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Sinistra che vince, sinistra che perde

 

A me pare che i risultati delle recenti elezioni amministrative, che Renzi onestamente valuta in modo negativo, rendano evidenti almeno tre problemi dai quali discendono le attuali difficoltà della sinistra, riassumibili nell’astensione massiccia dal voto, nella scarsa credibilità dell’attuale classe dirigente del PD e nella perdurante consistenza della destra, che nemmeno il riposizionamento al centro della sinistra operato da Renzi è riuscito a scalfire.

L’insieme di questi fattori e delle dinamiche che ne derivano, in una situazione in cui l’economia non aiuta e i provvedimenti dell’esecutivo non producono gli effetti sperati, mettono Renzi e il Governo in una situazione di rischio che si può progressivamente aggravare, soprattutto nel caso di eventuali e ripetuti insuccessi, che i recenti risultati e la prudenza della ragione consigliano di considerare; proviamo a farlo noi.

 

Sull’astensione

I cittadini quando votano fanno delle scelte, scelgono ciò che ritengono più conveniente, sempre più spesso scelgono quello che considerano il male minore, ma ben difficilmente danno fiducia a chi ritengono che non rappresenti in alcun modo i loro interessi, e se non li rappresenta in nulla non gli affidano alcuna rappresentanza.

Renzi ha deciso di liquidare la sinistra storica, ritenendola per ragioni ormai abbondantemente chiarite dannosa e irrilevante, ma forse il calcolo è stato troppo precipitoso, perché se è vero che la sinistra da sola in Italia non potrà mai vincere, è anche vero che è perfettamente in grado di farti perdere: mentre in tanti hanno applaudito al Job act e all’abolizione dell’art. 18, considerando tutto ciò un segno di modernità e una occasione per tagliare i ponti con quella sinistra perdente e antica, ostinatamente antiliberista, legata alla tutela dei diritti e contraria alla precarizzazione del lavoro, quella stessa sinistra ha deciso senza neppure il bisogno di dirselo esplicitamente che Renzi era un premier molto peggiore di Berlusconi, e gli ha voltato le spalle; non sono quattro gatti, sono i lavoratori iscritti al sindacato, e solo quelli della CGIL sono più di 5 milioni.

Non si tratta di una sinistra barricadera, non è una sinistra comunista che va alla ricerca di una purezza ideologica inesistente e dell’ennesimo partito più a sinistra di qualcuno, è un popolo essenzialmente socialdemocratico che voterebbe volentieri per il suo partito storico, ma non è in alcun modo disponibile a votare per Renzi, perché considera squisitamente di destra le sue idee e le politiche che ne discendono: può avere torto o ragione, ma credo ne abbia pienamente il diritto, perché il voto te lo devi guadagnare e meritare, e se non te lo meriti non te lo danno.

A me non pare poi sorprendente che questi elettori non si affidino alla frammentata galassia che sopravvive alla sinistra del PD, neppure questa li rappresenta in alcun modo, per velleitario ideologismo e inconcludenza conclama, oltre che per evidente carenza di leadership; credo che semplicemente queste persone essendo prive di una rappresentanza nella quale riconoscersi restino a casa in attesa di tempi migliori, se mai verranno, e diversamente dalla destra non sentono il richiamo della foresta.

 

Sulla classe dirigente del PD.

La qualità del personale politico mediamente espresso oggi dal PD è francamente imbarazzante, e solo la pochezza di un centro destra organizzativamente allo sbando, unita all’assoluta improbabilità dei grillini, compresi gli esemplari più raffinati oggi in esposizione nelle città coinvolte nel voto, ha impedito che alle recenti elezioni si registrassero danni più gravi; il problema insolubile dell’attuale leadership di Renzi è che inizia e finisce con lui, il che capita spesso quando ci sono personalità debordanti affette da narcisismo, e non appena si deve scendere sul territorio manca una classe dirigente spendibile, o perché ostile, o perché incapace, e allora ci si affida ai Le Luca o agli Emiliano da una parte, o alle Moretti e alle Paita dall’altra, con i risultati che si sono visti.

Certo, le classi dirigenti non nascono sotto i cavoli e non si possono improvvisare, la Lega e Forza Italia dopo 25 anni di politica attiva ad alto livello ne sono ancora prive, ma se vai alla ricerca dei Pisapia di turno, che evidentemente non è possibile crescere in casa, non puoi passare il tuo tempo ad insolentire tutti quelli che hanno una personalità abbastanza forte per dirti anche di no, e sotto questo profilo Renzi appare singolarmente poco attrezzato: possiamo discuterne all’infinito, ma se la maggioranza dei costituzionalisti italiani, e soprattutto la stragrande maggioranza di quelli più autorevoli, ti dicono che le tue riforme sono sbagliate, e tu li liquidi come un branco di vecchi rimbecilliti, poi non ti puoi aspettare che le persone migliori si siedano sotto le tue bandiere, verranno quelli disposti ad applaudirti, in attesa di diventare i fan di qualcun altro.

 

Sulla consistenza della destra

La destra in Italia è strutturalmente maggioritaria, tanto che in occasione del conclamato successo del PD alle ultime elezioni europee ha preso comunque il 60% dei voti, e se anche è sgangherata, priva di leadership, senza una linea politica condivisa, è comunque in grado di batterti facendo semplicemente appello al voto contrario, cosa che gli è sempre venuta bene: è già successo che i voti berlusconiani, leghisti e grillini si saldassero al secondo turno nelle urne, regalando al PD delle sconfitte dolorose, succederà di nuovo.

Nel caso specifico ritengo che capiterà certamente a Roma, dove gli elettori della Meloni voterebbero anche per Stalin pur di far perdere chi aveva cacciato Alemanno dal Campidoglio, e molto probabilmente a Milano, dove il vento è palesemente cambiato a sfavore di Sala e dove il Movimento 5 Stelle difficilmente si farà sfuggire una così ghiotta occasione per dare un calcio in faccia a Renzi; a Torino e Bologna è meno probabile che il travaso di voti che pure ci sarà ribalti le posizioni, ma il rischio esiste e gli esempi di Parma e Livorno sono ottimi promemoria.

Ricordiamoci che le leadership sfacciatamente personali, e quella di Renzi lo è, sono sempre divisive, e lo sono a maggior ragione quando sono così aggressive da motivare e compattare i nemici, ricordiamoci anche che pochi mesi fa 13 milioni di persone si sono prese il disturbo di andare a votare su una questione tutto sommato poco rilevante solo per il piacere di votare contro Renzi, e a me non pare saggio sfidare continuamente in questo modo gli elettori.

Alla fine, prescindendo dai singoli punti, credo che il problema stia nel fatto che il PD di Renzi non ha idee unificanti, e non ha una identità condivisa da una fascia sufficientemente ampia di società, non parla alla testa e all’anima delle persone, ma alla loro rabbia e alla loro insofferenza, travolge gli ostacoli, anche perché gli avversari sono deboli, ma non aggrega il consenso che gli serve per essere veramente forte e per governare autorevolmente, soprattutto governa sempre e troppo sfacciatamente contro qualcuno, più che per qualche cosa.
Non inganni il suo progetto riformatore, giusto o sbagliato che sia, le riforme istituzionali risolvono quando va bene e nei tempi lunghi i problemi della società, più spesso solo quelli dei governi, ma non risolvono i problemi quotidiani delle persone, determinati dall’impoverimento progressivo e diseguale di fasce di popolazione sempre più ampie; i grandi leader politici aggregano e non disgregano, convincono e non comandano, fanno sognare e non fanno infuriare, e oggi Renzi si trova contro, oltre alla destra, tutta quella sinistra che non sogna con lui: potrebbe avere tutte le ragioni del mondo, non lo credo, ma non è stato capace di convincere e unire, che poi è l’unico sistema per vincere in Italia, per questo ha perso Napoli, perderà Roma, rischierà il collo a Milano, e si può preoccupare a Bologna e a Torino.

Il problema è che se perderà non perderà per conto suo, ma per conto della sinistra, e non solo qualche città.

 

Comunali ’16,  1°Turno, i blog:

La sinistra non dimentichi le città

Renzi ha perso; attenti a Renzi!

 

 

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