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Renzi ci riprova; per fare cosa?

 

Renzi ci riprova; per fare cosa?

Dopo il Referendum del 4 dicembre nel quale si è voluta enfatizzare la vittoria della democrazia contro un presunto tentativo di sovvertimento della stessa da parte di un manipolo di arrivisti, ci si sarebbe aspettati, come minimo, che il Congresso del partito di cui quel manipolo era stata espressione, e le elezioni Primarie susseguenti, venissero approcciate con il rispetto che, anche a questo esercizio di democrazia dovrebbe spettare; ma così non è avvenuto e poco conta che il balletto di cifre (sempre aleatorie in questi casi) non metta d’accordo nessuno: è innegabile che un tale afflusso fosse difficilmente pronosticabile dopo un esito referendario disastroso, una scissione interna dolorosa, in una giornata piena di sole ed a metà di un ponte festivo, cosa che non è mai stato di buon auspicio, per qualsiasi tornata elettorale.                                                   Renzi ci riprova; per fare cosa?

Si è vissuta la sensazione di un accerchiamento e circa due milioni di persone hanno raccolto la sfida affrontando il tentativo di ridicolizzarle operato da parte degli alfieri della democrazia: si sono recate composte ad esprimere il loro parere il quale mette la parola fine all’annosa querelle all’interno del Partito Democratico tra due inconciliabili posizioni. Preso atto di un dato sconfortante (l’inciviltà di buona parte di questo Paese) ve ne sono però anche altrettanto importanti, non tanto per il presente quanto per il futuro.

Intanto nel PD non si sono scontrate differenti idee sulla gestione del partito e su come affrontare le prossime elezioni politiche, o quanto meno esse fanno grande fatica ad emergere nella contrapposizione tra la persona del Segretario uscente e le truppe scomposte dei suoi antagonisti, dentro e fuori del PD; lo scontro è stato consumato tutto nel tentativo, non riuscito, di mettere in minoranza Renzi, per poi espellerlo: da sempre vissuto come un corpo estraneo in buona parte della vecchia nomenclatura, adesso uscita con le ossa rotte dal confronto, il vecchio/nuovo segretario del Partito al momento non ha avversari credibili nel PD.

Con Renzi vincitore, quindi, il PD resta con i problemi del giorno prima: si presenterà alle elezioni con quale programma? Per fare che cosa e, soprattutto, con chi? Forse è su questo che i due milioni di persone accorse in massa all’appuntamento avrebbero dovuto esprimersi, ma non è stato consentito loro di farlo e adesso, firmata una sorta di cambiale in bianco a favore di Renzi, si dovrà aspettare che egli disveli il nuovo progetto politico che ha in serbo per l’Italia, il quale non può essere certo quello che ha portato alla bocciatura referendaria, ma del quale si fa una certa fatica ad individuare i contorni.

Nel frattempo, a rendere ancora più complicate le cose, come se non bastasse, il contesto politico europeo ed internazionale è notevolmente cambiato, e non tanto per la Brexit ormai metabolizzata con qualche mal di pancia, ma soprattutto in seguito al previsto esito delle elezioni francesi se, come pare, Macron riuscirà a sconfiggere l’ennesimo tentativo del Front Nationale di espugnare l’Eliseo.

Ed è proprio la figura di Macron, il modo in cui ha prepotentemente imposto la sua leadership e gli ideali dei quali si fa propugnatore che rivelano un quadro inedito, non solo in Francia, ma anche nel resto dei Paesi europei, poiché non pare più probabile il tradizionale confronto tra conservatori e progressisti, ma è sempre più evidente il formarsi di due schieramenti contrapposti sul senso di identità nazionale e cessione di sovranità; già perché Macron ha fatto qualcosa che fino ad ora nessuno aveva osato, forse per pudore o forsanche per timore di perdere voti: si è schierato apertamente e senza riserve per l’unità europea, lasciando completamente alla Le Pen  il campo dei nazionalisti e sovranisti. Di contro la sua avversaria ha fatto una cosa che da lei non ci si sarebbe aspettata: ha lasciato la segreteria del Front Nationale, quasi a voler segnare una linea di demarcazione con il suo passato non certo onorevole.

In tutto questo la sinistra si è persa nei meandri delle divisioni e delle indecisioni, condannata alla marginalità nelle prossime elezioni inglesi, francesi ed italiane; segno evidente che il declino ha radici ben più profonde ed antiche di quanto l’odio giurato nei confronti di Renzi (presunto rottamatore di quella parte politica in Italia) sembri giustificare.

Lo scontro in Francia, e credo anche nel resto del continente, nei vari Paesi che fanno parte del club, ormai si delinea nettamente con buona pace di quelli che, come Renzi, sino ad ora si erano spesi per un’adesione condizionata all’Europa: les jeux sont faits, rien ne va plus, game over! Ormai quel tipo di posizione rischia di lasciare il malcapitato in mezzo ad un fiume in piena con due eserciti in guerra sulle rive opposte, e non pare più esservi una terza via ragionevolmente praticabile.

Quello che appare chiaro in altri Paesi meno angosciati da una stentorea ripresa economica e da problemi sociali giganteschi, diventa opaco ed impalpabile in Italia ove, a questo punto, solo Salvini e la Meloni sembrano avere le idee chiare; le altre tre forze che realisticamente si contendono la leadership, sia pure in un contesto elettorale nel quale le alleanze, più che probabili, saranno obbligatorie, non mostrano grande sicurezza, ma si barcamenano su tatticismi forse buoni per spostare una manciata di voti, ma non  certo per chiedere all’elettorato un mandato chiaro, e se il M5S su questo appare ogni giorno di più ondivago, e Berlusconi aspetta di capire da che parte tira il vento, il Partito Democratico non può esimersi dal fare chiarezza, almeno con quei due milioni di persone che in una bella giornata di sole, sfidando la cialtroneria e lo scarso senso civico di chi è democratico solo a giorni alterni, si sono messi in fila per dire che non hanno motivo di vergognarsi di esprimere la loro idea: quella in base alla quale oggi hanno deciso di rinnovare la fiducia a Renzi, ma domani potrebbero anche cambiare idea e la pazienza, come tutte le virtù umane, non è mai infinita.

 

Renzi ci riprova; per fare cosa?

Renzi

 

 

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