attualità

Vogliamo la tua paura

 

In un articolo del Guardian di pochi giorni fa, intitolato “The Theatre of Terror”, lo storico e scrittore israeliano, Yuval Noah Harari, fa un’analisi piuttosto approfondita del fenomeno odierno del terrorismo, prendendo spunto dai recenti accadimenti parigini. Il preambolo all’articolo ne sintetizza il pensiero: I terroristi hanno risorse militari limitate e perciò si affidano a gesti appariscenti, volti a suggestionare l’opinione pubblica. Quali contromisure dovrebbe adottare l’occidente?

Nella sua lunga disamina, Harari sottolinea due caratteristiche salienti del terrorismo:
• i terroristi non sono in grado di fronteggiare i loro nemici in campo aperto in quanto dotati di mezzi limitati in uomini e materiali,
• la loro tattica è improntata a creare scompiglio nella nostra vita per far si che siano le ansie e le paure dei cittadini stessi a creare condizioni di instabilità politico-sociale volte a favorire gli obiettivi dell’attività terroristica.

Secondo l’autore, ogni azione violenta, sia da parte di eserciti regolari che di gruppi terroristici, porta – come conseguenza – paura nella popolazione. Nelle guerre convenzionali questa paura è causata da enormi perdite di vite umane – soldati in battaglia o civili sottoposti a bombardamenti – e gravi danni – a edifici e infrastrutture. L’autore ricorda che durante la prima guerra mondiale, alla fine della battaglia della Somme, si contarono all’incirca 300,000 soldati morti. Cifra di poco superiore alle vittime della battaglia di Aisne (250,000) o dell’Isonzo (225,000). Ciononostante la guerra continuò senza che queste perdite fossero nè un deterrente al proseguo della guerra, nè cambiassero di molto gli equilibri politici del dopoguerra.

A queste cifre l’autore paragona azioni terroristiche, anche significanti – come la campagna terroristica palestinese nei confronto della popolazione civile d’Israele del 2002 – che ebbero come risultato perdite molto minori. In quel particolare caso, 451 vittime, meno ancora delle 542 vittime degli incidenti stradali in Israele in quell’anno. Quindi, si chiede Harari, come i terroristi possono sperare in ottenere risultati tangibili quando le loro vittime sono relativamente poche e quando con le loro azioni non riescono neanche a scalfire gli elementi vitali di uno stato, quali il suo esercito, il suo materiale bellico e le sue infrastrutture?

SET 150205-04b-662

Secondo l’autore, il motivo risiede nel fatto che lo scopo dei terroristi è di fare una specie di lotta di Judo, con l’obiettivo di sconfiggere i rivali usandone la loro stessa forza. Così è stato per gli interventi degli USA in Iraq e in Afghanistan. Dove gli americani hanno malamente usato il loro strapotere e il loro massiccio intervento, costato innumerevoli perdite di vite umane e un enorme sperpero di materiale bellico, senza con questo riuscire a debellare il nemico, al Qaida, contro il quale si erano attivati. La logica terroristica, continua Harari, è quella di scatenare le potenzialità militari del nemico fino a farne scaturire la reazione delle loro popolazioni, portando potenzialmente a conflitti ben più devastanti di quelli che loro stessi possano materialmente causare.

Provocare la reazione delle nazioni colpite dai loro atti di terrorismo senza intaccarne il potenziale bellico e di infrastrutture, scrive Hariri, è un atto di disperazione da farsi quando non si intravedono altre strade per raggiungere gli obiettivi prefissi. I terroristi sono costretti quindi ad intraprendere una missione in teoria impossibile: quella di cambiare gli attuali equilibri politici senza averne le possibilità materiale per farlo.

SET 150205-04a-662

I terroristi quindi, sempre secondo l’autore, sanno che non possono dichiarare e fare una guerra vera e propria e per questo – piuttosto che fare i generali – fanno gli impresari di teatro, inscenando azioni eclatanti e il più possibile appariscenti, quali la distruzioni delle torri gemelle di New York. Rimasta nella memoria collettiva ancor di più che i danni inferti allo stesso tempo al Pentagono, molto più gravi per la sicurezza degli USA, ma quasi del tutto dimenticati dall’opinione pubblica.

Sopra ogni altra cosa, dichiara Harari, se vogliamo combattere veramente il terrorismo, dobbiamo capire che niente di quello che i terroristi possono fare può causare la disfatta della nostra società, essendo noi stessi, singolarmente e collettivamente, gli unici possibili artefici della nostra stessa sconfitta se ci facciamo prendere dall’odio e dalla smania di reagire violentemente e irrazionalmente alle provocazioni terroristiche. Piuttosto, la maniera per controbattere efficacemente le paure che il terrorismo agita in tutti noi è quella di rafforzare gli apparati di sicurezza e di infiltrare i canali clandestini di propaganda, arruolamento e finanziamento del terrorismo, in una lotta silenziosa e nascosta che non può certamente esse vista nei telegiornali.
Questo in estrema sintesi il pensiero di Harari, che potrà essere approfondito da chi lo desidera nella versione originale  in inglese.

 

A noi sembra che i fatti delle ultime settimane ci stiano guidando in quella direzione, teoricamente improbabile, nella quale ci vuole spingere il terrorismo, attraverso una regia mediatica sapiente che utilizza la rete e i mezzi di informazione per moltiplicare nel nostro immaginario gli effetti di istintiva paura che vengono suscitati dell’orrore allo stato puro, che è tanto più forte quanto più viene indirizzato con precisione e mostrato con dovizia di particolari.
La strage di Parigi presso la sede di Charlie Hebdo, le continue decapitazioni da parte dell’Is di prigionieri occidentali, le forme di giustizia tribale che hanno subito adultere ed omosessuali nel territorio dello Stato islamico, ed infine la feroce esecuzione del pilota giordano arso vivo in una gabbia di ferro, hanno avuto la capacità di scuotere le nostre certezze, oltre che le nostre coscienze, e nel contempo di determinare alcune reazioni, in occidente e nel mondo arabo, che sono forse proprio quelle auspicate dai terroristi.
I quali non avranno magari molto da perdere, ma possono aiutare noi a smarrire la nostra cultura i e il nostro futuro.

 


 

 

 

Pilota giordano arso vivo: il video dell’IS
 di Redazione Servizio Pubblico| 3 feb 2015

L’Is ha pubblicato un video in cui il pilota giordano Muad Kasasbeah, ostaggio dei jihadisti dal 24 dicembre, viene bruciato vivo. La redazione di Servizio Pubblico ha deciso di pubblicarlo. Perché? Ve lo spieghiamo facendo nostre le parole di Domenico Quirico, giornalista della Stampa rapito in Siria nel 2013 e rilasciato dopo 5 mesi di prigionia: “La coscienza passa sempre attraverso la conoscenza e non la negazione, censura o aggiramento della realtà”. Sta a voi decidere se guardarlo o no.

0 lettori hanno messo "mi piace"
Print Friendly, PDF & Email
Share:

11 comments

  1. M.Ludi 7 febbraio, 2015 at 18:12

    Harari scrive vivendo chiuso nel bunker israeliano attorniato da nemici; per lui il terrorismo è il male assoluto e l’unica preoccupazione che evidenzia è quella che le azioni come quelle di Parigi non incrinino il fronte occidentale contro una minaccia apparentemente così poco incisiva.
    Ciò di cui io, al contrario, ho preoccupazione, sono le contromisure sempre più invasive che i Governi stanno approntando: le nostre città si sono riempite di telecamere, i nostri cellulari vengono registrati man mano che ci spostiamo e con il bancomat, le carte di credito ed i i telepass, i nostri spostamenti vengono costantemente tenuti d’occhio. Ciò che diciamo al telefono viene spiato, le opinioni espresse nei social network opportunamente archiviate; insomma, siano costantemente monitorati in ogni attività della nostra vita quotidiana e mi domando: quanto questo è funzionale alla lotta al terrorismo e quanto, al contrario, limita la nostra libertà? Lo so, viviamo in tempi difficili ed il confine è labile, ma cosa può accadere se il controllo di tutti questi dati viene preso dalle persone sbagliate?

  2. Berto Al 6 febbraio, 2015 at 19:07

    Chi ricorda l’atmosfera che si respirava a giro per alcune città italiane durante gli anni ’70? Stella a cinque punte, ne con lo Stato ne con le Br, gambizzazioni, rapine. Si dice che al massimo della loro potenza di fuoco fossero 4.000; quanti pensavamo che fossero?

  3. Luistella 6 febbraio, 2015 at 14:25

    Allora ,msecondo lo storico scrttore, cosa dovrebbero fare i mezzi di informazione delle nazioni colpite dall’Isis? Dire che un pilota giordano di un aereo abbattuto, è caduto durante il combattimento? Ignorare le nefandezze che costoro fanno su popolazione inerme,i maltrattamenti alle donne, ai bambini uccisi o costretti ad uccidere o a desiderare di uccider? Questo per non cadere nel “tranello” dei terroristi, di spaventarci di indurci a reazioni che a loro volta innescherebbero altre reazioni delle popolazioni in cui costoro operano? Che buona parte delle nazioni si stia attivando per trovare altre soluzioni quali rafforzare le difese, infiltrare una propaganda, penso sia fuori dubbio. Non si può ignorare che questa guerra, non è quella del Vietnam, nè,o dell’Afganistan,o dell’Iraq. Mi pare che ora, l’ Isis abbia superato il limite e le reazioni della Giordania e di buona parte del mondo arabo siano la conseguenza logica alle loro nefandezze. E non possono certo farlo con la diplomazia o chiedendo loro di andarsene. Se poi come sostiene lo scrittore,il terrorismo ha causato meno morti di quanto possano causare gli incidenti stradali in una regione, poco importa. La crudeltà non viene quantificata col numero dei morti. Sinceramente spero che siano le popolazioni islamiche a sconfiggere l’Is, sia per l’odio che hanno causato e sia perchè la smettano di compiere ogni sorta di aberrazione, tirando in causa la religione.
    Detto questo , non condivido la decisione di Servizio Pubblico” di pubblicare la scena del pilota bruciato vivo. Se mi si dice che una persona ha subito quel rogo , posso immaginare che cosa accade. Mi è sufficiente vedere , per distogliere subito lo sguardo, la gabbia, l’uomo, il fuoco che avanza. La repulsione verso i carnefici non cambia se si vede tutta la scena. Non guarderò il video, non solo perchè è già sconvolgente quanto si vede, ma perchè mi pare sia una forma sadica di diffondere la conoscenza dei fatti che si possono benissimo immaginare nella loro efferatezza, senza vederne il crudele epilogo.

    • Kokab 6 febbraio, 2015 at 16:38

      il video lo abbiamo messo anche noi, in calce all’articolo, e cognuuno sceglie se vederlo o no, a seconda della sua sensibilità e delle sue convinzioni; credo che in luoghi in cui la visione sia consentita solo con una evidente espressione della volontà, ciò sia lecito, perchè l’alternativa è che qualcuno decida per tutti cosa può essere visto e cosa no.
      io l’ho guardato, e a parte l’acuto senso di orrore, penso di poter dire che il filmato è girato come un videoclip, con evidenti parametri occidentali, per lanciare un messaggio, una minaccia e una sfida a ciascuno di noi; la storia è piena di uomini bruciati, o comunque uccisi da altri uomini con studiata efferatezza, ma finchè l’orrore non ha potuto contare sulla tecnologia, sulla capacità di riproporsi all’infinito e di raggingerci nelle nostre case, rimaneva comunque un fatto circoscritto e facile da dimenticare, come oggi dimentichiamo in fretta tutto ciò che non vediamo.
      su una cosa dissento luistella, non si può immaginare quella scena senza averla vista, e non credo sia uguale sapere cosa possono fare, e vedere cosa fanno gli uomini dell’is; con questo non voglio spingere nessuno a guardare quelle immagini, però credo che debbano poter essere viste, perchè chi di noi vuole ha il diritto di sapere chi sono quelli che ci stanno minacciando.
      io credo che la sfida vada raccolta, perchè possiamo uscirne vincitori solo se manteniamo, e non è facile, degli standard di civiltà sufficienti anche davanti a queste barbare esibizioni, e se capisco perfettamente che gli aerei giordani abbiano ieri bombardato le postazioni del califfato, non capisco affatto che vengano impiccati dei prigionieri per rappresaglia, a meno che non si voglia seguire l’is sul terreno di scontro che ha deciso di imporci.
      in questo senso l’articolo di harari, che merita la fatica di una lettura in lingua originale, mi sembra particolarmente illuminante.

      • Luistella 6 febbraio, 2015 at 18:09

        Comprendo ciò che dici. Non guarderò il filmato , perchè starei troppo male.
        Ritengo che i Giordani abbiano fatto bene a riprendere i bombardammenti alle postazioni dell’Is . Inoltre, istintivamente ,quando ho sentito dell’esecuzione della terrorista che doveva essere scambiata col pilota (che magari era già stato ucciso quando facevano la trattativa), ho detto “hanno fatto bene”. Certamente sbaglio, ma penso che anche altri abbiano avuto questo tipo di reazione.
        l’Is ha seminato troppo vento ,e credo che sia giunta la sua ora di raccogliere tempesta

        • Berto Al 6 febbraio, 2015 at 19:23

          Sono d’accordo con Kokab; quando si vuole decidere per gli altri, si comincia con il vietare le immagini violente e si finisce con le camere a gas: voglio decidere io cosa e se guardare.

          • Luistella 6 febbraio, 2015 at 20:20

            Non ho auspicato che si dovessero vietare le immagini violente (e poi chi lo avrebbe ,eventualmente ,dovuto fare?). Ho espresso un mio parere sulla decisione di un programma televisivo.Certo che ognuno è libero di guardare o no un video, ci mancherebbe ancora! Mi pare il tuo accostamento con le camere a gas,piuttosto fuori luogo, considerando che la mia era un’opinione personale ,che penso di poter esprimere ,relativa alla diffusione di alcune terribili realtà . Se non ho compreso il tuo scritto, me ne scuso.

  4. nemo 6 febbraio, 2015 at 10:29

    Concordo, gli unici che possono far vincere il disegno di questi criminali siamo noi ! Le nostre TV ci informano di tutto ciò che loro fanno e/o dicono aiutandoli nel loro disegno, La foto del bambino che spara ai due prigionieri, il video del pilota giordano che viene ucciso le foto dei prigionieri sgozzati, sono tutte occasioni di propaganda che il nostro sistema amplifica , quindi per concludere ecco chi e cosa, aiuta più di tutto. Le notizie instillano nella opinione pubblica il verme della insicurezza e con quello la paura. La più grande potenza militare del globo fu sconfitta , sul campo e nella storia da un piccolo popolo che calzava, ancora, sandali di giunco, malgrado i bombardamenti, malgrado le morti, intere generazioni furono ingoiate da quella guerra, eppure il popolo del Vietnam riusci a resistere ed alla fine a vincere, ecco forse sarà per il fatto che la loro resistenza veniva da una qualche dote nascosta ? No essi avevano la consapevolezza che solo in quel modo avrebbero potuto avere una possibilità, di sopravvivenza. Ed è quella che abbiamo noi, sopravviveremo allo scempio morale solo se smetteremo di fare da cassa di risonanza alle loro malefatte ai loro riti ai loro proclami, ma combattendo nella giungla come fecero i viet cong.

    • Jair 6 febbraio, 2015 at 10:44

      Scusa nemo, ma che c’entra il Vietnam? Là era un popolo che resisteva a un’occupazione straniera e se ne è liberato con una guerra assolutamente tradizionale: una guerra d’indipendenza, combattuta con i fucili e non con i media. I Vietnamiti mica ce l’avevano contro il sistema di vita satanico dei cristiani, e non hanno mai preteso di esportare terrore in occidente.

      • nemo 6 febbraio, 2015 at 12:02

        Non hai colto quello che per me era ovvio, se la grande potenza arrivò al bombardamento della capitale del nord fu perchè con questo credeva di fiaccare la resistenza di quel popolo. Chiaro che nel concreto una cosa con l’altra, il terrorismo islamico, e la guerra del Vietnam non c’entrano nulla se non per questo piccolo particolare, incutere paura e fiaccare la resistenza. Passa attraverso molte strade questo disegno, vedo in questo una strategia similare. Altrimenti a cosa potevano servire i bombardamenti se non a fiaccare la resistenza? E cosa altro servono i continui proclami e manifestazioni di crudele barbarie se non a questo ? Ecco , a mio avviso, la similitudine di fatti di per se completamente diversi e lontani.

Leave a reply

WordPress Appliance - Powered by TurnKey Linux