le storie

La ricerca del nuovo mondo e la mappa perduta

La ricerca del nuovo mondo e la mappa perduta.

Il 30 aprile del 2007 la Cancelliera della Repubblica Federale di Germania Angela Merkel si reca in visita al Congresso degli Stati Uniti d’America durante un viaggio ufficiale in quel Paese; con sé porta una copia di un’antica mappa  nella quale erano stati disegnati per la prima volta nella storia i contorni di 4 continenti (compresa quindi l’America) anche se sotto forma di una rappresentazione grafica che oggi ci appare ancora molto imprecisa. Il gesto della Merkel fu puramente simbolico e tendente a riaffermare il tradizionale rapporto di vicinanza “atlantica” tra i due Paesi, consolidata oramai da molti decenni; il Congresso però già possedeva l’originale della mappa, acquistato nel 2001 e composta da 12 tavole della misura di cm 46×62 cadauna, le quali unite su tre file e quattro colonne formano una carta geografica di ragguardevoli dimensioni, specialmente se rapportata all’epoca in cui venne stampata: l’aprile del 1507.

 

 

Erano già passati circa 50 anni da quando Gutenberg aveva dato alle stampe la prima Bibbia; ma un conto era stampare caratteri di scrittura, e cosa ben diversa era trasporre sulla carta di allora un disegno complesso, come quello rappresentato dai contorni delle terre emerse conosciute. Nell’aprile del 1507, inoltre, che l’America fosse un continente vero e proprio, e non un gruppo di isole nel mare delle Indie (come Colombo le aveva definite), nessuno avrebbe dovuto ancora saperlo. Solo sei anni dopo infatti, nel 1513, Vasco Nunez De Balboa, esplorando l’interno dell’odierno Panama, si sarebbe reso conto del fatto che dall’altra parte delle terre costeggiate dieci anni prima da Amerigo Vespucci si trovava un altro mare, probabilmente grande almeno quanto quello che si erano lasciati alle spalle gli equipaggi europei giunti sul nuovo continente. E sarà solo in quell’aprile del 1507, su quella carta, che quelle terre verranno chiamate per la prima volta “America”, consacrando gli sforzi di Amerigo Vespucci, quando oramai Cristoforo Colombo era morto da circa un anno in Spagna, senza avere, si dice, piena cognizione di ciò che avesse effettivamente fatto.

 

Le volte della Sagrestia Vecchia, Chiesa di S.Lorenzo e della Cappella Pazzi, Firenze.
Cliccare immagine per migliore risoluzione.

 

La storia di quella mappa è interessante perché, nonostante ne fossero stati stampati molti esemplari, dopo pochi anni dalla sua divulgazione se ne persero le tracce, mentre continuò a passare di mano il trattato al quale essa risultava in origine essere stata allegata: la Cosmographia Secundum Ptholomaei Traditionem et Americii Vespucii Aliorumque Lustrationes. Mentre del trattato esistono diverse copie, della mappa solo un esemplare dei mille stampati è giunto sino a noi e la sua storia è singolare: sparita dalla circolazione poco dopo la stampa, venne ritrovata solo nel 1901 da un ricercatore tedesco, il Prof. Joseph Fisher nel Castello di Wolfegg (Baden-Wuttemberg) per essere successivamente venduta dall’ultimo erede dei Waldburg-Wolfegg al Congresso USA nel 2001.

 

Le dodici tavole che compongono la Mappa di Waldseemüller "Universalis Cosmographia"
del 1507. Il cui titolo completo è "Universalis cosmographia secundum Ptholomaei
traditionem et Americi Vespucii aliorumque lustrationes" (La Cosmografia universale sec-
ondo la tradizione di Tolomeo e le scoperte di Amerigo Vespucci e altri). Cliccare im- 
magine per risoluzione migliore.

 

Già raccontata così, la storia è piena di punti interrogativi piuttosto interessanti: come avevano fatto gli autori ad avere informazioni che al tempo ufficialmente non erano ancora note? Perché la mappa è stata a lungo nascosta nei meandri delle polverose biblioteche d’Europa? Ed infine: quanto sappiamo di ciò che accadde realmente, prima che si scolpisse sulla pietra la fatidica data del 12 ottobre 1492? Oggi abbiamo la certezza che le esplorazioni della terra hanno avuto luogo prima, rispetto a ciò che la storiografia ufficiale riporta. D’altronde la natura prevalentemente nomade di molte popolazioni di un tempo e la necessità di trovare altri luoghi dove poter vivere per sfuggire a nemici o carestie, hanno dato luogo a continui esodi di interi popoli, alcuni ricordati nei testi storici, molti altri no. Di sicuro sappiamo che dell’esistenza delle Americhe, oltre ai nativi naturalmente, altri avevano avuto conoscenza: se sia stato il monaco San Brandano, che nel IV° secolo mosse dall’Irlanda per raggiungere l’Islanda e poi da lì Terranova, o l’esploratore islandese Leif Erikson, che nell’anno mille si dice abbia raggiunto il nuovo continente, o addirittura i vichinghi nella seconda metà del primo millennio, non abbiamo certezza alcuna. E come non ricordare – a seguito della soppressione dell’ordine da parte di Papa Clemente V e la confisca di tutti i loro beni disposta da Filippo IV (Il Bello) il 13 ottobre del 1307 – la dissoluzione dei Cavalieri dell’Ordine del Tempio avvenuta nell’arco di una notte, e la possibile fuga verso il nuovo mondo, riuscendo, così si dice, a mettere al riparo parte consistente delle loro ricchezze?

 

   Busto di Amerigo Vespucci, di Giovan Battista Foggini (attr.).

 

Il lungo periodo storico che chiamiamo Medioevo e che va dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente sino allo sbarco in America di Cristoforo Colombo è stato denso di avvenimenti e culturalmente molto vivace; si tende però normalmente a trascurare l’importanza del periodo che va dall’inizio di tale era sino alla fine del primo millennio. Il declino dell’Impero Romano aveva portato ad una forte instabilità politica e sicuramente i traffici di uomini e merci ne risentirono, in quanto le consuete direttrici sulle quali essi si erano sviluppati, private del presidio militare di una potenza come quella di Roma, divennero insicure e non furono più mantenute efficienti. L’insicurezza indusse ad incrementare lo spessore e l’altezza delle fortificazioni, e anche gli scambi culturali divennero più difficili; ma lo sviluppo del pensiero e la ricerca della conoscenza continuarono:

Oltre le tre parti conosciute dell’orbe terracqueo, ne esiste una quarta che si estende di là dell’Oceano, all’interno delle regioni meridionali, e che ci è sconosciuta a causa dell’enorme calore del sole: narrano le favole che in questi territori abitano gli Antipodi

Questa frase è tratta dalla traduzione in italiano di un passo latino del tredicesimo libro facente parte di una delle prime enciclopedie dell’era cristiana, scritta in Spagna da Isidoro di Siviglia negli ultimi venti anni della sua vita, all’inizio del VII° secolo d.C.: l’Etymologiae, e riadattata successivamente in venti volumi da S.Braulio con il nome di Etymologiarum sive originum Libri XX. La concezione del mondo in essa espressa è quella di un globo nel quale una parte risulta più a contatto del sole (quella meridionale) per cui man mano che si va verso sud la pelle diventa più scura a causa del calore, sino a che l’ambiente diviene non più abitabile da esseri umani, ma solo da mostri; detto questo, il fatto che ci fosse un altro continente era già chiaro. Insomma, in America c’erano arrivati probabilmente in molti già prima di Colombo e Vespucci, e il motivo per cui tutti quanti alla fine del sedicesimo secolo hanno fatto finta di cadere dal pero (“ohibò, c’è un altro Continente!“), lo si può forse spiegare con la circostanza che nella Genesi si menzionino solo tre terre emerse dovute ai tre figli di Noè (Cam, Sem e Jafet), scampati al Diluvio Universale, i quali si erano sparsi colonizzando con le loro discendenze l’Africa, l’Asia e l’Europa; e la Bibbia non poteva sbagliare.

 

Cronaca del Concilio di Costanza, Ulrich Richental. Scena descrive incontro di studiosi,
vescovi, cardinali e Papa Giovanni XXIII nella Cattedrale di Costanza. Cliccare immagine
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Già dal 1252 quando Papa Innocenzo IV aveva autorizzato l’utilizzo della tortura nei processi intentati dalla Santa Inquisizione, mettere in dubbio ciò che le Sacre Scritture raccontavano era cosa assai malsana: i roghi spuntavano come funghi laddove la presenza di Satana e di possibili eretici ne rendesse necessario l’utilizzo purificatore, e la voglia di esplorare nuove terre, intensificare i traffici commerciali e semplificare le rotte di collegamento era cosa da mercanti, non da aspiranti martiri per la verità. Questa voglia di comprendere era stata oppressa dalla Chiesa per buona parte del Medio Evo, ma i viaggi di Marco Polo in Cina nella seconda metà del tredicesimo secolo e l’intensificazione degli scambi con l’Oriente che ne seguì, stimolarono la fame di conoscenza  verso orizzonti ignoti, dove forse si sarebbero trovati solo leoni, …….o forse no!

In realtà che la terra fosse tonda lo si era capito già dalla Grecia antica: probabilmente il primo a scoprirlo fu Pitagora nel 500 a.C.; in seguito Eratostene, circa 200 anni prima di Cristo arrivò a misurarne la circonferenza con un margine di approssimazione che oggi definiremmo esagerato ma che per le conoscenze e gli strumenti del tempo possiamo ritenere stupefacente, per giungere infine a Tolomeo, il quale mise tutto per iscritto in un trattato di otto volumi (Geographia), nel quale fu piuttosto meticoloso, sia nel descrivere ciò di cui era a conoscenza, sia di quello per il quale non era stato in grado di dare dimostrazione, gettando così le basi per le successive indagini. Di quel trattato non è giunto a noi alcun originale ma solo trascrizioni, sia in greco che latino, ma all’inizio del 1300, di copie ne giravano ancora e delle 27 carte che corredavano il testo, il monaco bizantino Massimo Planude fece una composizione, già consapevole probabilmente delle esperienze fatte dai Polo di ritorno dal Catai.

La diffusione di mappe più o meno fedeli agli originali degli antichi divenne oggetto di traffici per tutta l’Europa, ma questi mercanteggiamenti avvenivano in modo discreto, in circoli ristretti ove la voglia della scoperta era mitigata dal timore di essere accusati di eresia, o peggio di stregoneria. Fu così che stimoli importanti alla divulgazione della conoscenza si ebbero in una delle città nelle quali la spinta all’espansione commerciale era maggiore: Firenze.

 

Eratostene valutò attentamente dalle ombre che a mezzogiorno del solstizio d’estate il
Sole sopra Alessandria (non allo zenit) formava con la verticale locale un angolo pari a
circa 1/50 di giro. Ora, se 1/50 di un cerchio era l’inclinazione che insorgeva per lo
spostamento da Siene ad Alessandria, allora l’intera circonferenza terrestre corrispon-
deva a 50 volte quel tragitto. (Diagramma di R. Weitnauer).

 

Nel 1397 il Cancelliere della città, Coluccio Salutati, invita a Firenze Manuele Crisolora, umanista bizantino, con lo scopo ufficiale di riportare alla luce in Occidente la cultura e la lingua greca, dopo che il Grande Scisma tra Cattolici e Ortodossi del 1054 ne aveva limitata la diffusione. Giunto a Firenze, Crisolora si accinse con entusiasmo al compito e negli anni seguenti (orientativamente tra il 1406 ed il 1409) tradusse in latino, insieme a Jacopo Angeli, la Geographia di Tolomeo, completando così il quadro d’insieme composto sino ad allora dalle sole mappe copiate da Massimo Planude all’inizio del secolo.

 

Palazzo del Consiglio a Costanza.

 

Tra il 1414 ed il 1417 si tenne a Costanza il Concilio; niente a che vedere rispetto a ciò che noi oggi pensiamo possa essere un Concilio. Vi parteciparono delegazioni da ogni parte d’Europa, decine di migliaia di persone, molte delle quali niente avevano a che vedere ufficialmente con la Chiesa, ma che approfittavano dell’occasione per avere un luogo di incontro ove scambiarsi idee, tessere alleanze e consolidare rapporti commerciali; il fatto che per Firenze partecipassero, tra gli altri, Cosimo de Medici (appena riabilitato dopo l’esilio) e Manuele Crisolora (che a Costanza morì), probabilmente la dice lunga sull’importanza che a Firenze si attribuì all’occasione.

Dopo alcuni anni, il 6 luglio del 1439, ebbe inizio proprio a Firenze la parentesi toscana del Concilio di Basilea, Ferrara e, appunto, Firenze. Come quelli precedenti, il fervore che lo animò poco aveva a che vedere con le questioni teologiche, e persino la Chiesa ne venne in parte coinvolta. Infatti durante i lavori, Niccolò Conti, un mercante veneziano appena rientrato dall’Asia, dopo aver raggiunto le isole di Giava e Sumatra, venne ascoltato persino da Papa Eugenio IV mentre raccontava le sue esperienze di viaggio. Negli stessi giorni giunse a Firenze una delegazione cinese e probabilmente fu durante questa visita che si parlò anche delle gesta dell’ammiraglio Zheng He, che durante una spedizione avvenuta tra il 1421 ed il 1423 si dice avesse raggiunto il nuovo continente, del quale evidentemente tutti ormai parlavano, ovviamente sulla costa del Pacifico. La stessa, della cui esistenza si ha notizia ufficiale solo con l’avvistamento del 1513 da parte di Vasco Nunez De Balboa, e che fu disegnata e stampata per la prima volta, 84 anni dopo il viaggio dell’ammiraglio cinese, proprio sulla mappa del 1507, che adesso è di proprietà del Congresso americano.

 

La Mappa di Waldseemüller "Universalis Cosmographia" del 1507 montata alle effettive
dimensioni, senza i bordi di ogni tavola. Cliccare immagine per migliore risoluzione.

 

E fu al culmine di questo susseguirsi di vicende straordinarie per quel tempo, che arriviamo ad una lettera spedita dal matematico e cartografo fiorentino Paolo Dal Pozzo Toscanelli (1) al canonico spagnolo Ferdinando Martinez (2), lettera del cui contenuto Cristoforo Colombo venne a conoscenza e che lo indusse a cercare di conoscere lo studioso fiorentino; preludio alla collaborazione tra i due nella stesura delle mappe che accompagnarono il navigatore genovese nel suo primo viaggio verso una meta apparentemente ignota, della quale in realtà altri forse già sapevano molto più di ciò che le cronache ufficiali del tempo riportano.

 

La mappa cinese disegnata nel 1763 che si dice sia la fedele riproduzione di un originale del 1418 dopo i viaggi dell'ammiraglio Zheng He. Si pensava fosse andata dispersa finché nel 2001 il collezionista Liu Gang la trovò in una libreria di Shanghai.
Cliccare immagine per migliore risoluzione.

 

Breve inciso; Eratostene, come detto, aveva calcolato le dimensioni della terra con approssimazione piuttosto buona date le conoscenze del tempo; nel corso dei secoli però carte e studi dei greci e degli arabi si intersecarono più volte e nel passa parola (o meglio, passa carte) si finì con il confondere le misurazioni, a causa del fatto che il miglio arabo del tempo era molto più lungo di quello europeo. Fu così che si arrivò al XV° secolo con un’idea della Terra dalle dimensioni più piccole rispetto al reale di circa 1/3. Nonostante questo, la distanza ipotizzata tra le coste europee e quelle asiatiche risultava essere eccessiva, tale da non consentire ad alcuna flotta la navigazione senza scalo. L’intuizione, peraltro errata, di Toscanelli (4) fu quella dell’esistenza di arcipelaghi di isole situate sulla rotta, tali da consentire opportuni rifornimenti lungo il viaggio; tutto questo, unito a una sovrastima delle dimensioni dell’Asia, fece sì che Toscanelli convincesse Colombo, e questi il Re di Spagna, sulla fattibilità dell’impresa.

 

   Video sui calcoli di Eratostene

 

Nel frattempo era accaduto un fatto singolare, sul quale gli storici (non solo dell’arte) stanno ancora indagando per comprenderne il significato; il 9 luglio del 1422 viene consacrato l’altare di San Lorenzo nell’omonima Chiesa a Firenze e circa venti anni dopo, quando ormai i lavori erano in fase di completamento, di quella che era la Chiesa della famiglia Medici, Giuliano D’Arrigo detto “il Pesello” affresca la volta della Sacrestia Vecchia con un disegno il cui significato è oggetto di dispute da molti anni.

A questo punto è necessario fare un passo indietro e sottolineare alcuni aspetti: sappiamo che al tempo la pittura, oltre alla scrittura e alla miniatura dei codici, erano le uniche modalità per tramandare la conoscenza. La pittura in particolare era il mezzo più usato, non solo per lasciare ai posteri memoria di volti e vicende, ma anche per lanciare messaggi talvolta enigmatici, indirizzati a chi avesse la capacità di comprenderli; e quell’affresco rappresentante la volta celeste con le costellazioni dello zodiaco poste in un certo modo, in un’epoca nella quale le immagini sacre o le scene di guerra erano di gran lunga le preferite, specialmente (le prime) all’interno di un luogo consacrato, lascia interdetti. Premesso che l’attribuzione al Pesello viene oggi messa in dubbio e che l’autore secondo alcuni critici potrebbe essere addirittura Piero della Francesca (3), le indagini si sono indirizzate inizialmente verso la determinazione della data nella quale presumibilmente il cielo di Firenze poteva aver assunto quella configurazione. Il risultato di uno studio condotto dal Prof. Giuseppe Forti presso l’Osservatorio Astronomico di Arcetri (Firenze) ha dato come responso quella del 4 luglio 1442, anno nel quale si ritiene che il Pesello (o Piero della Francesca) abbia iniziato la composizione dell’affresco. Determinata la data, si è cercato di capire perché i Medici avessero ritenuto che essa potesse essere così meritevole di restare impressa a futura memoria all’interno di una Chiesa così importante per loro, e l’unico evento di quell’anno a Firenze che pare avere importanza (ma non poi così tanta), è stato l’arrivo in città del Re di Napoli, Renato D’Angiò, dopo la cacciata dalla sua città.

 

Madonna della misericordia o dell'Umiltà e Pieta, di Domenico Ghirlandaio, 1472 circa,
Chiesa di Ognissanti, Firenze. Cliccare immagine per migliore risoluzione.

 

Una famiglia potente e ricca come quella dei Medici che fa affrescare con lo zodiaco una volta della chiesa di famiglia, rischiando così di suscitare le critiche della Chiesa, per rievocare un evento della cui importanza molti dubitano, appare assai singolare, e non certo in linea con la tradizione della potente e ricca famiglia.
Ancora più singolare il fatto che circa venti anni dopo anche la famiglia dei Pazzi abbia deciso di far dipingere lo stesso identico affresco nella Cappella di famiglia appena completata all’interno del complesso di Santa Croce. E qui dobbiamo fare mente locale su chi fossero i Pazzi, su quali fossero ormai da tempo i rapporti tra le due famiglie, sull’accesa rivalità che nel 1478 porterà alla famosa congiura e al successivo sterminio dei Pazzi, per comprendere che la presenza dello stesso affresco dipinto a distanza di tempo, in un’epoca nella quale i messaggi si inviavano anche in questo modo, possa avere avuto il significato di voler dire ai Medici che anche loro (i Pazzi) avevano compreso il segreto nascosto dall’affresco.

Risposta non abbiamo, ma di quella ufficiale sino a qui tramandata ben pochi si accontentano. A tale proposito si trovano diversi tentativi in rete, fatti per dare una spiegazione plausibile; tra di essi uno mi ha incuriosito: quello che ha portato un appassionato dilettante fiorentino a scoprire una singolare corrispondenza tra le coordinate suggerite dall’affresco e quelle di una località vicina a San Francisco (USA) in quella fatidica data del 1442 (5). In attesa che arrivino conferme ulteriori e da fonti ufficiali, lasciamo sospeso il punto interrogativo; non il solo in tutta questa lunga storia.

 

Firenze, la Chiesa di Ognissanti al cui interno è la Cappella Vespucci.

 

Tornando alle vicende della mappa di proprietà del Congresso statunitense, essa inizia all’interno di un gruppo di eruditi tedeschi che si riunirono all’inizio del sedicesimo secolo nella cittadina di Saint-Dié, nell’odierna Lorena, con l’aspirazione di colmare il divario di conoscenze e di pensiero tra l’arretrato nord d’Europa e l’Italia. Ne facevano parte studiosi come Martin Waldseemuller e Mathias Ringmann, umanisti e cartografi interessati ai fermenti di idee suscitati dalle nuove scoperte oltre oceano. In particolare Mathias Ringmann venne più volte in Italia dove ebbe  contatti, proprio a Firenze, con Pico della Mirandola e con i componenti del circolo creato dal filosofo Marsilio Ficino. Durante le sue visite è assai probabile che egli abbia ammirato nella chiesa di Ognissanti la “Madonna della Misericordia” del Ghirlandaio che, commissionata al pittore nel 1472 dal nonno omonimo del navigatore  Vespucci, ritrae la famiglia sotto il riparo del mantello della Beata Vergine aperto ad incorniciare l’opera. Nel quadro è stato ritratto anche il giovane Amerigo e c’è chi giurerebbe che la sua immagine risulti assai simile a quella che Waldseemuller ha stampato in alto, sopra la mappa del 1507. Ma le analogie non si fermano qui: sovrapponendo la mappa al quadro si notano straordinarie analogie tra la sua forma e quella del mantello della Vergine; forse la diffusione del culto mariano al tempo, non è sufficiente a spiegare queste singolari coincidenze.

 

Sovrapposizione della Mappa di Waldseemuller e la “Madonna della Misericordia”.

 

Per secoli si son contrapposte due diverse concezioni del mondo: una ufficiale, quella della Chiesa, che vedeva nel rispetto delle Sacre Scritture un dovere imprescindibile, spesso subito dalle monarchie europee, che alla legittimazione della Chiesa dovevano il loro status. L’altra si basava sulle conoscenze diffuse specialmente al di fuori dell’Europa, particolarmente in Oriente (Arabia e Cina), le quali, libere da condizionamenti dogmatici, tendevano a spingersi oltre il limite del conosciuto. Le idee, anche se con difficoltà si diffondevano per il mondo al seguito delle carovane di mercanti e, come detto, persino durante i Concili; ma facevano fatica ad imporsi per il timore della scure romana. Probabilmente i Medici compresero l’importanza di queste nuove intuizioni e sicuramente ne videro i possibili vantaggi economici; forse pensarono anche di organizzare il viaggio verso il nuovo mondo, ma per motivi che non conosciamo e che possiamo solamente intuire, quel viaggio probabilmente non lo fecero mai, accontentandosi forse, di lasciare una testimonianza del fatto che loro sapevano, dipinta sulla volta della Sacrestia Vecchia in San Lorenzo.

 

Dettaglio della Mappa della Tera Florida, di Vesconte Maggiolo che riporta molti dei
toponimi utilizzati da Verrazzano; tra questi chi abita a Firenze e dintorni non avrà difficoltà a riconoscerne di familiari: Vallombrosa (Valle umbrosa), Careggi (Caregi), Quaracchi e  altri. Cliccare immagine per migliore risoluzione.

 

Tra la fine del quindicesimo ed i primi anni del sedicesimo secolo due fiorentini, Amerigo Vespucci e Giovanni da Verrazzano mostreranno al mondo quanto le conoscenze di cartografia e geografia, sviluppate a Firenze nel corso dei due secoli precedenti, avessero portato una città senza alcuna vocazione marinara ma animata da una straordinaria vitalità culturale e commerciale, ad un livello di consapevolezza della realtà del mondo assai superiore rispetto a quella al tempo esistente in tutti quei paesi i quali di quelle conoscenze approfitteranno poi per colonizzare il nuovo mondo.

 

 

L'immagine di copertina che riportiamo a fine blog è una elaborazione della famosa
copertina di uno dei più importanti album musicali dei Beatles: “Sgt. Pepper’s
Lonely Hearts Club Band” del 1967. Da molti considerato il più importante della famosa
Band ed il più rappresentativo di un cambiamento epocale non solo in ambito musicale,
esso ha destato anche molti dubbi su alcuni significati che nella composizione, l’ideatore
e leader della band, Paul McCartney, avrebbe voluto inserire e sui quali i dubbi
rimangono inalterati. Ci è sembrato che quella copertina, aggiornata con le immagini dei
personaggi che hanno fatto la storia di Firenze nel Rinascimento (Leonardo,
Michelangelo, Lorenzo de Medici, e Amerigo Vespucci), potesse ben rappresentare tutti
i contenuti sopra citati, anche riferiti a quell’epoca.
Cliccare immagine per migliore risoluzione.

 

 

 

(1) Paolo del Pozzo Toscanelli per i suoi studi aveva a disposizione lo Gnomone di Santa Maria del Fiore, uno dei più grandi e precisi esistenti allora al mondo in quanto la luce veniva proiettata sul pavimento della Cattedrale passando attraverso una bronzina posta nella cupola a 90 metri di altezza.
(2) Lettera a Ferdinando Martinez
(3) all’epoca il Pesello era molto vecchio e morì poco dopo che l’opera era stata terminata; pensare che un vecchio pittore, poco avvezzo agli affreschi, alla vigilia degli ottanta anni (all’epoca) stesse sdraiato ad affrescare una volta di una cappella per giorni e giorni, non sembra oggi così credibile. La Prof.ssa Sandra Marraghini attribuisce l’affresco a Piero della Francesca e lo data 1440. Secondo la studiosa pare che l’affresco simboleggi l’inizio di una nuova era (Rinascimento)  forse a causa di nuove importanti conoscenze delle quali i Medici erano depositari e che probabilmente progettavano di sfruttare commercialmente.

(4) Paolo Dal Pozzo Toscanelli
(5) Il mistero degli affreschi delle Cappelle Medici e Pazzi

Nota – 28 gennaio 2018
Dopo la pubblicazione dell’articolo, ed in riferimento alle in essa citate somiglianze tra l’affresco del Ghirlandaio e la mappa di Waldseemuller, abbiamo ricevuto cortese comunicazione da parte di Diego Baratono e Claudio Piani nella quale essi ci comunicano di essere stati i primi al mondo ad aver notato dette somiglianze e di averne dato conto nelle loro opere nelle quali si possono trovare le evidenze del loro lavoro di ricercatori.
Pur non avendo letto dette opere ci pare corretto completare l’informazione sui possibili filoni di indagine relativamente agli eventi citati nell’articolo, segnalando ai nostri lettori quella che potrebbe essere un ulteriore direzione di approfondimento.

 

 

 

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Bibliografia:

  • La mappa perduta: storia della carta che cambiò i confini del mondo (Toby Lester) – Rizzoli
  • Ricordo del solstizio d’estate del 1892 (Gustavo Uzielli) – Stabilimento Tipografico Fiorentino
  • Etimologie e Origini (Isidoro di Siviglia) – UTET
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2 comments

  1. Kokab 17 gennaio, 2019 at 00:36

    scritto originale, argomentato e ben documentato. vorrei averlo scritto io! c’è un punto che mi lascia dubbioso, e lo propongo solo come arricchimento del testo: non c’è corrispondenza fra la mappa di waldseemuller e quella di toscanelli, per il fatto che lo studioso fiorentino non aveva considerato l’esistenza del nuovo continente fra fra europa e asia.
    ora, è vero che toscanelli disegna la sua mappa oltre trent’anni prima di waldseemuller, ma pare strano che lo studioso più dotto sulla piazza fosse l’unico a non sapere cosa era dipinto nelle chiese della sua città, e che ignorasse le notizie dei viaggi di zheng he, se queste erano effettivamente giunte a firenze.
    naturalmente ci possono essere molte spiegazioni, non ultima quella di conciliare la sua sottostima della dimensione della terra con la sovrastima della dimensione dell’asia, errori nei quali era incorso toscanelli, oppure l’idea di buscare il levante per il ponente, come avrebbe poi detto colombo, evitando la circumnavigazione dell’africa, o semplicemente il fatto che per qualche ragione aveva ritenuto inattendibile l’informazione cinese, se mai era effettivamente giunta a firenze.
    niente di grave naturalmente, l’incoerenza non dimostra nulla, è solo una piccola curiosità, per la quale non avremo mai risposta.

    • M.Ludi 3 febbraio, 2019 at 12:10

      Da scrittore dilettantesco e storico mediocre ho più volte affrontato tematiche analoghe comprendendo che esiste un confine sottile oltrepassato il quale diventa difficile per me andare ad indagare, sia per il tempo necessario per farlo, che per la quantità di nozioni di vario genere di cui il personale bagaglio di chi scrive deve essere composto. Nonostante questo, affrontato l’argomento ho deciso di provarci sin al punto di non cadere in contraddizioni dalle quali non avrei saputo uscire e credo, in questo, di essere abbastanza riuscito.
      Nel lungo percorso affrontato, in effetti, Paolo Dal Pozzo Toscanelli è stato l’argomento che, in quel contesto, avrei voluto poter evitare perché è una voce completamente fuori dal coro che io avevo composto; ma non ho potuto farlo perché trattare di cartografia e geografia di quel tempo senza citarne quello che allora era considerato uno dei massimi esperti mi pareva cosa meschina, evidente segnale che avevo toccato il fondo della mia capacità di trattare sull’argomento. E alla fine ho deciso che la miglior cosa fosse dire le cose come stavano: in una città nella quale i fermenti travalicavano di gran lunga la possibilità di manifestarli apertamente vi erano più opinioni su ciò che andasse fatto, come e soprattutto perché.
      Firenze era una piccola città venuta fuori pressochè decimata dalla peste che nell’arco di poco più di 50 anni l’aveva colpita pesantemente due volte (1348 e 1400); a dispetto delle dimensioni la città era ricchissima ed animata da un fervore intellettuale tale da far convergere su di essa le menti più brillanti del tempo e consentire che molte altre in campi diversi intorno ad essa nascessero. Detto questo va anche ricordato che essa militarmente era molto debole ed al bisogno aveva dovuto sempre ricorrere a capitani di ventura o ad alleanze con città meno ricche e brillanti, ma dotate di potenti eserciti come Milano.
      C’è poi il fatto che Firenze è distante dal mare; oggi in auto in poco meno di un’ora si arriva sulla costa, ma al tempo percorrere circa 80 chilometri in terre tradizionalmente ostili e piegate solo con la spada per raggiungere l’avamposto livornese voluto e costruito di sana pianta dai fiorentini con l’ausilio della peggiore feccia che animava le carceri cittadine, era impresa tutte le volte da intraprendere con attenzione. Non a caso i banchieri e mercanti fiorentini avevano creato succursali in moltissime città europee del tempo, ma solo Venezia nel 15° secolo rappresentava una potenza marinara che insidiava nel Mediterraneo persino i turchi.
      Insomma: che cosa ci facevano cartografi, geografi e navigatori a Firenze? Sicuramente erano figli della spinta culturale che in riva all’Arno era molto potente; probabilmente ritenevano di poter ottenere finanziamenti per organizzare spedizioni verso l’ignoto e sicuramente trovarono in Lorenzo il Magnifico l’uomo adatto per poter assecondare queste loro aspirazioni ma la cosa non si concretizzò e quelle conoscenze vennero, alla fine, cedute ad altri.
      In tutto questo Polo dal Pozzo Toscanelli ha avuto un’importanza fondamentale in quanto, senza stravolgere le credenze del tempo (3 soli continenti) dimostrò sbagliando che la traversata sarebbe stata possibile e di questo convinse chi doveva. A suo modo fu comunque figlio di quell’epoca in quella città e non potevo non citarlo; la sua importanza però forse risponde implicitamente alla domanda: era forse il cartografo più prestigioso del tempo ed ignorò totalmente le informazioni che da più parti erano confluite in Firenze in anni diversi; perché? Forse perché essendo il più grande, il più bravo ed il più stimato nel suo campo, come spesso avviene anche ai migliori scienziati, alla fine si convinse talmente tanto di avere ragione da voler ignorare chiunque osasse metterne in dubbio le sue conoscenze. Azzardo: in questa sua presunzione può aver persino convinto i Medici che non meritasse impiegare denaro in quantità per ottenere uno scopo, raggiungere le Indie, dove altri avevano già capisaldi e conoscenze per lo sfruttamento commerciale. Chissà; un giorno qualcuno, da qualche parte, sotto uno spesso strato di polvere troverà dei documenti per scrivere un altro capitolo di questa storia alla quale ho voluto dare un modesto contributo.

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