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Eugenio Scalfari, gli atei militanti e le idee campate in aria

Eugenio Scalfari, gli atei militanti e le idee campate in aria

Eugenio Scalfari è un grande giornalista e un grande narciso; come tutti i grandi giornalisti dotati di cultura e visione a volte sbaglia, forse perché confida troppo nella prima e tende ad innamorarsi della seconda, e come tutti i narcisi desidera l’assoluta originalità, che è una fortuna quando è fortemente strutturata e una disgrazia quando è campata per aria.               Eugenio Scalfari, gli atei militanti e le idee campate in aria

Scalfari non è credente, posizione che nel suo pensiero non coincide con l’ateismo, e ha sempre avuto riguardo e attenzione nei confronti della fede, unitamente ad un radicato desiderio di confronto con le grandi figure di matrice religiosa, del nostro tempo e di quello passato; se lo può permettere se questo è il suo desiderio, e indubbiamente lo è, perché conosce bene, fra le molte altre cose, anche la filosofia e la storia, strumenti assolutamente indispensabili per questo confronto; servirebbe anche la scienza, ma su questa è sicuramente meno ferrato, come peraltro normalmente non lo sono i sui interlocutori.      Eugenio Scalfari, gli atei militanti e le idee campate in aria

Per usare una terminologia moderna, Scalfari non è certamente un anticlericale, e tanto meno un laicista, qualunque sia il presunto significato negativo di questa parola; personalmente anticlericale lo sono di sicuro, e forse sono anche laicista, oltre che orgogliosamente ateo, lo ammetto senza alcun imbarazzo, ma ciò non ha determinato in alcun modo il senso di fastidio che ho provato nel leggere il suo articolo uscito sull’Espresso del 19 luglio scorso , dall’emblematico titolo Atei militanti ecco perché sbagliate, è stato piuttosto il fatto che diversamente da altri suoi scritti dedicati al tema, questo mi è apparso di un superficialità e di una supponenza indegne della sua penna, e tanto basta.                Eugenio Scalfari, gli atei militanti e le idee campate in aria

L’articolo ruota attorno ad un concetto molto semplice, che si può riassumere nel modo seguente: l’ateo, colui che crede che dopo la morte non ci sia nulla, è sostanzialmente un clericale perché proclama una verità assoluta; è inoltre un intollerante perché il suo io, forse inconsciamente, reclama odio e guerre intellettuali contro le religioni di qualunque specie.            Eugenio Scalfari, gli atei militanti e le idee campate in aria

Sarebbe fin troppo facile ribattere che in questo caso la sua intolleranza di non credente non è certo minore, e che il suo io, forse innamorato della propria profondità, è salito un po’ troppo per aria senza saper volare, ma mi parrebbe di cavarmela con poco, e provo quindi ad entrare nel merito.

Il tema è quello della morte, e di riflesso quello dell’origine della vita, di fronte al quale ci sono tre posizioni possibili; esiste Dio ed esiste l’aldilà, non esiste dio e noi diventiamo cibo per vermi, esiste l’Essere, che non è trascendente, ma che attraverso il divenire garantisce, pur nella morte, la conservazione dell’energia. Più o meno.

Posto il problema va svolta una considerazione di carattere generale: qualunque militante, ateo, credente o non credente, è un integralista, e lo è in quanto militante, ossia come portatore di una visione politica e conflittuale del confronto; lo è in quanto storicizza il problema, lo cala nella realtà e cerca di affermare i suoi principi a scapito degli altri. Diverso è il confronto speculativo, che si svolge sul piano filosofico, logico e scientifico, e che come tale attiene, per definizione, alla sfera della nostra conoscenza, passata, presente e futura. È una partita aperta, cosa ben singolare se consideriamo che la stragrande maggioranza degli uomini è credente, e che la sparuta minoranza di atei e non credenti è stata sempre perseguitata e offesa, per secoli addirittura attraverso un integralismo di tipo oscurantista e criminale. Sotto questo profilo mi pare difficile attribuire alla minoranza osteggiata e negletta il ruolo del cattivo, oltre che, come conclude Scalfari, della scimmia antropomorfa, fosse solo per spocchia intellettuale, ma glissiamo pure sul dettaglio e limitiamoci al semplice confronto delle idee, per il quale mi pare indispensabile un breve sunto delle posizioni.            Eugenio Scalfari, gli atei militanti e le idee campate in aria

La posizione del credente è la più sciocca, per il banale motivo che la fede è incompatibile con l’intelligenza; attenzione, questo non vuol dire che non esistano persone di fede intelligenti, sarebbe una stupidaggine sostenerlo, vuole semplicemente dire che il credere, non a caso definito anche atto di fede, non ha nulla a che vedere con una speculazione razionale, è un semplice atto di volontà, e come tale non dimostra nulla. Peraltro non dimostrerebbe nulla neppure se credessero la totalità degli uomini esistenti, esistiti o che esisteranno sulla terra: la fede non è strutturalmente attrezzata per dimostrare niente, e se non ricorre ad altri strumenti conoscitivi, come ha tentato di fare senza alcun successo, resterà sempre e solo una scommessa personale, affatto aiutata dalla condivisione con altri.               Eugenio Scalfari, gli atei militanti e le idee campate in aria

La posizione dell’ateo è la più comoda, perché rifiuta di credere a qualsiasi cosa non sia dimostrata, e al più concede un credito, più o meno grande, a ciò che appare razionale o ragionevole, in attesa di raccogliere sul tema delle prove inconfutabili. L’ateo crede nella Scienza, e crede che se mai sarà, sarà lei a svelare il mistero della vita e della morte, e se dio non è d’accordo che facesse il piacere di scendere dal pero e presentarsi. Nel frattempo aspetta comodamente seduto sulla riva del fiume che passi il cadavere della fede, e può aspettare per l’eternità, per quel poco che glie ne importa.                  Eugenio Scalfari, gli atei militanti e le idee campate in aria

La posizione del non credente è quella intellettualmente più complessa. Per un verso è uno degli strumenti attraverso i quali, come specie, azzardiamo ipotesi sulla vita e sulla morte, ma anche, e più propriamente, sul tempo e sullo spazio, sulla nostra origine e sulla nostra possibile fine, oltre che sull’infinitamente grande e sull’infinitamente piccolo; tutto ciò peraltro lo fa anche l’ateo. Per un altro è un mezzo per stemperare le tensioni politiche e sociali che la fede in Dio e le sue declinazioni prescrittive hanno sempre determinato nella storia degli uomini, come lo stesso Scalfari del resto riconosce. Certamente il non credente, come l’ateo, si affida alla scienza e non alla fede, ma diversamente dall’ateo si concede il vezzo intellettuale, la civetteria vorrei dire, di non bastonare l’avversario a terra, e riconoscere dignità intellettuale, non semplicemente religiosa, ad una idea illogica, fantasiosa, mai dimostrata, e con ogni probabilità indimostrabile, che è quella dell’esistenza di Dio, che sia quello degli ebrei, dei cristiani o dei musulmani. Altre differenze fra atei e non credenti, diverse dal fatto che i secondi non amano essere definiti con la parola che indica i primi, forse ritenuta politicamente scorretta, non mi pare siano onestamente pervenute.

C’è però un’altra questione che sul punto mi pare fondamentale, soprattutto per il suo costante fraintendimento: sostenere che l’ateismo è incompatibile con le idee dell’essere e del divenire, o con quella della sostanza di Spinoza, che da quel che ricordo da alcuni suoi precedenti scritti non dovrebbe essere lontana dall’idea di Scalfari, mi pare francamente azzardato; sostenere che l’esistenza dell’essere e del divenire, oltre che della sostanza sia una cosa che avvicina il non credente al credente, invece che all’ateo, mi sembra invece del tutto fantasioso e fuori luogo. Il nodo decisivo, glissando sulle risibili questioni della salvezza o della dannazione, è quello della vita dopo la morte, e questa vita deve essere la vita individuale, deve essere quella di ogni singola persona, di ogni singolo cervello, di ogni singola memoria, e ovviamente delle due l’uno, o ciò è, oppure non è: se è, hanno ragione i credenti, ma bisogna ovviamente dimostrarlo, se non è, perché il nostro divenire infine si perde nell’essere indistinto, hanno semplicemente ragione gli atei e la loro variante non credente, perché dopo la morte la nostra vita sarà finita, Lucrezio docet.

Alla fine mi sembra che Scalfari dica due sciocchezze al prezzo di una: la prima è sostenere che l’ateo, brutto e cattivo, o è militante o non è, e francamente non ne vedo la ragione e il fondamento; la seconda è sostenere che gli atei sono delle scimmie antropomorfe, relegando a questo stato, quello del famoso anello di congiunzione ad un certo punto perduto, un lungo elenco di non banali personaggi che hanno edificato buona parte del sapere umano.

Scalfari mi scuserà la presunzione, o forse no, ma sono convinto di essere molto più vicino a Spinoza io di lui, e Spinoza è stato un pensatore blasfemo agli occhi di due delle tre religioni rivelate solo perché la terza non si è accorta di lui, vorrà pur dire qualcosa…

 

Nota: sull’argomento si veda anche il blog “Ma che razza di gente siamo!”        Eugenio Scalfari, gli atei militanti e le idee campate in aria

 

Eugenio Scalfari, gli atei militanti e le idee campate in aria

 

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