le storie

Robert Musil messo a nudo

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di Paola Sorge

 

Ai funerali di Robert Musil, morto improvvisamente il 15 aprile 1942 nella stanza da bagno di una modesta casetta di Ginevra, erano presenti solo otto persone. Niente tomba, ma ceneri sparse al vento dalla moglie Martha. Della scomparsa di uno dei più grandi scrittori del Novecento, solo qualche giornale svizzero diede brevissima notizia: pochi ricordavano ormai in quegli anni bui di guerra l’ autore dei Turbamenti del giovane Torless, romanzo rivoluzionario che tanto clamore aveva suscitato al suo primo apparire nel 1907 e soprattutto dell’ Uomo senza qualità, opera sterminata e incompiuta, definita in seguito il bilancio intellettuale e morale dell’ età moderna.

 

Quella di Musil è certo una sorte ingrata: anche se da tempo è universalmente riconosciuto come uno dei mostri sacri della letteratura, resta incontrovertibile il fatto che egli ha sempre suscitato più rispetto che amore, che le sue opere hanno attirato più addetti ai lavori che lettori; che, detto brutalmente, non ha venduto milioni di copie dei suoi libri come Thomas Mann e Hermann Hesse; rispetto a loro Robert Musil, con la sua ansia di perfezione che lo induceva a riscrivere dieci, anche venti volte, ogni capitolo del suo sterminato work in progress, è un po’ il Calimero della situazione che arriva sempre tardi. Comunque fu il più sfortunato: malandato in salute («troppo lavoro, troppe preoccupazioni, avvelenamento da nicotina e crisi nervose», annota Musil nel 1928), costretto a vivere durante l’ esilio in Svizzera esclusivamente di sussidi di mecenati – tra cui il suo più grande rivale, Thomas Mann – , aveva anche un carattere decisamente difficile che lo portava a isolarsi. Era orgoglioso, permaloso, mai contento dei riconoscimenti a lui tributati, nemmeno quando di fronte al primo volume dell’ Uomo senza qualità uscito nel 1930, i critici erano caduti in estasi. Il giorno del suo cinquantesimo compleanno ebbe la triste sensazione, non proprio giustificata, di essere quasi completamente ignorato. In seguito, a causa della dittatura nazista e della guerra, su di lui e sulla sua opera cadde davvero il silenzio. Anche dopo la sua «riscoperta» iniziata negli anni Cinquanta, non gli sono mancate critiche, come quella, recentissima, di Marcel Reich-Ranicki che ha bollato il suo capolavoro come «romanzo non riuscito».

 

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Le ingiustizie subite in vita e post mortem da Musil sono ora compensate in maniera a dir poco megalomane da una biografia da guinness dei primati per mole e importanza (Robert Musil di Karl Corino, ed. Rowohlt), uscita in questi giorni in Germania. Un volume da far girar la testa con le sue 2026 pagine, i suoi 45 capitoli, un’ appendice con note e bibliografia di oltre 500 pagine. Nessuno scrittore mai ha avuto tanto onore, tanto amore e tanta dedizione da parte di uno studioso, E qui arriviamo all’ ultimo sconvolgente numero legato a questa megabiografia: il suo autore, Karl Corino, noto germanista, ha impiegato infatti ben 36 anni per scrivere la vita di Musil, impresa impensabile, soprattutto per noi in Italia, abituati alla velocità supersonica con cui vengono ormai confezionate le biografie. In questo caso, comunque, è facile pensare a una vera e propria psicosi (o metempsicosi, visto che Corino è nato nello stesso anno in cui è morto Robert Musil ?) Lo stesso germanista parla di ossessione; per lui lo scrittore austriaco è ormai una sorta di santo patrono della sua famiglia. Tutto cominciò nel lontano 1966, quando il giovane Karl Corino catalogò l’ Archivio Musil a Roma, custodito allora da Gaetano Marcovaldi, figlio di Martha, moglie dello scrittore (l’ archivio si trova ora a Klagenfurt e a Vienna). Per lo studente fu amore a prima vista; di Musil egli voleva sapere tutto, persino quante sigarette fumava al giorno, quante pagine scriveva, quante malattie lo tormentarono (tante, tra cui quelle veneree), quante donne ebbe, a cominciare da piccolo quando pensò bene di rapire una bimbetta dall’ asilo, a quando era studente a Brunn (oggi Brno) e contagiò di lue la giovane Herma Dietz che nel 1907 morì per un aborto.

 

STOMusil3                                              Lo scrittore e critico letterario Karl Corino

 

Questa è una delle tante scoperte di Corino, definito dai giornali tedeschi «detective letterario»: è riuscito infatti a leggere la parola «sifilide», che la moglie di Musil aveva cancellato da un certificato medico, passandola sotto la lampada a quarzo. Ma ciò che più ha intrigato lo studioso è stato scoprire l’ identità delle persone che hanno ispirato i personaggi delle opere di Musil – ogni figura letteraria trova infatti riscontro nella realtà. Di ciascuna egli fa tutta la storia, la più dettagliata possibile. E così veniamo a sapere tutto dei sadici cadetti, compagni di Robert all’ Accademia Militare, che ispirarono «i dittatori di classe» del Torless, della vivace Valerie Hilpert che nell’ estate del 1900 provocò una «tempesta immane» nell’ animo del giovane Robert e che molti anni dopo ispirò la figura della moglie del maggiore nel cap. 32 dell’ Uomo senza qualità. La povera Herma Dietz, la cui morte sconvolse profondamente lo scrittore, diventa la protagonista della novella Tonka; la contadina sudtirolese Lene Lenzi, amante del tenente Musil nel 1915, ispira allo scrittore la novella Grigia; il maniaco sessuale Christian Voigt, condannato a morte a Vienna per aver fatto a pezzi una prostituta, fa da modello a uno dei personaggi centrali dell’ Uomo senza qualità, l’ assassino Moosbrugger. E naturalmente sappiamo tutto della berlinese ebrea Martha Marcovaldi che restò accanto allo scrittore fino alla sua morte (il cognome è del marito italiano da cui si era separata e aveva avuto due figli, Gaetano e Annine) e che nel grande romanzo di Musil diventa Agathe. Nel 1913 Martha minacciò il suicidio perché non sopportava la relazione del marito con un’ attrice viennese. Di lei sappiamo persino che la figlia Annine non era del Marcovaldi, ma frutto di una relazione extra coniugale. Evidentemente il «detective» ha funzionato a dovere.

 

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Ma il merito maggiore di questa biografia scritta in maniera piana, godibilissima anche per le numerose citazioni dai diari di Musil, è quello di non essere affatto un’ agiografia del «santo patrono», di essere totalmente priva di giudizi e pregiudizi, di raffigurare a tutto tondo la personalità complessa, finora per certi versi misteriosa, di Robert Musil, di questo ingegnere figlio di ingegnere, nato a Klagenfurt nel 1880, vissuto a Vienna e a Berlino,morto in Svizzera dove si era rifugiato dopo l’ Anschluss. Era piccolo di statura Musil, muscoloso, sportivo – praticava nuoto, tennis, scherma – , raffinato e riservato; amava la matematica quanto la filosofia e la psicologia, scelse ben presto di votarsi in maniera totale, commovente, alla scrittura e in ogni sua pagina espresse la sua tensione morale, la sua ironia e lo scetticismo che lo portarono a fare una analisi spietata della decadenza della monarchia asburgica e della stessa borghesia. Il suo biografo lo segue passo passo nel suo lavoro quotidiano condotto con disciplina ferrea e amore per la precisione – Musil si autodefiniva «Monsieur le Vivisecteur – , ma anche con una vena lirica e una tendenza al misticismo che gli fece sperimentare una condizione «altra» da quella della realtà quotidiana.

 

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Musil era uno che non scriveva volentieri, ma quando scriveva lo faceva con passione; che collezionava foto e andava tutti i giorni al cinema. Era convinto – a ragione – che la gloria per lui sarebbe arrivata solo dopo la sua morte. Benjamin disse di lui: «Ha più intelligenza di quanto gli sia necessaria» In questo grandioso affresco della Vienna e della Berlino degli anni Venti e Trenta rivivono le maggiori personalità del mondo dell’ arte e della cultura di allora: da Karl Kraus che polemizzò con Musil per un suo giudizio negativo sul commediografo Nestroy, a Walter Rathenau che ispirò allo scrittore il personaggio di Arnheim nell’ Uomo senza qualità, a Kafka che Musil conobbe personalmente quando nel 1914 era redattore della rivista berlinese Neue Rundschau, a Rilke, a Joseph Roth. A Hermann Broch che venerò e aiutò Musil, specie durante il suo esilio in Svizzera, anche dopo che lui lo aveva accusato di plagio. Anche Ignazio Silone si adoperò per trovare una adeguata sistemazione per lo scrittore nel Ticino, ma senza esito. E poi c’ è naturalmente Thomas Mann, anche lui «modello», assieme a Rathenau, di Paul Arnheim. Fu uno dei più ferventi ammiratori, difensori e benefattori dello scrittore austriaco, ma ebbe il grave torto di godere di quel successo che a lui mancava, di riuscire in tutto ciò in cui lui falliva. E questo Musil non glielo perdonò mai.

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