfree,
And a small cabin build there, of clay and wattles made:
Nine bean-rows will I have there, a hive for the honeybee,
And live alone in the bee-loud glade.
And I shall have some peace there, for peace comes dropping slow,
Dropping from the wheels of the morning to where the cricket sings;
There midnight’s all a glimmer, and noon a purple glow,
And evening full of the linnet’s wings.
I will arise and go now, for always night and day
I hear lake water lapping with low sounds by the shore;
While I stand on the roadway, or on the pavement grey,
I hear it in the deep heart’s core.

L’isola del lago di Innisfree
Io voglio alzarmi ora, e voglio andare, andare ad Innisfree
E costruire là una capannuccia fatta d’argilla e vimini:
nove filari e fave voglio avere, e un’alveare,
e vivere da solo nella radura dove ronza l’ape.
E un po’ di pace avrò, chè pace viene lenta
Fluendo stilla a stilla dai veli del mattino, dove i grilli cantano;
e mezzanotte è tutta un luccicare, ed il meriggio brilla
come di porpora, e l’ali dei fanelli ricolmano la sera.
Io voglio alzarmi ora, e voglio andare, perché la notte e il giorno
odo l’acqua del lago sciabordare presso la riva di un suono lieve;
e mentre mi soffermo per la strada, sui marciapiedi grigi,
nell’intimo del cuore ecco la sento.

(Traduzione tratta dalle poesie di Yeats, Edizione Mondadori, a cura di Roberto Sanesi)

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3 comments

  1. Berto Al 28 febbraio, 2015 at 22:04

    Comprendere la nostalgia di chi vive lontano dal proprio Paese d’origine, in fondo, non è difficile; ma chi è stato in Irlanda ed ha amato quel Paese, quella gente, può capire ancora di più le suggestioni di un poeta esule.

  2. Blue 26 febbraio, 2015 at 09:19

    “A differenza della nostra Isola che non c’è, Innisfree esiste veramente. E’ un’isola disabitata nel Lough Gill, nei pressi di Sligo, Irlanda. L’autore c’era stato da giovanissimo, per osservare gli uccelli ed ascoltare le storie dei barcaioli.
    Anni dopo, Yeats, trasferitosi a a Londra, sta camminando lungo i grigi e chiassosi marciapiedi di Fleet Street quando improvvisamente viene colpito dal suono di una fontana: il gorgoglio dell’acqua gli riporta alla mente il dolce sciabordare del Lough Gill, e viene travolto dal desiderio di correre a rifugiarsi là, in quell’isola che contrasta terribilmente con la città caotica in cui vive. La poesia “Lake Isle of Innisfree”, a differenza di molte altre scritte nello stesso periodo, non contiene riferimenti al misticismo e all’occulto tanto cari a Yeats: rappresenta il sogno di una vita ideale, un’utopia forse, ma così consolatoria! E alzi la mano chi non ha mai spalancato gli occhi sullo stesso sogno. ” dal Blog di Rosarita, un Blog per gli amanti della poesia:
    http://bookraider-rosarita.blogspot.it/2013/02/poesie-william-butler-yeats.html

    Ognuno di noi ha la sua storia, più o meno lunga e complessa. Alcuni di noi hanno vissuto le stesse struggenti nostalgie di Yeats. Il tema del ritorno ai propri luoghi natii da cui le vicende della vita ci hanno allontanato, forse troppo presto, luoghi in cui la natura era l’elemento predominante, i suoi silenzi e la sua luce, la percezione dello scorrere del tempo visto attraverso l’evolversi delle stagioni, i cambiamenti del cielo e dei colori del bosco. E l’essere precipitati nel caos della città, dei rapporti umani da costruire, nell’orizzonte precluso dalla densità delle costruzioni, nel sottofondo continuo ed inesorabile del rumore non più percepito. La mitizzazione dei luoghi natii, per chi ha avuto l’avventura di ritrovarvisi dopo una stagione di frenetica vita cittadina, può essere fonte, anche, di delusione. Il paradiso non esiste, ma probabilmente dobbiamo cercarlo dentro di noi. Ovunque andiamo.

    • Canadair 26 febbraio, 2015 at 14:18

      Il paradiso, almeno quello terrestre, fu per Yeats una vana ricerca. Neanche la sua Irlanda gli portò conforto. Ricerca interiore che lo porta ad una radicale variazione del suo stile poetico, dal suo suggestivo, splendido lirismo verso l’amarezza solitaria e tragica, culminante nella sua famosa poesia ‘September 1913’, in cui dichiara: “La romantica Irlanda è morta e sepolta.”
      Erano quelli, in Irlanda , anni di grande fermento e il poeta sceglie la strada dell’impegno sociale e politico. Dalla sua parte, quella dell’Irlanda protestante, l’Irlanda romantica e bella della sua infanzia e della sua immaginazione. Prendendo apertamente le difese degli interessi protestanti e assumendo una coraggiosa posizione anti-trattato con i repubblicani. Al punto che i suoi amati irlandesi, cattolici in lotta per l’indipendenza, durante la guerra civile in un’irruzione armata, bruciarono molte delle lettere di Yeats a Maud Gonne, la romantica rivoluzionaria repubblicana che era stata musa a Yeats. E per tragico destino, Sean MacBride, l’eroe repubblicano figlio di Maud Gonne, subì la prigionia senza processo ai sensi della legislazione di emergenza che il parlamento inglese, anche col voto di Yeats, aveva varato.
      Poeta ‘sublime’ e ‘maledetto’, come lo fu l’amico e contemporaneo Ezra Pound, alla ricerca di un ideale terreno che potesse ricalcare l’ideale poetico. Tragica ricerca del Paradise Lost, il paradiso perduto e mai trovato.

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