le storie

Quelle estati al mare

Quelle estati al mare

In quell’agosto assolato del 1962 in una Roma deserta, Bruno incontra occasionalmente Roberto e lo invita ad un viaggio durante il quale Roberto scoprirà aspetti di se stesso, cose a lui sconosciute, per poi morire tragicamente nell’incidente originato dall’ennesimo sorpasso azzardato; la metafora della vita nel breve spazio di un film.
Il viaggio si svolge su di una Lancia Aurelia bianca che sfreccia sull’omonima strada consolare, da Roma risalendo su su fino alla costa degli Etruschi in Toscana in quell’atmosfera in bianco e nero dei mitici anni ’60 nella quale la capigliatura corvina di Vittorio Gassman (Bruno) risalta come non mai rispetto al biondo un po’ diafano di Jean Louis Trintignant (Roberto).

 

STO Quelle estati

Sul promontorio, in lontanaza, il Castello Sonnino, a partire dal quale, in
direzione Nord, inizia il tratto di Aurelia ove fu girato il film.

 

Le cronache del tempo ci dicono che non fu una decisione particolarmente controversa quella di girare la famosa scena de “Il sorpasso” in un tratto di panoramica compreso tra Livorno e Castiglioncello, che chiunque, transitandoci ancora oggi, può facilmente ripercorre in quel tortuoso saliscendi che terminò (nella scenografia del film) con il precipizio, giù dalla scogliera.
No, non fu  neanche il caso perchè in quegli anni, i più importanti attori sceneggiatori e registi italiani, abituali frequentatori delle notti romane, si trasferivano in massa a passare le vacanze estive a Castiglioncello, in una sorta di connubio continuo tra riposo e lavoro che vedeva il suo epilogo serale al Circolo del Tennis. Potevi aggirarti per la Pineta Marradi, ed incontrarli, mentre vivevano quei momenti di fresco serale dopo una giornata passata a scrivere o a programmare film che poi sarebbero stati girati in autunno ed in Inverno.

Tale era l’abitudine a vedere una simile concentrazione del Jet Set cinematografico italiano che il clima era paradossalmente disteso e si notava un certo rispetto nel lasciare che anche persone così famose ed ammirate, vivessero tranquillamente la loro vacanza; tutt’altro rispetto alle frenetiche rincorse dei paparazzi in Via Veneto a Roma. Vittorio Gassman, Roberto Rossellini, Alberto Sordi, Sofia Loren, Marcello Mastroianni, Dino Risi, Franco Zeffirelli, Mario Monicelli, Ugo Tognazzi; l’elenco è lunghissimo; fatto sta che il Cinema italiano (che in quegli anni faceva scuola al mondo), nell’estate si trasferiva in quel piccolo paesino sul mare scoperto decenni prima da pittori e poeti affascinati da quel luogo.

Di quei fasti ben poco è rimasto nelle targhe appese fuori dai cancelli: villa La Prora, Villa Godilonda, Villa Valeria, Villa Libeccio, Villa La Giuliana e tante altre; tutte legate ad un nome che richiama alla mente piacevoli momenti vissuti davanti allo schermo.
Erano gli anni del boom economico e gli italiani stavano scoprendo, nelle vacanze estive, un nuovo modo di vivere la vita, non solo finalizzata al lavoro ed alla casa, ma anche allo svago ed al riposo. Un’Italia che non esiste più, oggi completamente immersa in un processo regressivo che lascia spazio solo ai ricordi di un tempo che fu quando ragazzo partivo con la famiglia, anche noi frequentatori di quei luoghi.

Ogni tanto torno ad aggirarmi per quelle strade, davanti a quei cancelli, a quelle ville Liberty completamente chiuse nella stagione invernale e talvolta mi spingo sulla passeggiata a mare sino alla Punta Righini, su una delle tante “Rotonde sul mare”; e vedo quel cancello dal quale scendeva Alberto Sordi per andare sugli scogli a leggere, le rare volte che usciva dal suo dorato isolamento. Si racconta che una sera, incalzato da amici che volevano in tutti i modi presentargli una bella ragazza in vacanza a Castiglioncello, lui sempre attorniato da belle ragazze, ma mai disponibile al matrimonio, fosse fuggito da quel cancello lungo la scogliera per non essere rintracciato.

 

Senzanome

 

Ma non furono soltanto attori e registi a scegliere quel tratto di costa: Il 19 agosto 1984 l’allora Ministro della Difesa Giovanni Spadolini (anch’egli assiduo frequentatore di Castiglioncello), presenziò un Convegno all’Hotel Miramare (tanto caro al Regista Roberto Rossellini) durante il quale scoprì una lapide nella quale si rievocava il soggiorno in quell’albergo, quarant’anni prima esatti, quando ancora le truppe tedesche opponevano strenua resistenza qualche decina di chilometri più a nord, da parte di Winston Churchill il quale non volle perdersi, nemmeno in quel frangente i decantati tramonti sul mare. Fu la prima di due fugaci apparizioni dello statista inglese in Italia (la seconda l’anno successivo sul Lago di Como nel tentativo di recuperare il cospicuo carteggio avuto con Mussolini). Quella prima volta egli incontrò il Generale Clark Comandante in Capo dell’Armata di liberazione americana che stava risalendo l’Italia. Chissà se fu casuale la scelta di quel luogo, così lontano idealmente dagli orrori della guerra.

 

Tanto tempo è passato da allora e le direttrici delle vacanze si sono spostate altrove; quelli che un tempo erano paesaggi ambiti sono ormai luoghi della memoria per anziani che vi si ritrovano per rievocare i bei tempi e ricordare chi non c’è più. Eppure, ancora oggi, vi si può respirare un’atmosfera senza tempo perché, al contrario della spumeggiante Versilia, quel tratto di costa è rimasto pressoché immutato: forse un po’ decadente, sicuramente trasandato, ma sempre bello, di una bellezza che i Macchiaioli hanno ben saputo interpretare e che, lo confesso, a me piace ancora ritrovare come se tutto si fosse fermato a quelle lontane estati.

 

STO Fattori

 Autoritratto di Giovanni Fattori sugli scogli a Castiglioncello.

 

Quelle estati al mare

mare

 

 

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5 comments

  1. Kokab 19 settembre, 2015 at 01:15

    il bello del cinema, quando è bello, è che è senza tempo e sfida il tempo.
    credo sia vero per tutte le arti, ma nessun’altra può contare su un’immagine in movimento che si cristallizza e si ripete all’infinito, portando quel tempo nel tempo successivo, magari solo per un attimo.
    ci sono scene che restano nell’immaginario collettivo, quella di gassman e trintignat sull’aurelia fa parte della lista, e quando le rivediamo, proprio perchè sono sedimentate e fanno parte della nostra memoria, ci riportano, per quell’attimo, nel tempo precedente, e forse non solo in uno.
    lo fanno in modo diverso dai luoghi che più di altri sfuggono al tempo, perchè magari sono refrattari ai cambiamenti e si consumano più lentamente; non saprei dire se lo fanno meglio o peggio, ma in fondo non credo che importi, mi colpisce la fortuna che abbiamo avuto, per il piacere che da, che questa capacità evocativa del cinema si sia costruita e strutturata proprio nel tempo che molti di noi hanno pienamente vissuto.

    • M.Ludi 19 settembre, 2015 at 11:16

      Sai, il cinema di oggi non deve fare grande fatica nel rappresentare la povertà d’animo odierna, mentre allora non era facile perchè troppe erano le sfaccettature di quella società in fermento; ci volevano sceneggiatori, registi, attori, tutti molto bravi e capaci di rendere immortale un periodo cos’ effervescente della nostra storia. Trovarmi in qualche modo e del tutto immeritatamente immerso in quell’aria mi rende tuttoggi capace di evadere dalle miserie attuali, semplicemente con una breve gita al mare; ed è un privilegio che mi tengo stretto.

      • andrea contarini 20 settembre, 2015 at 11:20

        Mi è piaciuto il tuo articolo, anche perché sai usare un mezzo dei tempi attuali, il blog, un mezzo talvolta troppo veloce, per parlare della memoria, che ha bisogno anche della lentezza per annullare il tempo.
        Mi permetto una riflessione, più che sul cinema di quegli anni, su alcuni personaggi di quel mondo dello spettacolo (i vari Sordi, Tognazzi…) su cui è stato costruito il personaggio dell’italiano cialtrone, nel quale era fin troppo facile identificarsi, alla ricerca di rassicurazioni e giustificazioni (“Sordi è tutti noi”).
        Anche allora, in un tempo -come tu noti giustamente– davvero effervescente e sfaccettato, vengono utilizzati per la rappresentazione di una “presunta italianità media” stereotipi di quello che Flaiano chiamava “il personaggio che corre in aiuto del vincitore”.
        Questi personaggi hanno anticipato, hanno preparato (come un humus) un modello di persona che si trova a suo agio nel mondo attuale, anche in quello istituzionale.
        In tanti film della commedia all’italiana vedo il compiacimento e non l’ironia, che per giunta sarebbe troppo facile su personaggi del genere.
        Alcuni attori di quel tempo erano veramente straordinari, e vorrei mettere tra loro Pietro Germi, grande regista e straordinario interprete.
        In Italia c’è sempre stato chi alcune cose le fa e le sa fare bene. Anche oggi.
        Spesso però è fuori dai circuiti, come la Castiglioncello odierna.

        • M.Ludi 20 settembre, 2015 at 12:37

          Ringraziandoti, mi prendo il complimento (non di solo pane si vive) e passo al merito. La cosiddetta Commedia all’Italiana (della quale è stata interprete buona parte dei nomi da me ricordati) ha avuto proprio in Pietro Germi uno dei suoi massimi esponenti, ma vedi Andrea nella necessità di fare questa sorta di Amarcord togliendo dal mio personale album di famiglia, Germi, purtroppo, non c’era anche se, dentro di me, sono convinto che anche lui sia stato a Castiglioncello in quegli anni a progettare un film insieme a qualcuno degli assidui frequentatori di quel mare.
          Nella tua analisi trovo conferma di quanto molti oggi vogliono negare; siamo stati, e forse lo siamo amcora, quegli italiani lì.

        • Kokab 20 settembre, 2015 at 17:01

          non credo andrea di dirti qualcosa di nuovo se ricordo che il confine fra ironia e compiacimento, facilissimo da passare, è poi stato passato moltissime volte, anche in modo ruffiano, pure da qualche bravo regista che aveva bisogno di lavorare, probabilmente per la ragione che diceva flaiano.
          quanto al fatto che l’ironia fosse troppo facile è certamente vero, ma usare i registri dell’amarezze e del disincanto non era da tutti, neanche allora.
          in effetti, come oggi, c’era solo qualcuno che certe cose le sapeva fare bene.

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