Atto Primo

SCENA CENTESIMA
(dialogo in un interno)

 

LEI- Scusa amore, ma proprio vedo che non ce la faccio a superare quella cosa… E quello che mi fa dannare è che non riesco a capire il perché… Mi sembra di diventare matta…

LUI- Ma tu sei sempre stata un po’ matta, amore mio… Te l’ho detto che ti amo anche per questo…

LEI- Dai, piantala di prendermi in giro, io sto parlando sul serio!

LUI- Ma cosa ti devo dire, amore… Ormai ne abbiamo parlato mille volte… Ho provato a spiegarti in tutti i modi che quella cosa non ha un senso per me. Certo, l’ha avuto nel passato, ma era già sostanzialmente finita quando sono uscito la prima volta con te…

LEI- E dagli con quel “sostanzialmente”! Ma che cazzo vuol dire “sostanzialmente”? Tu fai sempre il “pignolino” con le parole (“e stai attenta al pronome”… “e guarda bene che le parole hanno un senso”…) e poi spari ‘sto “sostanzialmente”, ma per dire che cosa? 

LUI- (sorridendo) Che nella sostanza era già finita, mi pare ovvio…

LEI- A me invece pare che nella sostanza non fosse finito proprio un bel niente, né per te né per lei… Infatti le vostre performance “lavorative” (e forse non solo…) lo hanno dimostrato bene, mi pare…

LUI- Allora hai proprio voglia di farmi incazzare! Torni sempre indietro, torni sempre lì! Ti ho detto che non c’è stato quasi niente, che non ci sono nemmeno andato a letto: qualche cosa vorrà dire, no?

LEI- Ma che ne so io? Che ne so veramente di come sono andate le cose? Tu dici una cosa, lei ne dice un’altra… Magari sei stato tu a dirle di no… magari invece è stata lei… Ma comunque sia andata, io che parte ci ho fatto? Quella della deficiente di turno, innamorata e cornuta… Sai che bello! 

LUI- Ma come fai a non capire! Se lei mi fosse interessata sul serio sarei rimasto con lei, e tu non ne avresti saputo nulla perché lei non ti avrebbe detto niente. Se lei ti ha parlato è stato perché non c’era più niente. Voleva solo farti del male, voleva che tra noi finisse… Sarebbe stata la sua rivincita e anche la sua vendetta… Ma come fai a non capire!

LEI- Io questo lo capisco, non sono scema…

LUI- No amore, non lo sei, ma a volte lo sembri…

LEI- (ridendo) Grazie… Forse è vero… (Riprendendo subito il tono sostenuto e serio) Però scusa, anche tu devi capire! A me che cosa me ne frega se non ci sei andato a letto? Non è mica questo il mio problema! Il mio problema, la cosa che mi fa male veramente è che tu l’hai desiderata mentre avevi ME!!! Pazienza se la desideravi quando ancora io non c’ero, ma come facevi a desiderarla mentre avevi ME???

LUI- Ma io non la desideravo! … Certo, è una donna che nel passato mi è piaciuta…

LEI- … Un’ESAGERAZIONE…

LUI- E piantala!!! Te l’ho già detto: ho esagerato la cosa perché mi sembrava che tu facessi troppi confronti… Mi sembri matta quando cominci con tutte quelle storie sulla “bellezza” («e chi ha le gambe più belle? e chi ha il culo più bello?»…) Come fai a essere così gelosa di lei, che io non so nemmeno se esiste…

LEI- Non è vero! Io non sono gelosa!!! Beh, sì, forse è una forma di gelosia, ma non quella gelosia “da donnette” che intendi tu… Non è che vado in tilt perché all’uomo con cui sto c’è qualcun’altra che glielo fa tirare e io piagnucolo perché lui “non è corretto” e non guarda “solo me”… Non c’entra la gelosia come possesso… Io non ti considero una cosa mia da tenere stretta e guai a chi me la vuol portare via! Non è questo… mi fa schifo questa roba… Come fai a non capirlo? 

LUI- Ma io…

LEI- Ti prego, fammi parlare… Se tu domani incontrassi una che ti fa perdere la testa, io non dico che sarei contenta… anzi! Ma me la giocherei… non so come, ma me la giocherei… E poi alla fine faremmo entrambi le nostre scelte… Però lei non è una che è venuta “DOPO”, lei c’era già “PRIMA”… Questo fa la differenza! Se lei c’era prima e ha continuato a esserci dopo, che cosa potevo giocarmi io? Non avevo carte da giocare: sentivo che c’era lei e che io nemmeno esistevo… 

LUI- (alzando sempre più la voce e battendo i pugni sul tavolo) Ma questa è tutta una roba da matti! Stai delirando, e io non ce la faccio più con tutto questo massacro, che non finisce, che non finisce MAI MAI MAI…

LEI- (con tono distaccato) Adesso perché ti incazzi?… Non capisco perché uno si deve incazzare per dire quello che pensa… Evidentemente c’è qualcosa che non hai superato TU in questa questione, perché altrimenti ne parleresti tranquillamente e diresti con calma le tue ragioni…

LUI- (urlando sempre di più e agitandosi per la stanza) Sei proprio matta!!! E torni sempre indietro, sempre indietro!!! SEMPRE INDIETRO!!!

LEI- (con tono dolce) Dai, per favore, non fare così…

LUI- (guardandola in cagnesco) Ma tu sei fuori di testa!!! Non ce la faccio più!!! (grugnendo) Vattene!!! Vattene, prima che… Esci di qui!!! Per favore, esci di qui!!!

LEI- (piangendo) No, ti prego, se me ne vado non so se questa volta riusciremo a rimetterla a posto… Per favore… proviamo a parlarne con calma… anch’io non ce la faccio più…

LUI- (sedendosi con la testa tra le mani) Io non so più come fare… Non può continuare così… Ormai è più di un anno che mi massacri con questa storia… 

LEI- (sempre piangendo) Hai ragione, anch’io non ce la faccio più, ma non so come uscirne… Ti amo da morire e vorrei solo stare bene con te, ma è come se non riuscissi a uscire da questa cosa…

LUI- Ma da che cosa? Che cosa c’è che non c’è niente.

LEI- Lo so che tra voi non c’è più niente, ma continuo a sentire come se per te lei fosse stata qualcosa più di me, come se io non potessi mai piacerti tanto quanto ti è piaciuta lei… Lo so che dipende da me, dalle mie insicurezze, e mi sento uno schifo anche per questo… Forse hai ragione tu, sono proprio matta…

LUI- Adesso piantala, per favore, non ce la faccio più… Ho bisogno che tu stia zitta, devi stare zitta… poi mi passa…

LEI- Ma io sto male così… Per favore stammi solo un po’ vicino…

LUI- (scandendo le parole e trattenendo a stento la rabbia)… Adesso – ti ho detto- che ho bisogno- CHE TU- STIA- ZITTA…

LEI- (con aria mogia) …Va bene… allora me ne vado…

LUI- (grugnito)

 

 

(A questo punto il sipario si chiude e compare l’AUTORE che si rivolge al pubblico)

AUTORE- Forse è vero che il teatro rappresenta la vita, ma che senso può avere una scena che si ripete per cento e cento atti sempre uguale a se stessa, senza alcuna soluzione, senza alcuna novità? Che senso ha per i personaggi gioire e soffrire mille volte per le stesse battute, per gli stessi drammi… e che senso può avere per me continuare a fingere di cambiare i copioni e le parti se poi questo si riduce di fatto a un copiare, a un ritagliare, a un incollare… ma soprattutto che senso potrà avere per voi, che potrete al massimo riconoscere in questa scena (sempre diversa e sempre uguale a se stessa) solo una triste eco di qualche vostra passata o presente miseria?
No, questo gioco non mi piace! Non è per questo che scrivo! Se questo è scrivere allora io non sono un autore, perché un autore –lo dice pure il nome- è quello che decide l’azione, è quello che crea, è quello che trova soluzioni… soluzioni anche tragiche terribili perverse, ma soluzioni… È vero, lo sappiamo tutti, che la vita non conclude… sì, è vero! ma l’autore deve comunque decidere, e decidere significa

 

TROVARE UNA SOLUZIONE… sempre parziale temporanea provvisoria, ma una soluzione… Basta con la stessa scena che si ripete senza sosta! Non ne possiamo più! Questo andrà bene per la vita, ma non funziona per il teatro…
Allora, sapete che faccio? Io cambio! Sì, io cambio! Sono l’autore, quindi posso fare tutto quello che mi pare, e adesso io ho deciso di cambiare! Vi sembro pazzo? Pensate pure quel che volete! ma io ho deciso che non ne voglio più sapere di un teatro che rappresenti la vita: voglio qualcosa di più difficile e di più reale, finalmente… voglio una vita che rappresenti il teatro… Sì, una vita come il teatro… 
È inutile che stiate tutti lì zitti zitti a far finta di niente… so bene a cosa state pensando:

«Eccolo, il Genio! chissà cosa crede di avere inventato… LA VITA COME IL TEATRO: ma che bella novità! Come se non ci fossero stati Shakespeare e Pirandello, Sofocle, Beckett, Wilde, Cechov, ecceteraecceteraeccetera… e adesso arriva questo qui – “L’AUTORE” – con l’ideona: “facciamo la vita come il teatro”… Proprio quello che ci mancava»…

Sì … proprio quello che ci mancava! Proprio quello che manca sempre e che manca da sempre! Forse quello che è mancato persino a Shakespeare a Pirandello a Sofocle… Quello che manca a me, che manca a voi, e soprattutto quello che manca ai nostri due personaggi, intrappolati in una scena che si ripete uguale a se stessa per centinaia di volte…
La vita come il teatro… Ecco quello che manca!… una vita interessante, sempre diversa, sempre nuova… piena di soluzioni, di inventiva…, una vita che si stravolge, che rischia, che esce dagli schemi dell’automatismo e dalle paludi del già visto… e soprattutto qualcosa di bello, sì di bello! voglio una vita che realizzi in ogni momento la bellezza, che susciti in ogni momento lo stupore… E non perché è sempre facile liscia piana indolore… ma perché è NUOVA!
Questa è la vita come il teatro! 
D’altra parte – ditemi voi – varrebbe la pena di pagare il biglietto se non fosse così?

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3 comments

  1. Fralive 1 ottobre, 2015 at 16:33

    Caro Kokab, concordo con te, almeno per quanto riguarda la prima parte del tuo ragionamento. Anche il nostro”Autore” la pensa esattamente come Hitchcock.
    Riguardo invece alla possibilità di vivere qualcosa di “nuovo” (sebbene qualcosa di “veramente nuovo” non possa – come diceva Borges- né essere scritto né tantomeno essere vissuto) sono più possibilista.
    La vita spesso ci rinchiude dentro labirinti: labirinti mentali, comportamentali, relazionali… Provare a uscire da questi labirinti non è facile, perché vanno in automatico, talvolta nemmeno ci accorgiamo di essere “in trappola”, e ci dibattiamo a vuoto, ripetendo all’infinito gli stessi cliches.
    La novità, credo, forse può stare in questo: provare a uscire dal nostro vecchio stereotipo, provare a infrangere il nostro vecchio cliché…
    Sì, lo so, in fondo è sempre e solo un “gioco delle parti”, ma -come dice Woody Allen- “basta che funzioni”…

  2. Kokab 1 ottobre, 2015 at 12:47

    la vita non è come il teatro, e il teatro non è come la vita, ma ci si può divertire con tutte le contaminazioni del mondo, intrecciando i piani e rimandandosi la palla da una parte all’altra, in un gioco dove l’unica regola che può valere sembra essere quella del paradosso.
    alla fine credo che il teatro abbia più fascino, e la vita un quid di reale tragicità in più, ma che non si possono scambiare le parti fino in fondo; del resto c’era un famoso regista, non di teatro, va bene, che diceva che il cinema non è un pezzo di vita, ma un pezzo di torta, e che la gente non pagherebbe mai un dollaro per vedere qual che gli capita tutti i giorni.
    quanto al nuovo, i cambiamenti sono davvero delle novità? ci piacerebbe, ma succede quasi sempre nella finzione, il nuovo è una categoria che ha poco a che fare con la vita, non ci inventiamo più niente.

  3. Tigra 27 settembre, 2015 at 21:17

    La situazione dei due protagoni non è per niente insolita, assomiglia anzi alla vita di un sacco di persone, per cui qui è il teatro ad essere come la vita, come giustamente nota l’autore; avere l’ambizione di far diventare la vita come il teatro, dove l’autore/protagonista sceglie è un altro paio di maniche, penso sia un sogno, e immagino che sotto sotto lo pensi anche il nostro autore.
    Se no perchè gli pagherebbero il biglietto tutte le sere?

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