le muse

Una scena della “Carmen”

 

La “Carmen” di Tonino Guerra e Francesco Rosi

Vi chiedo per favore di seguire una semplice istruzione. Andate sul video ch’è di seguito fornito dalla redazione Modus; guardatelo e poi spegnete e andate a fare due passi. Vi chiedo insomma di digerire lentamente, sia in modo consapevole che inconsapevole, quel che avete visto e udito. Non mettiamo date.

 

 

Si tratta della Carmen di Bizet nella versione cinematografica ma, contrariamente da quel che dice il fotogramma al minuto 0,18,

 

MUS 301015-00

 

non si tratta di un film di Francesco Rosi, bensì di Francesco Rosi e Tonino Guerra. Tanti danni ha fatto quella parolina “di”, il “by” del fotogramma, nella storia del cinema. Dichiarare che il film è del regista, potrebbe essere anche vero in alcuni casi, ma in altri, quel nome annulla collaborazioni alla pari, se non ben oltre, che non possono essere dimenticate. Possiamo così affermate che “La notte”, di solito di Antonioni, di fatto è di Flaiano, Guerra e Antonioni. “La dolce vita” è di Flaiano e Fellini, “Il cielo sopra Berlino” è di Peter Handke e Wim Wenders, eccetera.

Avendo conosciuto sia Tonino che Rosi, e assai bene il primo, spesso sono in grado, così d’istinto, di comprendere la paternità di questa o quella idea, di un certo particolare. Tonino confermò con allegria quanto segue.

Dunque, state tornando dalla passeggiata, e avete appena meditato. Tenete ben stretti quei pensieri e confrontateli con quanto ora vi racconto.

Abbiamo la prima inquadratura, quella della foto sopra. Una donna in età, che fa qualcosa con fiori rossi e ne ha uno nei capelli. Sappiamo dal fotogramma seguente

 

MUS 301015-01

 

che tutte le donne, che vediamo dirigersi verso la piazza, dove le attendono gli uomini, hanno un fiore rosso nei capelli.

Sono le operaie della Manifattura dei Tabacchi che hanno terminato il turno di lavoro. Siamo a Siviglia, ve lo ricordo, ma non è necessario saperlo. Il luogo ideale, immaginario è la Spagna, la spagnolità. Inizia il gioco sensuale della seduzione. Son tutti giovani. Frase chiave che viene cantata: “Le dolci parole degli amanti sono fumo”, e mentre le sentiamo, mani femminili si innalzano imitandolo con grazia.

 

MUS 301015-02

 

A questo punto, dal fotogramma che segue, esattamente al minuto due, vediamo un uomo basso, tondetto, non bello e di spalle.

 

MUS 301015-03

 

Di recente, mostrando ad un gruppo di persone, senza commentare, il medesimo filmato che stiamo meditando, tutti indistintamente hanno sorriso trovandolo buffo, quell’uomo; qualche ragazza lo ha paragonato a Lino Banfi, non scherzo. Si prosegue nel filmato

 

MUS 301015-04

 

e vediamo questo anziano signore, che muovendosi a passo di danza, chiama le donne. Il suo passo è sgraziato? Le sue movenze come le trovate? Ridicole? Goffe? Penso dire che dire goffo e sgraziato possa sembrare ovvio. Proseguiamo.

Ha chiamato le donne e accade un fatto inaspettato. Esse gli sorridono e si mostrano in tutta la loro danzante floridezza giovanile.

 

MUS 301015-05

 

Ma … nella realtà accadrebbe? Un no secco è la risposta ovvia. Questo dato ci è sufficiente per collocare la scena nell’ideale.

Durante la danza il vecchio non le tocca, le sfiora solo, e in un certo momento, ad una di loro sfiora la pancia.

 

MUS 301015-06

 

A questo punto vediamo che guarda lontano e chiama qualcuno con un gesto.

Comprendiamo senza ombra di dubbio che si tratta di sua moglie e, vi faccio notare, è la medesima persona del primo fotogramma di questo scritto. Perché questa “coincidenza”?

 

MUS 301015-07

 

Procediamo. La moglie si avvicina

 

MUS 301015-08

 

Accennano a qualcosa che sembra l’inizio di una danza ma di fatto sfocia in un abbraccio tenero e, nel frattempo, tutti gli uomini giovani presenti, li circondano applaudendo.

 

MUS 301015-09

 

Fermiamoci qui e meditiamo. Perché applaudono?

Ecco la mia versione.

Abbiamo giovani che si incontrano e iniziano il gioco della seduzione. L’uomo anziano è colui che ha portato questo “gioco” a compimento. Lui è arrivato in fondo al percorso dell’amore. Lui c’è riuscito. Sempre quando vedo questa scena mi commuovo profondamente. Non scherzo quando dico che mi vien assai faticoso parlare, perché rivelerei una agitazione interiore, nella voce, che so sembrare ridicola alla mia epoca, alla quotidianità. Le donne giovani, in questa scena ideale, non della realtà, non lo snobbano e, anzi, vanno ad adularlo con sorridente rispetto, perché in lui, tramite lui, la femminilità, nel sentimento, nell’erotismo, si è completata. Non lo temono. Le sue mani, per quelle donne, non sono voraci di sensazioni. Esse sono sazie. Sfiorano solamente. E ad un certo punto, con tutto quel che ha di bello il corpo femminile, si concentra con la mano aperta, senza toccare, sulla pancia, il luogo del concepimento, della nascita. E poi alza lo sguardo e chiama lei, lei che si avvicina col suo passo lento e, si lega in un gesto che sembra l’inizio di un passo di danza … e invece diventa un abbraccio. É tutto così perfetto, così misurato. É una delle tante prove Tonino, che eri geniale, ma quella genialità sfuggi l’altro giorno a tutti e sorrisero di quel vecchio goffo probabilmente trovandolo pure fuori luogo, insensato. Ora, se rimeditiamo i suoi gesti, comprendiamo che non sono sgraziati, ma carichi di esperienza di vita, di soddisfazione. Ora posso azzardare anche una spiegazione del primo fotogramma, dove vediamo la moglie del vecchio che sta lavorando attorno a dei fiori rossi. Stacca i fiori dai gambi e li assegna a chi, secondo lei, per la sua esperienza, non è più bambina, ma già donna. Lei è nume tutelare delle donne, lui, il marito, dei ragazzi. Con la loro esperienza positivamente portata a buon esito nell’arco di una vita, sono le guide riconosciute, accettate, amate.

Io penso che questo cameo del vecchio, sia un capolavoro. E ora poniamoci una domanda che ci coinvolge tutti … nella lotta dell’amore, perché di lotta si tratta, siete usciti vincenti come quel vecchio o sua moglie? siete o vi sentite ancora in gara come quei giovani? Posizionatevi idealmente, per favore, in relazione a questa scena. Immaginatevi con un ruolo… Ma esiste un’altra possibilità…

causata da CARMEN.

Le persone della piazza si accorgono che Carmen non è fra loro. Il vecchio sa dove si trova e indica un muro.

 

MUS 301015-10

 

I giovani corrono e vi si arrampicano. Noi sappiamo già cosa accade là oltre. Un capitano col binocolo ce l’ha mostrato. Quella divisione netta è sconcertante. Qui la piazza che balla e di là, Carmen con alcune amiche, che giocano nell’acqua. La sensualità, ovviamente è portata così ad un apice al quale si è irrimediabilmente tutti attratti. Ora tutto gira intorno a Carmen.

 

MUS 301015-11

 

Una ragazza seduta sul bordo di una vasca. Un giardino. Un frammento di Eden.

 

MUS 301015-12

 

Chi è Carmen? Quella senza fiore rosso nei capelli. Ed ecco che l’io profondo si allerta. Tutte le donne ce l’hanno. Anche la moglie dell’anziano. C’è qualcosa di potente e pericoloso nell’assenza del fiore. Vuol dire che non è stata la saggia anziana a promuovere quella femminilità. Carmen è quindi qualcuno di inserito ma non completamente partecipe, superiore forse, ma visibilmente diversa per via dell’assenza del fiore rosso.
A questo punto Carmen canta la famosa Habanera. Frase chiave: “Se tu non mi ami ma io ti amo, sta attento a te”. Manca il fiore rosso. Canzone di sfida, col sorriso , certo, e la danza, ma di sfida.

I soldati della guarnigione si son mischiati ai giovani. Son ragazzi anche loro e sembra normale, ma un ufficiale li invita a desistere e a rientrare in caserma. Lo fa in modo deciso e formale. Carmen non gradisce. Lei, come Afrodite, in quanto Afrodite, non tollera chi non sacrifica al suo culto. Già Ippolito, in un dramma antico, pagò caro questo torto.

Vediamo una mano che stacca un fiore bianco. La mano di Carmen. Il fiore bianco non ha un codice noto a quella comunità, quindi il suo agire risulta enigmatico, sospeso.

 

MUS 301015-13

 

Lei, decisa, con un sorriso che non è solo un sorriso, ha intenzione di fare qualcosa con quel fiore. …ma un fiore è simbolo di dolcezza, di tante cose, ma non di sfida … il fiore bianco disorienta …

 

MUS 301015-14

 

Carmen chiama qualcuno.

 

MUS 301015-15

 

Viene e comprendiamo che è l’ufficiale che ha allontanato dalla danza i suoi sottoposti.

 

MUS 301015-16

 

Vediamo dipanarsi una situazione che non comprendiamo ancora.

MUS 301015-17

 

Lei, con movenza enigmatica e sensualissima,gli lancia il fiore al petto … al petto di colui che non ha permesso che a lei si sacrificasse.

 

MUS 301015-18

 

Esattamente sul cuore. E’ quella piccola macchia bianca sulla divisa. Tutti ridono, lui non capisce, nessuno in fondo comprende, e forse nemmeno noi se di quest’opera non conosciamo già la trama. E la musica ci fa comprendere che l’ufficiale è condannato. Ricordare ora,. intuitivamente, senza rendere razionale il pensiero, che il rosso è sensuale, carnale mentre il bianco è divino….

Fine del filmato.

Ebbene, se non siete riusciti a posizionarvi, come prima vi ho invitato a provare a fare, in quella danza di seduzione, se non siete il vecchio o la vecchia e nemmeno nessuno dei giovani, siete forse stati scelti e uccisi, non di fatto come accadrà all’ufficiale, ma dentro, nel profondo?
Sappiate che nella vita, ce lo insegna Kafka, spesso non esiste un motivo per una condanna. e si può essere, aggiungo io, condannati per qualcosa che non si ha commesso. ma in questo brano, in questo mondo ideale, il bilancio è esatto; l’ufficiale una colpa ce l’ha e pagherà il prezzo più alto.

Nella vita di tutti i giorni raramente si muore per amore. Muore qualcosa dentro e di amare una seconda volta forse, non troviamo più il coraggio. Questo accade, ed è come essere esclusi da quella danza bellissima, esser consapevoli, senza difese e senza saper come reagire, che mai si diventerà quel vecchio, e questo è di una sofferenza insopportabile.

Morire dentro.

Ma Tonino era un fiore di positività. Angelopulos, Rosi stesso, solo per citarne due, da lui ricevevano si idee grandiose come quelle del vecchio del filmato, ma anche una carica di vitalità che li sorprendeva, della quale non capivano la natura … e tutto accadeva perché Tonino fu era ed è, il vecchio di quella danza, l’uomo che per intercessione di amore diviene vivo.

E’ ora, è questo il momento, con una nuova ricchezza, di rivedere questo capolavoro.

 

1 lettore ha messo "mi piace"
Print Friendly, PDF & Email
Share:

14 comments

  1. M.Ludi 2 novembre, 2015 at 13:47

    Analogamente a quanto già affermato da Blue, anche io sono un appassionato di musica, nel senso che nell’ascolto del suono degli strumenti musicali, concentro gran parte della mia percezione sensoriale, sia cognitiva che emozionale. In questo senso direi che molte opere liriche mi piacciono ma, concentrato prevalentemente sulla musica e marginalmente sulle scene, poco ho da dedicare alle parole cantate (peraltro spesso incomprensibili se non si ha a disposizone il libretto). Detto questo sono rimasto affascinato dalla lettura che in questo pezzo si da di una scena della più famosa composizione di Bizet, sottoilineando come, alla bravura del musicista, si debba sommare quella di coloro che nell’opera lirica hanno voluto delineare un messaggio umano difficile da comprendere, poichè tutto si gioca sul filo della metafora, senza una chiave interpretativa come quella data dall’estensore dell’articolo; complimenti a lui ed a chi ha scelto un tema così difficile per proporre spunti di riflessioni nuovi e affascinanti.

  2. Blue 1 novembre, 2015 at 19:31

    Si è dibattuto a lungo se la rappresentazione scenica dell’opera lirica fosse prevalente rispetto all’orchestrazione, se, cioè, la musica fosse al “servizio” del libretto (del testo, della storia) ovvero il contrario, se la musica costituisse il cardine emotivo da cui scaturisse la rappresentazione scenica con funzione descrittiva. Oppure se i due elementi fossero congruenti e complementari, necessari l’uno all’altra.
    Credo che l’opera lirica nasca con lo scopo di unire musica, teatro, canto in una rappresentazione scenica che unisca la forza rappresentativa di ciascuna componente.
    Certamente – molto spesso – per la potenza artistica di ciascuno, prevalgono ora i cantanti, ora gli scenografi-registi, ora i compositori che sovrastano con la loro opera quella degli altri.
    “La divina” (Maria Callas) polarizzava l’attenzione, mettendo in secondo piano l’aspetto scenografico o, peggio, quello musicale dell’opera rappresentata.
    Anche Wagner sosteneva indispettito che troppo spesso al pubblico non interessava né la musica né l’azione rappresentata ma solamente i virtuosismi dei cantanti.
    Qui si parla di Carmen (una tra le opere più rappresentate al mondo) e di Bizet, autore che ha concluso la sua vita con questa composizione considerata il suo unico capolavoro. Storia sensuale, di seduzione fatale, dal finale inesorabile: la sintesi del tema amore-morte. La musica ne sottolinea gli aspetti folcloristici, zingareschi, ne colora l’impeto erotico, ne accompagna la crescente azione drammatica.
    Più ancora precisamente l’analisi che l’articolo ci propone investe la sceneggiatura della rappresentazione, sottolineandone quegli aspetti emotivi che possano coinvolgere lo spettatore, trascinandolo nel vortice di passioni al centro del tema della storia.
    Da questi argomenti che costituiscono il fulcro del post vorrei trarre lo spunto per considerazioni sul tema che riguarda, più in generale, la fruizione della musica, sul rapporto ascoltatore/composizione.

    Personalmente sono più interessato alla “musica in sé”. Voglio dire che, pur riconoscendo all’opera lirica la sua forza rappresentativa, nell’ascolto della composizione musicale mi piace lasciarmi trasportare dalla mia di immaginazione, nel figurarmi le emozioni che l’autore intendeva trasmettere.
    Prescindendo, quindi, da una sua preconfezionata lettura.
    La musica “solo suonata” (nella sua più estesa accezione) rappresenta, sotto questo profilo, il modo perfetto per fruirne. Anche nella musica che prevalentemente ascolto il testo è per me assolutamente secondario, quasi superfluo.
    Sarà per questo che odio il rap, l’hip-hop e affini 🙂

    • Kokab 2 novembre, 2015 at 23:41

      solo una considerazione a margine del tuo commento; la lirica certamente unisce in modo quasi simbiotico almeno tre tipi di manifestazione artistica, la musica, il canto e il teatro, e si cimenta quindi con un livello di complessità altissimo, che ti potrebbe facilmente consentire la scrittura di un trattato sulle stecche famose.
      ha tuttavia la peculiarità di usare la voce come un vero e proprio strumento musicale, in una misura sconosciuta a qualunque altro genere di canto, e questo rende a mio parere un po’ stucchevoli le diatribe sulla prevalenza dell’uno e dell’altra delle due componeti sonore, che sono inscindibili e strutturalmente integrate.
      quanto al rap e affini, oso rivendica un odio ancora più feroce.

      • Genesis 3 novembre, 2015 at 07:04

        Mi aggrego all’odio viscerale verso un qualcosa che sminuisce il fattore sonoro, defenestrando ogni etica musicale; rap e Hip-hop, ed affini, non riesco a digerirli nemmeno se mi venissero inculcati endovena.
        Quanto alla lirica…dobbiamo pensare che il teatro esiste da millenni. Coniugare la musica al teatro è stato così semplice che venne, forse, fatto fin da subito. Teniamo conto che l’unico strumento musicale che l’uomo ha da sempre è il proprio corpo. Far funzionare le due membrane chiamate corde vocali, oppure battere le mani o colpirsi parti del corpo è un fattore semplice quanto naturale.
        Purtroppo devo pensare quanto rap e hip-hop ed affini diverranno orecchiabili meglio delle musiche verdiane (ecc). Pensando a mio figlio che spesso ascolta quella cacofonia e che mi indica in quel modo di fare musica l’elevazione a potenza del messaggio giovanile dei problemi della vita, pensando a come ho educato le sue orecchie, mi si devasta un mondo di accordi ed assoli, gorgheggi e cori…quasi sciolto in un ritmo tribale senza senso, nato sui marciapiedi americani, pieni di gente senza un domani…

  3. Luistella 1 novembre, 2015 at 14:25

    Mi pare che al di là delle considerazioni sulla musica, che come dice Genesis è la lingua universale dell’anima (quella che ti fa accapponare la pelle quando l’ascolti, perchè tocca le corde più profonde dell’anima), l’articolo qui riportato, si riferisca anche ad un altro discorso. Quando chiede”ora poniamoci una domanda che ci coinvolge tutti … nella lotta dell’amore, perché di lotta si tratta, siete usciti vincenti come quel vecchio o sua moglie? siete o vi sentite ancora in gara come quei giovani? “, mi pare faccia una domanda ben precisa, prendendo spunto dall’opera e dalla sua trasposizione cinematografica. Va al di là del contenuto e della trama. Parla di un “cameo”, probabilmente l’unico di Bizet, non paragonabile ai nostri Verdi o Puccini, ma che , soprattutto nella trasposizione cinematografica, si interroga sulla possibilità o meno d’essere riusciti vincenti in una lotta , quella dell’amore, del rapporto che lega le persone, e che prosegue anche con l’avanzare dell’età. Trasformandosi in un rapporto diverso, altrettanto intenso, che ha colto e fatto propria la sensualità dei gesti, del corpo, delle immagini. Oppure no, non l’ha colto, ed è su questa questione che l’articolo ha cercato di farci riflettere.

  4. Genesis 1 novembre, 2015 at 08:55

    …a Kobab e Gennaro…
    Da ormai ex musicista, posso affermare che la musica, qualsiasi essa sia con qualsiasi sfondo si reciti, è un valore umano e, pertanto, può piacere o meno. Ma cos è quel piacere? …purtroppo, ancora, è un fatto culturale, cioè l’insegnamento (avuto o meno) di come apprezzare una canzone, un pezzo più arzigogolato…la musica classica, la lirica e la lirica legata al teatro.
    Se chiedessimo ai ragazzi d’oggi chi era Beethoven, molti ci risponderebbero “un cane sanbrenardo di una serie cinematografica degli anni ’90″…

    Mi sembra sia stato Mozart, al cospetto dell’imperatore d’Austria, che fu spinto a scrivere in tedesco per ordine! La lingua italiana era considerata universale nella musica, come il latino lo era per le altre lingue. “Per decreto”, quindi, si evase una buona norma… Bizet venne decisamente dopo.

    Carmen, nata alla fine dell’era della lirica… Non posso pensarlo, Verdi è stato quasi contemporaneo a Bizet…e il Giuseppe nazionale fece, e fa ancora, rizzare i peli all’ascoltatore attento. Mettiamoci poi un Puccini un Rossini…carichiamoci anche Gerschwin…ma quanti ce ne sono???

    Altro fattore…c’è un cantante italiano che per anni ha messo in scena un’opera che può essere assimilata al teatro lirico…che quando è alla Rena di Verona, spacca quanto un concerto dei Pink Floyd riuniti…Cocciante…

    Quindi, in definitiva, l’arte della musica, sia essa lirica o solamente classica, vive ancora e di ottimo umore…calano solamente i suoi cultori, perché manca chi riesce ad acculturare…purtroppo.

  5. Genesis 31 ottobre, 2015 at 09:50

    Vorrei bissare l’articolo e argomentare sull’autore di Carmen.
    Ogni compositore di professione si deve sentire un “mediocre” per prodursi in opere fortuite come Carmen. Bizet è stato un ottimo pianista, portato in auge da quel pazzo scatenato di Listz (il migliore di tutti i tempi) e, la sua condizione privilegiata prima, decaduta dopo, aggravata dall’instabilità fisica, produssero opere buone ma non eccelse. La Critica si scagliava contro Bizet e, alla fine, questi ne soffriva. In pratica avrebbe potuto, rimanendo in Italia, vivere una vita signorile, nei salotti buoni…ma scelse il baratro dell’ignoto tornando in Francia a comporre qualsiasi cosa.
    Esce il miracolo, la Carmen, poco prima della sua morte (37 anni)…io lo considero, appunto, un miracolo…di quelle cose cui ormai non credi più e, alla fine, sbucano da sotto le dita così come se fossero sempre state ingabbiate ingiustamente da sempre…miracolo che spesso, da altri autori più pazzi, usciva incontrollato non perché frutto di uno studio, ma perché frutto di una naturalità sconcertante che evade da quelle menti per spalmarsi nei cuori degli spettatori che rimangono col fiato sospeso per ore, avviluppati in un embolo musicale costruito ad arte per farti sciogliere. Mozart, Verdi, Chopin, Listz, Puccini, Beethoven…e tutti quei mostri sacri della lingua universale dell’anima, la Musica, sono stati baciati dall’Arte e scrivevano del proprio sangue in quei pentagrammi che per loro non erano mai bianchi.
    Bizet, come tanti altri, fu baciato dall’arte della musica, ma, forse per l’ansia di cui era malato, non riuscì ad esporla naturalmente se non nelle vicinanze della sua morte. Un peccato mortale!

    Viva l’unica lingua universale accertata e intraducibile: Sua Maestà la Musica.

  6. Luistella 30 ottobre, 2015 at 19:25

    Mi sono andata a rileggere la trama della Carmen. Se si guarda solo la trama, certo è l’immagine di un fouelliton ottocentesco. Peraltro, la maggior parte delle opere italiane, anche quelle italiane, hanno trame difficili da apprezzare e hanno quasi sempre un finale tragico. Ma la trama scompare di fronte alla musica e alla interpretazione degli artisti. Quando sento musica di Puccini, non riesco fare a meno di commuovermi e non perchè ci sia dolore o “empatia” verso la storia interpretata, ma è la musica che tocca corde dell’animo. “Un bel dì vedremo” cantata dalla Callas, in particolare, mi mette brividi, positivi, intendo.
    Tornando alla Carmen, lei, nell’aria famosa, dice ( vado un pò a braccio) se “io t’amo devi tremar per te”… Invito, qualora non l’aveste fatto, di rivedere il video di questo pezzo della Carmen, sempre interpretato dalla Callas. Per me è l’esempio della sensualità in assoluto.
    Per rispondere alla domanda provocatoria di chi ha scritto l’articolo, devo dire che mi sento un pò la coppia dei coniugi inseriti lì nella scenografia da Tonino Guerra, con quello strascico di sensualità che permane nei rapporti di coppia , anche se l’età non è più giovanile. Che è stata sostituita dall’affetto, dalla condivisioni dei sentimenti. E che prima di “morire dentro”, qualcosa , ti ha dato lo stimolo per continuare, per sperare, come Tonino Guerra. Forse sono un’inguaribile ottimista.

    • Gennaro Olivieri 30 ottobre, 2015 at 19:53

      Ma perchè Carmen abbandona Don Josè per il torero Escamillo? Non si sa, o dicendolo meglio, per semplice capriccio e per volubilità. E perchè Don Josè la uccide? Solo perchè trasportato da un impeto d’ira scatenato dalla gelosia. Molti altri compositori hanno scandagliato le passioni umane, il rapporto tra passione e morte e il pericolo portato dalla passione al vivere civile, con maggior acume e regalandoci musica infinitamente più bella di quella di Bizet.

  7. Gennaro Olivieri 30 ottobre, 2015 at 16:42

    Ammetto di non essere un fiore di positività come lo erano Rosi e Tonino Guerra (il quale dell’ottimismo fece anche un tormentone pubblicitario), ma non riesco a condividere nulla della visione così eterea che ha l’ugualmente entusiasta recensore dell’ opera e del film.
    Carmen è un’opera tutta sudore, sangue e altri fluidi corporei, terrena quante altre mai nei suoi afrori mediterranei. La vicenda è una storiaccia come ne leggiamo ogni giorno in cronaca nera e vediamo a “Quarto grado” o a “Un giorno in pretura”, e il sergente Don Josè non è tanto diverso dal caporale Parolisi che accoltella la moglie in pineta. Un mondo di soldataglia, briganti, contrabbandieri, ragazzine precocemente aduse al sesso.
    La partitura di Bizet ha un valore perfettamente commisurato ai temi volgari del libretto: una mescolanza di temi beceramente spagnoleggianti e di influenze wagneriane, che spesso ammicca alla semplice orecchiabilità e diventa stolidamente incline alle dissonanze quando deve indicare che ci si trova in un passaggio molto drammatico.
    Bizet compone la Carmen nel 1875. Siamo ormai al crepuscolo del teatro d’opera, una forma d’arte che andrà a estinguersi nel giro di ancor pochi decenni; ciò non impedirà che, in quei musei viventi che sono in epoca contemporanea i teatri d’Opera, la Carmen sia una delle opere più rappresentate, grazie anche alle messe in scena che normalmente concedono molta esposizione agli amplessi e alle nudità.
    Ovviamente, tutto quanto ho scritto sopra non considera il peggiore e inemendabile difetto della Carmen: che è, naturalmente, quello di non essere un’opera italiana o in stile italiano.

    • Kokab 31 ottobre, 2015 at 19:06

      guarda, credo di poterti tranquillizzare, a dispetto dei suoi costi faraonici il teatro dell’opera sopravviverà, se non da noi altrove, in korea per esempio, mentre del fatto che non sia italiana, cosa vuoi che ti dica, ce ne faremo una ragione.
      sul merito sel commento sono un po’ interdetto; mi era sembrato di capire che la lirica in generale fosse un po’ enfatica, oltre a non essere, sempre in generale, un perfetto esempio di realismo, ma forse mi sono sbagliato…

      • Gennaro Olivieri 31 ottobre, 2015 at 19:45

        Non dubitavo della sopravvivenza dei Teatri d’Opera. Continueranno a vivere, ma come musei viventi di un’arte scomparsa, in quanto tutto ciò che rappresentano sono composizioni che risalgono ai secoli passati. E’ rarissimo che vengano rappresentate le poche opere contemporanee, che comunque non entrano (e non entreranno) mai in repertorio.
        Sul realismo: ci sono opere assolutamente realistiche che sono capolavori. Cavalleria Rusticana è tutta ottima musica. Carmen è invece (a mio parere ovviamente) prosaica nelle situazioni e dozzinale nella musica.
        Quanto alla tua sottovalutazione dell’uso della lingua italiana in un’opera, e mi pare di capire, anche del carattere peculiarmente italiano di questa forma d’arte, la tua affermazione di poco sopra, nel foyer di un teatro italiano di centocinquant’anni fa ti sarebbe costata un guanto di sfida… 🙂

        • Kokab 31 ottobre, 2015 at 20:07

          sul realismo delle opere si potrebbe discutere all’infinito, ma ancorchè ce ne fossero molte di questo tipo non si dimostrerebbe nulla, non essendo il realismo un parametro rilevante in alcuna forma d’arte.
          poi, naturalmente, un conto e non apprezzare una singola opera, cosa diversa è non apprezzarne nessuna; ugualmente si potrebbe discutere sul perchè non vengano prodotte nuove opere, ma anche questo dice poco sul valore e sulla vitalità del vecchio; anche la musica classica ha un seguito infinitmente superiore a quella moderna, ma non per questo la si definisce “scomparsa”; credo che ci si possa tenere quanto di bello ci ha regalato il passatolo, e riconoscere al buon bizet di avere raccolto e vinto la sua sfida, dubito che il successo della carmen dipenda da qualche scena “scollacciata”…

Leave a reply

WordPress Appliance - Powered by TurnKey Linux