la società

Südtirol, un cammino sospeso fra scontri e dialogo…

Le radici di un popolo tradito:

La domanda a cui cercherò di rispondere è se il Südtirolo, in cui sono nati i miei genitori trentini ed io stesso, sia terra italiana o no. Se le vicende südtirolesi abbiano a che fare con il diritto dei popoli o meno; se i tempi di Michael Gaismayr, riformatore politico tirolese nato a Vipiteno, che guidò la rivolta dei contadini tirolesi del 1525 e autore di un progetto di “ordinamento sociale” a cui sono ispirate le democrazie nate dopo la rivoluzione francese, e la nostra stessa Costituzione…, ucciso mentre fomentava una rivolta in Val Pusteria…, e di Andreas Hofer, un oste di San Leonardo in Passiria che diventò il comandante delle milizie tirolesi insorte contro la Baviera nel 1809, considerato, fin dal XIX secolo, uno dei più grandi patrioti del Tirolo, abbiano un senso. Andreas Hofer viene ricordato ogni anno a Mantova, dove fu ucciso nel 1810, con delegazioni di Schützen provenienti da tutto il Tirolo austriaco, dal Sud-Tirolo (provincia di Bolzano) e da Trento. Legata alle battaglie dell’epoca napoleonica, è anche la festa del Sacro Cuore di Gesù, celebrata nell’intero Tirolo ogni anno con cerimonie religiose, processioni e fuochi in montagna.
piffranderLa storia successiva dice che, nel 1866, l’Austria aveva offerto gratis all’Italia l’intero Veneto, e la disponibilità a ritirarsi fino al suo confine naturale di Salorno. Ciò nonostante, però, nel 1914 l’esercito italiano aggredì l’Austria, con cui era alleato. Fu una guerra feroce che si poteva evitare perchè l’Italia di Giolitti aveva la certezza di ottenere gratis quello che poi richiese 600.000 morti. Soldati mandati a morire e uccidere per niente. Cesare Battisti figurò di esserne, sotto il fascismo, l’eroe. Per lui, invece, è storicamente documentato, sarebbe stata stoltezza confondere il Tirolo con il trentino. Far diventare terra italiana le città di Merano e Bolzano. Come disse Lorenzo Milani, infatti, “sotto il fascismo, la mistificazione fu scientificamente organizzata. L’Alto Adige, dove nessun soldato italiano era mai morto, ebbe tre cimiteri di guerra (Colle Isarco, Passo Resia e San Candido) con caduti veri, disseppelliti a Caporetto”… L’onore era salvo.

Il nome:
Alto Adige è il nome adottato dall’irredentista roveretano Ettore Tolomei, ancor prima dell’avvento del fascismo in Italia: questa scelta, al posto del più naturale Südtirolo, fu fatta perchè, parte del territorio del Tirolo, è al di là del Brennero. Si adottò durante il fascismo (per testi in tedesco tradotto letteralmente: Ober Etsch). Mentre il nome Tirolo fu proibito e persino diverse società commerciali dovettero cambiar nome! Alto Adige è in realtà la traduzione del dipartimento Haut-Adige, costituito nel XIX secolo durante il governo napoleonico (l’area comprendeva anche il Trentino). Il Tirol prende invece il nome del paese presso Merano, da dove provenivano i conti che avevano retto la regione per secoli e dove tutt’ora si trova il Castel Tirolo (Schloss Tirol): la provincia di Bolzano è la parte meridionale del Tirol. Da queste parti il termine Sudtirolo è sentito come tedesco: in realtà non si capisce perché! Esso ha infatti un’origine preromana, ed ha subìto una germanizzazione abbastanza tarda. Tra l’altro, durante la storia precedente l’annessione da parte dell’Italia, i ladini, ed anche i trentini, utilizzavano il nome Tirol. Oltre a non essere il termine storico del luogo, né tantomeno quello degli antichi Romani, che piuttosto usavano il nome Rætia (Rezia), il toponimo Alto Adige è anche scarsamente descrittivo: la provincia di Bolzano, infatti, non è solo Adige, ma anche Isarco (e la val d’Isarco ha grande importanza…); la stessa Bolzano è bagnata dall’Isarco e non dall’Adige che gli scorre a margine… Oggi si parla di Alto Adige/Südtirol, ma io, piuttosto, uso Südtirol (parola che difficilmente un italiano nato a Bolzano si sognerebbe di utilizzare), e vedo come sinonimi Alto Adige e Sudtirolo, preferendo decisamente il secondo termine. Dire Sudtirolo è certo meglio, per me, che usare a sproposito un toponimo napoleonico!

La storia compromessa:
Ho conosciuto la storia del Südtirolo con la lettura di alcuni libri che ritengo, ancora, fondamentali. Testi scritti per raccontare il tormentato percorso storico della nostra regione durante il cosiddetto “secolo breve”: un cammino sospeso tra scontri e tentativi di dialogo in un territorio di confine; esperienze storiche e di una realtà sociale comune, che fanno emergere una visione critica d’insieme. Storie non solo di ieri… Il primo libro è di Antonio Zieger (Trento 1892-1984), professore di lettere e direttore dell’Archivio di Stato di Bolzano dal 1930 al 1935. Titola “Storia della Regione Tridentina”. Nel maggio 1945, Zieger fu nominato commissario straordinario dell’Archivio di Stato e della Biblioteca comunale di Trento. Autore, fin dagli anni venti, di importanti lavori di storia del Trentino e dell’Alto Adige, diresse gli «Studi trentini di scienze storiche» dal 1926 al 1928. Ho poi letto un libro di Giuseppe Ferrandi, direttore del Museo storico di Trento. Gli altri che ho letti sono: “Sudtirolo al bivio”, di Friedel Völgger, deputato al primo parlamento italiano (dopo la prigionia fascista e quella nazista). Subì la prigione, per qualche mese e a torto – sarà prosciolto e liberato già in istruttoria…- anche al tempo degli atti terroristici. Un uomo che assomigliava a Sandro Pertini per asciuttezza, schiettezza e carisma… Ho letto, poi, “Bel paese, brutta gente”, di Claus Gatterer, la storia della sua giovinezza dopo l’annessione del Südtirolo all’Italia… Era un giornalista di Sesto Pusteria, docente universitario in Austria, impegnato nel far comprendere, capire e rispettare le minoranze etniche. Ho letto, ancora, “Alto Adige, la convivenza rinviata”… di Piero Agostini, un amico giornalista Rai di Bolzano che ha dedicato innumerevoli interventi, saggi, documentari alla nostra storia…

La Città di Bolzano:monumento alla vittoria
Fatta questa premessa, voglio ricordare cosa sia stato, per la Città di Bolzano, il ventennio fascista. Lo farò, rifacendomi al ricordo rimastomi dall’aver organizzato, per i ragazzi che seguivo alla Casa del Giovane Lavoratore, e provenienti da provincie attigue o lontane dalla nostra, due corsi sulla storia della nostra terra, affidati a Concino de Concini, docente di italiano e ricercatore storico, pedagogista, scrittore, professore e studioso di politica urbanistica del periodo fascista di Bolzano. L’avevo conosciuto per caso…
Bolzano fu scelta, in Italia, come città simbolo dell’ideologia fascista, fra quattro città del nord: credo di ricordare che le altre fossero Bologna, Mantova e Legnago… Bolzano fu ridisegnata da Ettore Tolomei, secondo gli status delle diverse classi sociali. Dalla zona alta di Gries, dominavano la Casa Savoia di Via Principe Eugenio…(l’ex Villa Roma o palazzo Ducale), il IV Corpo d’Armata, le caserme militari e gli alloggi de suoi ufficiali superiori, gli Istituti tecnici e i licei…, fino al Corso della Libertà (già Corso IX Maggio), Piazza Vittoria (già Foro della Vittoria) e relativo Monumento. Le costruzioni INCIS sono adatte al rango, signorili, colme di sculture d’arte fascista, con portici e teatro del Corso. Tra Corso Libertà e Via Druso, furono costruiti gli alloggi del medio funzionariato pubblico: case INCIS con porticati sostenuti da cariatidi in marmo… e ampi giardini interni…, oltre al Comando dei carabinieri, della Polizia di stato e le caserme Huber, per alpini e artiglieria di montagna. Via Druso, apriva la città ai lavoratori. Aveva le case del popolo, i dopolavoro, i cinema popolari, il campo sportivo Druso e il lido e si completava con le abitazioni di Via Torino, Piazza Littoria (poi Matteotti), Via Milano e dintorni (il rione Littorio). tribunale bolzano
Infine, le case Semirurali (il rione Dux, o Shanghai, attorno alla piazza Pontinia – ora don Bosco). Bolzano, da città esclusivamente commerciale, di artigianato locale e rurale-agricola, diventava anche città industriale. In essa, erano stati realizzati i grossi stabilimenti: delle Acciaierie di Bolzano, sull’unico terreno acquistato in trattativa privata con i contadini, quindi bene accetto dalla popolazione di lingua tedesca. Poi la Montecatini, la Lancia, il Magnesio, la Cellsa…., tutti terreni espropriati senza trattativa… La manodopera della zona industriale venne importata per lo più dal trentino e dal Veneto padano contadino. Un mondo povero, al quale venivano concesse abitazioni popolarissime ed economiche che davano la possibilità di approccio con la precedente sua situazione, disponendo di un orto per ogni abitazione, di dimensione proporzionata al nucleo familiare.
La città storica, però, già era edificata secondo la tradizione austro-tirolese. Fu elaborato, quindi, un nuovo piano urbanistico. Il progetto prevedeva che, dal monumento della Vittoria, lungo Via Museo, i Portici e fino a Piazza Walther, ci fosse un largo viale che diventasse il Corso della Patria. Al centro di Piazza Walther (già piazza Vittorio Emanuele) sarebbe stata eretta una enorme statua di Cesare Augusto. Walther von der Vogelweide fu trasferito di fretta ai giardini di Parco Rosegger di Via Marconi…, iniziò l’esproprio del lato sud-est di via museo-portici…, ma cominciò la guerra… e tutto si fermò. Dalla stazione, monumento al fascismo…, andando verso Piazza Walther, Piazza Domenicani e Sernesi, Via Cassa di Risparmio, Via Museo, PoPiazza 4 novembrente Talvera (già ponte Claudio), tutti gli edifici incontrati a vista frontale o d’angolo, furono ricoperti o rifatti o demoliti. Rimasero solo il chiosco turistico di Piazza Walther, e pochissimo altro. Il palazzo delle Poste fu modificato. Sorsero i palazzi ora INPS e INA assicurazioni di Piazza Domenicani, fu coperto integralmente l’edificio della Cassa di Risparmio, angolo via Museo e, con lo stesso stile architettonico piacentino, sul lato destro della strada, angolo Via Rosmini, furono edificate le case INA ancora esistenti. Arrivati al monumento della Vittoria, e girandogli le spalle, potevano vedersi unicamente strutture di stile romanico, e così fu. La torre del museo civico con i merletti tirolesi, emergeva e fu demolita. Dovevano apparire solo le Dolomiti, sullo sfondo, ed edifici di stile tolomaico. Il campanile del duomo non fu abbattuto in seguito al concordato del 1929, perchè Dio non l’avrebbe voluto…, ma altro non c’era. L’asse Dio-Patria, era definito.
Dalla chiesa di Cristo Re, che doveva essere costruita in piazza Adriano e che, per la contrarietà della FIAT che si riteneva danneggiata dalla chiusura della via Druso, venne costruita sul Corso Italia (copia della Via dei Fori Imperiali di Roma). Attraverso il Corso Italia e della Libertà…, si arrivava all’altare della Patria su cui, il Cristo, indicava perentoriamente con l’indice il confine inviolabile del Brennero. Allo stesso fine, anche il Dante di Piazza Stazione di Trento, simbolo dell’italianità fascista, venne girato in modo che, il suo dito, indicasse il Brennero.

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