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Lo sfratto di Emma

 

Viene il mal di testa a leggere la sequela di correnti che compongono un partito come quello radicale, che per ammissione del suo stesso gruppo dirigente,  lotta con lo scopo di raggiungere la soglia “vitale” dei 3000 iscritti (cit. Repubblica). La faida interna al glorioso movimento di Pannella assomiglia molto a quelle avvenute all’interno della D.C. degli anni d’oro, per numero di attori in campo, ed al PD odierno, per le motivazioni che alimentano lo scontro.

Si è conclusa la vicenda che vedeva opposta l’ala oltranzista, rappresentata da Rita Bernardini, e quella più moderata e dialogante, incarnata da Emma Bonino; e si è conclusa nel modo più traumatico, con lo sfratto a tutte quelle correnti che non si sentono impegnate in via prioritaria nel portare avanti le battaglie sui fronti carcerario e della liberalizzazione delle droghe leggere, che sono, da tempo, le bandiere della Bernardini.

 

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Marco Pannella ed Emma Bonino, anni 70

 

Con oggi nella storica sede di Via di Torre Argentina si chiude un’epoca, con l’estromissione di una delle personalità storiche che più ha incarnato il Movimento negli ultimi decenni, l’unica che forse può aspirare al ruolo di statista in un Partito, quello Radicale, da sempre espressione di trasversalità nell’arco politico, ma mai di una vocazione chiara al Governo del Paese.

Con il ricambio avvenuto nel Parlamento delle ultime legislature, sono ormai pochi a poter vantare un curriculum politico analogo a quello di Emma Bonino: Deputato, Eurodeputato, Senatore, Ministro, Commissario europeo e Vice Presidente del Senato. Una delle poche donne spesso indicata come possibile outsider nelle ultime elezioni alla Presidenza della Repubblica, nel caso in cui lo stallo avesse impedito di far convergere i voti sui candidati degli schieramenti maggiori.

Una politica di razza, minuta fisicamente, ed ora provata dalla recente malattia, ma chiara nelle posizioni assunte, lineare nel comportamento e coerente nelle scelte, pur in una stagione politica, specialmente l’ultima, nella quale deputati e senatori non hanno dato prova di grande spessore; da oggi non ci sarà più una scrivania a sua disposizione nella sede del Partito Radicale, perché quel Partito ha deciso la rottamazione della classe dirigente meno anticonformista: è stata scelta la linea dura di confronto sui temi cari ai radicali, senza possibilità di dialogo alcuno con il sistema e per Emma Bonino, non ancora settantenne, si apre la prospettiva di una scelta difficile tra l’accettare una candidatura in qualche altro Partito (che sicuramente le verrà proposta), il cercare un nuovo sbocco personale alle istanze portate avanti per una vita, ma non potendo contare che sulle proprie forze e quelle di qualche fedele fuoriuscito con lei, o, infine, “appendere le scarpe al chiodo” come si suol dire in termini calcistici e ritirarsi dopo una vita passata sulle barricate.

 

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Emma Bonino, durante campagna sull'aborto

 

In un momento in cui la rottamazione va di moda (e non solo nel Partito Democratico), sempre più forte è la sensazione che quando questa diventa un valore in sé e non tiene conto della storia politica delle persone, delle capacità da esse espresse e, soprattutto, dell’onestà intellettuale che le ha guidate, si rischia, veramente, di buttare il bambino insieme all’acqua sporca; spero che Emma, la sua più importante battaglia, l’abbia vinta veramente e che quel turbante orgogliosamente indossato diventi presto un brutto ricordo e, indipendentemente dalle scelte che vorrà o potrà fare, si possa godere un vitalizio decorosamente guadagnato.

 

 

 

 

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