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Siamo o non siamo Charlie?

E allora, siamo o non siamo tutti Charlie Hebdo?

La domanda è quasi d’obbligo dopo il putiferio che si è scatenato sulla stampa e nel web a seguito delle vignette sul terremoto del Lazio pubblicate dal giornale satirico francese, che raffigurano i morti come ingredienti della pasta o delle lasagne; le reazioni sono state talmente negative che Charlie Hebdo si è sentito in dovere di pubblicarne un’altra per spiegare la prima, dicendo sostanzialmente che le case italiane sono crollate perché costruite, evidentemente al risparmio, dalla mafia.

 

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Come spesso succede in questi casi, è forse più interessante osservare le reazioni che non il merito della vicenda, perché proprio su questi fatti diventiamo tutti commissari tecnici della satira, dei suoi limiti, della sua opportunità e della sua liceità, e facciamo scorrere fiumi di parole che spesso escono dalla pancia e non dal cervello, cosa che a me pare sbagliata anche se in questo caso la satira di Charlie Hebdo fosse uscita, come satiricamente sostiene Gramellini, direttamente dal culo.

 

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E allora proviamo a portare un minimo di razionalità in questa vicenda abbastanza sguaiata, dove a me pare che in molti non facciano bella figura.

La prima questione è che la satira fa e deve far male, è politicamente scorretta e colpisce sempre sotto la cintura, se no sarebbe un’altra cosa; giusto o sbagliato che sia, e io credo che alla fine sia giusto, la satira si fa beffe del potere e dei luoghi comuni: la cosa funziona così, e l’unica alternativa possibile sarebbe quella di vietarla, perché non è mai possibile sindacarla.

La seconda è che non si può essere Charlie Hebdo a giorni alterni, e in particolare non è bello essere contrari quando lo sberleffo riguarda noi e non altri; essere Charlie Hebdo significa difendere un principio, l’assoluta libertà di espressione, e con essa la libertà di satira, niente di più e niente di meno; l’unico limite che incontra la satira è quello del codice penale, non quello del buon gusto, e neanche quello del buon senso, sui quali giudicano al massimo i lettori, comprando o non comprando il giornale, e non comprarlo è l’unica vera sanzione per chi lo ha scritto o disegnato.

Sul principio non mi pare ci sia altro di rilevante; sul merito c’è solo il giudizio soggettivo sull’efficacia della satira, e in questo specifico caso, il mio parere, che vale quanto quello di chiunque altro, è che il risultato sia stato particolarmente scadente, banale nella rappresentazione e superficiale nei contenuti.

Siamo o non siamo Charlie? Siamo o non siamo Charlie? Siamo o non siamo Charlie?

Considerare la pasta un fattore negativo della cultura, in particolare di quella italiana, a me pare una madornale sciocchezza, essendo piuttosto vero il contrario, ma soprattutto mettere le lasagne, le penne gratinate e le penne al pomodoro nella patria dell’amatriciana denota essenzialmente una inescusabile e crassa ignoranza; come se non bastasse sostenere che le case dei cittadini italiani sono costruite dalla mafia, quelle case in particolare, in buona parte edificate prima che della mafia si sentisse il vagito, significa far leva su un banale luogo comune che lascia privo di qualunque sostegno, e della conseguente efficacia, l’intento satirico.

La mafia in generale si occupa di opere pubbliche, e non di private abitazioni, mentre il malaffare legato alla mancata messa in sicurezza del patrimonio abitativo italiano si lega all’inadeguatezza della politica e dei cittadini, più che all’intervento mafioso: semplificare e banalizzare i concetti nel modo scelto in questo caso da Charlie Hebdo significa semplicemente fare una brutta battuta e una cattiva satira.

Siamo o non siamo Charlie? Siamo o non siamo Charlie? Siamo o non siamo Charlie?

Le reazioni negative si sono prevalentemente legate all’inopportunità di fare satira sui morti, ma a me questa non pare una argomentazione decisiva, perché anche i morti possono avere bisogno di satira; mi pare piuttosto che in questo caso Charlie Hebdo non abbia fatto male a nessuno, a nessun potente e a nessun luogo comune, a nessun vero colpevole e a nessun vero cattivo, e per questo è stato alla fine assolutamente banale e irrilevante, cosa che per chi fa satira mi pare sia peggio della cesura.

Quelle di Charlie Hebdo sono state in questo caso brutte vignette e brutte battute, pagine insignificanti che avrebbero meritato indifferenza e silenzio, o un’eventuale denuncia penale da chi si fosse sentito danneggiato; non usiamole per dimenticare, anche solo per un attimo, che i morti della scorsa settimana sono comunque una responsabilità collettiva di tutti noi, che viviamo da troppo tempo in una colpevole indifferenza sulla tragica sismicità del nostro paese, e rispetto a questa situazione Charlie Hebdo oggi non ha affatto colpito nel segno.

Siamo o non siamo Charlie? Siamo o non siamo Charlie? Siamo o non siamo Charlie?

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14 comments

  1. Luistella 8 settembre, 2016 at 14:55

    In poche parole: disegno che a stento riesco a guardare, io che non ho vissuto questa terribile esperienza, né’ ho avuto parenti deceduti sotto le macerie, Qui non si trattava di far satira sulle colpe e mancanze di chi ha costruito. Sappiamo che le poche case che si sono salvate , erano costruite come si doveva Qui si trattava di rispetto umano per le vittime e i familiari. E non c ‘ è stato, oltretutto utilizzando un luogo comune , quello della mafia uguale italiani.

  2. M.Ludi 4 settembre, 2016 at 21:55

    Il problema è che non riusciamo a toglierci di dosso certi stereotipi e al di là del fatto se abbiano o meno fatto satira colpiscono laddove sanno che sentiamo male; dalle reazioni mi pare evidente che abbiamo accusato.

  3. andrea contarini 4 settembre, 2016 at 20:13

    Sono convinto che nelle vignette in questione non ci sia satira, umorismo, ironia, comicità e nemmeno sarcasmo.
    Ci trovo stereotipi, ignoranza, trivialità e disumanità.
    Detto ciò, penso che dovremo continuare a dire: “siamo tutti Charlie Hebdo”.

  4. Genesis 3 settembre, 2016 at 21:51

    Satira e offesa sono due “cose” ben distinte…lo sostenevo al tempo delle vignette su Maometto, lo sostengo oggi. La legge, ormai, ha declassificato l’offesa…ormai anche l’offesa fisica è da declassarsi…
    È vero, sta al possibile lettore ritenere la cosa un’offesa o satira di cattivo gusto e andare oltre…non comprare la rivista…ma va là…apriamo bene gli occhi!
    Coi mezzi d’oggi quelle vignette fanno il giro del mondo in quattro nano secondi e arrivano a centinaia di milioni di persone…anche quelli che non scuciono un centesimo per quella rivista, perché la ritengono offensiva e spregevole (come me)…
    Non hanno offeso gli italiani…lo sappiamo che siamo causa dei nostri mali e per questo ogni giorno cerchiamo un colpevole delle nostre disgrazie; colpevole che è il capro espiatorio delle nostre mancanze….hanno offeso chi ha, sotto quelle stramaledette macerie, un figlio, una figlia, una moglie, un padre, una madre, un conoscente…hanno offeso coloro che in quella stracavolo di lasagna vede i piedi del proprio caro…vede il sangue di chi non c’è più e non può più tornare…questo hanno offeso quele testoline di cazz…la sensibilità di chi sta soffrendo, quindi l’Italia tutta!

    …e in questa cosa dovremmo essere tutti uniti nel deprecare sti quattro bevitori di champagne…ma riusciamo a disunirci anche in casi come questi ritornando allo sbandiera enti della libertà di espressione…libertà che ste testoline di cazz…si sono presa ledendo la libertà di piangere i nostri morti in tranquillità.

    • Por Quemada 4 settembre, 2016 at 11:22

      Ma noi possiamo piangere i nostri morti in tranquillità?
      Capisco che quelle immagini siano un pugno nello stomaco, anche a me hanno fatto quell’effetto, ma poi, se ci pensiamo bene, dovremo riconoscere che le migliaia di morti che in Italia ci sono stati in occasione dei terremoti sono stati uccisi più dall’incuria dello stato che non dalla cattiveria della natura.
      A me importa poco che un disegnatore francese non distingua fra mafia e corruzione politica, mi importa di più che ci faccia notare che non siamo capaci di proteggere noi stessi e le nostre famiglie, e che di fronte a questa accusa non abbiamo niente da replicare.
      Quelle immagini ci accusano, hanno ragione ad accusarci, e questa è la funzione della satira.

      • Genesis 4 settembre, 2016 at 12:35

        …ecco, questo intendevo…mai d’accordo su nulla!
        I francesi, come tutti gli altri, dovevano mantenere il rispetto e basta! Non c’è da ricamarci sopra strisciando con le unghie sui vetri del politicamente-socialmente corretto.
        Se non riusciamo a scindere cosa sia il Rispetto e quale sia la differenza tra un’offesa e la satira, è giusto che ci troviamo a piangere i nostri morti in mezzo allo sputtanamento.

          • Genesis 5 settembre, 2016 at 06:40

            PorQuè, è chiaro che non si può essere d’accordo su tutto, ci mancherebbe, ma è proprio per questo che tendiamo a disunirci…ricordiamocelo…perché si cerca sempre di controbattere a prescindere, cioè prevalere sull’altro. In questo caso si infila il dibattito politico in mezzo ad un Valore che per molti non ha più valenza. È lampante che chi ribadisce il sarcasmo satiro di queste vignette, non è in grado di immedesimarsi in quelle persone…in quelle vestite a lutto, per cui è impossibile un incontro di idee.
            Vorrei solo far ricordare che se alla stragrande maggioranza degli italiani quelle vignette hanno fatto male, ci sarà un motivo! La Satira? Ribadisco che la satira è tutt’altro…che se ne studi l’essenza e l’etimologia…

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