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Un solo uomo (solo) al comando

Avevamo passato l’estate nell’attesa di un autunno caldissimo sul fronte delle riforme istituzionali e ci troviamo adesso, alla metà del mese di ottobre, a dover constatare che, bulimia emendamentaria a parte, la riforma del Senato è giunta in porto con qualche incidente di percorso ma senza sostanziali intoppi.
Inoltre, ormai da tempo ci siamo abituati all’idea che la riforma elettorale in corso finirà per andare bene un pò a tutti consapevoli che, con le difficoltà ormai croniche del partito di maggioranza, una qualche chance di vittoria se la può giocare chiunque arrivi al ballottaggio. Intanto assistiamo ad una sostanziale ripresa di tutti gli indicatori economici, dalla fiducia dei consumatori al Pil passando per la riduzione del tasso di disoccupazione, senza che nessuno sia ragionevolmente in grado di intestarsi il merito di aver invertito il ciclo perverso della decrescita; infatti, se è vero che Draghi ha utilizzato la leva del quantitative easing in modo quasi più spregiudicato di quanto abbia fatto la Federal Reserve negli Usa, è proprio negli Stati Uniti che ci si sta chiedendo se stampare denaro sia poi servito veramente a qualcosa, o quantomeno, se i benefici si possano considerare maggiori dei problemi che potranno venire nel prossimo futuro a causa di tutto questo circolante.
E mentre ci si domanda come dove e quando ci potrà essere una ripresa economica vera, l’Italia affronta questa grande fase di instabilità sommando, ad essa, le sue ormai incancrenite incertezze su dove andare e, soprattutto, con chi farlo.

 

Dicevo che la fase più delicata nelle aspettative di tutti, sta ormai transitando davanti ai nostri occhi mentre i veri scossoni sono avvenuti altrove, segnatamente a Roma dove i quasi due anni di amministrazione Marino stanno mestamente volgendo al termine per le note recenti vicende.
Ed è a questo pettine che sembrano essere pervenuti i nodi di una gestione del Partito Democratico da parte di Matteo Renzi, molto attenta a inquadrare il partito stesso sulle importanti scelte relative alle riforme ma finendo per lasciarlo localmente in balia degli eventi; e questo non lo si vede tanto a Roma (dove oramai i problemi sembrano del tutto irrisolvibili), quanto a Milano dove a fronte di una giunta in scadenza, con Pisapia che ha già dichiarato la sua indisponibilità a ricandidarsi, il PD non sa chi opporre alle agguerrite (si fa per dire) schiere della destra. Qualche sera fa Massimo Cacciari disse molto seriamente che secondo lui, se il Pd dalle prossime elezioni Comunali di Milano e Roma (per non dire degli altri capoluoghi ove si voterà) dovesse uscire con le ossa rotte, questo fatto decreterà anche la fine del Governo Renzi e direi che c’è da credergli perché è plausibile che questa occasione venga vista come un’ultima possibilità di far naufragare il disegno complessivo di Renzi prima che si realizzi; se ciò dovesse avvenire, però, non si capisce veramente che cosa potrà succedere dopo, specialmente se la riforma elettorale non dovesse andare a compimento; resta il fatto che la possibilità che a Milano ed a Roma il Pd perda (forse anche malamente), è tutt’altro che irrealistica, anche se a fronte di un PD che non sa più esprimere una classe dirigente adeguata alle esigenze delle varie realtà, le opposizioni non è che sembrino invincibili, dilaniate da faide interne (FI e Lega) o ancora incapaci di esprimere vere leadership (Movimento 5 stelle).

 

E’ così che a Roma potremmo assistere ad una lotta a 3, 4, o forse anche a 5; a fronte di un candidato (prima o poi qualcuno sarà indicato) di un PD allo sbando dilaniato da vecchie e nuove ruggini condite in salsa di mafia capitale, la destra potrebbe trovarsi raccolta sotto le ali di Alfio Marchini (ma anche no) ed il Movimento 5 Stelle sembrerebbe puntare su di un’evergreen (molto ammuffita) Paola Taverna, con Marino il quale, forte di un sostegno popolare che pare di una certa rilevanza, potrebbe presentarsi con una sua lista autonoma che pare utile solo a far perdere voti al PD (che di questo, in questo momento, non avrebbe certo necessità); nel frattempo i sondaggi, indicano addirittura come favorita Giorgia Meloni.
Sintomatico il fatto che, sia a Milano che a Roma, il Partito Democratico stia tentando la carta di un commissario; ma mentre a Milano si parla di un Sala lanciatissimo dopo i fasti dell’Expo, a Roma sembra che il meglio del meglio sia espresso da Raffaele Cantone, ennesimo Magistrato lanciato in prima linea, con in subordine Sabella (attuale Assessore, anch’egli ex Magistrato) che tutto possono essere detti fuorchè espressioni della politica.

 

Dopo una tornata amministrativa (le regionali) nella quale qualche scricchiolio era apparso evidente, la situazione attuale mostra veri segnali di allarme per il Partito Democratico il quale, ancora relativamente forte a livello di sondaggi nazionali, sembra essere diventato di una fragilità eccessiva laddove è sempre stato tradizionalmente molto presente: sul territorio. E’ probabile che proprio nelle sezioni locali si siano consumati gli strappi più laceranti specchio delle divisioni in Parlamento, e questa sembra essere una forte contraddizione per un premier che proprio dalle primarie, dai voti ottenuti nelle centinaia di sezioni dislocate in tutta Italia, ha ricevuto l’unica vera investitura popolare che ora gli consente di stare a Palazzo Chigi.
Con Renzi arroccato all’interno del suo cerchio magico, anche le principali città italiane sembrano essere diventate roccaforti da difendere con le unghie e con i denti dall’assalto dei barbari, in un Paese dove di politica non parla più nessuno e tutti fanno solamente a gara a chi trova più scontrini nascosti e bottiglie vuote sotto i tavoli.

 

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10 comments

  1. forzanapoli 16 ottobre, 2015 at 23:57

    I venti anni di berlusconismo a questo ci hanno portato, alla ricerca dell’uomo , della figura carismatica che deve incanalare i voti verso un simbolo .
    In una società di nome e di fatto i partiti , nell’approssimarsi del turno elettorale, dovrebbero preparare il programma su cui l’elettorato si deve pronunciare. A pochi mesi dalle elezioni non si sa cosa si vuole fare per risolvere i tantissimi problemi che affliggono le città .
    Per il lavoro che svolgevo era prassi programmare il lavoro per il medio e lungo termine e non bastavano pochi giorni per farlo . Si diceva cosa si voleva fare e si dicevano i costi che quel lavoro comportava.
    Questo dovrebbero fare i partiti , dire quello che vogliono fare, i tempi
    per farlo ed i relativi costi.

  2. Tigra 16 ottobre, 2015 at 22:53

    Un PD con un leader nazionale molto forte, e senza leaders locali di un qualche prestigio, assomiglia molto alla desta del recente passato; mi sembra però che ci sia una chiara differenza fra le due situazioni, dovute al fatto che gli elettori di destra voterebbero anche il cane di salvini o il salumiere di grillo pur di sconfiggere la sinistra, o quella che ritengono tale, mentre gli elettori di sinistra non hanno la stessa compatta disciplina quando si viene al dunque, e sono pure complessivamente di meno.
    In altre parole un buon candidato di sinistra a Roma o a Milano, ammesso che si trovi, in questa situazione, può tranquillamente perdere contro una qualsiasi Taverna, e non conterei troppo sul fatto che se noi siamo orbi loro sono ciechi, se ne infischiano.

  3. dinamite bla 15 ottobre, 2015 at 21:59

    renzi è un gambler ma a roma l’ha fatta fuori dal vasino… vabbè che si voterà tra sei sette mesi, un’eternità per le sinapsi italiche, ma il rischio di essere seppellito dall’incazzatura filortottera è cospiquo… milano è una partita a scacchi… (come i correlati comuni lombardi) dove andrà il (forse) fondamentale barbetta varesino cattaneo ed il suo ncd-ccd-ccsqq (chicazzosonoquestiqui), inaccetabile in regione dall’ugualmente fondamentale (a mi e va) sel?
    tale marasma doroteo del territorio farà più danni della grandine, a tutti, renzusconi incluso.
    come dice il fido battista ad ogni inizio di avventura paperinipaperonesca (geniali gli autori): prevedo guai.

    • Tigra 16 ottobre, 2015 at 23:03

      Il problema è che a Roma non è debordato un vasino, ma la cloaca maxima, e assieme alle pantegane pasciute da Alemanno c’era pure un bel pezzo di PD, senza che l’altro pezzo sapesse bene cosa fare.
      Adesso chi lo spiega all’elettore medio romano? Non mi viene in mente una figura adeguata…

  4. Por Quemada 15 ottobre, 2015 at 15:00

    Un uomo? Dai, non esageriamo, un ometto mi sembra più appropriato.
    Comunque sono d’accordo sul finale, nel territorio l’ometto solo al comendo delle mezze cartucce non paga, e ormai di roccaforti da difendere ne avete da buttar via, vediamo chi se le prende.

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