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Lo stupro di Rimini e i commenti sul web

Lo stupro di Rimini e i commenti sul web, sembrano fatti l’uno per l’altro, e non è affatto una novità.
Lo stupro di Rimini e i commenti sul web
È difficile scrivere di una atroce violenza seriale come questa, perché due sono già una serie, senza scadere nella banalità, nella ferinità e in commenti stupidi prima che beluini, come se non fosse ovvio l’orrore che deve suscitare lo stupro, incancellabile la ferita che lascia sul corpo e sull’anima di chi lo subisce, e non sarò certo io a stupirmi, o a non comprendere, se le vittime chiedessero vendetta invece che giustizia.
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Tuttavia non è di questo che parlerò, perché vorrei avere il pudore di non commentare la violenza sul corpo delle persone, ma credo di avere il diritto di commentare quella sul corpo della società, che come sempre in questi casi ne è sgorgata a fiotti.
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I colpevoli sono perfetti, sono quattro immigrati africani a cavallo della maggiore età, due dei quali, i minorenni, hanno confessato e denunciato i loro complici, che sono stati rapidamente arrestati da funzionari di polizia molto opportunamente scelti fra le donne, decisamente un valore aggiunto in questo specifico caso.
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Personalmente mi auguro che subiscano e scontino tutti il massimo della pena previsto dall’ordinamento per questo reato, e spero anche che non ci siano attenuanti applicabili, anche se ne dubito perché in un sistema giudiziario garantista non si può essere garantisti a giorni alterni; tuttavia nel clamore mediatico di questo delitto, alimentato io credo, inutile nasconderlo, dalla maggioranza dei cittadini di questo paese, ci sono state alcune cose che mi paiono imperdonabili, e non intendo perdonarle.
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La prima è il commento ignobile del mediatore culturale, per il quale dopo un po’ lo stupro diventa un normale rapporto sessuale; è chiaro che quest’uomo non può fare quel lavoro, neanche altri a dire il vero, ed è altrettanto chiaro che non lo può fare per due diversi motivi: il primo è che ha detto una tale porcheria per la quale meriterebbe di subire la legge del taglione; il secondo è che ha fatto così bene il suo lavoro che ha trovato il punto di contatto fra due culture che sia pure con regole e modalità di comportamento diverse sono ugualmente e profondamente maschiliste.
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Solo restando al caso più recente, l’ultimo di una serie probabilmente infinita, sono passati appena due mesi da quando il sindaco di Pimonte, Michele Palumbo, ha derubricato a semplice “bambinata” lo stupro di gruppo avvenuto nella sua città ad opera di un branco di minorenni ai danni di una ragazza, anch’essa minorenne; ora, delle due l’una, o Abid Jee e Michele Palumbo sono per qualche ragione diversi, e vanno diversamente giudicati, oppure sono uguali, e vanno giudicati nello stesso modo: io credo sia giusta la seconda, perché entrambi hanno svilito lo stupro di gruppo in modo inescusabile a fatto secondario.
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Secondario è stabilire chi assomiglia all’altro, e null’altro, perché uno stupro è sempre uno stupro, che sia opera di un bianco o di un nero, e non ci sono doppi pesi e doppie misure applicabili; solo che a troppi cittadini di questo paese non piace ammetterlo, soprattutto se sono maschi, a meno che lo stupratore non sia nero e la stuprata sia bianca. A scanso di equivoci sono favorevole a trattare Michele Palumbo come Abid Jee, e non viceversa.
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La seconda è l’indecente canea sollevata sul web dai populisti e dai razzisti di ogni forma e colore, esaltati dall’occasione perfetta per aprire la caccia al negro, all’islamico e al migrante, tutti accomunati dal desiderio di difendere l’italico suolo e l’italica gente dall’assalto delle orde dei barbari che vengono a violentare le “nostre” donne mantenuti dai “nostri” 35 € al giorno, con la complicità di komunisti, buonisti, terzomondisti e soprattutto della Boldrini.
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Io capisco che impoverimento materiale e imbarbarimento culturale vadano di pari passo, incidentalmente per noi come per loro vorrei sottolineare, ma per sostenere le cose che si sono lette ovunque sul web in questi giorni bisogna essere degli stupidi, bisogna essere delle canaglie, o nei casi più sofisticati bisogna essere entrambe le cose.
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Facciamo due conti prima di straparlare, i dati si trovano in rete, sono abbastanza univoci, e vengono da fonti istituzionali. In Italia si stuprano 11 donne al giorno, 6 da parte degli italiani, e 5 da parte degli stranieri, che essendo circa l’8% della popolazione incidono in modo percentualmente molto maggiore. Però, c’è sempre un però, si stima che gli stupri denunciati, su cui si fonda quella percentuale, siano al massimo il 10% di quelli realmente consumati, e di quel 90% di stupri “silenziosi” solo il 6% circa sia opera di estranei, rimanendo nella piena responsabilità del partner (70%) e di persone conosciute (17%) tutti gli altri.
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Sorvolando sul fatto che anche le donne straniere vengono stuprate con percentuali analoghe, restano drammatiche tre cose: il dato assoluto, in Italia 6.700.000 donne fra i 16 e i 70 anni hanno subito violenza negli ultimi 10 anni, la percentuale, il 30% della fascia d’età considerata, e il fatto che queste donne, che sono nella stragrande maggioranza italiane, essendo solo l’8% gli stranieri, possono contare in modo assolutamente prevalente, oltre il 90% delle possibilità, sulla violenza del partner o comunque di una persona conosciuta.
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Io non sono in grado di dire se può essere più drammatico per una donna essere violentata da uno sconosciuto o dall’ex marito, e quanto la violenza di gruppo possa essere più feroce e umiliante della violenza singola, ma sono disposto ad accettare, senza proferire ulteriormente verbo, che a tutti i stupratori si applichi la stessa pena che riserveremo ai quattro autori della violenza di Rimini. Diversamente vorrà dire che il problema è il negro e non la violenza, ma mentirei se dicessi che non sono profondamente convinto proprio di ciò.
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La terza è che la rete è sempre meno un luogo di libertà, ed è sempre di più il luogo che della libertà fa carne di porco, sdoganando e legittimando la violenza verbale di una massa di bruti imbecilli che brandiscono impunemente la tastiera come un’ascia bipenne, alimentando ogni giorno di più l’ignoranza che permea di se tutta la società, senza che si veda il modo di arrestarla.
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Oggi abbiamo visto la caccia al negro, e non allo stupratore, perché di questo si tratta, poche settimane fa abbiamo assistito alla caccia alla Boldrini, e chissà quanti di questi cacciatori da tastiera si sono anche esercitati con prede reali, lo scorso anno abbiamo visto il web massacrare una giovane donna, Tiziana Catone, dandole della troia fino a spingerla al suicidio: in tutto questo non c’è nessuna libertà, c’è solo il suo abuso, che è lo stesso abuso di milioni di violentatori e stupratori che sanno di poter contare sulla sostanziale impunità del loro reato.
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Personalmente comincio a essere stufo di certe libertà, virtuali e reali, che si intrecciano viscidamente fra loro e generano mostri armati di un certificato elettorale.

 

 

 

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